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“Mi viene da sorridere…”

“Mi viene da sorridere a pensare quanto ci sia della vita in quei rompicapi, anche sotto il profilo estetico.

Quando nasci ti tirano a sorte. E’ solo una questione di culo la pagina dove vai a finire. Da quel punto ci sono poi il bianco e il nero, gli spazi vuoti da cui cacciare le incognite, le lettere pronte a qualunque calligrafia, ognuna nella sua casella con la presunzione di essere importante. Per poi rendersi conto che non è nulla senza tutte le altre.

In fondo è solo questo che siamo: orizzontali e verticali. Una semplice serie di atteggiamenti e di posizioni, parole che si incrociano mentre camminiamo, dormiamo, giochiamo, facciamo l’amore, torniamo a casa con i brividi e cadiamo nel letto ammalati. Finché un giorno tutto si omologa e ci si rende conto che l’enigma, quello che si sta provando a risolvere da tanto e con tanta fatica, non potrà mai esssere risolto.”

(G. Faletti, Appunti di un venditore di donne)

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Pannella: “Dalle carceri arrivi la speranza e si formino comitati per l’amnistia e la giustizia”

Invito tutti i torturati nelle carceri, dai detenuti e dai cappellani, agli agenti e ai direttori

Gentile direttore,
sabato 14, autorizzati dal dott. Pagano, vicario capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, siamo potuti entrare nel carcere di Siano, a Catanzaro, per raccogliere le firme sui 12 referendum radicali. Quindi grazie al dott. Pagano e grazie alla dottoressa Paravati, direttrice dell’Istituto di Siano, che ci ha fatto trovare comandante e agenti pronti a far si che i detenuti potessero firmare. Anche a Catanzaro, come nel carcere di Reggio Calabria, di Vibo e di Palmi, le adesioni ai referendum radicali sono state davvero di massa. In sette ore siamo riusciti a far firmare 300 detenuti su tutti i 12 quesiti (3.600 firme) e, in vero, ne sarebbero rimasti altri ottanta per i quali non v’è stato il tempo e speriamo di ritornarci. Loro lo sanno bene cosa si può patire per una giustizia ingiusta che può commettere errori senza pagare scotto e sanno in quali condizioni disastrate e sovraffollate versano le carceri. Tutti quanti, mentre firmavano, mi chiedevano di ringraziare, di salutare, l’On.le Marco Pannella e l’On.le Rita Bernardini. Una manifestazione d’affetto sincero verso l’unico politico e l’unico partito che lottano davvero per loro. Pannella però vorrebbe che dalle carceri arrivasse, assieme alle firme per i referendum, anche la speranza, vorrebbe che i detenuti si facessero “speranza” loro stessi.
“Onore a Platì” – dice ancora una volta – “che c’ha dato il 20%, ma adesso bisogna decidersi a formare i comitati”. Pannella, anche con toni un po’ rimproveranti, chiede ai detenuti delle patrie galere, a partire da quelle calabre, di farsi loro stessi speranza mobilitante e d’attivarsi nel costituire subito quei comitati per l’amnistia, la giustizia giusta e la libertà in tutte le 206 carceri italiane. E chiede al giornalismo un salto di qualità per l’informazione. Mentre del Costa Concordia conosciamo tutto, persino i gradi d’inclinazione raggiunti momento per momento durante la sua messa in asse, dei 3 detenuti morti bei penitenziari di Salerno, Bologna e Avellino avvenuti bei tre giorni del 15, 16 e 17 settembre, non un servizio, non una parola in un trafiletto di qualche giornale. Sono 116 i morti in carcere dall’inizio dell’anno nei penitenziari italiani e 38 di questi sono suicidi accertati. Se in Italia non c’è più la pena di morte, rimane però la morte per pena inumana o per suicidio di liberazione da condizioni degradante ormai accertate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In sciopero della fame da quasi un mese cui aggiunge, a giorni alterni, anche quello totale della sete, Giacinto Pannella, al Secolo Marco, da tre settimane ormai dai microfoni di “Radio Carcere”, la rubrica di Radio Radicale condotta da Riccardo Arena, non fa altro che appellarsi ai detenuti, ai cappellani, agli agenti di polizia penitenziaria e ai direttori affinché si adoperino per costituire “comitati spontanei” per l’amnistia. E anche se aumentano, da 7 della scorsa settimana a 14, le carceri da dove provengono notizie della costituzione di questi comitati, per Pannella il numero è ancora troppo irrilevante. Dopo aver ricordato come anche il dott. Tortorella, segretario nazionale del SiDiPe, il sindacato dei dirigenti penitenziari, abbia aderito ufficialmente alla tre giorni di digiuno degli scorsi 7, 8 e 9 settembre, Marco Pannella ha invitato tutti gli operatori che lavorano dentro le carceri affinché i detenuti abbiano la possibilità di costituirsi in comitati.


Giuseppe Candido

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Pensieri

di Maria Elisabetta Curtosi

Un movimento incessante fluisce dall’ alba al tramonto: gruppi di pellegrini con abiti diversi camminano, chi piange, chi ride. Vogliono lasciare il loro nome sulla polvere della terra, ma quando sarà trascorso il giorno le loro impronte voleranno via insieme alla polvere.
Esempio di visione semplice e lacerante di un grande poeta? davvero al tramonto ogni memoria sarà polvere? chi ha desiderio di lasciare traccia di sé …. esprimete il vostro pensiero filosofico..

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Pannella rilancia la denuncia del Sappe: Carceri calabre stracolme ma senza provveditore regionale

Paradossale, nella terra di ‘ndrangheta in cui le carceri sono stracolme anche di molti affiliati alle cosche, non soltanto carenze nell’organico della polizia penitenziaria ma, addirittura manca il provveditore regionale da 4 anni. Mentre tutti quanti sono impegnati a discutere della decadenza o meno di Berlusconi da Senatore, dei veri problemi della giustizia e delle carceri non ci si preoccupa minimamente. Si trascura da anni una situazione che è gravissima. A denunciarla è il Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria, che in Calabria è rappresentata da Donato Capece. A dare l’allarme però non è il TG regionale, ma Marco Pannella durante la conversazione settimanale con Valter Vecellio che legge una nota stampa dello stesso Capece.

Oggi la ‘ndrangheta è considerata e riconosciuta come la più pericolosa organizzazione criminale del mondo, con numerose ramificazioni all’estero, eppure nella regione in cui è nata, sviluppata e ramificata, la Calabria, nelle cui carceri molti delinquenti sono affiliati ad essa, il ministero della Giustizia e il Dap in quattro anni non hanno ancora nominato il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, che deve coordinare le politiche della sicurezza nelle 13 carceri calabresi nelle quali oggi sono detenuti più di 2.650 persone”. A denunciarlo è Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria), che spiega: ”Credo che il Guardasigilli, Annamaria Cancellieri, debba porre la questione penitenziaria calabra tra le priorità d’intervento della sua agenda”. ”Nelle carceri calabresi è sempre più emergenza -prosegue il leader del Sappe- da quattro anni manca un provveditore regionale. L’amministrazione penitenziaria, dopo la morte di Paolo Quattrone, non e’ più riuscita a nominare un provveditore in pianta stabile. Continua ad esserci un provveditore in missione, per pochi giorni alla settimana”. ”A Catanzaro -fa notare Capece- c’e’ un nuovo padiglione che non può essere aperto per carenza di personale; nello stesso istituto c’e’ un centro clinico che non può essere utilizzato, sempre per mancanza di personale”. ”A Paola -prosegue il sindacalista- e’ stato aperto un nuovo padiglione detentivo, senza un adeguato incremento di organico. La situazione peggiora sempre di più a Reggio Calabria, soprattutto dopo l’apertura del nuovo istituto di Arghillà, dove, per 150 detenuti sono stati assegnati circa 40 unita’ di personale, dei quali dieci non hanno mai raggiunto la sede. Pertanto, la direzione del vecchio istituto e’ stata costretta ad inviare 28 unita’, depauperando l’organico di una struttura già in gravi difficoltà, a causa, proprio, della carenza di personale e del sovraffollamento che colpisce anche gli istituti di Locri e di Palmi”. ”L’istituto di Crotone e’ sempre parzialmente chiuso – sottolinea ancora Capece – a causa dei lavori di ristrutturazione. A Rossano ci sono 317 detenuti, dei quali 140 appartenenti al circuito alta sicurezza. Bisogna ricordare che in Calabria ci sono circa 900 detenuti appartenenti alla criminalità organizzata che necessitano di maggiori controlli e molti di questi fanno quotidianamente la spola con le aule di giustizia, per i tanti processi ai quali sono sottoposti”. “A Vibo Valentia, poi – denuncia ancora il Sappe – mancano più di 30 agenti dalla pianta organica attuale del reparto. Il Sappe auspica pertanto un interessamento diretto del Guardasigilli sulle criticità penitenziarie calabresi, definendo la nomina del provveditore regionale penitenziario e favorendo – conclude la nota stampa di Capece – la revisione delle piante organiche della polizia penitenziaria in Calabria in relazione alle esigenze attuali”.

Una situazione di illegalità flagrante contro cui Marco Pannella digiuna di cibi solidi (e liquidi a giorni alterni) per proporre l’amnistia: l’unico provvedimento, strutturale perché in grado, subito, “di far uscire lo Stato dalla sua flagranza criminale contro i diritti umani e contro lo stato di Diritto”. Il riferimento esplicito è alla recente condanna dell’Europa per sistematica violazione dei diritti umani nelle nostre patrie galere. Ma come della situazione delle carceri calabresi, dell’assenza del provveditore regionale, i cittadini non ne sanno nulla anche di Marco Pannella in sciopero della fame per l’amnistia che pure i ministri Cancellieri e Mauro considerano provvedimento necessario e strutturale.

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Il sapore dell’estate

di Maria Elisabetta Curtosi

Ho trovato tra le carte queste poche strofe, non so chi le ha composte e di certo non me ne approprio indebitamente, però è un peccato non scriverele, perciò:

Il profumo del mare, il silenzio dei pesci,
l’odore del sale, il caldo sole d’agosto,

l’abbraccio dalla sabbia, l’amore di chi ci sta intorno,
la carezza di un padre, il sorriso di nostra madre.

Le urla dei bambini, il gusto fresco dell’anguria,
il canto del vento che accarezza la sabbia.

L’odore del pesce fresco appena grigliato;
gocce di limone sulle nostre labbra.

La nostra vita piena di sapore,
il nostro sguardo che non muore,
le nostre mani pien d’amore.

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Platì, paese a democrazia sospesa “deluso da una politica che non mantiene le promesse”

Platì è un comune della provincia di Reggio Calabria ubicato in una vallata al centro dell’Aspromonte orientale. Fondato nella seconda metà del XVI secolo venne dichiarato comune autonomo dai francesi nel 1809. Oggi, inutile nasconderlo dietro a un dito, è terra di ‘ndrangheta. Un territorio comunale di 50 Kmq tra i più grandi della provincia e più volte devastato da eventi sismici e alluvionali. Dopo un picco demografico nel 1951 con 6.200 residenti, al censimento del 2011, Platì ha poco più di 3.700 residenti. Sciolto per infiltrazioni mafiose più volte, dal marzo del 2012 sino a tutt’oggi è retto da una commissione straordinaria. Un paesino a democrazia sospesa, in attesa di giudizio. Ma in realtà questa non è la prima volta che l’amministrazione di Platì viene sciolta per mafia. Negli anni ’70 e ’80 le famiglie nobili e borghesi del paese furono costrette dai locali ad abbandonare il centro consegnandolo, di fatto, in mano alle famiglie di ‘ndrangheta che tutt’oggi vi abitano. In quel periodo venivano uccisi l’ex-Sindaco Francesco Prestia, barbaramente trucidato con la moglie nell’abitazione e il Sindaco in carica, Domenico Natale De Maio, vittima di un agguato automobilistico sulla strada provinciale che conduce dalla marina al centro aspromontano. Il 16 luglio 2006 l’Amministrazione comunale di Platì allora in carica veniva sciolta per condizionamento mafioso dal Governo, che vi ha insediato una commissione straordinaria per la gestione del Comune fino al ripristino della legalità fino al giugno del 2009. Dopo le elezioni comunali nel giugno del 2009 che aveva visto eletto democraticamente uno Strangio, cognome assai scomodo da quelle parti, l’Amministrazione Comunale è stata sciolta nuovamente per condizionamento mafioso il 23 marzo 2012.
Alle ultime elezioni politiche del febbraio 2013, dei 2.691 elettori solo 1.006 di loro (il 37,38%) si è recato effettivamente alle urne per votare. La cosa strana, o se volete affascinante, è che 176 elettori, pari al 20 % dei votanti, alla Camera hanno votato per la lista Amnistia Giustizia Libertà guidata, in Calabria, personalmente da Giacinto (detto Marco) Pannella e che, al secondo posto, aveva tra i candidati anche chi ora scrive. Difronte ai 68mila o poco più voti ottenuti a livello nazionale con una media dello 0,2%, il 20% di Platì come anche il 7,88% di Africo (95 voti) e il 7,19% a Palmi (90 voti), rappresentano anomalie positive che colpiscono come sabbia negli occhi. Inizialmente non capisci il perché, né per quale meccanismo. Ma già a ridosso delle elezioni, nel mese di Marzo 2013, Marco Pannella aveva detto chiaramente di voler venire in Calabria, proprio a Platì, per ringraziare i suoi abitanti che, diceva, “ci hanno solo capiti”. Come già era accaduto a Rizziconi per le elezioni europee, quando allora era candidato Enzo Tortora, subito qualcuno ha gridato allo scandalo: Pannella prende i voti della ‘ndrangheta che, secondo i più acuti commentatori, avrebbe persino dato l’ordine di votare per la lista Amnistia Giustizia Libertà.
Pannella invece è convinto del contrario: “lì c’hanno solo capiti. Se la ‘ndrangheta avesse dato l’ordine di votarci avremmo preso almeno l’80%”. D’altronde in un paese con poco più di 2.600 votanti, un comune con una così alta densità mafiosa, più volte sciolto per mafia, dove probabilmente non si riesce a trovare persona che non abbia un qualche parente, un affine, un cugino o un cognato, affiliato o in odor di ‘ndrangheta, se davvero fosse scattato l’ordine, da parte delle ‘ndrine locali, di votare per la lista Amnistia Giustizia e Libertà, il risultato del 20% sarebbe quantomeno deludente. Irrisorio per un’organizzazione criminale abituata a un ben diverso controllo del consenso. Quindi, se i voti alla lista Amnistia Giustizia Libertà (176 voti, 20%) nel comune di Platì non sono arrivati per un ordine ci deve essere qualche altro motivo che ha consentito alla gente di conoscere l’offerta politica: amnistia come provvedimento strutturale e propedeutico per la sempre più necessaria riforma della giustizia. Amnistia, dicevamo in campagna elettorale, come provvedimento necessario per far uscire il nostro Paese dalla sua flagranza criminale contro i diritti umani e contro lo Stato di Diritto. Ma anche amnistia come provvedimento propedeutico alla riforma organica della giustizia che oggi, i Radicali, propongono con i 12 referendum. Una giustizia lenta, lentissima, più volte condannata dall’europa per l’eccessiva lentezza dei processi che, con un provvedimento di amnistia e indulto risulterebbe avere una boccata d’ossigeno. Carceri super affollate di persone che, per il 40%, sono in attesa di giudizio lì, rinchiusi prima di una condanna definitiva. E lì, in quel piccolo comune di Platì, forse grazie proprio alla presenza attiva di qualche parente di qualche detenuto, si sono avute percentuali del 20% che sarebbero logiche e prevedibili se, anche su base nazionale attraverso il servizio dell’informazione pubblica televisiva, il messaggio fosse passato. Adesso però, a sentire qualche abitante di Platì dopo che il leader radicale lo scorso 16 agosto è stato a Gambarie d’Aspromonte e a Reggio Calabria senza però passare da loro, c’è una grande delusione. Un senso, quasi, di rassegnazione nei confronti di una politica, forse anche quella Radicale, capace di fare promesse per poi non mantenerle. E per questo il leader radicale continua ad affermare che vuole organizzare a Platì e “da” Platì, una ripartenza di tutta l’area Radicale attraverso la costituzione di un’associazione radicale tematica per l’amnistia, la giustizia giusta, il diritto e la libertà.
Adesso Pannella, già in sciopero della fame dal 17 agosto ha deciso dal 21 di aggravare la sua forma di lotta nonviolenta anche con lo sciopero totale della sete. L’obiettivo è sempre lo stesso: traferire la propria forza e il proprio sostegno affinché il “Cesare”, lo Stato italiano condannato dall’Europa per i trattamenti inumani e degradanti inflitti ai propri detenuti oltreché per una giustizia lentissima, trovi Lui, nel suo Parlamento a ciò Deputato, la forza per adottare l’amnistia come unico provvedimento “strutturale”. Pannella ha annunciato il suo sciopero dai microfoni di Radio Carcere, la trasmissione che ogni martedì va in onda sulle frequenze di Radio Radicale. Con lui, in collegamento telefonico, anche il Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri che, dopo aver ribadito come anche per lei il provvedimento di amnistia sia una riforma strutturale e l’unica in grado di far rientrare immediatamente l’Italia agli obblighi europei oltreché costituzionali, lo ringrazia esplicitamente per questa lotta nonviolenta che lui, Pannella in prima persona, e suoi “alfieri Radicali” stanno portando avanti con grande determinazione.

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Leggere: un tesoro.

di Maria Elisabetta Curtosi

L’invito a leggere da qualche tempo è sparito nel nulla, sarà forse perchè il buon vecchio libro di carta stampata è stato deposto per dare spazio alle nuove tecnologie sempre più sottili, pratiche, perfette insomma . D’altra parte chi ce la fa fare a portarci, in metro magari, un “peso” come Guerra e Pace di Tolstoj? L’importante è che non si smetta mai di leggere.

Leggere, in fondo,non vuol dire altro che creare

un piccolo giardino all’interno della nostra memoria.

Ogni bel libro porta qualche elemento, un’aiuola, un viale,

una panchina sulla quale riposarsi quando si è stanchi.

Anno dopo anno, lettura dopo lettura, il giardino si trasforma in parco

…e, in questo parco, può capitare di trovarci qualcun altro…

Leggere non è un dovere, né un amaro calice da bere fino in fondo

con la speranza di chissà quali benefici.

Leggere vuol dire crearsi un proprio piccolo tesoro personale di ricordi e di emozioni,

un tesoro che non sarà uguale a quello di nessun altro

e che tuttavia potremo mettere in comune con altri.

{Cara Mathilda di Susanna Tamaro}

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I “Subnormali”

di Maria Elisabetta Curtosi

Charles Bukowski
Foto: huffingtonpost

In questo periodo non posso fare a meno di citare un grande autore  Charles Bukowski che come sempre ci stupisce con la sua schiettezza e sintassi breve quanto basta a trafiggere i cuori dei più.

 

 

“Nella società c’è sempre chi difende i subnormali  perché non si rende conto che i subnormali sono subnormali. 

E la ragione per cui non se ne rendono conto è che sono subnormali anche loro. 

Viviamo in una società subnormale e questo è il motivo per cui tutti si comportano come si comportano  e si fanno fra loro le cose che si fanno.

Ma questi sono fatti loro e a me non interessa, a parte il fatto che ci devo vivere insieme.”

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Giganti, il nuovo libro di Franco Vallone

Terza edizione riveduta, nuovi capitoli e approfondimenti, una copertina giallo fosforescente, cento pagine riccamente illustrate con foto a colori e in bianco e nero, una prefazione di Rocco Cambareri, presentazioni di Giuseppe Braghò e Albert Bagno. Si intitola “Giganti – Cammelli di fuoco, ciucci e cavallucci nella tradizione popolare calabrese” ed è il nuovo libro, appena uscito in libreria, di Franco Vallone. Un percorso antropologico e storico che vede protagonisti i giganti processionali calabresi e i tanti animali da corteo che vengono “abballati” durante i giorni di festa. Jijante, gehante, gehanti, gihanta, giaganti: sono solo alcune delle denominazioni dei giganti nelle diverse aree della Calabria. In alcuni luoghi i due giganti vengono chiamati semplicemente giganti e gigantissa, in altri Mata e Grifone. In un’intervista, all’interno del film documentario I Gigantari, della regista Ella Pugliese, l’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, spiega fra l’altro che «i giganti in questa forma non hanno un nome specifico perché in genere i giganti processionali che vengono “ballati” durante le feste dei nostri paesi calabresi vengono chiamati ’u giganti e ’a gigantissa, qualche volta ’u re e ’a regina, comunque, qualsiasi nome abbiano, il riferimento è alla coppia che costituisce i fondatori mitici della città. Sono gli antenati e quindi è come se la comunità facesse un passo indietro, risalisse al momento della sua origine, della sua fondazione, in modo che la vita venisse poi ripotenziata, rivivificata da questo richiamo alle origini. (…)». Il volume inizia partendo da una presentazione delle due alte figure: “Ti svegliano di prima mattina con i loro tamburi. In principio si fanno solo sentire, da lontano, ti comunicano che sono arrivati e che oggi non è un giorno qualsiasi. Poi lentamente si avvicinano e si fanno anche vedere. Oggi è festa, e loro devono aprire il tempo speciale che solo la festa può dare. Sono i giganti, esseri enormi, fantocci grandi, colorati, simulacri arcani, speciali, proprio come il tempo che rappresentano e simboleggiano. Li senti quindi, li senti arrivare in un crescendo del rullare dei tamburi che li accompagnano con il loro ritmo inconfondibile. Arrivano prorompenti spezzando il silenzio della quotidianità e annunciando la festa. Enormi esseri con l’anima d’uomo, immortali nel loro eterno rituale di corteggiamento, sono i simboli dell’amore. Sono i giganti, antichi re dal viso scuro, e bellissime regine dalla carnagione rosea. Poi il racconto prosegue descrivendo la coppia del gigante e della gigantessa che si prepara ad uscire in pubblico; rullano i tamburi. Le due alte e inquietanti figure danzano e si corteggiano. In un rituale antichissimo tracciano, per le strade del paese, un itinerario magico simbolico. La festa è il loro mondo, il ritmo la loro vita, la strada e la piazza il loro preordinato e ritualizzato movimento. I due giganti fanno parte di un’antica tradizione calabrese. L’antropologo Apollo Lumini, in Studi Calabresi, nel 1890, scrive tra l’altro: «per la festa della Madonna di Agosto, vidi già in Monteleone (l’odierna Vibo Valentia) il Gigante e la Gigantessa, ma non so se qui, come in Sicilia, sia per ricordare il re Ruggero vincitore dei Saraceni. Vidi pure un nuovo genere di fuochi artificiali fuori della città, alla Madonneja, nei quali, pupazzi incendiati, figuravano appunto un combattimento tra cristiani e infedeli. Almeno suppongo fosse così, perché tra le grandi risate che se ne fecero, e l’entusiasmo clamoroso del popolino, non mi curai di appurare le cose». Nel volume ci sono tutti i giganti del vibonese, da quelli di San Leo di Briatico a quelli di Porto Salvo, Dasà, Vena Media, Arzona, Joppolo, Mileto, Papaglionti e Cessaniti e non mancano le esperienze più giovani come quelle di Zungri, Vibo Marina, Briatico, Favelloni, Monterosso, San Costantino e Potenzoni di Briatico, Sciconidoni, San Cono, Sciconi… e poi ci sono gli animali da corteo. In Calabria durante le feste di paese vengono utilizzati diversi tipi di fantocci dalle forme animalesche. Colorati animali in cartapesta, stoffa o cartone, si conservano di anno in anno per essere riutilizzati e portati in processione nelle feste. Poi ci sono i simulacri di animali che a fine festeggiamenti vengono incendiati e quelli preparati in modo da funzionare come macchine sceniche esplodenti capaci di produrre giochi pirotecnici di luci, scintille e rumori assordanti. Alcuni di questi animali accompagnano il ballo dei giganti, altri vengono ballati a fine serata per chiudere la festa. Molto spesso nella nostra regione il ballo dei giganti è accompagnato dal ballo del cameju, del ciucciu o del cavaju. Fantocci di cammelli, cavallucci o asini, ma anche d’elefanti, giraffe e dromedari, simbolici animali grotteschi che nel finale delle feste si esibiscono in un pirotecnico ballo di fuoco purificatore.

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Preghiera laica

di Maria Elisabetta Curtosi

Secondo Goethe, che contrariamente a quello che si pensa non era per lo Sturm né per il Drang, un compito dell’artista è diminuire l’angoscia nella società. Così scriveva Camillo Langone nella sua preghiera laica – continua  – nella biografia di Armstrong quest’idea ritorna spesso: a suscitare il panico sono capaci tutti, lodevole è colui che contribuisce a riportare la calma, instillando nel mondo ordine e armonia. In un momento politico-finanziario molto Sturm e parecchio Drang, ingovernabile alla stregua di una calamità naturale, si acquisteranno meriti esortando a piccoli piaceri e manutenzioni: fare lunghe passeggiate in bicicletta, dare l’olio paglierino a un tavolo antico, portare i dizionari dal rilegatore, fumarsi un toscano con un amico… Anche nella musica si eviti l’attualità nevrotizzante preferendole un classico settembrino, quella canzone dove c’è lui che canta “la vita nel mio petto batte piano, respiro la nebbia, penso a te”. Perché, tanto, “il giorno come sempre sarà”.

 

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