Carnovalaccio: tra il sacro e il profano

Il fantoccio di Carnevale e l’antica tradizione carnascialesca in Calabria

di Franco Vallone

Un’antica tradizione popolare carnascialesca si rappresenta, in quasi tutto il territorio calabrese, e prevede la costruzione di un fantoccio, dalle sembianze umane, di un personaggio chiamato “Carnalavari” o “Vicenzuni”. Perché Carnevale, nella tradizione popolare, si chiamava proprio Vincenzo. Ed ecco cosa si scriveva nel 1598 nell’Avviso a certi curati contra uno abuso del principio della Quaresima. “…intendiamo che tuttavia per coteste parti, non ostante altri nostri avisi, nel principio della Quaresima et anche nelle Domeniche di essa, si commettono varii inconvenienti ancora in luoghi sacri sotto nome di Carnovalaccio, con abbrucciare certe immagini, publicare matrimonii finti e commettere altri disordini e dissoluzioni e far mangiamenti publici et empire ogni luogo di gridi e fatti licenciosi: cosa che risulta in onta et ingiuria del santo tempo quadragesimale e de’ luoghi sacri et in poco rispetto del sacramento del matrimonio et anche in disgusto di molti (…)” e qualche anno dopo nel 1606 si parla di “allegrezze vane, piaceri disordinati, mere pazzie, miscugli d’uomini e donne disposti a’ piaceri sensuali, ornamenti eccessivi, riscaldamento di cibi, incitamento di suoni, conversazione oziosa, libertà di mascara, movimenti lascivi, saltazioni e danze licenziose, balli, conviti, giuochi, trattenimenti oziosi e vani..” Un fantoccio antropomorfo riempito di paglia, con pantaloni, giacca e coppola scura, mani ricavate da guanti da cucina riempite di segatura.

Dalla bocca, e da sotto la giacca di Carnalavari, escono fuori salcicce, polpette e lardo, mentre in una mano Vicenzuni stringe un fiasco di vino rosso. Il fantoccio viene portato in processione su una specie di barella. Dietro il corteo seguono maschere di tutti i tipi ed in particolare uomini, donne e bambini vestiti da prete e chierichetti, da infermiere, da medico e da notaio ma anche da baroni, conti e gli altri antichi nobili del paese. In prima fila, dietro il finto feretro, la sorella – moglie – vedova di Carnevale, denominata Corajisima (Quaresima). Altre maschere, che seguono la mesta-allegra processione – funerale, vestono abiti militari, di soldato o Carabiniere, ma anche da marinaio o da aviere. Ad un certo punto della rappresentazione il Carnalavari si sente male! ha mangiato troppe polpette, salcicce e lardo, ha bevuto troppo vino rosso, ha fatto una grande indigestione. Il medico lo visita scrupolosamente e a questo punto decide di operare subito con una grande sega da falegname. Dalle viscere del povero carnevale morente vengono tirate fuori varie reste di salcicce e centinaia di polpette e salumi vari. Con un bottiglione di vino rosso e un tubo di gomma viene costruita una gigantesca flebo utilizzata per cercare di salvare l’ammalato che si aggrava a vista d’occhio, sempre di più. A sera la farsa si conclude con il testamento e la morte di Carnevale che viene, ancora una volta, portato in processione, seguito da Coraisima che, affranta dal dolore, piange e si dispera, e da un’allegra banda di suonatori di pipita e zampogna, tamburelli e pifferi che rendono il clima permeato di follia. Alcune volte a seguire il corteo è la banda del paese che suona le marce funebri, utilizzate di solito il Venerdì Santo, alternandole con pezzi jazz e motivi decisamente molto più allegri. Il rumoroso corteo prosegue, tra le urla dei presenti, fino ad uno spiazzo isolato, alla fine del paese. Qui il carnalavari viene adagiato a terra, cosparso di benzina, alcol o petrolio, e incendiato in un falò purificatore tra i pianti delle prefiche ciangiuline e tra scompisciate risate dei presenti. Molti degli accompagnatori, in questa occasione, ballano tarantelle, tipica espressione popolare dove, con gesti di imitazione ben ritualizzati che rientrano nella sfera magica, si recupera il tempo e lo spazio speciale del chiudersi nel cerchio sacrale che è, a sua volta, elemento tipico degli scongiuri e dell’evocazione magica. Tarantelle dalle gestualità antiche del contendere lo spazio magico conquistato, un conflitto non risolto all’interno dello spazio conteso.

È carnevale, è il tempo straordinario dove tutto è possibile, dove tutto viene ribaltato e capovolto di significato e significante. I poveri diventano ricchi, i maschi diventano femmine e, almeno per un giorno, la trasgressione prende il sopravvento sulla normalità del quotidiano.

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