La miseria del Sud

di Maria Elisabetta Curtosi

Fra l’800 ed il 900 le condizioni in cui versava l’Italia, in particolar modo la Calabria, favorirono quello che per certi versi si può definire un esodo: le carestie periodiche, una pressione fiscale senza precedenti, la diffusione della disoccupazione erano fonte di perenne scontento. La miseria del Sud, persistente, netta, indiscutibile, immutabile e descritta da Carlo Levi in “ Cristo si è fermato ad Eboli”: “ Le case dei contadini sono tutte uguali, fatte di una sola stanza che serve da cucina, da camera da letto e quasi sempre anche da stalla per le bestie piccole, quando non c’è per quest’uso, vicino alla casa, un casotto che si chiama in dialetto, con parola greca , il catoico. Da una parte c’è il camino, su cui si fa da mangiare con pochi stecchi portati ogni giorno dai campi: i muri e il soffitto sono scuri per il fumo. La luce viene dalla porta. La stanza è quasi interamente riempita dall’enorme letto, assai più grande di un comune letto matrimoniale: nel letto deve dormire tutta la famiglia, il padre, la madre e tutti i figliuoli…sotto il letto stanno gli animali, per terra le bestie, sul letto gli uomini e nell’aria i lattanti. Io mi curvavo sul letto quando dovevo ascoltare un malato; col capo toccavo le culle appese, e tra le gambe mi passavano improvvisi maiali o le galline  spaventate ”. Per restare in Calabria il contadino non aveva fatto altro che combattere con un terreno duro, avaro,scarnificato, montano. In certe zone l’acqua mancava del tutto in altre piogge torrenziali, inondazioni e terremoti erano all’ordine del giorno. La malaria, il colera e l  “emigrazione forzata” facevano il resto.

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