Le regole del consumismo

di Maria Elisabetta Curtosi

E’ evidente che siamo giunti a un punto di svolta nella “guerra economica” mondiale, almeno per quanto rigurada la sostenibilità.

Fresca è la notizia che le aziende diventano sempre più “responsabili”, infatti da un po’ di tempo sentiamo parlare di corporate social responsability (Csr) appunto. Ovvero le piccole e medie imprese  non dovranno  essere solo ossessionati dalla ricerca di profitti in tempi sempre più brevi, spinti dal capitale finzanziario e che finiscono per rispondere sempre meno a domande sociali reali  e sempre più ubbidiscono ai propri imperativi di crescita infinita ma dovranno considerare l’impatto sociale e ambientale; sarà un’importante responsabilità.

Nel 2011 il 68% delle imprese prevede di aumentare i propri investimenti in sostenibilità in quanto si considera imprescindibile il legame tra i risultati economici e l’impegno per quest’ultima. Inoltre l’ Adnkronos ci informa che <<Da un’indagine svolta su 200 aziende, dall’Economist Intelligence Unit e commissionata da Enel, l’87% dei manager ritiene che la responsabilità sociale di un’azienda rappresenterà un fattore ancora più importante e strategico nei prossimi tre anni.>>

Siamo in un momento storico in cui il consumismo è alla base della nostra vita sociale, ne detta le regole. Ma ancor più chiaro e fulmineo  risulta l’intervento del Professore di Storia Contemporanea dell’Università La Sapienza, Piero Bevilacqua a delineare un processo sempre più allarmante:  << Si continua a seguire una logica di accumulazione in una fase storica dello sviluppo capitalistico in cui occorrerebbe attivare una logica della distribuzione: distribuzione di risorse, di beni, di lavoro, di cultura. Si continua a seguire una logica dell’accrescimento quando la possibilità di migliorare le nostre condizioni di vita è palesemente legata a una logica della diminuzione: meno ore di lavoro, meno merci, meno dissipazione di risorse naturali e di energia, meno consumo, meno velocità, meno fretta >>.

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