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Pannella: la Rai Calabria da denuncia penale. Callipo: lo specchio di questa brutta politica

MARCO PANNELLA HA COMMENTATO QUESTA MATTINA A RADIO RADICALE L’ESCLUSIONE DI PIPPO CALLIPO DALLA TRIBUNA POLITICA DEL TG CALABRIA. CALLIPO: LA RAI CALABRIA SPECCHIO DI QUESTA BRUTTA POLITICA CHE I CALABRESI DEVONO AVERE IL CORAGGIO DI BOCCIARE CON IL VOTO IL 28 E 29 MARZO

“Di quello che è successo a Callipo bisogna informare immediatamente il presidente della commissione di vigilanza, perché questa è una cosa da licenziamento o da denuncia penale alla Rai”. Lo ha detto il leader radicale Marco Pannella, commentando, questa mattina in diretta a Radio Radicale, l’esclusione di Pippo Callipo, candidato alla Presidenza della Regione Calabria, dalla tribuna elettorale della testata giornalistica regionale della Calabria.

Callipo, che sta valutando il da farsi, ha aggiunto: “La Rai Calabria è lo specchio di questa brutta politica che i calabresi debbono avere il coraggio di bocciare col il voto il 28 e 29 marzo. Non pensavo, francamente, che si arrivasse a tanto. Ho constatato con i miei occhi che c’è anche di peggio della politica che ha mortificato e affamato la Calabria. Quando non si fa bene il proprio mestiere si gioca contro la Calabria. Paghiamo noi cittadini questa Rai che anziché dare conto in maniera imparziale ed impersonale di tutte le voci in campo, ubbidiente ai politici che viaggiano a nostre spese con macchine, sirene e lampeggianti anche quando fanno campagna elettorale e che, anche quando la Calabria frana, guarda caso, riescono ad arrivare puntuali dappertutto. Per questi episodi forse non è previsto alcune reato specifico, ma se mi è permesso dire quello che penso, a me cittadino che per fare politica devo sopportare personalmente tutti i costi, non posso dire altro che tutto questo è immorale. Ed è ora che i calabresi si ribellino! La Calabria è colpita dal maltempo, frana, le strade sono interrotte, interi paesi sono a rischio e la gente nelle case non ha acqua, luce e non sa come cavarsela, ma la Rai Calabria, come se tutto ciò non la riguardasse, se ne frega di tutto e manda in onda un confronto tra i candidati alla Presidenza senza di me. Qui, badate bene, non è più solo una questione politica. Qui c’è evidentemente gente che non conosce più il ritegno, non ha più autonomia professionale e vive soltanto per accontentare i potenti con cui condivide i privilegi, mentre tutti noi altri paghiamo le tasse e tiriamo la carretta.”

www.giuseppecandido.it

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Giovanna Fiumara: “Giù le mani dei partiti da ASL e sanità”

Elezioni regionali in Calabria: Comunicato di Giovanna Fiumara, il medico internista di Crotone oggi malata di SLA, la sclerosi laterale amiotrofica e candidata al Consiglio Regionale della Calabria con la lista Bonino Pannella a Crotone.

Giovanna Fiumara
Giovanna Fiumara e Giuseppe Candido

“I disabili sono abbandonati”. Giovanna, che parla da malato dritto al cuore della politica, è candidata a Crotone, la sua città: “Scusi, le serve il riluzolo? Ma cchi de ch’è (cos’è che è)? Una cosa che si mangia o si beve?” No, – continua Giovanna Fiumara che coi radicali si batte per i diritti di tutti i disabili come lei – “il rilazolo è una medicina di base per il trattamento della SLA, spiega la dottoressa che con la malattia convive da tre anni e, “fino ad oggi è senza questa medicina”.

La motivazione è assurda: Giovanna è “in attesa del piano terapeutico” si legge nel comunicato. E la denuncia dell’esponente Radicale continua ancora: “Se la stanno giocando a pallina: Le ASP di Crotone e Catanzaro”. Entrambe le ASL dicono “Non spetta a noi!” Eppure, continua Giovanna Fiumara nel suo comunicato di denuncia, “al ministero della salute a Roma, presso il dipartimento di malattie rare, hanno detto che le ASP possono richiedere questo farmaco che, agendo sulla biosintesi del glutammato, contrastando la produzione troppo rapida che causa il motoneurone “malato” o, meglio, sottoposto a stress biochimico e neurologico”. Ancora una cura non c’è ma, il farmaco che Giovanna chiede venga fornito gratuitamente nel piano a tutti i malati che come lei ne hanno bisogno, “non guarisce la malattia ma ne rallenta l’evoluzione”. In sostanza, spiega ancora la Fiumnara nel comunicato, “il farmaco rallenta la malattia impedendo ai muscoli di morire, atrofizzandosi, in maniera troppo rapida”. “Agazio Loiero parla solo dei 280 punti che ha fatto ma di quello che non ha fatto, del disastro economico e dell’inefficienza sanitaria in cui lascia la Calabria e i calabresi, soprattutto i disabili, di tutto questo perché non ne parla? Perché, da politico, non si assume le sue responsabilità politiche?”.

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Le regole e il consenso

di Giuseppe Candido

Pubblicato domenica o7 marzo 2010 su “Il domani della Calabria

Può il consenso fare a meno delle regole? Forse è proprio questo il punto. Può la democrazia fare a meno della sua stessa legge, del “patto che ci lega”, e crollare, collassare, al minimo controllo di legalità? E’ sempre di strage di legalità che si parla nella battaglia politica che i Radicali della lista Pannella stanno portando avanti. La vicenda delle liste in Lombardia e nel Lazio sono assai diverse tra loro. Come diverso è il caso “Calabria” sollevato con il ricorso di Franco Corbelli e dove le elezioni sarebbero, il condizionale è d’obbligo, a rischio annullamento per la mancata previsione dei meccanismi per l’assegnazione dei nove seggi del Consiglio, del quota maggioritaria, non più assegnati col listino del presidente perché abolito. L’accesso agli atti richiesto dal Radicale Marco Cappato in Lombardia con la conseguente esclusione, per ora confermata dai giudici della Corte d’Appello di Milano, della lista di Formigoni e con irregolarità sulle firme riscontrate pure sulla lista di Penati, candidato del PD, è una vicenda assai diversa da quanto accaduto nel Lazio dove il PdL non ha presentato la lista in provincia di Roma per un panino o un candidato dell’ultimo momento e per cui si pretendeva di accedere per la presentazione ben tre quarti d’ora dopo l’orario di chiusura. Quest’ultima evidenzia semplicemente quello che pure Feltri ha titolato come “un partito di matti” in cui, anziché procedere ad un sano mea culpa, si accusa la “violenza” dei Radicali che sono, per statuto e per metodo di lotta, nonviolenti, scritto unito e senza trattino alla Capitini. I Radicali, per pignoleria o per farne caso politico, hanno infilato “un bastone nell’alveare impazzito” e il sistema non ha retto ad un semplice controllo di legalità. Anche senza Radicali, come avrebbero potuto, i Carabinieri del Tribunale, consentire l’accesso per la presentazione della lista del PdL, dopo ben 45 minuti oltre l’orario previsto per legge. Conoscendo personalmente Diego Sabatinelli, chi scrive è certo che il dirigente dei Radicali si è solo sdraiato a terra chiedendo ai militari di fermare i “ritardatari”. Chi ha affermato il contrario è stato già querelato per calunnia. Eppure le vicende hanno un filo in comune. In Calabria la situazione sarebbe a rischio perché la Corte d’Appello sembra essersi accorta della validità della tesi di Franco Corbelli secondo la quale manca, nella modifiche alla legge elettorale fatte lo scorso 6 febbraio, la previsione del meccanismo con cui assegnare i nove seggi non più assegnati con il sistema “listino del Presidente”. Personalmente, da Radicale militante, l’avevo scritto, nonviolentemente, più volte dalle colonne di questo giornale, quando abbiamo denunciato il semplice fatto che, come dice il Consiglio d’Europa, non sono democratiche quelle elezioni in cui si cambiano le regole, le leggi elettorali, un anno prima del voto. In Calabria si è modificata la legge elettorale sia il 6 febbraio 2010 e sia, cosa ancor più grave, il 12 febbraio 2010 dopo, cioè, la data (8 febbraio) d’indizione dei comizi elettorali. Esiste una sentenza del Consiglio di Stato che afferma esplicitamente che non sono da ritenersi valide, e non si applicano per la tornata in corso, quelle modifiche alla legge elettorale intervenute dopo la data d’indizione dei comizi elettorali. Per cui è evidente che tutte le procedure seguite per la presentazione delle liste, compresa l’esenzione dalla presentazione delle firme della lista regionale del Presidente, non dovrebbero ritenersi valide per la tornata elettorale in corso. Loiero e Scopelliti le hanno presentate le firme o si sono ritenuti esentati dal farlo per la modifica del 12 febbraio, sulla base del loro presunto consenso? A chi scrive risulta che non sono state raccolte e che soltanto Pippo Callipo ha presentato le firme. E chi sa cosa uscirebbe se fossero, magari a campione, controllate le liste provinciali di quei partiti che, non esonerate dal farlo, le hanno raccolte nel silenzio assordante dei media? Anche in Calabria la strage di legalità è palese come è stato evidente il mancato rispetto della legge sull’informazione dei cittadini, da parte del servizio pubblico radiotelevisivo, durante la fase pre-elettorale di raccolta delle firme. E’ la strage di regole urbanistiche a causare il dissesto idrogeologico, ed è la strage di regole che appesta la sanità dove direttori si diventa in base all’appartenenza partitica e dove, stante si spenda di più che in altre regioni, i cittadini hanno un sistema inefficiente ed inadeguato. Una situazione di violazione sistematica della regola ben rappresentata, ora, da tutti quei manifesti “abusivi” affissi al di fuori degli spazi previsti dalla legge da molti di coloro che, in corsa per una poltrona, si candidano a rappresentare i cittadini nella massima istituzione regionale. Un esempio, questo, che rischia di far passare un messaggio: se la regola non esiste per “loro”, se la regola essenziale si può modificare all’ultimo momento a proprio piacimento, allora la regola non esiste per nessuno, tranne, magari, per il migrante che, per un timbro quadro anziché tondo si trasforma in clandestino. Elezioni che non sono democratiche e che, forse, sarebbero meglio annullare e rinviare perché fatta con regole non chiare, dell’ultimo momento. Elezioni, che se si svolgeranno, sono a grave rischio ricorsi anche qui in Calabria, dove la strage di legalità e di regole che è “peste italiana”, ci espone ad un rischio forse ancor più grande. Al rischio, cioè, che la massima Istituzione regionale, per disattenzione dei candidati Presidenti, per foga elettorale, venga, per dirla alla Mario Draghi, “pervasa dalla ‘ndrangheta” e, per dirla pure alla Pannella, dal “malaffare partitocratico” del sistema politico, nazionale e regionale, che pensa ad “opere faraoniche” o alle nomine nella sanità.

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Ancora frane in provincia di Vibo Valentia

di Franco Vallone

Fessura da frana
Fessure da frana nei paesini del vibonese in Calabria

Ancora importanti eventi franosi stanno interessando la provincia di Vibo Valentia. Si sono aperte in questi giorni vere e proprie fenditure che squarciano il terreno, le strade, i muri e le case.

Il fatto inedito che emerge in queste ore è veramente inquietante: gli squarci, le ferite della terra, sono lunghi molti chilometri e passano da un paese all’altro sulla stessa linea.

Questo lo si può notare, ad esempio, tra i paesi di Pannaconi di Cessaniti e Potenzoni di Briatico. Il cedimento di metà carreggiata stradale a Pannaconi, sulla via che porta a Cessaniti, scende e continua per tutta la vallata per poi risalire ed arrivare a Conidoni, dove sono scesi a valle, verso la fiumara, terra e alberi interi. Il movimento franoso riprende e si manifesta sulla stessa linea poco più avanti, con uno sprofondamento che ha inghiottito, per un fronte di circa cento metri, la strada San Cono di Cessaniti – Briatico da un lato e la strada San Cono di Cessaniti – Potenzoni di Briatico dall’altro. Poco più sopra, nei pressi delle cave di Cessaniti, a dieci metri dal metanodotto, la strada che dal Campo d’Aviazione conduce alla strada ex 522 si è abbassata pericolosamente. Dall’altro versante, poco più sopra l’abitato di San Leo di Briatico, una grossa frana ha inghiottito per centinaia di metri la strada che porta a San Costantino di Briatico. In questo caso è stato necessario scavare e bypassare a titolo precauzionale un intero tratto della rete gas del metanodotto.


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Strage di legalità è strage di popoli

di Giuseppe Candido

pubblicato su “Il domani della Calabria” del 01.03.2010 pag.6

Frana a Maierato - Foto di Franco Vallone

Maierato a Vibo Valentia, Ianò a Catanzaro sono soltanto gli ultimi nomi, in ordine strettamente temporale, di un un lungo elenco di disastri idrogeologici cui sicuramente sono destinati ad aggiungersene altri e che hanno, come vera causa, non già l’eccezionalità dell’evento meteorico quanto, piuttosto, l’incapacità di fare previsione e prevenzione.

E dove c’è strage di legalità, strage del diritto, c’è anche, come inevitabile corollario, la strage di uomini, di popoli. La Protezione Civile, che oggi si sarebbe voluto privatizzare in protezione spa, ha soltanto imparato a gestire l’emergenza (assieme alle urgenze dei grandi eventi) ma si è rivelata incapace di fare un’adeguata opera di prevenzione e previsione dei rischi. A Catanzaro, dove sulla provinciale è franato giù un intero piazzale con relativo distributore di carburanti, lo si sapeva da tempo che vi era una frana e, stante le continue avvisaglie, si è dovuto attendere che scendesse tutto a valle di un bel po’ di metri per accorgersene e gridare all’emergenza. Oggi Bertolaso e la sua “capacità del fare”, di gestire l’emergenza, vengono messi in discussione per le indagini sui lavori alla Maddalena e sugli appalti della ricostruzione de l’Aquila. Corruzione, sistemi d’appalto in deroga alle leggi sull’antimafia e sulla trasparenza che hanno favorito questo o quell’imprenditore. Sicuramente la realizzazione di lavori urgenti durante l’emergenza e nell’immediato futuro sono cose importantissime ma, la Protezione Civile avrebbe compiti ancora più importanti: fare previsione e prevenzione dalle catastrofi naturali. E invece, in un territorio fragile come il nostro, uno sfasciume pendulo sul mare cui si è sommata l’incuria decennale di amministratori disattenti e/o collusi che hanno concesso di costruire dove sarebbe stato meglio evitare, che hanno permesso lo scempio del territorio, le parole “previsione e prevenzione” non sarebbero dovute rimanere lettera morta. Una volta individuate le aree a forte rischio di frana e alluvione come fu fatto già dal 2001 con il PAI, il piano per l’assetto idrogeologico della Calabria, si sarebbe dovuto intervenire con interventi di consolidamento dei centri abitati a rischio o, addirittura, investire nel loro trasferimento. Si è continuato invece a permettere di costruire dove non si sarebbe dovuto aggirando i vincoli e compiendo quella strage di legalità che, inevitabilmente, diventa poi strage di popoli. E’ stato così per il Camping Le Giare dove si è consentito di costruire nell’alveo del torrente Beltramme, è stato così sull’Esaro ed è stata sempre l’assenza di prevenzione a permettere che avvenissero i disastri come quelli di Cavallerizzo e Maierato. Ed è sempre la strage di legalità e delle regole che ha consentito di nascondere rifiuti tossici e nocivi negli inerti con cui si sono poi costruite scuole nel cortonese. Si fanno piani che non si attuano, programmi, annunci ma, alle prime piogge di ogni anno, la normalità di un evento un po’ più intenso si trasforma in emergenza alluvioni ed emergenza frane. Un territorio fragile sicuramente cui si è però sommata l’incuria degli amministratori che, al di furori dell’emergenza, avrebbero avuto il compito di fare previsione e prevenzione. Per non parlare del rischio sismico di una terra ballerina come la Calabria la cui sismicità è nota dalla storia oltre che dalla geofisica e dove la parola prevenzione avrebbe dovuto avere il significato di adeguare a resistere alle scosse sismiche quella parte, abbondante, del patrimonio edilizio pubblico come scuole, ospedali, che le stesse indagini della protezione civile ci dicono essere estremamente vulnerabili alle scosse di un terremoto. Una regione con un elevatissima percentuale di edifici pubblici sismicamente vulnerabili. Edifici pubblici su cui si sarebbe potuto e si dovrebbe intervenire per adeguare o per rottamare e che invece, se arrivasse oggi un terremoto, verrebbero giù come dei grissini e ci costringerebbero a vivere l’emergenza più grave della nostra storia e la cui causa, ancora una volta, risiederebbe nella strage di regole e di legalità cui sempre di più siamo abituati.

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Vicende religiose di Zambrone

di Franco Vallone

il nuovo libro di Corrado L’Andolina

Vicende religiose di Zambrone
Vicende religiose di Zambrone

Sono solo cinquanta pagine ma sono vere e proprie “pagine-tesoro” per il paese di Zambrone e per le sue frazioni, un contenitore di tante memorie che erano, ormai da anni, rimaste sepolte in polverosi manoscritti ecclesiastici.

Corrado Antonio L’Andolina ha risolcato l’antico tratto della scrittura, aiutato da Don Giuseppe Blasi (nella traduzione), da Teresa Blasi (nella trascrizione) e da Francesco Alleva per i complessi rilievi fotografici, per recuperare racconti e informazioni tramandati ai posteri attraverso altro segno sulla carta. Carte vecchie, ingiallite dal tempo, scrittura indecifrabile ai più, dati e cose da dire che, all’apparenza, sembrano poco interessanti ma che, in effetti, sono sempre trasmissione nel futuro di un “qualcosa da dire”. L’Andolina legge, ricerca, trascrive, confronta, ed ecco che escono fuori inedite storie del passato religioso del suo paese, della sua antica comunità, un luogo che affrontava la vita di tutti i giorni con “la zappa e con la preghiera”. Il padre dell’autore, Salvatore L’Andolina, studioso da sempre, nella postfazione scrive, nelle prime righe del testo, la vera chiave di lettura di questo breve lunghissimo scritto: “A scavare tra le vestigia della storia si possono trovare tesori anche laddove la storia, apparentemente, sembra non essersi fermata”. Una chiave che apre su un mondo lontano e sconosciuto, sempre intriso di vita religiosa, in quella Zambrone che, in alcuni periodi, arrivò ad avere ben cinque chiese solo nel paese capoluogo. Dalla Visita Pastorale del novembre del 1725 inizia il racconto della ricognizione sullo stato delle parrocchie, da quella di Daffinà Minore (oggi Daffinacello) a quella di Daffinà, San Giovanni, e Zambrone. Segue poi la “Visita” del novembre del 1766, e successivamente del maggio del 1789, sei anni dopo il catastrofico terremoto del 1783 che sconvolse molti luoghi delle Calabrie. Nelle lavoro di L’Andolina seguono poi le elencazioni delle visite pastorali del 1794, del 1795 e del 1797. In pieno ottocento ecco poi la visita (un poco superficiale) del 1849 e del ’50. Nel secolo scorso, il vicino ‘900, la visita pastorale del 1910 si presenta invece particolarmente ricca di dati e informazioni dettagliate, per la prima volta la scrittura delle risultanze è in italiano (in quelle precedenti erano in latino). Ancora oggi i segni religiosi sono componenti molto presenti nel tessuto urbano ma anche nelle campagne di Zambrone. Oltre le chiese vi sono infatti tante edicole sacre, calvari, nicchie con santi e madonne, croci e altri numerosi contenitori di simboli della religiosità popolare. In questo volume, dalla bella copertina ideata e curata dall’architetto Stefano Simoncini, ci sono davvero molte storie da leggere. Storia grande e storie piccole di eventi remoti, lontani, che emergono attraverso le meticolose elencazioni di oggetti ed obblighi, ordini e proclami, richiami ed elogi diretti agli abitanti del luogo Zambrone, padri e madri, figli e nonni un tempo. Persone del passato, oggi scomparse, che rivivono nella lettura di vecchi documenti e nella memoria dei discendenti che oggi abitano, forse con lo stesso spirito religioso, la Zambrone del presente. Domenica 28 febbraio, alle ore 17.00, presso i locali della palestra scolastica di Zambrone, in piazza Otto Marzo, il volume verrà presentato al pubblico. A moderare i lavori il giornalista Salvatore Berlingieri, ad introdurre Don Giuseppe Blasi e Don Ignazio Toraldo, direttore dell’Archivio diocesano di Tropea. Relazioneranno Don Nicola Berardi, Padre Trifone Labellarte e Don Pasquale Sposaro con interventi del sindaco del paese, Pasquale Landro e del dirigente scolastico, Rocco Cantafio. Le conclusioni sono state affidate al Cancelliere della Diocesi di Mileto – Nicotera – Tropea, Don Filippo Ramondino.

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Abolire la miseria della Calabria è in stampa

chiuso lo scorso 20 febbraio, tra qualche giorno sarà in distribuzione presso le edicole calabresi al costo di un euro. In piccolo contributo alla cultura, alla storia e alla politica laica e liberale calabrese.

La prima pagina

ALM Calabria Anno IV N°1 e 2 (Gennaio e Febbraio 2010)

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Senza un cambiamento di rotta appare appare inevitabile l’ “Appello al Cielo”

di Vittorio Emanuele Esposito

pubblicato il 17 febbraio su Rivoluzione Democratica, noterelle di politica e cultura su Blogspot

Quando, in un regime costituzionale, le regole che disciplinano la formazione della volontà, la libera scelta dei rappresentanti del popolo, il processo democratico delle decisioni, la funzione di controllo sugli atti del governo, vengono reiteratamente messe in discussione, eluse, forzate e alterate da una maggioranza parlamentare che, non riconoscendo il ruolo e le ragioni dell’opposizione e ignorando quella consistente parte di elettorato che non si è espressa esplicitamente con un voto, mostra di voler interpretare solo se stessa e non l’interesse generale del popolo che le consente di governare;

quando, da parte di questa maggioranza, viene attaccato, in modo sistematico e pregiudiziale, l’operato degli organi della Magistratura, compreso quello della Corte Suprema, nel caso di provvedimenti avversi agli atti del governo o a persone facenti parte della sua compagine (così come, per altro verso, vengono enfaticamente esaltate le decisioni giudiziali favorevoli);

quando a carico del governo, nei suoi vertici o nel suo apparato, emergono emblematici casi di corruzione o di immoralità, che non sono denunciati e contrastati con energia, come ci si aspetterebbe, ma vengono omertosamente coperti, negati, minimizzati, se non addirittura giustificati e ostentati quali aspetti coessenziali all’esercizio del potere;

quando la maggioranza, giovandosi del consenso elettorale, attende a privatizzare le strutture e il patrimonio dello Stato, che è bene comune, canalizza le risorse finanziarie, generate dal concorso di tutti i contribuenti, in politiche di favore per imprese, gruppi, ceti sociali appartenenti all’oligarchia dominante e, contro il principio democratico dell’uguaglianza dei cittadini, in nome di una ‘libertà’ prepotente basata sulla forza del danaro, rinnova e rafforza differenze e privilegi nel campo dell’informazione, della scuola, della sanità, del lavoro, della distribuzione della ricchezza;

quando tutto questo si verifica e non sembra possibile, per le vie ordinarie, ricondurre l’azione eversiva di un governo entro lo spirito e il dettato della legge comune ( che nessuna maggioranza elettiva è autorizzata a violare e a deformare secondo la visione particolaristica dei suoi capi), al cittadino sovrano, al popolo che è la fonte originaria della legalità e a cui spetta, in ultima istanza, il controllo sulla legittimità degli atti e delle condotte degli organi dello Stato, non rimane che l’ “appello al Cielo”.

* * *

Con questa formula John Locke, padre del moderno costituzionalismo, indicò il ‘diritto di resistenza’ all’ingiustizia di un potere dimentico della sua origine, dei suoi limiti, del suo scopo, riconducendolo alla irriducibile libertà dell’individuo, da cui esso scaturisce, come diritto estremo, insieme a tutti gli altri diritti che trovano riconoscimento e garanzia nell’ordinamento costituzionale dello Stato.

Per Locke vi sono, infatti, alcuni diritti ‘naturali’, irrinunciabili e intangibili, che non possono essere manomessi dal potere costituito, anche se con decisioni prese a maggioranza e , dunque, apparentemente conformi alle regole democratiche, ma, di fatto, arbitrarie.

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La scomparsa a Briatico di Alfonso Prostamo

di Franco Vallone

Alfonso Prostrano
Alfonso Prostamo

Si chiamava Alfonso Prostamo ed era, ormai da tempo, la vera memoria storica del mare di Briatico, e di quella marineria costituita da pescatori che detenevano gli antichi saperi dei mestieri del mare.

I Prostamo, assieme agli Accorinti, sono stati infatti i componenti delle famiglie più antiche legate al mondo del mare a Briatico.

Alfonso Prostamo, 85 anni, era il pescatore dal basco blu che amava raccontare delle sue avventure di mare, delle tante tempeste affrontate, di tropine e trombe marine, di abbondanti pescati ma anche di rientri a terra, con la sua barca di legno, con poco o niente del tutto.

Alfonso aveva affrontato il mare sin da piccolo, lo amava e lo rispettava da sempre ed adesso che sul mare non ci andava più da tempo, lo guardava da lontano, con nostalgia, come un vecchio amico, come una persona che si conosce profondamente. Prostamo ancora adesso ricordava lucidamente ogni centimetro di quanto solcato sull’acqua nella sua vita, conosceva segreti di scogli appena sommersi, dei fondali più pescosi, di relitti insidiosi per le reti e dragare, delle secche e delle fosse più profonde.

Conosceva l’antica toponomastica, i punti di riferimento a terra, le stelle e i segni premonitori della meteorologia popolare, aveva una mappa memorica di tutto il mare antistante la costa vibonese, da Pizzo a Tropea e oltre. Amava raccontare, tramandare, vivere attraverso il ricordo ma anche dare dei consigli ai più giovani pescatori del paese. Era l’ultimo baluardo dell’antica marineria briaticese Alfonso Prostamo. Un uomo di mare completo che utilizzava con maestria tutte le tipologie e tecniche di pesca. Ma Alfonso è stato anche grande uomo sulla terra, umile e buono, cristiano e devoto, amico di tutti, sempre. Nonno della bella Laura Prostamo, terza classificata a Miss Italia e oggi attrice, papà di Giuseppina, autrice di “Papaveri e ginestre” che racconta e racconterà, nelle pagine dei suoi libri, anche quanto tramandato dal padre e dal nonno Domenico, pure lui marinaio, storico superstite della ciurma dell’antica palamatara di Pizzo.

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