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Eleonora e il fallimento della sanità calabrese

di Giuseppe Candido

Pubblicato su “il Domani della Calabria” del 24.8.2010, P1

La sanità calabrese è il paradigma del palese fallimento della partitocrazia nel gestire la cosa pubblica al fine di spartirsi poltrone piuttosto che a quello istituzionale di dare un servizio sanitario efficiente. Mentre d’ovunque si fanno sagre, passerelle culturali dove sfilano sculettanti veline, la Calabria, quella reale, quella della gente vera, torna nuovamente in prima pagina, nei giorni di fine agosto, con la vicenda di malasanità. Una vicenda tragica. La morte, questa volta, è arrivata in ambulanza verso la corsia dell’ospedale di Lamezia Terme. Eleonora Tripodi, di Santa Domenica di Ricadi, paesino ubicato lungo la bellissima costa degli Dei che da Vibo porta a Tropea, aveva solo 33 anni ed aveva partorito il terzo figlio, una bellissima bambina, che purtroppo non conoscerà mai sua madre. Una storia simile, troppo simile, a quella delle altre vittime della sanità calabrese malata di partitocrazia, con un terribile buco nei bilanci e con rare oasi d’eccellenza nell’arido deserto degli sprechi, delle inefficienze e delle clientele. Una sanità in cui si diventa direttori di un’azienda ospedaliera non per il merito, come sarebbe normale ed auspicabile, ma sulla base del colore politico e della tessera di partito che si ha in tasca. Dopo aver messo alla luce una bimba in una clinica privata, a causa di complicazioni dovute ad un’emorragia, Eleonora è stata trasferita nel reparto di rianimazione allo Jazzolino di Vibo Valentia, dove pero’ non ci sarebbero stati posti. Ma com’è possibile non accettare una donna con un’emorragia che la mette in pericolo di vita? Caricata sull’ambulanza per andare all’ospedale di Lamezia Terme, Eleonora è morta durante il tragitto. Sul caso la Procura di Vibo ha aperto un fascicolo ed ha chiesto l’acquisizione della cartella clinica. La famiglia di Eleonora chiede giustizia, la magistratura apre il fascicolo d’indagine, ma ci vorranno anni, come è stato per Federica Monteleone, perché la giustizia, come si suol dire, faccia il suo corso. Un processo in Italia può durare oltre i sei anni. Sbattuta da una parte all’altra, fino alla tappa finale, quella che non consente il ritorno. Ora tutti promettono inchieste ed ispezioni, scattano i messaggi di solidarietà: una squallida passerella della partitocrazia che si preoccupa di avere, ancora una volta, un po’ di spazio sui giornali, invece di fare mea culpa e magari andare a nascondersi. La politica che fino ad oggi ha gestito la sanità calabrese faccia un passo in dietro e si assuma le responsabilità del fallimento.

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Baarìa…anche le pietre sanno… parola di Tornatore

di Franco Vallone

Tornatore e Vallone
Giuseppe Tornatore assieme a Franco Vallone, vice direttore di Abolire la miseria della Calabria

“scoprire di essermi potuto ispirare ad un libro che non conosco neanche per raccontare la mia autobiografia, mi sembra una cosa veramente bizzarra”

Più che una conferenza stampa è stata una vera e propria lezione di cinema quella tenuta dal grande maestro del cinema Giuseppe Tornatore che questa sera (lunedì 23 agosto) riceverà la prestigiosa Statuetta del Premio Tropea Film Festival 2010. Con accanto il presidente dell’organizzazione, Bruno Cimino e Bruna Fiorentino, dell’Ufficio stampa del Festival, Tornatore, durante le due ore a disposizione, ha risposto alle numerose domande dei giornalisti ed ha mostrato più volte il suo forte carattere, ma prima di tutto la sua poetica, la sua grande cultura, il regista è un profondo conoscitore del Sud che non ha bisogno di studiare il meridionalismo perché lo vive dall’interno come innata esperienza di vita.

Il regista siciliano di Bagheria è l’autore delle grandi opere cinematografiche, da Nuovo cinema paradiso, del 1988 a Stanno tutti bene, del ’90, a La domenica specialmente, del 1991, a Una pura formalità, ed ancora L’uomo delle stelle, del ’95, La leggenda del pianista sull’oceano, Malena, La sconosciuta e il recente Baarìa del 2009. Ogni film di Tornatore è un capolavoro della settima arte. Al termine della conferenza stampa, tra tanti autografi, foto di rito e saluti, abbiamo mostrato a Tornatore la copia di Calabria Ora di ieri con l’articolo del collega Maurizio Cacia, pubblicato sulle pagine di Macondo, e dal titolo “Legali contro Baarìa per plagio rossanese”. Nell’articolo si scrive tra l’altro che “Tornatore sarà chiamato a rispondere legalmente delle corrispondenze tra la sceneggiatura di “Baarìa” e l’opera “Il romanzo del casale” di Giovanni Sapia scrittore rossanese”. Questa la risposta di Tornatore: “Non conoscevo l’esistenza di questo signore prima di ricevere questo suo atto giudiziario, non conosco il suo libro, non l’ho mai letto, non ne conosco l’esistenza. Baarìa, anche le pietre sanno quanto sia, non fortemente, totalmente autobiografico. Quindi per me scoprire di essermi potuto ispirare ad un libro che non conosco neanche per raccontare la mia autobiografia, mi sembra una cosa veramente bizzarra. Naturalmente la vicenda sta in mano al mio avvocato al quale ho dato incarico di querelare questo signore per diffamazione. Non sono molto sorpreso, perché queste cose sono accadute per tutti i miei film. Non c’è un film per il quale non venga fuori sempre qualcuno che dica questo è il mio libro.. …Quando ho fatto L’uomo delle stelle venne fuori uno che disse: mi ha rubato questa storia dalla mia vita… io lavoro a Baarìa da almeno trent’anni… “.

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Il paese dove i muri “parlano”

di Franco Vallone

Un murales a Favelloni

Favelloni, “il paese dei murales dove i muri parlano” Favelloni, frazione del comune di Cessaniti, è denominato il “paese dei murales”. Dal 1985 un dinamico imprenditore del luogo, Demetrio Rosace, ha prima ideato e poi realizzato questo bel progetto artistico. Da allora a Favelloni, su invito dello stesso Rosace e dell’associazione della quale è presidente, arrivano artisti da tutto il mondo per realizzare splendide opere sui muri delle case. Questa settimana l’evento si ripete. Fino al 22 agosto Favelloni verrà letteralmente invaso da pittori che arricchiranno il paese di nuovi murales con scene di vita contadina e agropastorali, folkloriche e di mestieri ormai scomparsi. Il cosiddetto Muralismo si definisce come arte pittorica figurativa che esprime sullo spazio pubblico un contenuto ideologico popolare e a Favelloni questo concetto è ormai di casa.

murales
murales in corso di realizzazione

Con i suoi “Murales” oggi il paese è da considerarsi un importante centro d’arte che avverte da alcuni anni, grazie anche a questa operazione di ampio respiro culturale, l’impulso turistico. Favelloni attende ed accoglie migliaia di visitatori ed intenditori d’arte, turisti, intere scolaresche, ma anche semplici curiosi attratti dalla “Galleria all’aperto”, forse inizialmente increduli che un tale miracolo abbia potuto dare risonanza e dignità non soltanto artisticamente ad un piccolo paese della Calabria. Tanti i pittori affermati, famosi e sconosciuti che in questi anni hanno lasciato il segno, dipingendo sulle facciate delle case, lungo i muri, sotto i porticati, dallo svedese Mats Rysbers a Evylin Van Der Wielen, dal bozzettista di francobolli delle Poste Italiane, Giuseppe Ascari, al vibonese Pietro Fantasia, dal naif di Taurianova, Cialì a Salvatore Russo, Roberto Bonino, Armando Cutrì, Filippo Costanzo, Francesco Vitetta e Giuseppe Di Costanzo, dal compianto Saverio Scullari al tedesco Manfred Krieger e a Giulio Pettinato. Artisti a cui si aggiungono in queste ore la veneziana Ambra Miglioranzi, Giuseppe Monterosso, il catanzarese Jeso Marinaro, Alberto Pirrone, Amedeo Lamberto, il vibonese Ercole Fortebraccio, Loredana Remolo, Assunta Guidi, Antonio Guerrera, Franco Paonessa, Pino Greco, Rosanna Castagna, Erminia Fioti, Giovanni Martino, Giuseppe Zicari, Flavio Sposato ed altri. Tanti nomi, tante opere, tanti fotogrammi pittorici di un racconto figurato di storia, tradizione e folklore. Come si ricorderà uno dei murales, raffigurante “l’Ultima Cena”, nel 2006 è approdato in Vaticano, su iniziativa dello stesso Rosace che ne ha fatto omaggio al papa, Benedetto XVI. Appuntamento a tutti il 22 Agosto, ultimo giorno della manifestazione, dalle ore 18,00 con la giostra equestre medievale presso il Ristorante Pueblo Espanol, seguirà la visita ai murales da parte del comitato d’onore e la sfilata di cavalieri in costume medievale per le vie del paese. Subito dopo tanta musica per le strade dei murales.

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Il ritorno a Tropea dell’attrice Claudia G. Moretti

Da “Un posto al sole” a un posto al mare

di Franco Vallone

Claudia G. Moretti
Claudia G. Moretti

Claudia ritorna. Claudia ogni anno arriva in Calabria per presentare il Tropea Film Festival al porto della Perla del Tirreno ed anche per incontrare tutti i colori cangianti del suo splendido mare. La Claudia in questione è Claudia G. Moretti, l’attrice caratterizzata dalla G puntata, la Claudia altissima che, anche se si mette addosso la prima cosa che trova, è sempre elegante e sensuale, perché semplicemente raffinata nei gesti, nelle movenze, nelle parole. Da anni arriva puntualmente a Tropea dove è già stata definita “la vera Principessa delle serate tropeane”, anche se su Facebook è denominata “una delle donne più affascinanti di Bologna”. Ma, in fondo, sono definizioni riduttive, in realtà lei, da anni, è principessa di piccolo e grande schermo e delle tavole di palcoscenico di tanti teatri, in Italia e all’estero. Poi Claudia con la G puntata, dopo il teatro, dopo i set televisivi e cinematografici, ritorna al suo rituale appuntamento calabrese, in quel porto di Tropea illuminato di notte, fascinoso e affascinante, che ama e che la ama.

Il Tropea Film Festival, giunto oggi alla sua quarta edizione, la vede anche quest’anno, salire e risalire ogni sera sul palco, con il suo compagno di scena Jeff Bifano, ombra allungata nella magica luce dei film proiettati sul grande schermo steso sopra il mare. Ed è in questa speciale location la principessa Claudia G. Moretti diventa, ancora una volta, attrice di uno specchio che presenta, di se stessa che introduce amici di cinema, brevi trailer e proiezioni complete di film, fotogrammi di luce, colori mossi dalla brezza tropeana. Diplomata alla Scuola Teatro Colli dell’Emilia Romagna, Claudia G. Moretti è da oltre dieci anni un’attrice impegnata nel campo cinematografico, televisivo e, in particolare, nel settore teatrale. Sin dal 1996 ha fatto numerose esperienze in campo teatrale, nel settore cinematografico ha partecipato a numerosi film e corti, tra gli altri ricordiamo la “Canarina assassinata” con la regia di D. Cascella, “Eutanathos”, “Ciao America”, “Le voyage organisé”, “Il Segreto del successo”, “…e se domani”, “Niente di personale”, “Ciro c’era”… Tra le sue esperienze televisive il pubblico del piccolo schermo ha avuto modo di apprezzarla in tanti episodi di “Casa Vinello”, nelle edizioni dal 2000 al 2006, e poi la fiction “Gente di mare” e “Un posto al sole”, “Distretto di Polizia 9” nel ruolo del Commissario Airolfi e ha avuto il ruolo di protagonista principale nel film “Garbage” del regista Enrico Muzzi. Una interpretazione, questa recente in Garbage, che merita di essere assolutamente vista e rivista, più volte. Andatelo a cercare questo film, nella rete internet, in YouTube, nelle sale cinematografiche di circuito, merita davvero tanto. “Garbage” è un film cortometraggio per scelta di regia volutamente e assolutamente trash. Un lavoro low budget girato in cinque giorni che vuole giocare e ironizzare sui cliché e sugli stereotipi di un certo tipo di film. Sono varie le contaminazioni filmiche, le influenze e le citazioni che si possono cogliere in “Garbage” e non sono solo prettamente cinematografiche. E’ un progetto di “rottura” nato dalla necessità di voler fare qualcosa di nuovo a partire da qualcosa di già esistente e soprattutto dal bisogno di tagliare corto con film troppo spesso “buonisti” e pretenziosi, dai soliti corti a sfondo sociale e umanitario; insomma … da quei pacchetti preconfezionati per vincere i festival. Ritornando all’interprete principale, alla Claudia G. Moretti di Bologna, Roma, Tropea, c’è da dire che da quando frequenta la Perla del Tirreno ha iniziato a conoscere qualche parola di dialetto calabrese, anche se parla correttamente, sulla scena e nella vita, lo spagnolo, l’inglese, il francese…ed anche l’italiano.

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Perché Pannella avrebbe voluto portargli le arance

di Filippo Curtosi

Manifesto Radicale

Cossiga in tutte le salse: bizzarro, mattacchione, picconatore, imprevedibile, statista, profetico. A Marco Pannella toccherà la stessa sorte. Succede ai geni, agli eretici, agli anarchici e comunque alle persone sole. Kossiga chiama Paolo Guzzanti dall’aldilà per un suo ultimo commento e parla malissimo della stampa. “Un disastro. Mi hanno impagliato come un gatto”. A cominciare da Eugenio Scalfari che mi dà del pirandelliano. Mi hanno preso tutti sul serio, mentre io ho preso tutti per i fondelli. Il mio ultimo libro si chiama Fotti il potere. Spero che capiscano. Mo pare che manchi il vero Kossiga con la K, quello che gode ad avere la K e manca anche il Cossiga che traghetta D’Alema per fare un favore agli amerikani con la kappa. Dalla Chiesa, l’unico che mi risponde a tono. E’ trascorso tanto tempo da quei lontani anni ’70 che segnarono la data di nascita del così detto “Movimento studentesco in Italia”. “Strategia della tensione”. Piazza Fontana e piazza della Loggia, Italicus, rogo di Primavalle. Furono gli anni della morte di Giorgiana Masi, di Francesco Lo Russo, dell’agente Custrà e poi di Guido Rossa, sindacalista, di Fulvio Croce, presidente degli avvocati e delle piazze incendiate dagli estremisti. Il lancio di pietre verso il palco dove parlava Luciano Lama alla Sapienza, il ferimento di Indro Montanelli e poi I Volsci, Cl, Radio Alice, Radio Onda Rossa. La P38 era il simbolo della sinistra rivoluzionaria. Nudi dati anagrafici, dietro ai quali si celava tuttavia un lungo processo di incubazione. Le lotte operaie con pochi operai e studentesche. I non global, i movimenti ambientalisti e la sinistra radicale e libertaria non nascono dal nulla, ma hanno il loro epicentro, storicamente significativo, nel Lazio, Lombardia, Emilia, Calabria. Regioni chiave per lo sviluppo di una coscienza libera, per i diritti, per la lotta politica e ideale, per un messaggio che viene raccolto in ogni contrada del paese, dagli operai agli studenti, agli intellettuali. Numerosi intellettuali affluiscono in queste fila con un folto stuolo di giovani e di donne. Dario Fo, Felix Guattari, Alain Guillaume, Sartre. Tutto era surreale, alternativo, radicale: gli amori, gli amici, la compagnia, la scuola, il privato, la libertà prima di tutto e da tutto. Il desiderio al potere se si può sintetizzare. Ero scritto a Giurisprudenza alla “Sapienza”, mi mantenevo vendendo giornali. Partecipai al Movimento studentesco senza tanta intensità. Portavamo come dice Guccini “un eskimo innocente, dettato solo dalla povertà, non era la rivolta permanente, diciamo che non c’era e tanto fa”. Leggevo Allen Ginsberg, Kerouac, Re Nudo. Ascoltavamo Jefferson’s Airplane. Cazzo era la parola più usata a quel tempo. Il ’77 non è stato il folclore . Piuttosto a ragione Asor Rosa quando parla di “due società”. Da una parte dice lo storico della letteratura “c’erano i garantiti, coloro che avevano un reddito sicuro, dall’altra una vasta massa di giovani precari, marginali, senza prospettiva di inserimento sociale”. Si faceva di necessità virtù. Questo l’ex direttore di “Rinascita” lo scriveva nel 1977 su “l’Unità”. Poi le Br distrussero il sogno e i desideri. L’azione politica di Oreste Scalzone, Franco Piperno, Lanfranco Pace si dispiegava nella società civile con le lotte per la libertà ed il progresso dei lavoratori, per la difesa della democrazia e delle libertà, contro le repressioni autoritarie che raggiunsero la fase più acuta con il c.d. “ teorema Calogero” del 1977.

A Bologna dove si riunì il movimento per l’ultima volta ci fu una grande novità: svaniva il sogno e tutto era dissolve. Oltre a Scalzone che era stato incriminato di banda armata e condannato, anche altri conobbero in quegli anni il carcere e vennero processati e condannati. Insieme ai provvedimenti che vietavano ogni tipo di manifestazione pubblica si decretava in pratica lo stato d’assedio e la sospensione delle libertà di associazione, di espressione libera. Il giovine ministro Kossiga fece arrestare il movimento ed i loro capi, tra i quali appunto l’Oreste. Contro le misure repressive della libertà di associazione, di sciopero, insorsero solo i socialisti come Giacomo Mancini, i radicali come Marco Pannella ed i veri democratici. Si era contro il compromesso storico e come scrive Lucia Annunziata nel suo libro 1977 “Noi odiavamo i comunisti”. Il vecchio Psi assunse una politica autonomista, conferma Craxi alla guida del partito; più tardi Pertini verrà eletto presidente della Repubblica. Poi le Br, l’uccisione di Moro hanno definitivamente distrutto e cancellato il “ Movimento”. Dopo 26 anni di latitanza in Francia, l’ex leader di Potere Operaio torna in Italia. Era stato condannato dal Tribunale di Milano nel 1981 per partecipazione ad associazione sovversiva, banda armata nell’ambito del processo “7 aprile” su Autonomia operaia. Nell’immaginario dell’epoca si meritò l’appellativo di “ rivoluzionario” non di mestiere. Processato in più occasioni, Scalzone trascorse in carcere alcuni anni. Costretto ad imboccare la via dell’esilio, per altri 26 anni girò in cerca di ospitalità per se e per le sue idee: Corsica, Olanda, Sud America, Francia, Parigi;il presidente socialista Mitterand diede ospitalità a tutti gli esuli ed i rifugiati politici. Si attraversava, da libertari tutte le lotte operaie degli anni settanta in Italia,partecipavamo all’occupazione di Valle Giulia con Pace e Piperno, leaders del Movimento studentesco, ci si scontra in piazza con la polizia e con i fascisti. Erano gli anni del “Potop” del potere operaio, come recitavano gli slogans di quel tempo. Erano gli anni dei cinema “d’essai”, degli scontri anche con quelli di “Lotta Continua”. Era la stagione delle assemblee permanenti, degli espropri proletari. Erano gli anni di forte e vera opposizione alla guerra, gli anni della difesa dell’internazionalismo libertario, socialista e radicale. Chi incarnava il libertario in Italia era ribelle, bandito, sovversivo. Si è sempre ritrovato contro ogni tipo di potere. Sulla fiancata della barca di Gianmaria Volontà che lo portava in Francia Scalzone c’era scritto un verso di Paul Valery: “Il vento si alza, bisogna tentare di vivere”. Lui ha sempre incarnato queste parole. Sempre sulle barricate. Scalzone oratore formidabile, lo ricordo sempre sommerso di libri, carte e giornali. Non è mai stato un comunista anche se da giovane è stato iscritto alla Fgci: nei fatti anticipa quelli che oggi si chiamano no global da Caruso in giù. A fianco degli operai che occupano le fabbriche e nelle lotte studentesche come a Roma, Napoli, Bologna, Milano. Viveva tra gli operai e con gli studenti: una sorta di icona del movimento studentesco. Poi venne sepolto vivo in esilio e continuamente sorvegliato come una bestia pericolosa.

Farà ancora paura? Adesso che farai? “farò una compagnia di giro, composta da me stesso e da chi ci vuol stare. Farò agitazione filosofica, culturale e sociale”. Farà, dice, il sindacalista dei rifugiati. Marco Pannella, destinato a diventare per molti una sorte di voce profetica che più a contribuito a distruggere gli stereotipi borghesi della morale e dell’etica in base al suo atteggiamento nei confronti della nonviolenza del potere politico e industriale, dello stato assassino. Il Partito radicale e compagnia possiamo dire che hanno sconvolto linguaggio, percezione e visione del mondo per la libertà, contro le ingiustizie, le guerre, l’odio e le incomprensioni. Andrea Casalegno dice che “per un giovane di oggi non è facile capire di che lacrime grondi e di che sangue la storia del 1977.

Quei fatti sembrano un brutto sogno: il susseguirsi delle manifestazioni che ogni volta ci scappava il morto. Ammazzare era un gioco. Il vero lavoro era uccidere”. Un esempio per tutti: l’uccisione di Giorgiana Masi. In un bel libro, abbastanza raro, elaborato dal “Centro di iniziativa giuridica Piero Calamandrei” si raccolgono testimonianze e fotografie del fatidico 12 Maggio 1977 della morte di Giorgiana Masi, diciannovenne simpatizzante Radicale. Un proiettile nell’addome dopo un giorno passato nel centro di Roma a manifestare nonostante il ministro dell’interno Cossiga avesse vietato riunioni pubbliche. Giorgiana ed altri sfidarono il potere. In piazza c’ero anch’io. Il clima era rovente.

Giorgiana Masi

Giorgiana rimase vittima di una pallottola vagante sparata non si sa da chi, se per sbaglio o con dolo. Rimase ferito anche un carabiniere e un’altra ragazza.“La meccanica dell’assassinio di Giorgiana, si legge in questo libro, si può riassumere come “un omicidio di Stato”. E’ vostra diceva Antonello Trombadori la responsabilità della tragedia”. “Un delitto di Stato” tuonava Marco Pannella. “Vogliono criminalizzare l’opposizione democratica, parlamentare ed extraparlamentare; l’opposizione laica, libertaria, socialista, nonviolenta, alternativa; quella del progetto, del referendum. La violenza è stata solo dello stato. Disobbedire era necessario.

Il movimento femminista di Roma dice: “Giorgiana Masi è stata assassinata dal regime di Cossiga. Rivendichiamo il diritto di scendere in piazza, a riprenderci la libertà, la vita. Nessuna donna resterà in silenzio”.

A Giorgiana

…se la rivoluzione d’ottobre fosse stata di maggio

se tu vivessi ancora

se io non fossi impotente di fronte al tuo assassinio

se la mia penna fosse un’arma vincente

se la mia paura esplodesse nelle piazze

se l’averti conosciuta diventasse la nostra forza

se i fiori che abbiamo regalato alla tua coraggiosa vita nella nostra morte almeno diventassero ghirlande della lotta di noi tutte, donne..

se….

non sarebbero le parole a cercare di affermare la vita

ma la vita stessa, senza aggiungere altro

Ecco perché ancora serve il suo esempio, da libertari, nonviolenti, laici, socialisti, liberali e radicali .

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I Nomadi, non solo musica

di Franco Vallone

Cico Falzone e Daniele Campani dei Nomadi
Cico Falzone e Daniele Campani dei Nomadi

17 agosto, hall di un albergo raffinato a pochi passi dallaeroporto, dalla stazione ferroviaria, dallautostrada, nei dintorni di Lamezia Terme, un incontro ravvicinato con i mitici Nomadi e con Beppe Carletti in particolare. Beppe è cordiale e disponibile, “noi Nomadi non siamo mai stati inavvicinabili”… è una sua frase. A parlare con loro si comprende subito, e prima di tutto, quanto sia grande la loro umanità. Loccasione è un incontro riservato, un incontro per scopi benefici, per lAssociazione Francesco Pugliesi di Favelloni di Cessaniti, si parla della costruzione di una casa di accoglienza da intitolare al compianto Francesco. Allincontro il presidente dellassociazione, Filippo Pugliesi, Giuseppe Pugliesi, Francesco Nicolino, Mimmo DUrzo, Antonio Pugliese… I Nomadi sono pronti per il concerto di Serra San Bruno del 18, per lincontro serale di calcio a Ricadi… operazioni culturali, benefiche, concerti, tanta musica, di quella buona che non passa mai di moda. Ci colpisce subito lumanità di Beppe, dicevamo, un senso di grandezza mitica, di personaggio che viene sovrastato positivamente dalla persona. Per una volta il divismo non è un fatto che simpone per dei veri miti della musica italiana, ma anche del panorama musicale internazionale. Ci sediamo per parlare, poco distante l’alta figura di Irene Fornaciari, si avvicina al gruppo, ci viene presentata, poco dopo passa veloce anche Giusy Ferreri, bellissima anche senza tacchi, senza i suoi vestiti di scena colorati e appariscenti è ancora più dolce, saluta anche lei e va via. Arrivano altri due componenti dei Nomadi, Daniele Campani e Cico Falzone. Parliamo ancora con Beppe, la Calabria con i suoi tanti piccoli paesi appare sempre lontana da tutto ma “i piccoli paesi sono sempre state le nostre grandi città -ci dice- qui si sente più forte il calore del pubblico e stare con la gente è sempre stata la nostra forza, perché nelle nostre canzoni cerchiamo di raccontare la vita, arrivando al cuore delle persone”. Beppe ci offre un caffe, lo fa direttamente diventando per loccasione un barista davvero speciale:“orzo, espresso? Lungo? Con molta dimestichezza e velocità utilizza una macchina del caffè professionale e serve tutto il gruppo presente. I Nomadi sono davvero speciali, un gruppo musicale storico e moderno nel contempo, un gruppo pop rok fondato nel 1963 dal tastierista Beppe Carletti, dal cantante Augusto Daolio e dal batterista Leonardo Manfredini. La band ha pubblicato in 47 anni di storia un totale di 55 album tra dischi in studio, dal vivo e raccolte varie, divenendo una delle principali realtà della musica italiana. Il messaggio che sin dagli inizi I Nomadi trasmettono è di impegno sociale e di denuncia. Anche davanti all’albergo calabrese notiamo un loro camper, in fondo i Nomadi sono sempre in viaggio, in un tour quasi permanente. Annualmente contano oggi circa 130 concerti e negli anni ottanta raggiungevano 220 concerti di media. Il loro sound è riconoscibilissimo sin dalle prime note, un fatto che evidenzia il loro stile molto caratterizzato senza essere ripetitivi. Elementi caratterizzanti dei loro concerti sono anche i tanti messaggi, gli striscioni e i regali donati dal pubblico sul palco e letti tra una canzone e laltra, con una inedita forma di comunicazione, un continuo vivo scambio tra popolo nomade e il gruppo stesso. Oggi il gruppo è formato, oltre che da Beppe Carletti, da Danilo Sacco, Massimo Vecchi, Cico Falzone, Sergio Reggioli e Daniele Campani. Nel 2010 i Nomadi hanno accompagnato al 60° Festival di Sanremo la cantante Irene Fornaciari con la canzone, scritta da Zucchero Fornaciari, Il Mondo piange; il pezzo è giunto fra i 10 finalisti della kermesse canora. A fine incontro il presidente dell’associazione, Filippo Pugliesi, si è detto “soddisfatto per l’incontro con Beppe Carletti che rappresenta i Nomadi, della disponibilità ricevuta al fine di centrare l’obiettivo della costruzione della casa di accoglienza di Favelloni. E’ un vero onore aver ricevuto assicurazione per l’appoggio morale ed economico da questo importante gruppo musicale”.

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Accesso agli atti: il Consiglio Regionale ci restituisca il diritto di conoscere lo stato patrimoniale dei nostri eletti

di Giuseppe Candido*

Oggi si parla tanto di trasparenza, di costi della politica e di tagli agli stipendi degli eletti. Ma quanto guadagna esattamente un Consigliere regionale? Non è semplice saperlo in questa terra di Calabria. Altro che trasparenza, la parola giusta sarebbe torbidezza. Quasi trent’anni di torbidezza. La Legge 441/82, recante “disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti” obbligherebbe, il condizionale purtroppo è d’obbligo, non solo i Parlamentari ma anche Consiglieri regionali, Consiglieri provinciali e Consiglieri comunali di comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore a 50.000 abitanti, a presentare entro tre mesi dalla proclamazione, a depositare ai rispettivi enti di appartenenza, l’ultima dichiarazione dei redditi, la dichiarazione delle spese sostenute e obbligazioni assunte per la campagna elettorale, con allegata dichiarazione degli eventuali contributi ricevuti e, non meno importante, la dichiarazione dei diritti reali su beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri; le azioni di società; le quote di partecipazione a società ed eventuali incarichi ricoperti. Il tutto entro tre mesi dalla proclamazione. L’intento della normativa è chiaro: rendere pubblici, a tutti i livelli, gli interessi patrimoniali degli eletti. Su base volontaria anche i coniugi non separati e figli conviventi dei consiglieri. L’obbligo previsto dalla normativa è esteso anche ai nominati: dai dirigenti di aziende pubbliche, ai direttori di ASL, membri delle Comunità montane, dirigenti di società a prevalente partecipazione pubblica. Ogni anno, entro un mese dalla scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi si dovrebbero comunicare eventuali variazioni della situazione patrimoniale e copia della nuova dichiarazione dei redditi. Le dichiarazioni dovrebbero essere pubblicate sul Bollettino ufficiale di regioni, province e comuni (che dovrebbero predisporre un regolamento che disciplini le modalità di attuazione della legge). Tutti i cittadini elettori hanno il diritto di conoscere le dichiarazioni dei consiglieri. In caso di mancata dichiarazione sono previste “severe” sanzioni: il sindaco/Presidente (Regione o Provincia) diffida il consigliere ad adempiere entro 15 giorni e, in caso di inosservanza persistente, pubblica sul bollettino e sull’albo pretorio l’elenco dei diffidati inadempienti. L’adozione di sanzioni disciplinari solo se previste dai regolamenti degli enti locali che molto spesso neanche esistono. Nel mese di giugno il sottoscritto, nell’ambito dell’iniziativa nazionale condotta dai Radicali italiani della lista Bonino Pannella, ha presentato sia all’ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Calabria, sia al Presidente del Consiglio Provinciale di Catanzaro, regolare istanza di accesso agli atti chiedendo, ai sensi della citata normativa, i dati patrimoniali dei nostri eletti che dovrebbero essere pubblici. La Provincia di Catanzaro non ci ha ancora fornito neanche una risposta mentre il Consiglio Regionale della Calabria, attraverso il Segretariato Generale del Settore Legale e Contratti, con una “valutazione” formale redatta dal dirigente del Settore, Avv. Carlo Pietro Calabrò, ci ha fatto sapere – si legge testualmente nella risposta – che “L’accesso in questione, in virtù dell’attuale quadro normativo regionale, pare possa non essere assentito. Infatti,” – prosegue la nota – “il titolo di accesso dedotto dal richiedente ai sensi degli artt. 22 ss della Legge 241/90 e s.m.i. non sembra applicabile , stante l’esistenza di una disciplina speciale costituita dall’art. 9 della Legge n. 442/1981. Del resto, – prosegue la nota – il diritto di accesso documentale di cui alla Legge n. 241, richiederebbe la sussistenza in capo all’istante di un interesse qualificato strumentale alla tutele di una situazione giuridica soggettiva che, nel caso in questione, non risulta dimostrato”. C’è da chiedersi se non sia sufficiente l’interesse intellettuale nel voler conoscere quanto guadagna un Consigliere regionale visto che si tratta di dati che dovrebbero esser già stati pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria. Poi la nota prosegue affermando che “l’accesso previsto dalla citata Legge n.442/81 (non) appare allo stato concretamente esercitabile, stante la mancata emanazione di una normativa regionale circa la pubblicazione della documentazione relativa alla situazione patrimoniale (tra gli altri) dei Consiglieri Regionali, ciò che ha impedito la pubblicazione nel BURC dei dati in questione, modalità attraverso la quale andrebbe espletata la pubblicità di cui alla citata Legge n.442”. Insomma, per la Regione Calabria la legge nazionale non viene rispettata, i dati non sono resi pubblici perché, dal 1981 ad oggi, in quasi trent’anni, la Regione Calabria non si è data una sua specifica normativa regionale che preveda la pubblicazione dei dati in questione. E la nebbia che avvolge la situazione patrimoniale dei nostri eletti s’infittisce quando si parla di nominati, i titolari di cariche elettive/direttive diverse dai Consiglieri Regionali perché, – si legge testualmente nella nota ufficiale del Consiglio Regionale, “emergerebbe che la relativa legittimazione passiva, in assenza di una specifica disposizione attuativa regionale, non ricade nel plesso amministrativo del Consiglio Regionale”. Per fortuna è lo stesso dottore Pietro Calabrò, direttore dell’ufficio Legale del Consiglio, che coglie l’occasione per sottolineare la circostanza che “l’emanazione di opportuna disciplina regionale circa gli istituti disciplinati dalla Legge n.442/81, appare improrogabile, attenendo il diritto di accesso amministrativo ai livelli essenziali di prestazioni sui diritti civili, la cui violazione sarebbe tale da leggittimare in ipotesi addirittura un intervento sostitutivo da parte dello Stato”. Insomma se non si ridà presto ai cittadini il loro sacrosanto diritto di conoscere lo stato patrimoniale dei propri eletti si potrebbe – appellandoci al Capo dello Stato – chiederne il commissariamento.

*Radicali Italiani, candidato alla carica di Consigliere Regionale alle elezioni del marzo 2010 nella Lista Marco Pannella

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Giganteschi raduni …

Il 13 agosto a Vibo Valentia, il 16 a Sciconi e Conidoni di Briatico, il 18 agosto a Vibo Marina…
Sono le date di tre distinti Raduni processionali di Giganti da Corteo per un totale di più di sessanta coppie di giganteschi simulacri provenienti da tutta la Calabria, dalla Sicilia e dalla Puglia

di Franco Vallone

Manta e Gifone
Mata e Grifone

Vibo Valentia e la sua provincia si riconferma “Capitale dei giganti processionali”. Dopo il grande recente raduno di Polistena, in provincia di Reggio Calabria, è la volta, il prossimo 13 agosto, di Vibo Valentia dove, per le strade del centro storico, sfileranno ben ventuno coppie di giganti per l’iniziativa voluta dalla Pro Loco del capoluogo. L’iniziativa denominata “Invasioni di Giganti & Giganti” si concluderà a sera con un gran finale, un ballo collettivo con la presenza di tutte le coppie, l’incendio del Camejuzzu i focu, una tamburrinata pazza e il ballo della pupazza”. Dopo soli tre giorni, il 16 agosto, ad essere invase dai giganti saranno le strette viuzze di Sciconi e Conidoni di Briatico. In questo caso l’AICS Gioventù – Sciconidoni organizza il “Terzo Raduno dei Giganti” con un record di ben 32 coppie di giganti presenti. Anche in questo caso lo spettacolo è assicurato e si concluderà con la “grande ballata e sonata dei giganti”. Terzo ed ultimo appuntamento, il 18 agosto, a Vibo Marina, dove Mary Sorrentino, madre della compianta Federica Monteleone, con la sua Fondazione organizza “La Taranta dei Giganti” con la presenza, già confermata, di almeno dieci coppie di giganti da corteo. Ma raccontiamo per un attimo cosa sono i mitici Giganti calabresi…. ti svegliano di prima mattina con i loro tamburi. In principio si fanno solo sentire, da lontano, ti comunicano che sono arrivati e che oggi non è un giorno qualsiasi. Poi lentamente si avvicinano e si fanno anche vedere. Oggi è festa, e loro devono aprire il tempo speciale che solo la festa può dare. Sono i giganti, esseri enormi, fantocci grandi, colorati, simulacri arcani, speciali, proprio come il tempo che rappresentano e simboleggiano. I due giganti fanno parte di una un’antica tradizione calabrese e molto radicata in provincia di Vibo Valentia. “Jijante, gehante, gehanti, gihanta, giaganti”: sono solo alcune delle denominazioni dei giganti nelle diverse aree della Calabria. In alcuni luoghi i due fantocci vengono chiamati semplicemente giganti e gigantessa, in altri “Mata e Grifone. I giganti sfilano per le strade durante le feste di paese per allietare, con i loro balli, un pubblico di piccoli e di grandi e per “segnare” di festa il percorso del paese. Un assordante suono di tamburo precede l’avanzare dei giganti; rullante e grancassa vibrano freneticamente, in un inconfondibile e caratteristico ritmo ripetitivo, per annunciare che “stanno arrivando”, e le scariche di adrenalina si traducono in brividi che corrono, veloci, dietro la schiena.I due si corteggiano, ballano, girano l’uno attorno all’altro e si rapiscono in un vorticoso gioco di affascinazione e di incanto. In un rituale antichissimo tracciano un itinerario magico e simbolico. La festa è il loro mondo, il ritmo la loro vita, la strada e la piazza il loro movimento. I giganti, alti oltre tre metri e mezzo, hanno fatto passare notti insonni ad intere generazioni di bambini. Mata e Grifone, dalla testa di cartapesta o di latta battuta e sbalzata, abiti a fiori e strisce segnati da colori sgargianti e mani indescrivibilmente viscide e inumane, incutono terrore a tutti, una paura profonda, mista al piacere della sfida. Una forte emozione solca il divertimento dei bambini, esorcizza e supera una paura innata e collettiva. Un divertimento che consiste nel cercare di toccare i giganti, ancora una volta, per superare la paura stessa. Una sfida per il gigante e la gigantessa che a loro volta rincorrono e cercano di raggiungere e toccare proprio quei bambini che dimostrano di avere più paura. Ma da dove provengono e cosa rappresentano questi alti fantocci? Queste figure disumane arrivano da molto lontano, rappresentano due antichi regnanti, di culture profondamente diverse, che si innamorano e durante il loro lungo cammino nel tempo si sono caricate di mito e di simboli. La gigantessa è una regina indigena, molto appariscente nelle forme, corredata da collane variopinte, grossi orecchini, guance colorate, frutta e fiori di plastica, fischietti, medaglie dorate e piume colorate… il trionfo del kitsch, il cattivo gusto estetico e dell’oggetto goliardico, valori formali negativi che si ribaltano continuamente divenendo sapienti contenitori della bellezza popolare. Il gigante è un re turco solitamente caratterizzato da un cappellaccio nero, da una corona piumata o da un elmo e grandi baffi neri a manubrio. Alcuni racconti popolari narrano la storia di una regina rapita da un re venuto da molto lontano, dal mare, dalla Turchia, altri li vedono nella cultura popolare della Spagna e vengono in mente ambientazioni che ricordano la Calabria durante la dominazione spagnola, poi ancora al periodo delle incursioni turche e ai saraceni. La radice storica popolare del ballo dei giganti è di probabile origine aragonese. Il contatto con la dominazione catalana fece pervenire il Sicilia e in Calabria questa tradizione tutt’ora fortissima in Catalogna. A testimonianza di un’antica matrice culturale presente nell’area del Mediterraneo ancora oggi ritroviamo manifestazioni popolari con l’uso dei giganti processionali in Spagna, a Malta, ma anche in Belgio, Francia e in Grecia.

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Briatico: Prima Fiera Agroalimentare e Artigianale

di Franco Vallone
Briatico: grande successo per la “Prima Fiera Agroalimentare e Artigianale”.
Verrà allestita ogni sabato, per tutto il mese di Agosto

L’assessore al Turismo e all’Ambiente del Comune di Briatico è entusiasta ed emozionato per il grandissimo successo conseguito dalla Prima Fiera Agroalimentare e Artigianale. Assieme al sindaco, Francesco Prestia e con la collaborazione del presidente del Consiglio Comunale, Carlo Staropoli e del consigliere Nicola Anile, sono riusciti a ideare e realizzare un evento che si ripeterà settimanalmente per tutti i sabato del mese di agosto. Il Corso Margherita di Briatico, sabato scorso, sembrava essere ritornato ai fasti degli anni Settanta, quando la strada rimaneva gremita di gente, invasa da centinaia di turisti, per il classico struscio, per degustare un gelato, per una passeggiata, per tutta la sera, fino a tarda notte. Oggi, fresco di pavimentazione con i sampietrini, il Corso è stato luogo di incontro e di passeggio con ben trenta gazebo illuminati, con stand espositivi di ogni tipo, piccoli scrigni dei tesori della provincia di Vibo Valentia. Tra i numerosi stand c’era quello che illustrava, anche con foto d’epoca, la festa della Madonna del Carmelo portata a mare sulle barche dei pescatori di Briatico; c’era quello di Pasquale Lorenzo, l’artista – artigiano, musicologo, costruttore e suonatore di pipite, zampogne ed altri strumenti tipici della tradizione musicale calabrese. I legni che Lorenzo utilizza nel suo magico laboratorio di Parghelia sono quelli del circondario, dal paduk all’ebano, dall’ulivo all’erica, al gelso bianco e nero, il pero, l’albicocco e il mandorlo. Molto fotografato il lavoro di intreccio, svolto in diretta, da Garrì ,della frazione San Costantino, un sapiente intessitore di panieri, cesti e cestini, di ogni forma e ogni misura. C’era poi la produzione dei diversi tipi di miele di un apicultore di San Nicola da Crissa e la produzione, a caldo, di ricotte e formaggi, fino ad arrivare ai preziosi presepi artigianali, costruiti con “occhi di canna” dalla famiglia Calzone di Potenzoni. La produzione di cipolla rossa di Tropea aveva riservato un settore ben preciso. La “rossa” trova proprio nell’intero territorio di Briatico la terra perfetta per crescere dolcissima. Andando ancora avanti tra gli stand s’incontrava il piccante spazio degustazione degli Imeneo di San Nicola da Crissa con soppressate, salsiccie e ‘nduja,; a seguire l’artigianato raffinato di Lorena Costa, con miniature di giganti da corteo realizzate in fimo e in varie altre paste autoprodotte. Continuando nell’itinerario s’incontrava lo stand di esposizione e vendita promozionale di marmellate di more di gelso e di altra frutta oramai introvabile, olio extravergine dei frantoi della zona, vino locale di zibibbo, liquori della rinomata ditta Caffo di Limbadi, zeppole appena uscite dall’olio bollente della padella ed altri dolci tipici, con assaggi gratuiti e degustazione di molti dei prodotti tipici locali. Molto visitati gli stand con le postazioni delle lavorazioni tradizionali a rischio di estinzione, elemento che evidenzia quanto sia importante, oltre all’aspetto di promozione turistica, il lavoro di recupero e di sensibilizzazione svolto dall’assessorato di Vincenzo Savino. Ad inaugurare la manifestazione, con il classico taglio del nastro tricolore, il consigliere regionale, con delega all’emigrazione e immigrazione, Alfonsino Grillo, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio Regionale della Calabria, con accanto il presidente provinciale del CNA di Vibo Valentia, Giovanni Cugliari. Cugliari tra l’altro ha affermato che “la sinergia tra enti locali, le associazioni di categoria e le istituzioni, consente di intraprendere quel giusto percorso che permette di realizzare programmi ed utili iniziative che, se concertati, producono effetti di ricaduta positiva e di qualificata immagine all’economia del nostro territorio”. La manifestazione di forte richiamo per i tanti turisti presenti nella zona, ha avuto il supporto di un servizio navetta che rimarrà in funzione tutti i giorni del mese di agosto. Un utile servizio che permette di raggiungere il centro del paese dai villaggi turistici ed alberghi della zona. Fino a mezzanotte e mezza, e oltre, le strade di Briatico sono rimaste piacevolmente invase da migliaia di turisti, emigrati di ritorno e residenti provenienti da tutta la provincia vibonese.


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I veleni di Crotone sulla tv fondata da Al Gore

di Giuseppe Candido

zona industriale di Crotone

L’ex insediamento industriale di Crotone è una striscia di terreno di forma rettangolare che, a nord della Città di Pitagora, si estende per circa 5 km per una larghezza di 1,5 km circa e che, in passato, ospitò le fabbriche della Pertusola Sud, della Montedison e, dagli anni ’60, la Cellulosa Calabra spa che produceva pasta di cellulosa. La Pertusola sud, operante con 1000 operai sin dagli anni ’30, trattava il minerale orneblenda (solfuro di zinco) per ricavarne lo zinco metallico generando, come principali prodotti di rifiuto, ferriti di zinco, piombo, cadmio e rame. La Montedison (poi Enimont) fu operante sin dagli anni ’20 occupandosi di trattare fertilizzanti azotati e composti del fosforo fino al 1993 quando, a causa della messa al bando di tali prodotti, passò ad occuparsi della sintesi di zeoliti per il settore dei detergenti con il nome di Sasol Italy spa.

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Pertusola, Crotone
Pertusola, Crotone

Fino al 1976, prima dell’entrata in vigore della c.d. Legge Merli, tutte le fabbriche potevano scaricare le loro acque reflue dai cicli di lavorazione nei fiumi o nel mare e potevano “tombare” le scorie solide nel sottosuolo aziendale. Ovviamente anche l’area di Crotone fu interessata da quella dissennata procedura. Per 50 anni legalmente, senza cioè che nessuna legge lo vietasse, v’è stata una contaminazione del suolo e del sottosuolo con conseguente compromissione delle acque di falda.

Dal settembre del 2001 l’area, oggetto d’indagini della procura di Crotone per le vicende dello smaltimento illegale dei rifiuti avvenute successivamente all’entrata in vigore della legge merli, risulta inserita nei 57 siti d’interesse nazionale (SIN) da sottoporre a risanamento ambientale.

Sono i 500 ettari dello stabilimento della Pertusola Sud, i 300 ettari dell’ex stabilimento Montedison, le discariche sulla costa per ulteriori 9 ettari e il fondale marino antistante le fabbriche per una lunghezza di circa 5 km. Ma le cose stanno anche peggio.

Ma, dal 2001, di questi siti d’interesse non si è interessato granché nessuno e i rifiuti sono ancora là, spostati sotto scuole, strade, ville comunali.

«La situazione ambientale in assoluto più difficile e complicata dell’intera Calabria», ha avuto modo di definirla l’ex assessore regionale all’Ambiente Silvio Greco. A differenza delle navi dei veleni che vanno cercate, le scorie tossiche di Crotone si sa dove sono.

La questione dei rifiuti tossici a Crotone, una sorta di pentola che, l’indagine Black Mountains di recente conclusa dalla procura di Crotone, svela una realtà peggiore di un incubo.

I dati in possesso del pm Pierpaolo Bruni, titolare dell’inchiesta, parlano chiaro: 290 studenti, a Crotone, hanno nel sangue, nei capelli e nelle urine una concentrazione superiore di 3-4 volte ai livelli normali di metalli pesanti come zinco, nichel piombo, cadmio e uranio. Lo dimostrano i risultati di alcuni test epidemiologici effettuati sotto la supervisione di Sebastiano Andò, consulente della procura e preside della facoltà di Farmacia dell’Università della Calabria.

Per anni gli studenti avrebbero assorbito tra le mura scolastiche veleni che possono colpire stomaco, reni e centri nervosi altamente cancerogeni.

Nella corposa consulenza fornita alla Procura di Crotone è scritto a chiare lettere che “le scorie rilasciano veleni nelle falde acquifere. Se ingerite o inalate sono altamente tossiche e cancerogene”. E ancora: “la scoria cubilot ha presentato una concentrazione di ossidi (di calcio, silicio, alluminio, magnesio e ferro) del 71,5 per cento. Tale valore risulta nettamente inferiore a quello previsto per i rifiuti recuperabili. Tale rifiuto non era ammissibile alle procedure semplificate”.

Nell’articolo “Anche in mare i veleni di Crotone” pubblicato su La nuova Ecologia.it, il giornale telematico di legambiente, si legge che “È finita anche in mare parte dei veleni utilizzati, nel crotonese, come materiale di riempimento per la costruzione di edifici pubblici e privati. È questa l’ipotesi sulla quale sta lavorando il pm della Procura di Crotone, Pierpaolo Bruni …”.

E intanto, solo grazie alla giornalista Francesca Travierso e all’inviato di Vanguard Vito Fodera, la storia viene raccontata anche su Current TV sul canale 130 di SKY. Di seguito il video … davvero da non perdere.

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