Trattamento meccanico-biologico per uscire dall’incantesimo degli inceneritori

di Giuseppe Candido

Pubblicato su il Domani della Calabria del 29/9/2010

Già nel luglio del 2009 avevamo scritto sulla dissennata pratica di bruciare rifiuti attraverso quegli impianti che qualcuno si intestardisce a chiamare termo valorizzatori. Oggi, mentre la monnezza ritorna inesorabilmente tra le strade di Napoli, anche il Wwf ribadisce il suo “no” al raddoppio dell’inceneritore di Gioia Tauro gestito dalla Veolia e che il Presidente della Regione Scopelliti ha invece detto di voler portare avanti in barba alle proteste dei cittadini e del sindaco della città della Piana Renato Belfiore che da tempo protesta contro il raddoppio. Anche nell’ultimo piano regionale per la gestione dei rifiuti in Calabria sono state evidenziate le principali criticità del sistema rifiuti in Calabria. Accanto al deficit di impianti dovuto al non avvenuto completamento di alcune strutture, nel piano si lamenta l’insufficienza proprio del mancato decollo della raccolta differenziata ferma a percentuali del 13-17 % e che invece sarebbe dovuta essere arrivata al 60% nel 2007. Il tutto in un contesto, come si legge nello stesso piano regionale, reso scarsamente efficiente per l’eccessivo numero di “sotto ambiti” e di società che gestiscono la raccolta differenziata. Insomma, di metodi all’avanguardia che possano spingere la raccolta differenziata fino all’80% non se ne parla neanche e si continua ad insistere nell’incenerire i rifiuti che bruciando vengono soltanto trasformati in altri rifiuti (polveri sottili, gas, fanghi ecc.) di difficile smaltimento e molto più pericolosi. In queste condizioni è lecito porsi alcune domande. Come avviare la fine di un’emergenza che dura da tredici anni? Costruendo altre discariche? Costruendo nuovi inceneritori? È questa la rivoluzione che si promette? Quale sarebbero le politiche da perseguire, per risolvere una volta per tutti il problema dei rifiuti ed evitare che, colmate le discariche esistenti deflagri la bomba “monnezza” o la si contenga con “salubri” inceneritori? C’è un’alternativa? Si c’è, ma necessita di un salto culturale: l’alternativa a ciò che la Calabria sta facendo si chiama “ciclo integrato dei rifiuti” abbinato al trattamento biologico e meccanico della parte residuale che nel ciclo innescato non si riesce comunque a riciclare, non si riusa e non si riutilizza. Per capire dove sbagliamo dovremmo prendere esempio da realtà, come quella tedesca, che sono all’avanguardia e dove l’incantesimo degli inceneritori non fa più presa.

La raccolta differenziata porta a porta, anche della frazione organica, è il punto cardine del ciclo, ma la differenziata da sola non basta: è necessario innescare a valle una filiera del riciclaggio per produrre nuovi oggetti e dalla quale è senz’altro possibile creare posti di lavori “ecologici” che potrebbero diventare un volano positivo contro la crisi in atto. L’organico, anch’esso raccolto porta a porta, andrà agli impianti di compostaggio per produrre fertilizzante. E per quanto non riciclabile lo si può trattare senza incenerirlo evitando di produrre polveri, gas e ceneri tossiche. Il trattamento meccanico-biologico a freddo in Germania risulta, da qualche anno, in grande evoluzione: 64 gli impianti di TMB contro 73 inceneritori. I rifiuti indifferenziati e non riciclati vengono dapprima selezionati da appositi macchinari cercando di recuperare ancora vetro, metalli ed altro materiale riciclabile. Dopodiché il rimanente viene inviato in appositi “bio-reattori” chiusi e con “bio-filtri” che essiccano, a 40-60°C, ciò che rimane. Il tutto senza bruciare un solo grammo di rifiuto e producendo soltanto del biogas utilizzabile per far funzionare l’impianto stesso. Il materiale non è più putrescibile e, reso inerte, lo si può riciclare in edilizia come sottofondi stradale. Ricordando che in Calabria come sottofondi abbiamo usato i rifiuti tossici di Crotone potremmo farci un pensierino. Gli inceneritori, di fatto, non eliminano le discariche ma, anzi, producono ceneri tossiche in quantità pari a circa il 25% di ciò che viene bruciato, e che richiede particolari accorgimenti per essere smaltite. Nel 1993 il Wall Street Journal scrisse che “quello degli inceneritori è (e resta ancora) il metodo più costoso di smaltimento dei rifiuti”. Un impianto di trattamento meccanico biologico costa invece il 50-70% in meno di un inceneritore e il materiale che rimane è riutilizzabile come inerte o per produrre combustibile da rifiuti. Nell’ambito di un ciclo integrato dei rifiuti, assieme alla raccolta differenziata porta a porta e al compostaggio dell’umido, il trattamento meccanico biologico a freddo è accettato dalle popolazioni perché ha costi ambientali decisamente inferiori consentendo di abbattere gran parte degli inquinanti.

Il ciclo integrato e il trattamento meccanico biologico a freddo per uscire dall’emergenza senza cadere nell’incantesimo degli inceneritori che ormai volge al termine in tutta l’Europa.

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