Lettera aperta al ministro della giustizia

La giustizia deve essere giusta, equa, ragionevolmente rapida

Di Valter Vecellio *

Valter Vecellio, redattore TG2, membro della presidenza del Partito Radicale Nonviolento

Caro Ministro Andrea Orlando,
era il 2 marzo del 2016: la vengo a trovare al Ministero, per un’intervista al “Tg2”. Mi indica la scrivania che di Togliatti, molto piccola, quand’era Guardasigilli; e risponde a tutte le domande, solo una volta ne ripetiamo una, ma sono io che mi sono impappinato. Le chiedo delle migliaia di processi che vanno in fumo per la prescrizione. Lei mi assicura: il 2016 sarà l’anno dell’informatizzazione: siamo sulla giusta strada per superare, o almeno contenere, il problema. Mi anticipa, poi, quello che le sento dire al congresso del Partito Radicale di settembre, nel carcere romano di Rebibbia: “Il carcere di per sé non garantisce sicurezza. Il carcere funziona se riesce a far cambiare almeno una parte di coloro che sono chiamati ad assumersi la propria responsabilità…”. Poi quello che forse Marco Pannella avrebbe valutato il più bel riconoscimento: che dai “matti” radicali ha imparato che diritti sociali e diritti civili sono un tutt’uno.
Bene: perché le scrivo? Perché apprendo oggi di una storia, pubblicata su “Il Messaggero” di un padre accusato di aver abusato i suoi figli di otto (la femminuccia) e quattro anni (il maschietto). Succede, purtroppo. Solo che il presunto abuso risale nientemeno che 16 anni fa; e dopo 16 anni i giudici stabiliscono che quel padre è innocente…
L’uomo, alla lettura del verdetto, si piega in due, scoppia in un pianto liberatorio, si sente male per un principio di ischemia cerebrale, viene ricoverato d’urgenza. Sedici anni con quell’accusa tremenda sul capo, mezz’ora di camera di consiglio, e l’assoluzione. Succede. E’ successo. Ma, signor ministro di quella Giustizia in cui devo credere, mi spiega, ci fa capire come sia possibile, come sia potuto accadere, che quell’uomo abbia dovuto attendere sedici anni? Non prova anche lei, come me, rabbia, sgomento, inquietudine?
Leonardo Sciascia diceva che l’Italia è sì “la culla del diritto”, ma anche la sua bara; lo si accusava di pessimismo. Però in occasione delle inaugurazioni dell’anno giudiziario il grido di dolore è stato identico: la prescrizione falcidia i processi. A Bologna, in fumo un processo ogni cinque. A Roma il 38% dei giudizi. Il procuratore generale parla di «vanificazione della sanzione penale e della sua stessa minaccia, proprio nelle aree di maggior interesse per il cittadino». A Venezia prescritto il 49% dei procedimenti definiti. A Napoli si parla apertamente di “amnistia strisciante”. Il presidente della Corte d’Appello dice che è più facile andare in galera da innocenti che da colpevoli. A Palermo “saltati” ben 3541 procedimenti. I procuratori generali dicono che quello che accade «finisce per diventare una amnistia strisciante, perenne che opera peraltro in modo casuale». A fronte di ciò, si propone di allungare i termini della prescrizione: si tradurrà, fatalmente, in un allungamento dei tempi per avere giustizia, non in uno snellimento dei processi. Lo dicono, unanimi, tutti i giuristi. E’ un pannicello caldo. Molto meglio sarebbe una amnistia mirata e “governata”; una radicale delegificazione (quante sono le leggi in Italia?); e che giudici e magistrati facciano i giudici e i magistrati, senza essere “distratti” da mille e uno incarichi extra-giudiziari…
Per tornare al caso che le ho citato: quand’anche quel padre fosse stato condannato e non assolto, dopo 16 anni, che giustizia sarebbe comunque stata? Beccaria insegna: la giustizia deve essere giusta, equa, ragionevolmente rapida…Buon lavoro, signor Ministro.

* Valter Vecellio, giornalista redattore del TG2, già direttore de Il Male, è membro della presidenza del Partito Radicale Nonviolento

Share