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La rivolta Tunisina ed il ruolo dell’Europa

di Giuseppe Candido

Pubblicato su “Il Domani della Calabria” del 22 gennaio 2011

Secondo le stime ufficiali dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, le vittime degli scontri cominciati il 17 dicembre 2010 sono ormai oltre cento. Dopo un mese di dure proteste della popolazione, 14 gennaio, il presidente tunisino Zine el Abidine Ben Ali è fuggito in Arabia Saudita. Tre giorni dopo, il primo ministro Mohammed Ghannouchi ha annunciato un governo di unità nazionale, a cui partecipano anche esponenti dell’opposizione. Il 18 gennaio quattro ministri (di cui tre del potente sindacato Ugtt) si sono ritirati dal governo, mentre nel paese sono scoppiate nuove proteste. Ma la rivolta tunisina non è stata una sorpresa per nessuno, se non per una élite che pensa di aver trovato la “formula magica” per mantenere il potere per sempre rimandando i “cambiamenti in cui i tunisini speravano fin dalla caduta del presidente Habib Bourguiba nel 1987”. “Questa formula”, scrive Burhan Ghalyoun sul quotidiano tunisino Al Shuruq, (applicata da molti regimi arabi) “deriva dal modello cinese e combina due elementi: l’allontanamento della politica dalla sfera pubblica vietando ogni forma di attivismo e il totale controllo dell’economia, sia accaparrandosi gli investimenti stranieri sia accumulando ricchezze con ogni mezzo”. Di una Tunisia che “brucia” parla Sami Naïr, filosofo franco-algerino, sul quotidiano spagnolo El País. Le proteste popolari, nel frattempo, si diffondono in tutta la regione. Ma in realtà c’è il rischio che sia, a breve, l’intero mondo arabo ad andare a fuoco. Perché, se in Tunisia siamo alla rivolta, in molti paesi arabi la situazione è simile e rischia di diventare esplosiva. In Algeria come nella vicina Tunisia, fanno notare i media televisivi britannici, molti ragazzi sono scesi in piazza per manifestare contro gli aumenti del prezzo del cibo. Lì è ancora in vigore lo stato di emergenza proclamato nel 1992 e nella capitale sono vietate le manifestazioni. Ed anche nell’Egitto di Mubarak le analogie con la Tunisia sono parecchie: condizioni economiche miserevoli della popolazione e poca libertà d’espressione caratterizzano il governo in carica ormai da oltre trent’anni. Poi c’è la “polveriera giordana” dove, lo scorso 15 gennaio, è stato il “giorno della rabbia”. Migliaia di cittadini sono scesi nelle piazze di tutto il paese per protestare contro l’escalation della disoccupazione e dei prezzi dei beni di prima necessità. E pure in Marocco, come in Tunisia, il paese sta affrontando una crisi e una “corruzione dilagante”. La reputazione del Marocco, sottolinea la BBC, è stata ulteriormente danneggiata dalle rivelazioni di Wikileaks sugli “affari della famiglia reale” e sull’avidità di personaggi vicini al re Mohammed VI. I dispacci dall’ambasciata statunitense a Tunisi citavano problemi simili anche nella cerchia di Ben Ali. Ma in Marocco, come in Egitto e in Algeria, la libertà di stampa è assai limitata e le autorità riescono a contenere le proteste. Insomma, lo spettro dei cambiamenti politici che si prospettano per la Tunisia preoccupa i leader di tutta la regione. Persino nella Libia del colonnello Gheddafi si teme l’effetto domino. Non c’è nessuno meglio di Zine per governare la Tunisia, che ora vive nella paura” è la reazione, a ferro caldo, del leader libico al rovesciamento del presidente tunisino e riflettono, è evidente, il suo nervosismo per un possibile dilagare delle proteste. Il colonnello guida infatti il paese da oltre quarant’anni col pugno di ferro: tutte le proteste vengono duramente represse, ma “negli ultimi giorni ci sono state molte manifestazioni anche ad Al Bayda”. Internet e la circolazione delle informazioni sono ancora limitate. Dopo le rivolte tunisine ed algerine i capi di stato arabi si sono affettati a calmierare i prezzi dei prodotti di base per prevenire nuove manifestazioni. Una ricetta, scrive il quotidiano algerino El Watan, che “sembra aver dato buoni risultati”. “Ma quanto durerà? Lo scontento della popolazione non sparisce”. Le “cause strutturali” che l’hanno provocato non si potranno risolvere col semplice controllo dei prezzi. C’è senz’altro bisogno che i governi di quei paesi si adoperino in politiche lungimiranti ma, senz’altro, c’è bisogno che l’Europa guardi a sud del Mediterraneo allargando il suo orizzonte economico, oltreché culturale, anche a quei paesi che sono nostri stretti vicini. Se l’Europa e l’occidente in genere hanno svolto un ruolo chiave nella democratizzazione dei paesi dell’Europa dell’est, ora stanno facendo l’esatto contrario con i paesi arabi. L’occidente deve assumersi le sue responsabilità. Non soltanto sosteniamo molte delle loro dittature con “amicizia”, ma permettiamo pure il saccheggio delle ricchezze di questi popoli consentendo ai loro dittatori di aprire comodi conti bancari dove depositare quel che hanno rubato ai loro popoli ed autorizzandoli a comprare, nei nostri paesi, immobili e azioni di grandi aziende europee.

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Ruby? Forse non basta cambiare canale

di Giuseppe Candido

“Berlusconi indagato in un caso di prostituzione” titolava l’Herald Tribune; “Le visite private di Ruby, cubista minorenne” sottotitolo. “L’Italia di Berlusconi sotto processo per prostituzione” è invece il titolo del network americano Fox News. E comunque, prostituzione minorile o no, non c’è dubbio che “Le ragazze di diciassette anni dovrebbero andare a scuola e non a cena da vecchi signori”. Perché è vero: il nostro modello di società ha ormai ridotto all’essere velina, piuttosto che al diventare famosa al grande fratello, il modello ed il ruolo delle donne nel nostro Paese.

“L’Italia non è un paese per donne”. È questo titolo con cui Barbie Nadeau, editorialista di Newsweek, famoso settimanale degli Stati Uniti, recensisce il nostro Paese.

“Sono le otto e mezza e gli occhi degli italiani sono tutti puntati su Striscia la notizia, il programma satirico di attualità più seguito del paese. Due uomini di mezz’età – ironizza la giornalista nell’incipit del suo editoriale – sono in piedi sotto un riflettore. Uno di loro regge una cintura da cui pende una treccia d’aglio dalla forma vagamente fallica. Una donna striscia per terra a pancia in giù con indosso un costume di paillettes scollato fino a sotto l’ombelico e un tanga. Quando si alza in piedi, uno dei due uomini le agita la treccia d’aglio davanti alla bocca: lei la prende in mano e se la strofina sulla guancia. “Su, girati, fatti dare un’occhiatina”, dice l’altro, toccando il sedere della ragazza. “Grazie, bambola”. Ecco cosa manda in onda la tv italiana durante gli orari di massimo ascolto. È impossibile – insiste la giornalista – sottrarsi a questo spettacolo, che è espressione del degrado che ormai ha raggiunto i vertici del governo e rispecchia un problema più profondo: quello della società italiana con le donne e con l’evoluzione del loro ruolo”. Come dagli torto? E se non bastasse, se non fosse già sufficiente, scrive: “Mentre i giornali raccontano una storia infinita di fotomodelle adolescenti, escort e danzatrici del ventre marocchine che fanno le capriole con il premier, che ha 74 anni, le tv lanciano il messaggio che gli uomini sono uomini e le donne sono solo addobbi per le vetrine. I boicottaggi, le proteste o anche solo le critiche sono una rarità, e chi prova a farsene portavoce è poco ascoltato. E se è vero che ultimamente Berlusconi si comporta come un vecchio sporcaccione, bisogna dire che un buon numero di donne italiane si presta al suo gioco umiliante”. E forse è proprio questo il punto, un modello culturale e mediatico che impedisce alle donne il riscatto, ma anche una scarsa voglia di riscatto. Come dire: tutto sommato il grande fratello ci piace. Forse però, dietro tutto questo, scrive ancora la giornalista, “c’è un piano ben preciso. Molto prima di vincere le elezioni e diventare capo del governo per la prima volta, nel 1994, Berlusconi era già proprietario del 45 per cento del mercato televisivo italiano. Diventando presidente del consiglio ha assunto il controllo della tv di stato, il restante 50 per cento. Con il 95 per cento del mercato televisivo sotto l’ombrello berlusconiano, è impossibile negare la sua influenza sul modo in cui sono viste e si vedono le donne italiane. Così come è impossibile nasconderne le conseguenze negative. Mentre in altri paesi europei la parità di genere viene attivamente incoraggiata perché considerata un fattore di crescita nazionale, Berlusconi ha guidato l’Italia nella direzione opposta. Di fatto ha soffocato le donne, creando un mondo in cui sono considerate soprattutto oggetti sessuali invece che alla pari degli uomini”.

Il volto dell’Italia berlusconiana che si delinea nel Global gender gap report, il rapporto sul divario di genere nel mondo pubblicato a ottobre dal World economic forum, “è drammatico”. L’Italia è decisamente indietro: all’87° posto per quanto riguarda l’occupazione femminile, al 121° per la parità salariale, al 97 ° per la possibilità che hanno le donne di ricoprire incarichi al vertice. Per come tratta le sue donne, l’Italia è al 74° posto nella classifica mondiale, dopo la Colombia, il Perù e il Vietnam. Dal 2008, quando Berlusconi è tornato al governo, l’Italia ha perso sette posizioni.

Lo studio, che tiene conto di parametri come la parità salariale, l’occupazione e le opportunità di carriera delle donne, sostiene che colmando il divario di genere, nel blocco dei paesi dell’eurozona il pil aumenterebbe del 13 per cento. Ma, “Un’intera generazione è cresciuta in una società che ritiene accettabile un’umiliante pornografia soft come condimento dell’attualità”. (…) “Ormai le vallette non popolano solo le tv: ce ne sono anche nel governo, nominate da Berlusconi. Secondo i sondaggi, le ragazze italiane che vogliono diventare veline sono più numerose di quelle che aspirano a diventare medici, avvocati o imprenditrici”. (…) La cultura da harem di Berlusconi lancia il messaggio che saper sedurre conta più di un buon curriculum: “L’unico modo che abbiamo per protestare è cambiare canale”, dice Concetta Di Somma, 30 anni, insegnante di aerobica, intervistata dalla giornalista: “Ma quando anche l’annunciatrice del bollettino meteo mette in mostra il seno, cambiando canale rischi di perderti il telegiornale”.

Non adeguatamente rappresentate nelle istituzioni e nelle aziende, le donne nostrane “hanno poche speranze di cambiare il sistema dall’interno”. “In tv e sui cartelloni pubblicitari, le donne sembrano tutte puttane, perché è quello che gli uomini vogliono vedere. Sono gli uomini a produrre gli spot pubblicitari, a guadagnarci sopra e a decidere in che modo i prodotti devono essere reclamizzati”.

Ma ce n’é anche sul ruolo della politica: Berlusconi “ha indebolito le istituzioni che dovrebbero affrontare questi problemi”, spiega alla giornalista Celeste Montoya, che insegna studi femminili e di genere all’università del Colorado e ha studiato a fondo il caso italiano. “Ha limitato la durata dei mandati, ha tagliato i bilanci e ha nominato donne spesso prive di esperienza e poco legate alle organizzazioni che difendono i diritti delle donne”.

Il governo ha affrontato il problema della discriminazione concentrandosi soprattutto sulle violenze domestiche, che sono in aumento. Ma anche in questo caso, a Berlusconi sembra sfuggire il punto. L’anno scorso, ricorda la giornalista nel suo articolo, “per scusarsi di non essere riuscito a ridurre gli stupri”, ha affermato: “Dovremmo avere tanti soldati quante sono le belle ragazze, credo che non ce la faremo mai”.

Poco più di un anno fa, oltre centomila donne italiane hanno firmato l’appello “Quell’uomo ci offende, fermiamolo”. Il premier ha liquidato la notizia con una risata. E quando Veronica Lario, la sua ex moglie, ha protestato pubblicamente per il comportamento del marito, la reazione dei media sotto controllo è stata istantanea: “velina ingrata”. E per capire quanto si è spinto questo perverso modello basti pensare che, in un processo che vede ex preside imputato per tentata violenza e molestie ad un’insegnante compiute dall’alto della sua posizione, nella memoria difensiva lo stesso imputato scrive, candidamente, che “Proporsi è lecito”.

Si sono fatti davvero grossi passi avanti? Da Aspasia, punto di riferimento fra i protagonisti della scena culturale greca del V sec. a. C. che, non accettando di vivere reclusa come le donne del suo tempo, promuoveva riunioni per discutere di politica e retorica, sino ad arrivare alle veline d’oggi con cui, il ruolo non solo politico delle donne è tornato in serio pericolo. La cosa che fa di più specie, però, è l’assenza d’indignazione chiara da parte delle gerarchie vaticane, sempre pronte a lanciare strali contro le unioni di fatto ma tolleranti coi comportamenti “discutibili” del premier.

“La repubblica, come necessità storica sorgerà – scriveva Mazzini – sorgerà dal senso di pericolo mortale e di disonorare che lo spettacolo di corruzione dato da un governo senza dignità e senza amore, susciterà presto o tardi, onnipotente negli uomini che hanno a cuore l’avvenire della Patria”.

L’uscita di scena di Berlusconi, quando sarà, potrebbe certo spezzare l’intreccio perverso tra politica, mezzi d’informazione e discriminazione delle donne ma da sola non costituirà il vero elemento di cambiamento. Ma per vedere qualche passo avanti, noi italiani, uomini e donne, dovremo cambiare radicalmente il nostro modo di pensare. E per farlo, ci dicono dall’America, “non basterà cambiare canale”.

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Nel 150° dell’Italia Unita … il nuovo numero di ALM per un buon 2011

Care amiche e cari amici di Abolire la miseria della Calabria,

a nome della redazione auguro a tutti voi, nel 150° dell’Italia Unita, un felice 2011 ricco di cultura e culturalmente ricco. E lo faccio con il nuovo numero. Ancora una volta in “copia omaggio” grazie anche al contributo della Provincia di Catanzaro offerto all’associazione di volontariato culturale Non Mollare e da noi interamente dedicato all’Unità d’Italia ed al ruolo che per essa ebbe il Mezzogiorno d’Italia e la Calabria in particolare. A breve pubblicheremo anche l’inserto speciale. Intanto buona lettura a tutti con “otto pagine di cultura” ed AUGURI!

Uno speciale ringraziamento al Presidente Napolitano che dà ascolto ai giovani e che, lo scorso 8 giugno 2010 con nota ufficiale del Segretario Generale Pasquale Cascella (Prot. SGPR del 11/06/2010 n°0062663 P), nel renderci nota la possibilità di utilizzare il testo dell’Intervento del Presidente tenuto all’Accademia Nazionale dei Lincei, ci ha ufficialmente <<Rappresentato i sensi della considerazione del Presidente Giorgio Napolitano per l’iniziativa di dedicare un numero del periodico “Abolire la miseria della Calabria” al tema del Mezzogiorno nel centocinquantenario dell’Unità d’Italia>>. Ovviamente siamo orgogliosi di tutto ciò e, nello stesso tempo, increduli e lusingati di questo riconoscimento. Grazie davvero Presidente Napolitano, garante della nostra costituzione, e un augurio per un buon 2011 con meno suicidi nelle carceri.

Leggi il nuovo numero direttamente on line

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Fitodepurazione, conviene e risolve! Il video e il resoconto del convegno e del dibattito

Sellia Marina (CZ) – Si è svolto lo scorso 29 dicembre il convegno-dibattito sul tema della Fitodepurazione organizzato, presso la sala del Consiglio Comunale di Sellia Marina, dal Comitato per la tutela dell’ambiente di Sellia Marina assieme all’associazione di volontariato culturale “Non Mollare” e all’azienda “Vivai Squadrito”. Conviene? Risolve? È a queste domande che si è cercato di dare una risposta. Il tutto nasce da una petizione popolare che chiede al sindaco di adottare la fitodepurazione per l’affinamento dei liquami provenienti dai depuratori quando questi, durante il periodo estivo funzionano malamente a causa del picco delle presenze turistiche.

La fitodepurazione, com’è poco noto, è un sistema di depurazione naturale che può integrarsi, proprio in quei territori in cui è forte il picco estivo delle presenze turistiche, con i sistemi di depurazione tradizionale. Al convegno dibattito oltre ai relatori sono intervenuti, quali amministratori dei territori interessati dalla problematica, il sindaco di Sellia Marina Giuseppe Amelio, l’assessore all’ambiente Giuseppe Mercurio, il Presidente del Consiglio comunale Nicola Giancotti, il dott. Michelangelo Ciurleo assessore al bilancio della Provincia di Catanzaro e Salvatore Procopio già assessore all’ecologia e consigliere comunale di Botricello. Al convegno era stato invitato anche il Dott. Fausto Caliò, responsabile autorizzazioni del Settore Tutela e Sviluppo ambientale della Provincia di Catanzaro, che non essendo potuto intervenire personalmente, ha inviato un messaggio ad organizzatori e partecipanti al convegno: “Il tema in discussione – ha scritto il Dott. Caliò nella sua nota – è certamente in linea con gli obiettivi della tutela e valorizzazione delle risorse indriche, infatti, come i partecipanti ben sapranno, la fitodepurazione rientra tra i trattamenti di depurazione naturale suggeriti dalla vigente normativa (All. 5 alla parte terza del D.lgs 152/06); questi, benché ormai largamente collaudati ed impiegati in vari Paesi mitteleuropei, trovano ancora scarsa applicazione nel nostro territorio. L’argomento (del convegno ndr) – scrive ancora il dott. Caliò ai partecipanti – è tanto più stimolante se si pensa che i pochi esempi del genere esistenti nel territorio provinciale sono utilizzati nel trattamento dei reflui di piccole comunità (perlopiù insediamenti rurali), mentre tali tecnologie sono sono state ancora applicate al trattamento, o affinamento, di acque reflue provenienti da agglomerati urbani di medie dimensioni. Pertanto, – conclude Caliò con riferimento esplicito agli obiettivi del convegno – qualora fosse realizzato l’impianto fitodepurativo proposto nella petizione collegata a tale convegno, esso costituirebbe certamente un interessante prototipo per la nostra provincia, da monitorare attentamente per ulteriori simili applicazioni.”

Sulla base delle “forti criticità” in cui si viene sistematicamente a trovare il sistema di depurazione, e non solo quello selliese, durante il periodo estivo di picco demografico, durante il convegno è stato più volte sottolineato come, il ricorso a tali tecniche di depurazione naturale per il trattamento dei reflui rappresenta una scelta diffusa sia a livello nazionale sia a livello mondiale per i suoi vantaggi sia economici sia di capacità accertata nel trattamento dei reflui provenienti dai depuratori tradizionali. “L’uso della fitodepurazione – ha spiegato il dott. Giuseppe Squadrito – per la depurazione dei liquami ha origini antiche. A Roma, nel periodo imperiale, si usava scaricare la cloaca massima, un canale di flusso dei rifiuti urbani, nelle paludi Pontine con il preciso scopo di sfruttare il loro potere auto depurante. (…) Ma la moderna concezione degli impianti di fitodepurazione ha origine, negli anni ’80, negli Stati Uniti e nel Centro Europa e gli impianti di fitodepurazione vengono definiti a livello internazionale con il termine costructed wetlands cioè sistemi umidi costruiti artificialmente. In Italia – ha ricordato Squadrito – l’entrata in vigore del D.Lgs 152/99 ha introdotto per la prima volta una filosofia del tutto nuova nel campo della gestione e tutela della risorsa idrica, privilegiando, ove possibile, sistemi ad alta naturalità e anticipando la direttiva quadro nel settore delle acque n° 2000/60 della comunità europea. In uso già da tempo negli Stati Uniti, sono recentemente stati introdotti in molte regioni italiane. In Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, sono molti gli impianti in attività che forniscono periodicamente risultati estremamente positivi per l’attività depurativa che svolgono”.

Conviene, dunque, e potrebbe anche risolvere. Ma, come sottolineato nella relazione del professor Francesco Santopolo, il metodo è stato scarsamente utilizzato soprattutto perché “poco remunerativo” in termini “progettuali” per cui si è sempre preferito sistemi di depurazione tradizionali. Senza dimenticare – ha aggiunto Santopolo – che in un regione come la Calabria dove l’acqua è scarsa d’estate e tragicamente abbondante d’inverno e in autunno quando è causa del dissesto idrogeologico, il metodo della fitodepurazione potrebbe diventare una risorsa idrica aggiuntiva perché le acque di scarico dei depuratori, affinate, diventerebbero utilizzabili per usi irrigui. Sia il sindaco di Sellia Marina sia l’assessore all’ambiente Giuseppe Mercurio, nei loro rispettivi interventi, hanno plaudito all’iniziativa del convegno recepita come “interessante proposta da sottoporre a future valutazioni tecniche” e non già, come troppo spesso accade in questi casi, quale “protesta pretestuosa e strumentale”. Ed anche se non sono mancati momenti di dibattito in cui l’amministrazione – nella persona del Sindaco – ha sottolineato il suo impegno nella tutela dell’ambiente in generale, il convegno è risultato essere una valida base di partenza per ulteriori valutazioni di fattibilità tecnica che l’amministrazione intenderà compiere recependo le richieste della petizione che sarà quindi presentata ufficialmente all’inizio del nuovo anno con l’augurio di una situazione “balenare” per il 2011 migliore di quella del 2010. Nicola Giancotti, nella sua qualità di Presidente del Consiglio comunale di Sellia Marina che ha gentilmente ospitato la manifestazione, ha sottolineato nel suo intervento che non soltanto “quello della fitodepurazione risulta una interessante proposta come sistema per l’affinamento dei liquami fuoriuscenti dai depuratori ma che potrebbe anche essere incentivato, con eventuali sgravi fiscali sulla tassa della depurazione a beneficio di privati, come i tanti villaggi turistici presenti sul territorio, che decidessero di adottarlo come alternativa allo scarico in fognatura”. “Di fatto – ha concluso Giuseppe Candido, quale presidente del Comitato di tutela dell’ambiente di Sellia Marina, – un risultato lo abbiamo già ottenuto ed è quello, non di poco conto, di far discutere le amministrazioni interessate dal problema prima che la stagione estiva sia avviata e prima che l’emergenza torni ad esplodere. Ci dispiace per l’assenza della minoranza in consiglio che, evidentemente, non ha ritenuto adeguatamente importante l’argomento in discussione stante la valenza oggettiva e l’assenza di colore politico dell’iniziativa che poteva perciò essere accolta in maniera bypartisan”.

Apprendiamo con soddisfazione dalla stampa locale che Salvatore Procopio, consigliere comunale intervenuto al convegno, ha richiesto alla Giunta di Botricello guidata da Camastra di adottare la fitodepurazione per l’affinamento dei liquami del depuratore ubicato sul tratto della foce del torrente “Arango”.

Un buon risultato ed un ottimo augurio per il 2011 per il Comitato per la tutela dell’ambiente di Sellia Marina che, proponendo la fitodepurazione al Sindaco di Sellia Marina attraverso una petizione popolare, ha cercato però di estendere la discussione anche ai comuni limitrofi come Botricello e Cropani. Peccato che non tutte le amministrazioni interessate dal problema si siano interessate alla proposta. Forse troppo impegnati nei festeggiamenti?

Applicare la fitodepurazione ai locali impianti di depurazione” è il titolo dell’articolo firmato r.s. (probabilmente riferibile al giornalista Rosario Stanizzi) comparso oggi, 31 dicembre, su La Gazzetta del Sud che pubblichiamo di seguito. “La proposta del consigliere comunale Salvatore Procopio” l’occhiello.

Botricello. – “Considerare l’opportunità di valutare, attraverso uno studio di fattibilità sui costi e sui benefici, l’applicazione delle tecniche di fitodepurazione all’impianto di depurazione”. E’ quanto chiede, con un’interrogazione-proposta indirizzata al Sindaco Giovanni Camastra, agli assessori Giuseppe Trivolo ed Agostino Viscomi, al capogruppo di maggioranza Angelo Muraca e al responsabile dell’ufficio tecnico comunale, Luigi Mancuso, l’ex assessore all’ecologia del comune di Botricello, Salvatore Procopio, consigliere comunale.

“E’ mio personale convincimento – aggiunge – che le superfici attualmente in disuso all’interno del perimetro dell’impianto sito in località Arango siano quantomeno idonee ad accogliere un sistema di fitodepurazione a monte dell’attuale impianto depurativo. Le vasche della vecchia linea di depurazione, opportunamente rigenerate, sono assai idonee ad ospitare segmenti di fitodepurazione e tecniche modulari in grado di depurare e trattare il carico batterico, soprattuto durante il periodo estivo, in cui il dimensionamento non idoneo dell’impianto può generare dei collassi depurativi (come già avvenuto in passato ndr). L’alta efficienza depurativa, i bassi costi di realizzazione e manutenzione, la rimozione dei batteri coliformi, l’abbattimento del fabbisogno di ossigeno chimico e biologico, dell’ammoniaca e del fosforo, sono indicatori interessanti che la tecnica della fitodepurazione offre e che mi fanno protendere per un’applicazione immediata di tale sistema nel nostro impianto depurativo. Ritengo che l’ipotesi di fattibilità, se supportata da valutazioni tecniche economiche più autorevoli della mia proposta, siano in armonia sia con l’ipotesi di una maggiore efficienza dell’impianto esistente e sia nell’ottica della costruzione di un nuovo impianto di depurazione. Pertanto – afferma ancora Procopio – chiedo che la proposta, maturata all’interno di un recente dibattito scientifico con l’Università della Calabria, il Comitato per la tutela dell’ambiente di Sellia Marina e l’associazione culturale “Non Mollare”, venga immediatamente valutata dai nostri tecnici e vengano allertati i canali di finanziamento più opportuni per la fattibilità dell’intervento.”

Alm ringrazia il sig. Antonio Elia per le riprese amatoriali effettuate e che ci hanno consentito di documentare il convegno e gran parte del dibattito

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Le mani bianche degli studenti

di Giuseppe Candido

Dopo il pasticcio combinato dalla vicepresidente del Senato Rosy Mauro durante la seduta pomeridiana del 21 dicembre in Senato che aveva dato per “approvati” quattro emendamenti presentati dall’opposizione, oggi è stata invece la giornata del voto finale alla riforma dell’Università del ministro Gelmini. Gli studenti assassini? Le mani bianche e il rifiuto categorico della violenza sono quello che resta, questa volta, delle manifestazioni. A Roma e nelle altre città d’Italia gli studenti sfilano pacificamente. Solo a Milano e a Palermo qualche facinoroso sfida le barricate e crea qualche tafferuglio venendo però subito isolato dagli studenti che hanno invece dato prova di essere un movimento “sano” che legittimamente esprime il proprio dissenso e che spera di potersi confrontare con la Politica e col Presidente Napolitano. Magari si potesse assistere a scene del genere anche in Parlamento dove troppo spesso si perviene alla rissa. “Università, unità” gridano e fanno chiasso per le strade con tamburi e fracassi. Chiassosi si, ma nonviolenti coi libri di cartone, i fiori per i celerini, le mani dipinte di bianco.

“Università pu-bbli-ca” scandiscono. E danno una lezione di civiltà e democrazia non soltanto a chi guardava, soffiando incautamente sul fuoco, alla violenza della piazza per gonfiare il petto della sicurezza, armare la polizia e ordinare la carica.

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“La scenografia nel presepe”

alcuni presepi realizzati da Pettinato

Ad Ariccia, al Torrino di Palazzo Chigi e fino a capodanno, la mo

stra del calabrese Giulio Pettinato

di Franco Vallone

Si chiama Giulio Pettinato, è calabrese di Vibo Valentia Marina dove è nato nel 1955, da due decenni vive e lavora in provincia di Roma, nella fascinosa Castel Gandolfo tanta cara ai Papi. Da anni Pettinato è attivo in ambito internazionale nel campo della scenografia di interni e vanta collaborazioni

con enti e strutture pubbliche e private. Tra l’altro ha realizzato preziose decorazioni ed “interventi d’arte” per tantissime abitazioni private ma anche per uffici, alberghi, chiese e teatri. In tre edizioni del “Festival di Spoleto” ha curato, con successo, esposizioni tematiche sulla sce

nografia, poi ancora una carriera costellata di prestigiosi allestimenti scenici al Teatro Rendano di Cosenza, per “I cantori di Brema” di Gaetano Panariello e successivamente al Teatro Argentina di Roma, ai Percorsi Musicali di Castel Gandolfo e per l’importante installazione scenico-scultorea di “Connessioni Mediterranee”, opera del compositore greco Nikos Filaktos, al Fringe Festival di E

dimburgo. Un artista completo Giulio Pettinato, che spazia continuamente dalla scenografia alla decorazione, dalla scultura alla pittura, con ben cinquanta esposizioni personali curate in m

ezzo mondo. Ora Giulio Pettinato, da qualche anno, si occupa in modo speciale del

periodo di Natale con interventi di vera e propria presepistica non convenzionale. Ogni presepe diventa quindi spazio scenico nel quale individuale, focalizzare, mettere in evidenza spazi rimodellati dalla fantasia, dal tramandato popolare e popolaresco.

Pettinato prende dalla tradizione e trasferisce all’arte, illumina teatralmente lo spazio del racconto di Natale, lo rende prospetticamente funzionale alla scena e al palcoscenico, anima e inserisce sceneggiature nei quadri d’azione, crea, in modo assai originale, veri e propri frame, fotogrammi filmici. La sua concettualità operativa la scrive e la descrive bene Masina Carravetta nella presentazione in catalogo: “Che il sistema dei consumi abbia preso il sopravvento sul sistema dei valori è cosa ormai tristemente assodata. Il nostro tempo sembra minato dall’ossessione dell’utile , dal culto del profitto, dall’emarginazione di ogni persona non funzionale, non produttiva. Forse per tutte queste ragioni una mostra di Giulio Pettinato, che coniuga tradizione, talento scenografico e poesia , può attrarre tutti coloro che cercano una zona franca nel turbine natalizio. Le scenografie presepiali di Pettinato, esposte in questi giorni, interpretano, con delicatezza e stupore, il tema dell’attesa, della famiglia, della nascita. Momenti ai quali siamo tutti profondamente legati e nei quali cerchiamo di identificarci incessantemente, anno dopo anno, anche quando la vita ci trasforma e ci indurisce“.

Franco Vallone

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‘Ndrangheta e Politica alle ultime elezioni regionali. Arrestato Zappalà (Pdl) ed altri candidati che sostenevano Scopelliti

di Giuseppe Candido

“La mia missione è di essere sempre e solo al servizio del cittadino”. È quanto si legge entrando nel blog dell’ex sindaco di Bagnara Calabra nonché Consigliere regionale eletto nelle fila del Pdl calabrese ed oggi arrestato per documentate collusioni con la cosca dei Pelle. Candidato a sostegno del Presidente Scopelliti, come Zappalà stesso scrive nel suo blog: “affinché la mia amata Calabria possa divenire la regione della libertà, della solidarietà, del progresso e… della POLITICA DEL FARE”.

E pensare che, nel mese di giugno, il sindaco Zappalà si era recato perfino in Prefettura per consegnare simbolicamente la fascia tricolore al prefetto di Reggio Calabria D’Onofrio. Come si legge nel suo blog: “Un gesto clamoroso e al tempo stesso altamente simbolico, che il primo cittadino ha voluto compiere per segnalare una situazione che a Bagnara si è fatta davvero drammatica: quella della mancanza di un controllo efficace del territorio da parte delle forze dell’ordine”.

Oggi la notizia è che Zappalà viene arrestato assieme ad altre 11 persone, tra cui altri quattro candidati alle ultime regionali, nell’ambito di un’indagine sui rapporti politica e ‘ndrangheta in Calabria. Intercettazioni ambientali e telefoniche che inchiodano.

Di seguito le agenzie della notizia (copia e incolla) che mostrano come lo strapotere delle cosche gravi sulle scelte e sulle decisioni del Consiglio Regionale calabrese.

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ROMA, 21 DICEMBRE:

(ANSA) – Un consigliere regionale, del Pdl, ed altre 11 persone sono state arrestate dai carabinieri in Calabria; l’ipotesi di accusa e’ il condizionamento da parte della ‘ndrangheta sulle elezioni regionali del 29 e 30 marzo scorsi. Con il consigliere Santi Zappalà sono stati arrestati altri quattro candidati in liste del centro destra: Antonio Manti, Pietro Nucera, Liliana Aiello e Francesco Iaria. Sono tutti sospettati di avere ottenuto il sostegno della cosca Pelle in cambio della promessa di favori.

(APCOM) – Il consigliere regionale Pdl Santi Zappalà, arrestato dai carabinieri nel corso dell’operazione “Reale 3”, è stato incastrato dalle intercettazioni ambientali a casa del boss Giuseppe Pelle, capo indiscusso dell’omonima famiglia egemone nel territorio di San Luca in provincia di Reggio Calabria. Zappalà, sulla base di quanto si evince dalle intercettazioni, andò a trovare il boss il 27 febbraio scorso e si sarebbe messo a disposizione per eventuali favori da far ottenere ai detenuti rinchiusi nei vari penitenziari italiani. Zappalà è tra le 12 persone arrestate in Calabria nell’inchiesta che ha scoperto un giro d’affari tra politica e cosche legate alla ‘ndrangheta. Al centro dell’indagine gli incontri tra il boss Pelle e alcuni candidati che in cambio di voti assicurati alla ‘ndrangheta avrebbero dovuto garantire alle imprese di riferimento della cosca l’aggiudicazione di alcuni importanti appalti pubblici e altri favori. Santi Zappalà è attuale sindaco di Bagnara Calabra. Oltre a lui i carabinieri hanno notificato anche altre quattro ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti esponenti politici calabresi, tutti del centrodestra, candidati al consiglio regionale nell’ultima tornata dello scorso marzo. Si tratta di: Antonio Manti, Pietro Nucera, Liliana Aiello e Francesco Iaria. L’accusa per tutti e di avere ottenuto il sostegno elettorale della cosca Pelle. L’appoggio, secondo gli accordi presi, avrebbe dovuto essere ricambiato facendo ottenere alla cosca favori di vario genere tra cui appalti, finanziamenti e trasferimenti di detenuti. L’indagine ha accertato il condizionamento esercitato dalla cosca Pelle di San Luca in occasione delle elezioni del 29 e 30 marzo scorsi per il rinnovo del Consiglio regionale.

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Chi vince in Calabria lo fa col sostegno delle ‘ndrine. Forse è questa la semplice chiave di lettura che si deve dare per commento dell’operazione “Reale”. Si, “Reale”! Perché reale è che, in Calabria, i Consigli regionali che si susseguono debbano essere sistematicamente “infiltrati” dalle cosche che, grazie anche al sistema elettorale vigente, riescono quasi sempre a far prevalere, all’interno delle liste, i “loro” candidati.

Quando l’On.le Angela Napoli, dalla commissione parlamentare antimafia, denunciava in solitudine che in queste ultime elezioni regionale le liste erano piene di candidati “sconvenienti” che non rispettavano neanche lontanamente il “codice etico” che la politica si era data e quando pure l’ex ministro degli interni Pisanu certifica le infiltrazioni con le sue dichiarazioni relative ad un personale politico “non degno di rappresentare nessuno”, c’è da domandarsi se forse non avessero ragione. Non serve neanche – come abbiamo fatto – che lo denuncino i Radicali a gran voce durante tutta la campagna regionale. E non bisogna credere che siano mosche bianche.

Col sistema elettorale attuale è così semplice far convergere i voti che le ‘ndrine hanno i loro eletti in maggioranza e nell’opposizione. È certo però che, nella scelta, le “famiglie” calabresi più attente sanno ben scegliere e contribuiscono a determinare chi governerà nel lustro successivo la Calabria.

Come difendersi? Il Presidente Scopelliti, se davvero volesse combattere queste infiltrazioni, avrebbe da fare immediatamente due provvedimenti: il primo relativo alla trasparenza e che preveda la tempestiva pubblicazione anche su internet di tutto ciò che già da anni doveva essere pubblico (gli interessi finanziari dei Consiglieri, degli Assessori e dei presidenti dei vari enti regionali la cui nomina è di competenza del Consiglio Regionale); una vera anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati. Il secondo provvedimento dovrebbe essere quello di cambiare l’attuale sistema di elezione del Consiglio Regionale e procedere all’elezione di ciascun consigliere in altrettanti piccoli collegi elettorali uguali in numero a quelli dai consiglieri eletti. Tale modifica avrebbe due vantaggi: avvicinare l’eletto all’elettore ed evitare che le preferenze delle ‘ndrine si coalizzino in un intera provincia così da garantire al “prescelto” l’elezione sicura.

Ovviamente a tutto ciò andrebbero affiancati, da un lato, l’obbligo di primarie nei 60 collegi e, dall’altro, una più attenta selezione della classe dirigente.

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Greccio, Betlemme e Gerusalemme… le note del calabrese Fabio Conocchiella

(19 anni appena compiuti) in mondovisione il giorno di Natale

di Franco Vallone

Si chiama Fabio Conocchiella è calabrese di Briatico, in provincia di Vibo Valentia, e sin dall’età di sette anni si è avvicinato al mondo della musica, quasi per gioco, imparando giorno per giorno a suonare il pianoforte e l’organo, ad orecchio e ascoltando moltissima musica, specialmente quella barocca che influenzerà le sue prime, vere, composizioni. All’età di dieci anni Fabio inizia lo studio del violino, proseguito poi con i maestri Antonella Curcio e Cristiano Brunella. Contemporaneamente Conocchiella scopre di avere un’affascinazione, la grande passione per la composizione, passione che successivamente diventerà la sua principale attività e che lo ha portato allo studio accademico della materia. Ad oggi ha all’attivo numerose composizioni per i più svariati ensamble strumentali, dalla musica da camera a quella sinfonica e prepara arrangiamenti e orchestrazioni per importanti orchestre nazionali e estere. Il prossimo 22 dicembre Fabio Conocchiella festeggerà il suo compleanno. Diciannove anni, è giovanissimo Fabio ed è già un compositore e direttore d’orchestra di quelli importanti, tanto grande e importante che le sono state commissionate opere di orchestrazione di Violentango, Oblivion e Libertango di Astor Piazzolla e l’arrangiamento e l’orchestrazione del famoso brano “Somewhere” tratto da “West Side Story” di Leonard Bernstein, il tutto per un evento altrettanto speciale, il tradizionale Concerto di Natale per la Vita e la Pace da Betlemme e Gerusalemme, al quale partecipano artisti e orchestre di fama internazionale. L’orchestra che quest’anno terrà il concerto è l’Orchestra Giovanile Italiana di Fiesole, che è stata diretta da direttori d’orchestra come Muti, Abbado, Sinopoli, e in quest’occasione sarà diretta dal M° Nicola Paszkowski. Le orchestrazioni di Fabio Conocchiella, per quanto riguarda i brani di Piazzolla, vedranno, come solista al bandoneon, Mario Stefano Pietrodarchi, artista affermato in campo nazionale ed internazionale, che ha anche eseguito nel febbraio di quest’anno la Prima assoluta del concerto per bandoneon e orchestra – a lui dedicato – dal titolo “Dentro”, composto e diretto dallo stesso Conocchiella e successivamente replicato a Yerevan, capitale dell’Armenia, con l’Orchestra di Stato. L’arrangiamento e l’orchestrazione di “Somewhere”, invece, vedrà affiancare l’orchestra da due grandissimi artisti della Palestina: la cantante Mira Awad e il suo vocalist Amiram Eini che chiuderanno l’intero concerto con questo inno alla Pace e alla Fratellanza tra i popoli, temi chiave di questo evento di respiro internazionale. Il Concerto di Natale per la Vita e per la Pace è stato eseguito il 19 dicembre a Greccio (RI), concerto d’inaugurazione presso l’Abbazia di San Pastore; verrà riproposto il 21 dicembre a Betlemme, presso la Basilica di S. Caterina e il 22 dicembre a Gerusalemme, presso l’Auditorium Binyanei Hauma; Un vero e proprio meritato regalo di compleanno per Conocchiella, tutto il concerto con l’opera di Fabio verrà trasmesso in mondovisione e sarà possibile seguirlo, in Italia, il giorno di Natale, il 25 dicembre 2010, alle ore 15.30 su Rai 3 o in streaming o su Radio 3. L’Orchestra Giovanile Italiana diretta sempre dal M° Paszkowski presenterà le orchestrazioni e gli arrangiamenti di Conocchiella anche per il Concerto di Capodanno al Teatro Comunale (del Maggio Musicale) di Firenze, il 1 gennaio 2011 alle ore 11.00. Questo importante progetto che vede coinvolto Fabio Conocchiella rappresenta uno dei tanti riconoscimenti che sta avendo come compositore e musicista a livello non solo italiano, ma internazionale, ricordiamo, infatti, che Conocchiella sta già lavorando a diversi progetti per il 2011 che lo vedranno nuovamente all’opera come compositore e direttore d’orchestra all’estero, anche affiancato da grandi nomi del concertismo internazionale.

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Isolare i violenti forse non basta

di Giuseppe Candido

Pubblicato su “il Domani della Calabria” del 21 dicembre 2010

Ha ragione Emanuele Fiano – responsabile giustizia del Pd – nel dire che bisogna manifestare isolando i violenti. La teoria dei provocatori “infiltrati” non regge all’evidenza dei fatti. Ma forse non basta isolare i violenti e dire alla violenza semplicemente un “no”. Forse bisognerebbe che al rifiuto della violenza si unisse anche l’amore della verità e una proposta politica di “pratica concreta” della nonviolenza, quella forma di lotta di gandhiana memoria che nei partiti italiani non alberga molto.

La fiducia al governo ottenuta da Berlusconi alla Camera per tre voti assai discussi assieme alle manifestazioni inizialmente pacifiche ma poi sfociate in episodi di violenza, sono state le questioni più evidenti nella cronaca di giornali e televisioni e nei commenti dei politici. E pure la stampa straniera ha detto la sua: L’Economist, uno dei settimanali britannici più diffusi, nell’ultimo numero uscito venerdì 17 nelle edicole europee, titola: “Aggrapparsi”. “Berlusconi sopravvive. Il premier italiano tira avanti dopo il voto ma potrebbero esserci comunque elezioni anticipate nel nuovo anno”. “Il 14 dicembre ha avuto diversi volti in Italia”, scrive ancora il settimanale della City.

“Silvio Berlusconi ha mantenuto in vita il suo governo conservatore vincendo di poco il voto di fiducia alla Camera. Poi ci sono stati brutti episodi di violenza a Roma e proteste di studenti in diverse altre città. Quanto questi eventi siano legati tra loro sarà oggetto di dibattito acceso – scrive ancora l’Economist probabilmente non avendo visto la puntata di Annozero – attorno alle tavole natalizie”. Le proteste contro i tagli all’istruzione, alla cultura e all’università si sono tragicamente sommate, nella giornata di martedì, a quelle dei cittadini aquilani in rivolta per le loro case ancora da ricostruire e degli abitanti “avvelenati” di Terzigno.

“Una cosa è chiara: il 14 dicembre – glissa l’Economist – non è stato un gran giorno per la democrazia parlamentare italiana”. E forse, aggiungeremmo noi, non è stato un bel giorno neppure per la “democrazia partecipativa” del manifestare liberamente in piazza il proprio sacro santo dissenso contro il governo e contro i suoi provvedimenti. Delle manifestazioni rimangono infatti solo gli echi delle violenze e non invece quello delle ragioni.

E se da un lato c’è chi minimizza il problema chiedendo “d’isolare i violenti” o tirando in ballo improbabili falangi di Black Bloc e “infiltrati”, d’altro canto il governo soffia sul fuoco e propone il pugno di ferro. Il sottosegretario agli Interni Mantovano ha infatti dichiarato di essere “favorevole all’estensione del Daspo”, una misura introdotta per limitare la violenza negli stadi, “anche alle manifestazioni politiche”. Senza neanche il bisogno di cambiare l’acronimo perché la “s” starebbe a “studentesche” e il “po” per politiche. Tutto normale? Mica tanto. “Un provvedimento da stato di polizia” tuona il segretario di Radicali italiani, Mario Staderini. E in effetti il provvedimento, il cui acronimo è il divieto d’accesso alle manifestazioni sportive, sulla base di una semplice denuncia, può vietare al soggetto ritenuto “pericoloso” di accedere in luoghi “caldi” in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive. È emesso dal questore, sulla base di una denuncia all’autorità giudiziaria, e la durata può andare da uno fino a cinque anni. Ed è proprio il fatto che il Daspo possa essere emesso sulla base di una semplice denuncia, magari emessa a furor di popolo sulle spinte di qualche “politico indignato” dei provvedimenti della magistratura e non già dopo una condanna penale, ha comportato molte proteste di inconstituzionalità non solo da parte degli ultras. E anche se la Corte Costituzionale nella sentenza n. 512 del 2002, inquadra la misura tra quelle di “prevenzione”, che possono quindi “essere inflitte anche in attesa del processo ed essere poi revocate in caso di assoluzione”, la lunghezza biblica della Giustizia italiana fa sì che la persona sottoposta al Daspo sconti per intero la “misura” che si trasforma quindi, alla faccia del garantismo, in vera e propria pena preventiva, senza che il processo che ad essa ha dato origine venga celebrato. Insomma, non solo gli ultras ma anche costituzionalisti e giuristi ritengono assai limitative queste misure. Di fatto, alcune libertà fondamentali come quella di circolazione prevista dall’art. 16 della Costituzione, oltreché quella di manifestare, vengono limitate. Stato di Polizia? Forse no, ma neanche più uno vero “Stato del diritto”.

Tra le due posizioni estreme però non trova sufficiente spazio la proposta “nonviolenta” che invece pur emerge embrionale nel movimento. Alcuni studenti, per dire un no chiaro ma pacifico alla riforma universitaria che contestano, hanno iniziato timidamente uno sciopero della fame ma, a parte un breve passaggio al tg3, nessuna trasmissione c.d. “di approfondimento” ha davvero approfondito su di loro. Nessuna visibilità delle ragioni di chi protesta attuando pratiche nonviolente. Visibilità che invece sistematicamente si garantisce a chi alza una pala per colpire un agente o a chi, mentre manifesta, con un casco, inveisce su un altro manifestante mandandolo in ospedale con prognosi riservata. “Questa idea di un metodo per la nonviolenza – scriveva Capitini oltre 40 anni fa e dieci anni prima rispetto ai moti studenteschi del ’77 – è importante, perché presenta l’aspetto di un insieme che comprenda atteggiamenti vari dell’uno o dell’altro; e presenta anche la necessità di una certa disciplina, di un certo ordine nella messa in pratica delle tecniche della nonviolenza, che sono i modi nei quali essa possa essere attuata, tenendo conto delle situazioni, dei problemi, degli scopi relativi a determinate circostanze”. Nel 67, quando fu scritto, non ebbe un grande successo Le tecniche della nonviolenza. “Questo richiamo al primato della pratica diretta comune a tutti coloro che vedono il mondo come qualche cosa da cambiare – assume un valore particolare per il metodo nonviolento, a causa della coincidenza che in esso c’è dei mezzi e dei fini. Nella grossa questione dei rapporto tra il mezzo e il fine, – scriveva ancora Capitini – la nonviolenza porta il suo contributo in quanto indica che il fine dell’amore non può realizzarsi che attraverso l’amore, il fine dell’onestà con mezzi onesti, il fine della pace non attraverso la vecchia legge di effetto tanto instabile Se vuoi la pace, prepara la guerra, ma attraverso un’altra legge: Durante la pace, prepara la pace ”. Il fine giustifica i mezzi? Nient’affatto: mai. Il mezzo che si pratica pregiudica sempre il fine. “Fare qualche cosa”, quindi, “se non si può far tutto, purché ogni giorno si faccia qualche passo in avanti” senza però compromettere il fine con l’uso della violenza.

Ma, ahi noi, la nonviolenza, scritta alla maniera di Aldo Capitini e spesso praticata alla maniera di Marco Pannella e dei Radicali, non fa mai audience. Neanche quando a praticarla sono proprio quegli stessi studenti che di più potrebbero esserne l’esempio per i loro coetanei.

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Canti del Natale

Care amiche e cari amici di Abolire,

il Natale è arrivato anche quest’anno e nel porgervi gli auguri vi facciamo omaggio, per chi vorrà scaricarlo, della strenna che pubblicammo lo scorso anno sui canti del Natale
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Canti del Natale nella tradizione calabrese

scarica i Canti del Natale di Giuseppe Brinati


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