Carcere a Castrovillari (CS)

Carceri illegali e criminalità di Stato

di Giuseppe Candido

 

Sono anni che i Radicali trascorrono il Ferragosto ed il Natale nelle patrie galere coi detenuti; le visite ispettive per denunciare le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere detenuti e personale di polizia penitenziaria non si fermano mai. Amnistia per la Repubblica subito non è solo lo slogan che oggi caratterizza la politica del piccolo partito di Pannella ma un’esigenza reale soltanto testimoniata con l’amore per la verità. E il sovraffollamento delle carceri che è sì, come ha sottolineato il Papa, “una doppia pena” non è però l’unico problema: mancano spesso acqua calda, cibo degno di questo nome e condizioni igienico sanitarie minime essenziali oltreché lo spazio stesso per respirare. La detenzione anziché rieducativa diviene afflittiva e la pena inumana non scritta in sentenza ma reale. Una pena che, come ha scritto Patrizio Gonnella sul blog di Micro Mega, “umilia, lede la dignità, trasforma i detenuti in numeri, li rende non persone, li induce alla malattia e alla morte”. Ma il problema carceri, se vogliamo, è ancor più grave perché è lo stesso Stato a non rispettare le proprie leggi e ad essere condannato per questo dalla giurisdizione europea. Dopo aver trascorso anche questo Natale in visita ispettiva al carcere di Regina Coeli, Marco Pannella, nella sua consueta conversazione settimanale da Radio Radicale con Massimo Bordin, ha definito per l’ennesima volta la realtà delle nostre carceri come una realtà di “flagrante opera tecnicamente criminale” da parte dello Stato. “In Italia la democrazia è negata e lo Stato e la Repubblica italiana si trovano dinanzi alla Costituzione, alla legalità e alla giurisdizione europea, dinanzi alla legalità internazionale, in una flagrante opera di carattere tecnicamente criminale”, ha detto testualmente sfidando i giornalisti a scriverlo piombo su carta e dirlo nei telegiornali. Delirio di un ulteriore, anche questo ennesimo, sciopero della fame? Sicuramente parole forti e accuse gravi che non solo intendono sottolineare ancora una volta la “prepotente urgenza” delle carceri, così come lo stesso Napolitano l’aveva definita, ma che contemporaneamente richiamano in causa lo stesso Presidente della Repubblica, quale garante della nostra Costituzione e al quale Pannella ricorda che “potrà – perché Lui lo crede – continuare a predicare che in Italia c’è democrazia e legalità” ma che, sostiene invece il leader radicale, nel nostro Paese c’è “criminalità di Stato e di Repubblica e i diritti umani, quelli semplici, sono letteralmente negati.” Poi, sul tema delle carceri, ai microfoni di Radio Radicale intervengono pure il deputato del Pd, Ezio Giachetti e il parlamentare del Pdl, Alfonso Papa che il carcere l’ha vissuto in prima persona per esservi stato recluso nell’ambito dell’inchiesta napoletana sulla P4 e che vi è ritornato, proprio alla vigilia di Natale, questa volta però anche lui in visita ispettiva da Parlamentare in carica. Giachetti spiega chiaramente che in carcere “si vive in condizioni peggiori d’animali. È difficile rappresentare a parole – aggiunge – quello che qui gli occhi possono vedere e che forse non avrebbero mai immaginato di vedere”. E in effetti la normativa europea consentirebbe di condannare chiunque detenesse animali domestici in tal modo. Ma le parole che più ci fanno riflettere sulla condizione delle carceri italiane sono proprio quelle di Alfonso Papa che, da Deputato della Repubblica non ancora decaduto e al quale, secondo Rita Bernardini, è “stato impedito di svolgere il suo mandato”, si è recato al carcere di Poggio Reale a visitare i detenuti. “Nei desideri di qualcuno – spiega subito l’Onorevole Papa – avrei dovuto passere lì il Natale. Ho avuto la fortuna e l’occasione di trascorrere il Natale con la mia famiglia ma è chiaro che il mio cuore e la mia mente sono rimasti lì. Anche perché, – spiega ancora – in quei cento e uno giorni, ho vissuto un’esperienza incomparabile sia per il dolore sia come esperienza “umana” che rappresentano queste situazioni. E quindi ritengo che sia doveroso, per un rappresentante delle Istituzioni e in particolare per una persona che il caso ha voluto che accadessero le cose che sono accadute (detenzione ndr), testimoniare la vigilia di Natale con questa mia presenza e questa mia vicinanza perché per me comincia, da oggi, un’azione di sensibilizzazione e di battaglia che mi prenderà la vita. Io adesso ho il dovere morale, nei confronti di tutto un mondo che ho conosciuto, di testimoniare la sofferenza e le condizioni nelle quali si vive nelle carceri italiane. È arrivato il momento che tutto l’arco istituzionale, tutti i partiti e tutto il Parlamento abbandonino questo silenzio, che definisco francamente colpevole e falso, per capire il significato di una battaglia che i Radicali, per la verità, da lungo tempo stanno combattendo in assoluta solitudine e che invece, oggi, ha bisogno di vedere coinvolta tutta la parte democratica del Paese”.

Un’amnistia servirebbe quindi non solo per umana pietà nei confronti di tutti quei detenuti lasciati vivere in condizioni inumane, ma un’amnistia sarebbe necessaria per riformare la giustizia e per ridare credibilità repubblicana ad uno Stato che, sotto quest’angolazione, non c’appare civile né di diritto ma contro il diritto stesso, quello scritto sulla nostra Carta fondamentale, e contro i diritti più elementari, quelli umani, dei cittadini. Una amnistia giusta e mirata a quei reati socialmente poco rilevanti consentirebbe di avere una giustizia più giusta, in grado cioè d’impedire quell’altra amnistia nascosta, perché tenuta nel silenzio, e di classe perché ottenibile soltanto da chi ha i soldi per permettersi buoni avvocati e che si chiama prescrizione. Poi, volessimo dare retta a Patrizio Gonnella, bisognerebbe riflettere anche sul perché le carceri si riempiono a dismisura e sull’eventuale modifica della legge sulle droghe targata Gianfranco Fini e Carlo Giovannardi e che tratta il consumatore di marijuana alla stregua del narcotrafficante. Riflettere su tutto, serenamente e pacatamente senza preconcetti e pregiudizi intavolare una discussione, questo sì, sarebbe un bell’inizio per il nuovo anno e un bell’augurio anche per la Repubblica.

 

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