Una rosa rossa per l’inferno dei dimenticati

di Giuseppe Candido

Pubblicato su il Domani della Calabria del 25.03.2011

 

Mentre in Libia scoppia la guerra della comunità internazionale contro il dittatore sanguinario, e in Giappone aumenta il rischio nucleare assieme al bilancio delle vittime del terremoto e dello tsunami, c’è una notizia, tutta italiana, che rischia tragicamente di passare in secondo piano. Nell’Italia impegnata dalle celebrazioni per i suoi centocinquanta anni d’Unità, nell’Italia dove si discute sì, di una necessaria riforma della giustizia ma dove la situazione carceraria è, in generale, divenuta anticostituzionale per il sovraffollamento e le inumane condizioni di detenzione, la misura vera dell’assenza pressoché totale di uno Stato di diritto ce la dà la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari che ha verificato, con un’ispezione a sorpresa, e denunciato le inaccettabili condizioni di vita negli ospedali giudiziari psichiatrici. “Rinchiusi senza nessun motivo per esserlo”. Condizioni inumane e disumane: molto peggio del “puzzo di piscio e segatura” che racconta Simone Cristicchi in Ti regalerò una rosa.

È una denuncia durissima quella che arriva dalla commissione parlamentare d’Inchiesta sugli errori sanitari presieduta dal Senatore Ignazio Marino del Pd che scuote le coscienze. Nella scorsa settimana la commissione ha visitato gli ospedali psichiatrici di Aversa e di Barcellona Pozzo di Gotta (Sicilia) trovandosi difronte ad una realtà sconvolgente che ha superato ogni immaginazione. Sono le immagini di un video shock che, durante la conferenza stampa tenuta lo scorso 16 marzo, raccontano le indegnità subite diversamente inenarrabili. Una vicenda che, come italiani, ci dovrebbe fare letteralmente vergognare. Una “procedura inusuale” per il Senato della Repubblica e per una commissione d’inchiesta, quella della presentazione mediante un video, ma ch’è stata appositamente utilizzata proprio “per far sentire sulla pelle di tutti le emozioni e le sofferenze degli internati che la commissione ha incontrato nel suo viaggio negli ospedali psichiatrici giudiziari”. Se anche la legge Basaglia nel 1978 modificò la normativa dei manicomi, queste degli ospedali psichiatrici giudiziari sono strutture invece, rimaste inalterate dal 1930 (Codice Rocco) e dove ci si entra per due motivi: o perché si ha una condanna, o perché si viene tecnicamente prosciolti perché incapaci d’intendere e di volere e, avendo pure una malattia psichiatrica, si viene affidati a queste strutture per essere guariti, curati con lo scopo di venire poi restituiti alla vita normale. Invece le immagini shock raccontano di persone affidate in cura allo Stato e legate nude su letti senza materassi e con dei buchi nel pavimento dove far cadere gli escrementi. In tutto ciò c’è l’istituto della proroga a complicare le cose. Perché può allora capitare che si abbia scontato la propria pena ma che, non avendo nessuno cui affidarti, la proroga della cura si trasforma in una sorta di ergastolo bianco. E anziché per essere curati si rimane in questi istituti per essere isolati dal resto della vita, dalla società. Lo Stato li ha dimenticati, li ha lasciati lì, abbandonati di proroga in proroga, senza un fine pena e, paradossalmente, senza neanche un medico psichiatra ad occuparsi di loro. E siccome lo Stato siamo noi, siamo noi che li abbiamo dimenticati. Abbiamo preferito, senza né una “rosa rossa per dipingere ogni cosa” né “una rosa bianca per dimenticare ogni piccolo dolore”, cancellarli dalla società rilegandoli in veri e propri lager. Se di gente chiusa per quarant’anni dentro i manicomi perché “credeva di parlare col demonio” ci racconta la canzone, di un malato psichiatrico rinchiuso da 25 anni perché 25 anni fa ha compiuto una rapina con la mano in tasca simulando di avere una pistola, ci parla la tragica realtà. Una realtà fatta da trecentocinquanta tra detenuti e internati. Venti minuti al mese con uno psichiatra e dieci internati per cella in strutture che dell’ospedale hanno ben poco. “Non possiamo tollerare, nel nostro Paese, che delle persone vengano trattate in questo modo”, ha spiegato il Senatore Ignazio Marino, “Vogliamo arrivare ad un superamento definitivo di questi istituti. E soprattutto in questo momento la commissione è impegnata nel cercare di portare a casa, di restituire alle aziende sanitarie locali per la cura, 376 persone che sono chiuse in questi luoghi, molte da decenni, senza avere nessuna pericolosità sociale”. Una ferita gravissima non solo al senso umano e cristiano ma anche alla nostra stessa Carta fondamentale, la Costituzione, che prevede espressamente che sia illegittimo rinchiudere una persona, privarla della libertà, senza che ve ne sia una motivazione di legge. Senza contale le condizioni oggettivamente disumane in cui queste persone sono mantenute. “Su questo c’è bisogno” – ha spiegato Marino nella conferenza stampa dello scorso 16 marzo – “di coinvolgere tutti, dai giornalisti alla gente, perché negli scorsi mesi di 376 persone si è risusciti a sistemarne solo 65”. Il Senatore Michele Saccomano del PdL, membro anche lui della Commissione d’Inchiesta sugli errori sanitari, ha usato parole chiarissime sulla motivazione della conferenza stampa: “C’è bisogno della percezione popolare. Siamo venuti a gridare in pubblico ciò che vogliamo che tutti percepiscano come un fatto importante. Non è una questione burocratica. Stiamo parlando di qualcosa di cui dobbiamo vergognarci. E vorremmo che a vergognarsi non sia solo qualcuno ma che tutti ci vergognassimo perché abbiamo, in Italia, situazioni di questo tipo”. L’obiettivo è quello di ottenere, con la collaborazione di governo e regioni, il superamento di questi ospedali giudiziari psichiatrici, vere e proprie carceri nelle carceri, a favore di un’affidamento di queste persone a strutture riabilitative che, nel rispetto della dignità della persona umana, si occupino di queste persone. Nel 2008 un decreto del Presidente del Consiglio segnava il passaggio di queste strutture dalla Sanità penitenziaria alla Sanità del servizio sanitario nazionale ma, al 2011, rimangono ancora da individuare i bacini di utenza di Puglia, Basilicata, Sicilia e Calabria. E anche questa segnalazione è per chi non sa parlare per difendersi, e pur senza avere una calligrafia da prima elementare, è per chiedere alle istituzioni, Regioni e Aziende sanitarie in primis, di farsi carico di queste persone per riportarci, tutti, a livelli di più umana civiltà.

 

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