Perché Pannella avrebbe voluto portargli le arance

di Filippo Curtosi

Manifesto Radicale

Cossiga in tutte le salse: bizzarro, mattacchione, picconatore, imprevedibile, statista, profetico. A Marco Pannella toccherà la stessa sorte. Succede ai geni, agli eretici, agli anarchici e comunque alle persone sole. Kossiga chiama Paolo Guzzanti dall’aldilà per un suo ultimo commento e parla malissimo della stampa. “Un disastro. Mi hanno impagliato come un gatto”. A cominciare da Eugenio Scalfari che mi dà del pirandelliano. Mi hanno preso tutti sul serio, mentre io ho preso tutti per i fondelli. Il mio ultimo libro si chiama Fotti il potere. Spero che capiscano. Mo pare che manchi il vero Kossiga con la K, quello che gode ad avere la K e manca anche il Cossiga che traghetta D’Alema per fare un favore agli amerikani con la kappa. Dalla Chiesa, l’unico che mi risponde a tono. E’ trascorso tanto tempo da quei lontani anni ’70 che segnarono la data di nascita del così detto “Movimento studentesco in Italia”. “Strategia della tensione”. Piazza Fontana e piazza della Loggia, Italicus, rogo di Primavalle. Furono gli anni della morte di Giorgiana Masi, di Francesco Lo Russo, dell’agente Custrà e poi di Guido Rossa, sindacalista, di Fulvio Croce, presidente degli avvocati e delle piazze incendiate dagli estremisti. Il lancio di pietre verso il palco dove parlava Luciano Lama alla Sapienza, il ferimento di Indro Montanelli e poi I Volsci, Cl, Radio Alice, Radio Onda Rossa. La P38 era il simbolo della sinistra rivoluzionaria. Nudi dati anagrafici, dietro ai quali si celava tuttavia un lungo processo di incubazione. Le lotte operaie con pochi operai e studentesche. I non global, i movimenti ambientalisti e la sinistra radicale e libertaria non nascono dal nulla, ma hanno il loro epicentro, storicamente significativo, nel Lazio, Lombardia, Emilia, Calabria. Regioni chiave per lo sviluppo di una coscienza libera, per i diritti, per la lotta politica e ideale, per un messaggio che viene raccolto in ogni contrada del paese, dagli operai agli studenti, agli intellettuali. Numerosi intellettuali affluiscono in queste fila con un folto stuolo di giovani e di donne. Dario Fo, Felix Guattari, Alain Guillaume, Sartre. Tutto era surreale, alternativo, radicale: gli amori, gli amici, la compagnia, la scuola, il privato, la libertà prima di tutto e da tutto. Il desiderio al potere se si può sintetizzare. Ero scritto a Giurisprudenza alla “Sapienza”, mi mantenevo vendendo giornali. Partecipai al Movimento studentesco senza tanta intensità. Portavamo come dice Guccini “un eskimo innocente, dettato solo dalla povertà, non era la rivolta permanente, diciamo che non c’era e tanto fa”. Leggevo Allen Ginsberg, Kerouac, Re Nudo. Ascoltavamo Jefferson’s Airplane. Cazzo era la parola più usata a quel tempo. Il ’77 non è stato il folclore . Piuttosto a ragione Asor Rosa quando parla di “due società”. Da una parte dice lo storico della letteratura “c’erano i garantiti, coloro che avevano un reddito sicuro, dall’altra una vasta massa di giovani precari, marginali, senza prospettiva di inserimento sociale”. Si faceva di necessità virtù. Questo l’ex direttore di “Rinascita” lo scriveva nel 1977 su “l’Unità”. Poi le Br distrussero il sogno e i desideri. L’azione politica di Oreste Scalzone, Franco Piperno, Lanfranco Pace si dispiegava nella società civile con le lotte per la libertà ed il progresso dei lavoratori, per la difesa della democrazia e delle libertà, contro le repressioni autoritarie che raggiunsero la fase più acuta con il c.d. “ teorema Calogero” del 1977.

A Bologna dove si riunì il movimento per l’ultima volta ci fu una grande novità: svaniva il sogno e tutto era dissolve. Oltre a Scalzone che era stato incriminato di banda armata e condannato, anche altri conobbero in quegli anni il carcere e vennero processati e condannati. Insieme ai provvedimenti che vietavano ogni tipo di manifestazione pubblica si decretava in pratica lo stato d’assedio e la sospensione delle libertà di associazione, di espressione libera. Il giovine ministro Kossiga fece arrestare il movimento ed i loro capi, tra i quali appunto l’Oreste. Contro le misure repressive della libertà di associazione, di sciopero, insorsero solo i socialisti come Giacomo Mancini, i radicali come Marco Pannella ed i veri democratici. Si era contro il compromesso storico e come scrive Lucia Annunziata nel suo libro 1977 “Noi odiavamo i comunisti”. Il vecchio Psi assunse una politica autonomista, conferma Craxi alla guida del partito; più tardi Pertini verrà eletto presidente della Repubblica. Poi le Br, l’uccisione di Moro hanno definitivamente distrutto e cancellato il “ Movimento”. Dopo 26 anni di latitanza in Francia, l’ex leader di Potere Operaio torna in Italia. Era stato condannato dal Tribunale di Milano nel 1981 per partecipazione ad associazione sovversiva, banda armata nell’ambito del processo “7 aprile” su Autonomia operaia. Nell’immaginario dell’epoca si meritò l’appellativo di “ rivoluzionario” non di mestiere. Processato in più occasioni, Scalzone trascorse in carcere alcuni anni. Costretto ad imboccare la via dell’esilio, per altri 26 anni girò in cerca di ospitalità per se e per le sue idee: Corsica, Olanda, Sud America, Francia, Parigi;il presidente socialista Mitterand diede ospitalità a tutti gli esuli ed i rifugiati politici. Si attraversava, da libertari tutte le lotte operaie degli anni settanta in Italia,partecipavamo all’occupazione di Valle Giulia con Pace e Piperno, leaders del Movimento studentesco, ci si scontra in piazza con la polizia e con i fascisti. Erano gli anni del “Potop” del potere operaio, come recitavano gli slogans di quel tempo. Erano gli anni dei cinema “d’essai”, degli scontri anche con quelli di “Lotta Continua”. Era la stagione delle assemblee permanenti, degli espropri proletari. Erano gli anni di forte e vera opposizione alla guerra, gli anni della difesa dell’internazionalismo libertario, socialista e radicale. Chi incarnava il libertario in Italia era ribelle, bandito, sovversivo. Si è sempre ritrovato contro ogni tipo di potere. Sulla fiancata della barca di Gianmaria Volontà che lo portava in Francia Scalzone c’era scritto un verso di Paul Valery: “Il vento si alza, bisogna tentare di vivere”. Lui ha sempre incarnato queste parole. Sempre sulle barricate. Scalzone oratore formidabile, lo ricordo sempre sommerso di libri, carte e giornali. Non è mai stato un comunista anche se da giovane è stato iscritto alla Fgci: nei fatti anticipa quelli che oggi si chiamano no global da Caruso in giù. A fianco degli operai che occupano le fabbriche e nelle lotte studentesche come a Roma, Napoli, Bologna, Milano. Viveva tra gli operai e con gli studenti: una sorta di icona del movimento studentesco. Poi venne sepolto vivo in esilio e continuamente sorvegliato come una bestia pericolosa.

Farà ancora paura? Adesso che farai? “farò una compagnia di giro, composta da me stesso e da chi ci vuol stare. Farò agitazione filosofica, culturale e sociale”. Farà, dice, il sindacalista dei rifugiati. Marco Pannella, destinato a diventare per molti una sorte di voce profetica che più a contribuito a distruggere gli stereotipi borghesi della morale e dell’etica in base al suo atteggiamento nei confronti della nonviolenza del potere politico e industriale, dello stato assassino. Il Partito radicale e compagnia possiamo dire che hanno sconvolto linguaggio, percezione e visione del mondo per la libertà, contro le ingiustizie, le guerre, l’odio e le incomprensioni. Andrea Casalegno dice che “per un giovane di oggi non è facile capire di che lacrime grondi e di che sangue la storia del 1977.

Quei fatti sembrano un brutto sogno: il susseguirsi delle manifestazioni che ogni volta ci scappava il morto. Ammazzare era un gioco. Il vero lavoro era uccidere”. Un esempio per tutti: l’uccisione di Giorgiana Masi. In un bel libro, abbastanza raro, elaborato dal “Centro di iniziativa giuridica Piero Calamandrei” si raccolgono testimonianze e fotografie del fatidico 12 Maggio 1977 della morte di Giorgiana Masi, diciannovenne simpatizzante Radicale. Un proiettile nell’addome dopo un giorno passato nel centro di Roma a manifestare nonostante il ministro dell’interno Cossiga avesse vietato riunioni pubbliche. Giorgiana ed altri sfidarono il potere. In piazza c’ero anch’io. Il clima era rovente.

Giorgiana Masi

Giorgiana rimase vittima di una pallottola vagante sparata non si sa da chi, se per sbaglio o con dolo. Rimase ferito anche un carabiniere e un’altra ragazza.“La meccanica dell’assassinio di Giorgiana, si legge in questo libro, si può riassumere come “un omicidio di Stato”. E’ vostra diceva Antonello Trombadori la responsabilità della tragedia”. “Un delitto di Stato” tuonava Marco Pannella. “Vogliono criminalizzare l’opposizione democratica, parlamentare ed extraparlamentare; l’opposizione laica, libertaria, socialista, nonviolenta, alternativa; quella del progetto, del referendum. La violenza è stata solo dello stato. Disobbedire era necessario.

Il movimento femminista di Roma dice: “Giorgiana Masi è stata assassinata dal regime di Cossiga. Rivendichiamo il diritto di scendere in piazza, a riprenderci la libertà, la vita. Nessuna donna resterà in silenzio”.

A Giorgiana

…se la rivoluzione d’ottobre fosse stata di maggio

se tu vivessi ancora

se io non fossi impotente di fronte al tuo assassinio

se la mia penna fosse un’arma vincente

se la mia paura esplodesse nelle piazze

se l’averti conosciuta diventasse la nostra forza

se i fiori che abbiamo regalato alla tua coraggiosa vita nella nostra morte almeno diventassero ghirlande della lotta di noi tutte, donne..

se….

non sarebbero le parole a cercare di affermare la vita

ma la vita stessa, senza aggiungere altro

Ecco perché ancora serve il suo esempio, da libertari, nonviolenti, laici, socialisti, liberali e radicali .

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