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L’intelligenza ragionevole del “non mollare”. Partito Radicale a congresso

Pannella: “Sarà di coloro che si assumeranno la responsabilità di farlo loro“.

Il Partito Radicale a congresso per assumersi la responsabilità di rilanciare la battaglia del diritto dei diritti.

La notizia Marco Pannella la da’ assieme ad Alessio Falconio, direttore di radio radicale, con un breve messaggio.

Breve quanto può esserlo un messaggio di Marco Pannella, figlio non della generazione dei 120 caratteri, ma dei 120 e più minuti.

“Il senato del partito radicale riunitosi lo scorso 3 e 4 maggio ha convocato per il prossimo weekend del 23 24 25 maggio l’ottavo congresso italiano del Partito Radicale”

Partito Radicale che, ricordiamolo, è costituito da Radicali Italiani, Associazione Coscioni, Non c’è pace senza giustizia, Nessuno Tocchi Caino e tutte le altre associazioni della galassia radicale.

Pannella
Marco Pannella

 “Riuniti come Senato del partito”– spiega Marco Pannella –   “abbiamo preso unanimi questa decisione che manifestamente aveva un’alternativa ed era quella di chiudere baracca, per sottolineare che la risposta nonviolenta poteva anche essere questa dinnanzi all’affermarsi del carattere – tecnicamente – criminale, da decenni nella durata, del nostro Stato e al fatto che noi riteniamo, invece, che l’alternativa democratica federalista, anche sicuramente liberale, fosse corrispondente a una necessità non di partito, ma del nostro Paese e non solo del nostro Paese.

In questo momento il problema che abbiamo dinnanzi è quello del precipitare, di nuovo, dell’Europa e non solo, ma di gran parte del mondo, esattamente nella situazione tragica degli anni ’30, ’40 e poi ’42, ’43, ’44, ’45, avendo la “ragion di Stato”, come elemento prevalente nell’attuale potere politico, non formale, ma esistente dinnanzi a noi, allora noi giochiamo questa decisione.
Ci riuniamo in congresso italiano, per l’ottava volta, affidando l’avvenire nostro e di tanti altri alla decisione di comunità, di generazioni dei democratici di tanti italianofoni, ma non solo, per rilanciare la grande compassione, una grande generosità, con un grande obiettivo che quello del rientro immediato nella legalità, nel diritto, nell’onore, contro l’infamia, offrendo per questo la prosecuzione del rilancio del Partito Radicale che sarà quello di coloro che assumeranno la responsabilità di farlo loro, magari per un anno, semplicemente sì da garantire a se stessi a tutti che questa storia riesca, adesso, in modo sorprendente, sicuramente anche magari gioioso, quando ci si prepara a vivere un momento della storia non solo italiana ed europea nefasto e letale.

Un congresso ambizioso anche nella tempistica? Gli Chiede Alessi Falconio.

Macché ambizioso: è pazzo; e ci sono delle follie che sono ragionevoli. Non ci sono i tempi materiali per organizzarsi bene, non abbiamo i tempi per far maturare, nelle varie giurisdizioni, la legge, quella la quale il presidente della Repubblica, e da un certo punto di vista con alcuni suoi esempi da sovrano liberale anche il Papa ha indicato con l’abolizione dell’ergastolo e con l’inserimento del reato di tortura, noi sappiamo, siamo certi che la religiosità, la religiosità della libertà, del diritto in tutte le sue varie forme, possa costituire la sorpresa che venga fuori da questa follia. Che è una follia. Dobbiamo organizzare sta roba, clandestini come siamo, morti de fame come siamo e via dicendo, adesso, vediamo. Io questa carta ritengo che costituisca la manifestazione della intelligenza ragionevole del non mollare”.

La Scheda completa con l’audiovideo del messaggio al seguente link

http://www.radioradicale.it/scheda/410428

Trascrizione a cura di Giuseppe Candido

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Buon compleanno Pannella: 84 anni e rilancia la lotta sul diritto alla vita e sull’amnistia con un brindisi a Zì Giacinto

Il Ricordo: Sono nato alla stazione e andavo a giocare al sottopassaggio della ferrovia. E al sottopassaggio con chi giocavo? Coi ragazzini Rom”.

2 maggio 2014, ore 10.35: “La Storia d’Italia ha come momento centrale il cattolicesimo liberale. Brindisi a Zì Giacinto”.

Sigaro in mano, con un cappuccio e una pastarella che interrompono lo sciopero della fame ancora in corso, Marco Pannella festeggia a Teramo, in piazza dei Martiri, il compleanno. “Buon compleanno a Noi”. Con lui – ad accompagnarlo tra i natali assieme alla troupe di Radio Radicale – l’infaticabile segretaria di Radicali Italiani Rita Bernardini e Maurizio Bolognetti della direzione di Radicali italiani che l’ha raggiunto dalla Lucania.

(a cura di Giuseppe Candido)

Marco Pannella, 2 maggio 2009 - Bruxelles
Marco Pannella, 2 maggio 2009 – Bruxelles

  Giacinto detto Marco Pannella ci aveva invitato tutti noi a fare il punto sul Satyagraha in corso e a trascorrere con lui questo suo compleanno, l’84°, nella città che gli ha dato i natali a Teramo.

  Purtroppo il lavoro non c’ha consentito di festeggiare con lui come invece avvenne, nel 2009, quando il Partito Radicale organizzò un convegno sulla Patria europea contro l’Europa delle patrie a Bruxelles.

  Per fortuna Radio Radicale c’ha permesso di “seguirlo” e di ascoltare quell’ora e mezza che Marco ha trascorso in piazzata, tra la gente come pochi politici possono fare, coi suoi concittadini teramani o, come dice lui, “terramani”. Ascoltarlo è sempre una lezione di Storia, con la esse maiuscola.

Quando un giornalista di una televisione privata locale gli chiede: “Oggi a Teramo per continuare la battaglia?”,

Marco Pannella sorride, rigira la frittata e, da giornalista, chiede ironico: “Non è che sei di TG3?”.

Il giornalista non fa a tempo a rispondere No, che Pannella rincalza:

Perché sarebbe una lieta sorpresa. Ieri hanno fatto, e sono contento, una bella intervista a una nostra non proprio concittadina, ma comunque candidata grillina. E mi ha fatto piacere. Poi sono stato a vedere se, per caso, davano la notizia che io …(sarei venuto qui a Teramo, ndr)”.

E, in effetti, è una vergogna che un politico del calibro di Marco Pannella, cui pure i Pontefici hanno dimostrato e dimostrano solidarietà, che arrivi a festeggiare i suoi 84 anni nel suo paese natale e l’informazione pubblica radiotelevisiva – quella cui tutti paghiamo il canone – non comunichi minimamente, neanche con un passaggio, la presenza di Marco né mandi un giornalista a fare uno stralcio di servizio, magari poi da censurare. Niente di niente.

A questo punto il giornalista – quasi a giustificare i colleghi della rete pubblica cui tutti i cittadini pagano il canone – lo interrompe: “Gli sarà sfuggita” (la tua presenza, ndr), gli dice.

“Non gli è sfuggita”, risponde Pannella: “È la vecchia tradizione Ribbentrop-Molotov”1

Qual’è il significato della presenza di Pannella a Teramo?

“Il significato è che non mollo nel dare corpo ad una battaglia contro corrente, perché la corrente che stiamo ostacolando già da quarant’anni, quella partitocratica, è la rivincita di coloro che battemmo nel ’45, ’46 e ’47. Tant’è vero che avevamo messo, fra i vincitori, Eisenhower ma pure baffone, Stalin. Paghiamo quelle conseguenze, per cui oggi c’abbiamo – bene o male – il Presidente della Repubblica con quella storia, quella convinzione e quella cultura. E quelli che so’ mobilitati, … Sto grande Presidente del Consiglio, quello (il Presidente della Repubblica, ndr) fa un messaggio storico in undici anni, un documento di grande valore giuridico e, direi, giurisprudenziale, giurisdizionale. C’è questo (messaggio9, e che glie fanno? Renzi contro, la ministra degli esteri che lui esige di avere, perché la prima cosa che Renzi ha voluto (per accettare l’incarico, ndr) è stata <ma la Bonino no. Perché era più popolare di tutti quelli. I suoi elettori, gli elettori renziani, non lo sanno che per lui, la prima grande conquista (è stata quella di, ndr) eliminare la Bonino. Poi, pure la Cancellieri perché era d’accordo con in Presidente della Repubblica. Oggi, il “reato” ufficiale – continua Pannella – al di là delle chiacchiere, è una sola cosa: essere d’accordo con i valori con i quali il Presidente della Repubblica si è qualificato”. …

E quando il giornalista gli fa notare che adesso c’è “un connubio molto particolare, fondamentale, importante”, perché ha ricevuto la promessa d’aiuto di Papa Francesco, Pannella sorride e si lascia andare nei ricordi:

“Io credo che – l’ho sempre pensato – la Storia d’Italia ha come momento centrale, perché europea, il cattolicesimo liberale. Era un elemento centrale ed europeo. Tonino, il nostro grande teramano che se n’è andato da qualche mese, Tonino e non dico manco quale, Tonino s’era messo in testa che qua (in piazza dei Martiri, ndr) dovevamo mettere la statua di zio Giacinto Pannella, cattolico liberale, ma sul serio. … Mo, non saccio se la faranno mai. … Il problema vero è che la forza anche di Papa Bergoglio è che è l’espressione della vincita progressiva, o della rivincita, della spiritualità delle religiosità, la forza dei Valori, la forza dello Spirito. Benedetto Croce, sempre diceva “Veni creator Spiritus”. Quindi sto qua, e me pare che il vecchio Zì Giacinto che m’era premorto faceva pensate che cosa. Nel momento in cui c’era il divieto contro l’usurpatore italiano da parte del Papa. Quando bisognava che il cattolico partecipa non partecipasse alla vita istituzionale, Zì Giacinto che faceva? Era presidente della stampa abruzzese, della stampa italiana abruzzese. Beh, un incarico nu poco “esposto”. E che ti faceva sto “Presidente”? Faceva venire a L’Aquila, a fare propaganda interventista. Poteva stare buono, invece no. Faceva campagna interventista, invitava ul ministro degli esteri Belga per fare campagna interventista, a favore della Francia, dell’Inghilterra e, diciamo, della Europa liberale, contro quella che una parte del Vaticano invece voleva austriaca, tedesca eccetera. E questa è storia abruzzese … e spero che sia patrimonio che coltiviamo tutti. Un pensiero affettuosissimo al Tonino di cui parlavo e con il quale, lui lo disse prima di andarsene, ci siamo ri–conosciuti. E devo dire, quindi, che sto qui, oggi, in assoluta tranquillità rispetto alla storia nostra, che è la storia – a livello europeo – del grande accordo con Shuman, De Gasperi, di tutte le posizioni europeiste e federaliste, contro quelli che non volevano la Nato, non volevano l’Europa. E sappiamo chi, pure qua da noi. … allora c’era questo.

Io posso dire che qua sono uno che continua la storia di quello che, poi, fu detto che l’avevo ribattezzato io, che è quel grande abruzzese di Zì Remo, che se ne iito pure lui e con cui eravamo in profonda sintonia. Quei Valori, oggi qui, li stiamo difendendo, in questo momento, i valori dello Spirito delle religiosità del diritto dei diritti, dei comandamenti. Il Presidente della Repubblica ha scritto, nell’esercizio delle sue funzioni, che l’Italia, u Parlamentu, il Parlamento ha due obblighi. Ha detto due volte (il Presidente, ndr) c’è l’obbligo.

Perché? Perché lo Stato italiano, … oggi, è in flagranza trentennale dei peggiori reati sui diritti umani e il diritto dello Stato. Ufficiale. Adesso, la prima cosa che dobbiamo ottenere, è che almeno interrompano la flagranza criminale che ci riporta a livello tecnico a posizioni peggiori a quelli in cui si trovava l’Europa di Ribbentrop, l’Europa di Molotov, l’Europa di Hitler, l’Europa di Mussolini”.

A queste parole, aggiungiamo solo

BUON COMPLEANNO MARCO E BUONA LOTTA NONVIOLENTA

NOTE

1 Il riferimento di Pannella, è al così detto patto Molotov-Ribbentrop, secondo Wikipedia “talvolta chiamato patto Hitler-Stalin. Un Trattato di non aggressione fra Germania nazista e l’Unione sovietica firmato a Mosca, il 23 agosto 1939, dal ministro degli Esteri sovietico Vjačeslav Molotov e dal ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop”. Sempre secondo quanto riportato da Wikipedia, questo patto fu “una conseguenza della decisione di Stalin, dubbioso della reale volontà delle potenze europee occidentali di opporsi all’espansionismo aggressivo della Germania nazista, di ricercare un accordo con Hitler per contenerne la spinta verso est, per acquisire vasti territori appartenuti all’Impero zarista, e per dirottare le mire tedesche verso ovest, guadagnando tempo per rafforzare i suoi preparativi militari”. Un patto, quindi, tra due dittature di colore diverso che consentiva a entrambe di sopravvivere e di espandersi.

Per chi volesse ascoltare tutta l’ora e mezza di Marco Pannella a Teramo la scheda completa è al seguente link:  http://www.radioradicale.it/scheda/410328

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La banalità del male e la tortura di oggi di cui c’è rischio di assuefarsi

Riflessioni #Radicali di Liberazione con un po’ di Satyagraha 

a cura di Giuseppe Candido  /

Dovremmo riflettere su quanto il male possa a volte diventare banale. L’Europa ci condanna per le condizioni inumane e degradanti delle carceri sovraffollate che costituiscono, nelle forme e strutturali e sistemiche, violazione dell’articolo 3 (rubricato sotto la voce Tortura) della Convenzione dei Diritti dell’Uomo. Ma ci stiamo abituando, ci si è assuefatti al fatto che i diritti umani, persino quelli fondamentali come la salute e la vita, nelle nostre carceri possano essere “sospesi”.

Secondo Hannah Arendt, (Le origini del totalitarismo, 1951, 2004 Einaudi) per i partiti totalitari il campo di concentramento” è un laboratorio per l’annientamento della personalità, prima ancora che per lo sterminio.

L’Europa di oggi, quell’Europa che a parole diciamo più forte, ci dice però che le torture per il sovraffollamento nelle carceri avvengono in modo strutturale. E anche la negazione del diritto alla salute per il quale il 22 aprile l’Italia è stata sanzionata, costituisce di per sé trattamento inumano e degradante che equivale a tortura. Tortura che poi porta, in moti casi, al suicidio di liberazione.

Nel 1961 Hannah Arendt segue per il settimanale New Yorker il processo del criminale nazista Eichmann1 accusato di aver coordinato la deportazione degli ebrei, rintracciato in Argentina da agenti israeliani e condannato a morte nel 31 maggio del 1962.

Nel libro La banalità del male2 pubblicato la prima volta nel 1963, l’autrice riporta un dettagliato resoconto del processo e una serie di considerazioni proprio sulle motivazioni che resero possibile il trasformarsi di un uomo banale, mediocre, in un demone capace di atrocità mostruose.

La Arendt afferma che il semplice pensare, riflettere sulle cose, la capacità di giudizio sulle implicazioni morali può evitare le azioni malvagie di chi invece si limita ad “obbedire ciecamente agli ordini”.

Per l’autrice era già allora evidente il paradosso della “Ragion di Stato” contro i diritti umani. Il riflettere sulle cose, la conoscenza e la capacità di giudizio, invece, potrebbero anche oggi riportarci sulla via dello Stato di Diritto.

Ma andiamo con ordine. La banalità del male sta nel fatto che i burocrati del Reich erano in realtà tutte persone “terribilmente normali” che erano però capaci di mostruose atrocità per il semplice fatto che non si fermavano a riflettere sugli ordini a loro dati e che il loro pensiero restava limitato alla leggi di Hitler che venivano rispettate incondizionatamente. In particolare, questo tipo di criminali commette i suoi crimini in circostanza che quasi impediscono di accorgersi che agisce male. Come nei processi a Norimberga, anche per Eichmann si sollevò il problema che non avesse violato alcuna legge già in vigore ma soltanto obbedito agli ordini. Allora, anche oggi dovremmo chiederci se il mancato rispetto dei diritti umani possa ancora essere tollerato da un Paese che si ritiene civile.

L’unica ipotetica sentenza che per la Arendt avrebbe avuto senso sarebbe stata basata perché Eichmann si era reso responsabile, commettendo crimini contro gli ebrei, di attentare all’umanità stessa, cioè alla sua base, il diritto di chiunque a esistere ed essere diverso dall’altro.

Uccidendo più razze si negava la possibilità di esistere all’umanità, che è tale solo perché miscuglio di diversità.

(…) Eichmann, tutto era fuorché anormale: era questa la sua dote più spaventosa.

Alla fine la Arendt si domanda se il male deve necessariamente essere annidato in qualcosa di più profondo. O se sia sufficiente assuefarsi alla “Ragion di Stato” di un regime contro lo Stato di Diritto.

Ecco perché Pannella, in sciopero della fame e della sete per aiutare Papa Francesco, il Santo Padre a fare ciò che fece l’ormai Santo Givanni Paolo II chiedendo al Parlamento nel 2002 provvedimenti di clemenza, vuole che l’Italia venga incriminata e processata da un tribunale penale internazionale per i suoi crimini contro l’umanità.

______________

NOTE al testo

1 Secondo la voce La Banalità del male, WiKipedia: Il processo ad Eichmann suscitò varie polemiche: in primo luogo perché Eichmann non venne mai legalmente arrestato, ma rapito dai servizi segreti israeliani in territorio argentino, dove godeva dell’asilo politico. Dall’Argentina Eichmann fu rapito e fatto passare clandestinamente in Israele, contro la volontà dell’Argentina. In secondo luogo perché Eichmann, nonostante fosse accusato di crimini contro l’umanità, venne giudicato dallo Stato di Israele, il quale non poteva costituirsi parte civile, giacché non ancora esistente all’epoca dei fatti contestati ad Eichmann. Inoltre, (ma non in ultimo) dato che i crimini contro l’umanità commessi da Eichmann venivano considerati crimini contro gli ebrei, dal momento che veniva giudicato in Israele, risultava contrario a qualunque diritto penale che le vittime (gli israeliani) giudicassero il carnefice, e non fosse un giudice imparziale a farlo.

2 Il titolo originale dell’opera è “Eichmann in Jerusalem – A Report on the Banality of Evil. Pubblicato nel 1963, il volume riprende i resoconti che Hana Arendt pubblicò come corrispondente del settimanale New Yorker per il processo ad Adolf Eichmann, gerarca nazista catturato nel 1960, processato a Gerisalemme nel 1961, condannato a morte il 15 dicembre 19661. L’esecuzione di Adolf Eichmann avvenne il 31 maggio del 1962 per impiccagione (pp.257–258). Fonte: it.WiKipedia.org/wiki/La_banalità_del_male

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Pannella si rivolge a #PapaFrancesco per i diritti dei detenuti, Bonino bacchetta lui e i #Radicali

La cosa più difficile che può fare Marco, e dovremo tutti incoraggiarlo a fare è, almeno per qualche giorno, di ascoltare i medici.

a cura di Giuseppe Candido

#Radicali e la riunione del 24 aprile: Pannella si rivolge a #PapaFrancesco per i diritti dei detenuti. Emma Bonino bacchetta lui e i Radicali: “la cosa più difficile che può fare Marco, e dovremo tutti incoraggiarlo a fare è, almeno per qualche giorno, di ascoltare i medici”

Dopo aver letto sui giornali, aver sentito Rita Bernardini per telefono e aver sentito lo stesso leader radicale fare ieri la sua conferenza stampa, ho creduto e scritto che “Marco Pannella sta bene”, che ha cominciato un’iniziativa nonviolenta di sciopero della sete sulle carceri e che fuma i sigari perché in sciopero della sete gli produce, a suo dire, il ritorno della salivazione.

Molti di noi hanno incitato #forzamarco a non mollare e a non mollare le lotte, appena saputo che stava un poco meglio. Ma per Emma Bonino “ci sono fragilità che non sono reversibili”.

Marco è intervenuto pure lui alla riunione affermando: “Credo che il nostro Paese dovrà essere giudicato come nel processo di Norimberga”, che però Marco non vuole “come quello (di Norimberga) che fu un processo dei vincitori sui vinti”, ma pretende un processo civile.

Pannella chiede “che venga sottoposta alle giurisdizioni superiori l’incriminazione dell’Italia”, e con la sua iniziativa nonviolenta spera di convincere Papa Francesco, come già fece Giovanni Paolo II, affinché pure lui si rivolga al Parlamento del nostro Paese, ufficialmente, per la condizione delle carceri e della giustizia di questo Paese.

La flagranza va sempre prima interrotta”, dice ancora.

Pannella, in questo momento, rivolge specificatamente la sua l’iniziativa di sciopero della fame e della sete iniziata qualche giorno prima e nonostante l’intervento alla aorta addominale, principalmente ad “aiutare il Pontefice a capire che il suo predecessore Giovanni Paolo II, esperto di regimi, aveva capito” già nel 2002 quando si rivolse al Parlamento per chiedere provvedimenti di clemenza. E su questo, nella riunione, interviene persino il vaticanista di Radio Radicale, Giuseppe Di Leo proponendo di preparare un appello al Santo Padre da far sottoscrivere a cittadini, rappresentanti nelle Istituzioni e parlamentari.

Forse, però, le cose più sensate durante la riunione le dice Emma Bonino che interviene “sull’iniziativa di Marco che” – per Emma – “si interseca col problema della giustizia giusta e delle legalità del nostro Paese, ma che ha delle specificità proprie che non vanno sottovalutate”.

Quando parla Emma ha un tono grave, quasi le lacrime agli occhi.

Io penso che la cosa più difficile, su cui dovremmo accompagnare Marco e a riconoscere per una volta che pur essendo una persona straordinaria e fuori dall’ordinario, ha e gli capitano delle fragilità come a tutti, come a molti, pure a lui. E che forse dovremmo accompagnarla” – aggiunge Bonino – “nella cosa più difficile che Marco ha mai fatto in vita sua e cioè quello, magari, di ascoltare i medici! Perché non vorrei” – continua l’ex ministro degli Esteri che il buon Matteo ha preferito non avere al suo fianco nel nuovo governo, forse per non essergli secondo a popolarità – “che anche noi ci fossimo assuefatti al fatto che essendo sopravvissuto a tutto, (Marco, ndr) sopravvive anche a questo per il bene nostro e per le nostre speranze”.

Poi Emma, con un intervento tutto politico, parla con molta franchezza:

“Io sono andata a trovarlo ieri, è stato molto difficoltoso e tornerò perché gli voglio dire proprio questo: la cosa più difficile che può fare, che però credo che valga la pena incoraggiarlo a fare, è perlomeno per qualche giorno di ascoltare i medici”.

Le parole sono difficili da trovare anche per un politico di razza come la Bonino:

“Ci sono fragilità che poi, come dire, non sono reversibilissime e da questo punto di vista” – aggiunge rivolgendosi a Sergio (D’Elia, ndr) – “a me (vederlo, ndr) non m’ha dato un senso di serenità. (…) Credo anzi, magari non in questa sede, che abbiamo qualche responsabilità altra di cui occuparci anche per quanto lo riguarda. (…) sarà bene che lo facciamo o, comunque, che chi ne ha più responsabilità (il riferimento è a Rita Bernardini), veda di non rimuovere perché, come dire, così sta più sereno”.

E anche sul piano politico e sull’appello al Santo Padre, Emma Bonino spiega la sua:

Immagino che, da Rita in poi chi in questi giorni abbia avuto interlocuzioni con chi che sia, anche con chi chiama per solidarietà umana e benevolenza, di cercare di stringerlo su un piano politico, anche in questi giorni, … niente. Forse Nitto Palma”, aggiunge Bonino. Ma gli altri niente. E quindi per Emma “questo vuol dire anche capire il bacino su cui raccogliamo le firme, rivolte peraltro al Santo padre. E questo provoca una serie di problemi. È chiaro che un responsabile politico invece di fare lui le cose, firma l’appello al Santo Padre”. E vero, aggiunge rivolgendosi ai compagni: “Be abbiamo visto di tutti i colori, però magari viene un po’ difficile, no?” Una domanda cui risponde subito Rita ricordandole che “non necessariamente un manifesto appello debba essere rivolto al Santo Padre affinché faccia qualcosa”. Ma a dirimere le due interviene Angiolo Bandinelli, saggista e radicale storico: “è difficile conciliare”, dice. “L’appello di Di Leo è al Papa, tu (Emma, ndr) hai le tue ragioni per non condividerlo”.

Emma si rivolge direttamente alla segretaria di Radicali italiani per essere più esplicita:

“Rita, io dico e faccio quello che posso come te, preferirei solo non sentire altri commenti della serie «perditempo, astenetevi». E anche se sono l’unica a pensare, in tutta questa stanza e in tutti quelli che ci ascoltano per Radio Radicale, che forse è bene se ci consoliamo meno e ci assumiamo qualche … Qui ho sentito altro finora: Marco è nelle migliori condizioni, non lo sottovalutate però”.

Emma non conclude la frase e chiude il suo ragionamento con parole lapidarie: “Questo mi sento di dire, e questo gli dirò”

Marco Pannella e Giuseppe Candido
Marco Pannella e Giuseppe Candido a Bruxelles il 2 maggio 2008 

Rassicuriamo Emma: non è l’unica, almeno tra i presenti in radio, a pensare che è bene non consolarci e chiedere a Marco, almeno adesso, ad ascoltare i medici.

In riferimento alla prossima iniziativa da organizzare in occasione della domenica di beatificazione dei due Pontefici da parte di Papa Bergoglio, per Emma anche qui il pensiero principe che guida l’intervento è la salute di Marco e, sostiene Bonino, “bisogna capire come si riesce a elaborare una cosa che non sia il miracolo di Marco che magari avviene ma che sicuramente ha dei costi che preferirei non pagasse”. Poi il miracolo avviene davvero. … avevamo pubblicato il resoconto della riunione stamane alle 10.57; nel pomeriggio … Papa Francesco chiama Marco Pannella

E’ notizia delle ore 18.00 del 25 aprile che Papa Francesco ha telefonato a Marco Pannella e lui ha interrotto lo sciopero della sete. Ho chiamato Rita Bernardini al cellulare, ma era troppo impegnata con i comunicati stampa per darmi retta.

Ho inviato un sms a Pannella: sono contento per questa bellissima straordinaria notizia, per te, per noi e per il Paese proprio di venerdì, quello di liberazione, durante i quali anche io aderisco col digiuno al Satyagraha di conoscenza e documentazione“.

A questo link la registrazione completa della riunione straordinaria del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito

 

Ascolta ciò che disse, sui diritti umani, Giovanni Paolo II al Parlamento italiano nel 2002
II PARTE

I PARTE

Di seguito alcune note che potrebbero interessare il lettore:

Il video di Givanni Paolo II in Parlamento il 14 novembre 2002

Parte I http://youtu.be/8AX0VvBQ24U

Parte II http://youtu.be/YdD2L_lxbf0

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Altra condanna della CEDU all’Italia. Bernardini (#Radicali), “Per Strasburgo negare la salute dei detenuti equivale ad un trattamento inumano e degradante”

Pannella sta bene e non molla. Insiste sulla “bancarotta fraudolenta del nostro Stato”. Il 24 aprile 2014, si è svolta la conferenza stampa di Marco Pannella e Rita Bernardini dal policlinico Gemelli di Roma dove è ricoverato da martedì 22 mattina in seguito a un malore accusato lunedì di pasquetta rivelatosi necessario di un intervento urgente alla aorta addominale. Intervento che sembra esser andato bene tant’è che Pannella parla cinquanta minuti coi giornalisti con sigaro acceso “raccomandato”, a suo dire, dai medici dopo la scoperta che, almeno per Pannella durante gli scioperi della sete, dopo un po’ che non beve il fumare gli “produce il ritorno della salivazione”.

Marco sta bene, non molla le sue battaglie e, la vera notizia la da’ infatti proprio la segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini sempre al suo fianco soprattutto in questi giorni e in queste ore.

RitaBernardini.it
Rita Bernardini, segretaria di Radicali Italiani

È una notizia non da poco che dovrebbe farci riflettere, anche su che tipo d’Europa vogliano e che, quantomeno dovrebbe essere conosciuta dai cittadini. Le diverse condanne già inflitte all’Italia dalla Corte europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) per violazione dell’articolo 3 (Tortura), non sono bastate al nostro governo che, tra l’altro, il prossimo 28 maggio dovrà dare risposte alla sentenza pilota Torreggiani, pena la sua esecutività e l’innesco di migliaia di ricorsi analoghi possibili. Lo scorso 22 aprile, l’Italia, criminale abituale si direbbe a questo punto, ha riportato un’ulteriore condanna. Questa volta l’articolo 3 è stato violato dal nostro Paese non per i metri quadrati di spazio né per le ore di permanenza in cella. No, quest’ulteriore condanna il nostro Paese l’ha presa perché – nelle patrie galere – non consente il diritto inviolabile alla salute.

Per le condizioni inumane e degradanti delle carceri,

“L’Italia non è solo condannata per il sovraffollamento delle carceri per la sentenza pilota Torreggiani che la obbliga – entro il 28 maggio prossimo – a porre termine alla tortura in atto e per le quali deve dare risposte adeguate. Ma siamo condannati anche, sempre in relazione a violazione dell’articolo 3 (Tortura) della Convenzione europea per i Diritti dell’Uomo. Dal 22 aprile scorso l’Italia è stata condannata a risarcire un detenuto per il ritardo con il quale gli sono state prestate le cure mediche. Per i giudici di Strasburgo,” – sottolinea Rita Bernardini – negare la salute dei detenuti equivale ad un trattamento inumano e degradante”.

La notizia che dovrebbe farci riflettere e, soprattutto esser permesso ai cittadini di conoscerla, alla segretaria di Radicali Italiani, è stata data, come lei stesso tiene a specificare, dall’associazione Antigone

“che si è occupata del caso di un detenuto che era stato ristretto prima a Poggio Reale e poi Bellizzi Irpino cui l’Italia dovrà rimborsare 25mila euro di risarcimento. Abbiamo motivo di ritenere, per le segnalazioni che ci arrivano,” – spiega Rita Bernardini – “che sono nelle carceri italiane almeno 20mila attualmente (in quelle condizioni, ndr)”.

Facciamo subito due calcoli: 25mila per i 20mila detenuti cui vengono negate le cure, siamo a una cifra di 500milioni di euro. Una cifra che, ovviamente, si somma ai risarcimenti che potranno venire per tutti quei detenuti ristretti in spazi inferiori al consentito e/o per l’eccessivo numero di ore trascorse in cella, se dopo il 28 maggio non si saranno cessate le torture in corso.

E Rita Bernardini aggiunge il carico:

“Ma se poi andiamo a vedere tutti quelli che non sono stati curati in passato nelle carceri italiane, stiamo parlando di decine di migliaia di persone che non ricevono cure adeguate, che tentano il suicidio per la disperazione, riuscendovi il più delle volte, per la disperazione di non ricevere le cure. E questo, ha detto la CEDU, è un trattamento inumano e degradante che equivale a tortura.”

Pannella aggiunge: “che so’ tutti torturati: famiglie, agenti di polizia, direttori: direttori del Si.Di.Pe, il sindacato dei direttori di polizia che ha assunto posizioni bellissime, coraggiose, che ci ripagano di quella pagina ignobile del processo Haiman (speriamo di averlo scritto bene) direttore delle carceri delle torture naziste e che, adesso, con le posizioni del SiDiPe credo che ci siamo vendicati. Grazie ad Hannah Arendt quel processo si svolse e la gente poté comprendere qualcosa”.

Pannella continua poi per altri 50 minuti, però, lo dice e non lo dice, le novità che dalla CEDU i Radicali si attendono sono anche altre, importanti. E riguardano proprio quel diritto (anche questo umano teoricamente di per sé inviolabile) alla “conoscenza”, all’informazione sempre più negata nel nostro Paese che rappresenta, anche questo, un fondamentale diritto umano.

La scheda con la registrazione completa a questo link http://www.radioradicale.it/scheda/409605

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La Pasqua con Pannella: la “democrazia reale” si sta sostituendo alla democrazia. Ecco cosa faranno i #Radicali che non si presentano alle elezioni

Pasqua con Pannella1: La democrazia reale si sta sostituendo alla democrazia.

Marco Pannella, Natale 25 dicembre 2013, Roma - III Marcia per l'Amnistia!
Marco Pannella, Natale 25 dicembre 2013, Roma – III Marcia per l’Amnistia!

C’è il bombardamento di Renzi in TV. … Uomo apparentemente agile perché non hai il peso delle convinzioni.Stanno pompando Alfano, che rischia di non superare la soglia del 4%”, ma “Si sta sicuramente cercando di fare stravincere il leader attuale dell’Italia. Sappiamo il collegamento che c’è tra ascolti e dato elettorale”.

I Radicali? … È venuto sempre più formandosi un convincimento: Questi qua non conviene farli parlare. … In questo regime c’è una forza politica alla quale all’opinione pubblica non è consentito di giudicarla.

Dobbiamo dare un contributo a noi stessi, ma a tutto il mondo, alla scienza, per analizzare quello che accade. … sempre di più la democrazia reale si sta sostituendo alla democrazia”. Non ci candidiamo perché riteniamo più importante poter dare, scientificamente, informazioni sul corpo malato della democrazia.

A questo punto, abbiamo un Presidente delle Repubblica che deve, per prudenza, sottostare a situazioni oggettivamente ricattatorie di questo nuovo astro italiano che c’abbiamo che, in sei mesi, da sindaco di Firenze viene plebiscitato come grande. … Lui (Renzi) sta nelle televisioni ed ha ascolti complessivi da periodo franchista … abita costantemente a casa degli italiani.

Cosa faranno i Radicali che non si candidano alle elezioni?

Dopo la conversazione settimanale di domenica con Massimo Bordin a Pasqua, Marco Pannella lunedì sera si è sentito male e, martedì 22 aprile, come c’ha fatto sapere Rita Bernardini, nella prime ore della mattina è stato operato all’aorta addominale.

Poiché dall’ospedale Gemelli di Roma dov’è ricoverato Marco, Rita Bernardini ci fa sapere attraverso Radio Carcere che Pannella sta meglio, che – addirittura – chiede i suoi sigari e raccomanda di non mollare le lotte in corso, per una sua pronta guarigione oltreché per i prossimi 84 anni che compirà il prossimo 2 maggio, sapendo di fargli cosa gradita non trovo niente di meglio per fargli gli auguri che trascrivere, per grosse linee, quanto il leone della politica italiana ha detto durante la tradizionale conversazione settimanale. Pannella se la prende con Matteo Renzi e, soprattutto, con la televisione italiana “di regime”, il sistema, cioè, della disinformazione radiotelevisiva che non consente ai cittadini di far conoscere la proposta politica dei Radicali e che non gli da’ spazio se non quando, appunto, rischia di tirare le cuoia.

Gli argomenti di riflessione politica sono molti, ma ovviamente Massimo Bordin, nel giorno della resurrezione, parte dalle parole del Papa per dare l’incipit alla conversazione con Pannella.

Le parole che Papa Bergoglio ha pronunciato Venerdì durante la via crucis, durante la sesta stazione, “dove ha parlato di condizione dei detenuti, del sovraffollamento nelle carceri citando i detenuti e gli immigrati come delle persone che soffrono oggi”, aggiunge Bordin, “sono un elemento che si ritrova valorizzato da RadioRadicale più che dal resto dell’informazione italiana”.

Pannella preferisce, però, parlare dell’atro argomento che pure Bordin propone: “quello più prettamente politico che riguarda, invece, il governo Renzi, gli 80 euro promessi a bonus e quello che ne consegue: il che fa il governo”, insomma. “L’uovo di Pasqua”, secondo Bordin che stuzzica Pannella, “Renzi lo mangia sereno perché tutto sommato le cose sembrano andargli abbastanza bene”.

In realtà, però, i due temi non sono del tutto slegati perché di fondo c’è l’informazione del regime italiano.

Marco Pannella, Emma Bonino e Ignazio Marino durante la III marcia per l'amnistia (Natale 2013)
Marco Pannella, Emma Bonino e Ignazio Marino durante la III marcia per l’amnistia (Natale 2013)

Abbiamo i dati del centro d’ascolto”, esclama Pannella.

Per chi si occupa della politica e delle dinamiche della politica li troverà interessanti. … Ci sono autorevoli parlamentari che si occupano di questi aspetti per motivi istituzionali e usano in genere i dati dell’osservatorio di Pavia per avere i dati sulla comunicazione.
Noi abbiamo un criterio del tutto nuovo.
Gli altri fanno (le statistiche, ndr) in base ai minuti e ai secondi che appaiono in tv o in radio. Innovazione del centro di ascolto è, invece, di dire a quanti cittadini italiani offerta la possibilità di ascoltare giudicare; … Attraverso il centro di ascolto non riusciamo a dimostrare che per esempio negli ultimi 12 13 giorni dall’inizio di aprile ad oggi il centro di ascolto può già dare indicazioni di voto! Perché abbiamo l’esperienza passata. Abbiamo questi dati: analisi degli ascolti dei tempi in voce nei telegiornali Rai. E viene questo: partendo dagli ascolti e non dai minuti, si monitora quanto ha potuto l’opinione pubblica giudicare l’uno o l’altro evento. (…) Dal 15 aprile ci sono 90 edizioni di TG della Rai TV e su questi gli ascolti avuti sono in totale un miliardo e 763 milioni. Non potenziali, ma ascolti reali. Questa – dice Pannella – è la novità rispetto agli altri dati. … Si può fare un rapporto (delle presenze) e con questo fare delle previsioni di voto precise”.

 In realtà, i dati cui fa riferimento Pannella durante la conversazione con Bordin sono pubblicati non sul sito ma sul blog del Centro d’Ascolto per l’informazione Radiotelevisiva.

E i dati pubblicati sono impietosi. Rivelano infatti la diversità di trattamento delle varie forze politiche e la non democraticità del sistema che – come pure evidenziava Vincezo Vita qualche giorno fa su Il Manifesto – di par condicio non ha nulla.

Nei telegiornali RAI, infatti, di un miliardo e 763 milioni di ascolti, dal primo al 15 di aprile, con ben 316 milioni di ascolti consentiti il PD svetta con il 17,9% seguito a ruota, nella scaletta della dispar condicio, dal Movimento 5 Stelle e Beppe Grillo con 291 milioni di ascolti pari al 16,5% del totale. Beppe Grillo non ha da lamentarsi come presenze in TV.

Seguono poi il governo, nella sua compagine dei ministri e sottosegretari, che hanno avuto nei primi 15 giorni di aprile 269 milioni di ascolti pari al 15,3%. Con 251 milioni di ascolti, pari al 14,2% del totale, nella classifica degli ascolti consentiti durante i telegiornali c’è Forza Italia.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, lui da solo, ha totalizzato altri 134 milioni di ascolti pari al 7,6% del totale che lo collocano al 5° posto della classifica.

Seguono poi Lega Nord (62 milioni di ascolti, pari al 3,5%), Sinistra Ecologia e Libertà (56 milioni di ascolti, 3,2%), Nuovo Centro destra di Alfano (55 milioni di ascolti, 3,1%), Fratelli d’Italia è al decimo posto (45 milioni di ascolti, 2,5%).

Per ritrovare i Radicali nella classifica della non democrazia italiana o, se vogliamo, della dispar-condicio, bisogna scendere molto più in giù nella classifica, arrivare sotto Scelta civica (32 milioni di ascolti, 1,8%), dell’Unione di Centro (23 milioni di ascolti, 1,3%) e del Centro Democratico (9 milioni di ascolti, 0,5%), sotto ancora a La Destra di Storace e Futuro e Libertà, rispettivamente con 5 milioni di ascolti (0,3%). Al 20 posto della classifica, finalmente, ci sono i Radicali cui, dal 1 al 15 aprile, sono stati dati solo 50 secondi durante le edizioni più notturne e consentendo così solo a 4 milioni di cittadini (0,2% degli ascolti totali) di ascoltarne e giudicarne la proposta politica.

Per Marco Pannella, il sistema dell’informazione radiotelevisiva italiana è totalmente anti democratico e di regime: “Valgono, tranne eccezioni, lo stesso tipo di comportamenti, lo stesso tipo di esclusioni e lo stesso tipo di inclusioni, magari anche ossessive come quella di Renzi”.

Con il Centro d’Ascolto dell’informazione Radiotelevisiva, dice Pannella,

Siamo in grado di dare un apporto alla teorica delle analisi dei movimenti politico elettorali e, dal punto di vista istituzionale, può essere importante. E allora diciamo che è evidente, che in questi ultimi giorni c’è il problema di far avere il 4% ad Alfano. È pacifico, perché ormai si da che quando c’è quel bombardamento in tutte le reti, si riesce a valutare chiarissimamente come l’ascoltatore, molto spesso, se non ha voglia di Grillo o Renzi, se ha sentito le cose che quel giorno dicono, poi dice basta e cambia canale.

(…) Sappiamo il collegamento che c’è tra ascolti e dato elettorale. (…) Uno studio del Centro relativo agli ultimi due anni tra agli ascolti consentiti ed esiti elettorali”, dimostrerà il nesso che c’è tra le due cose, “così si finisce con la questione della rete-non rete. Non importa se la gente ha visto il telegiornale in rete o, invece, direttamente in TV.

(…) Oggi, io che guardo quelle cose, finisce che potrei dire che in questo momento si sta sicuramente cercando di fare stravincere quanto possibile il leader attuale dell’Italia, perché è così che si muovono lor signori. Poi, appunto, quelli che devono venire più o meno dopo. Il movimento cinque stelle che, dai dati del Centro d’ascolto, è quasi a pari grado con le forze di governo complessivamente.

Dopo varie elezioni che si fa questo lavoro (il confronto, cioè, tra ascolti consentiti alle diverse forse politiche e successivo dato elettorale, ndr) puoi cominciare a fare delle ipotesi sull’11ª che farai domani, su quello che può con qualche probabilità avere come conseguenza elettorale”.

Tutto questo, per Marco Pannella,

“Non viene mai fuori nei dibattiti, a meno che non ci sia una presenza Radicale”

Massimo Bordin, a questo punto, è costretto a riassumere:

Stanno pompando Alfano, che rischia di non superare la soglia del 4%, però – cosa che appare contraddittoria – stanno pompando molto anche i 5 Stelle che è anch’esso con una volata, non sulla soglia ampiamente superata nei sondaggi che lo danno largamente sopra al 20%, ma perché molto vicino a Berlusconi”. In pratica, “Renzi pompato perché Presidente del Consiglio (i potenti, quelli non si sa mai. Si pompano sempre. È la ragione sociale della Rai. Più singolare che lo faccia Mediaset)”.

 Per Marco Pannella:

Ciò che si vede è che Grillo da anni (prima del semestre che precede le elezioni 2013, ndr) – stava a una certa quantità d’ascolti. A un certo punto accade che tutte le televisioni, le principali testate, quelle che hanno milioni di ascolto, questo è importante, a un certo punto Grillo continua a non andare perché non ama i dibattiti, ma tutte queste televisioni vanno da Grillo. E poi che uso ne fanno? Pigliano i due minuti e mezzo oratoriamente più efficaci e li sparano lì. È indubbio. Perché se accadesse – dice ancora Pannella – che sparano lui perché lui va bene, guadagnano ascolti con lui, sarebbe assolutamente un criterio doveroso, ma il problema è un altro: se tu lo metti in un posto che sai già che c’hai 4milioni d’ascolto, evidentemente. E infatti la “sorpresa Grillo” è una sorpresa – per chi studiasse queste cose con un po’ di serietà – assolutamente ingiustificabile come “sorpresa”.

Perché se guardiamo che cosa è successo nei quattro mesi prima delle elezioni dal punto di vista posizioni a questo punto sappiamo come, in che ordine di grandezza, potranno arrivare i leader politici, e questo diventa fondamentale.

(…) Per esempio quando Renzi e diventato uno dei cinque candidati delle primarie del PD i suoi ascolti erano quelli che erano, nel senso anche della frequenza. Poi quello che diventa interessante e che corrisponde la quantità di ascolti che sono stati consentite agli italiani di sentire Renzi con la “sorpresa” Renzi così come corrisponde la “sorpresa” Grillo. E quando dico sorpresa dico “sorpresa” dico sempre tra virgolette”.

Perché, per Pannella,

C’è un rapporto fisso da questo punto di vista. Quando noi diciamo che sono vent’anni che il trattamento dei Radicali è identico, sia che noi abbiamo parlamentari sia che ci troviamo a livello istituzionale, attenzione, come “quelli” che ponevano l’urgenza del problema del debito pubblico quando ancora non era neanche divenuto tema del dibattito, … dopo un mese allo 0,3 siamo passati a zero di ascolti consentiti. Poi continuiamo a seguire il problema “fame nel mondo” e, su questo, vorrei dire che forse il Papà si è un po’ sbagliato. Oggi Lui ha parlato della fame, mentre invece sui prigionieri e sul diritto … il termine non è stato evocato. Ed è noto che noi abbiamo coinvolto i Papi, i Presidenti della Repubblica, premi Nobel in quell’evento e, torno a dire, da soli. (…) Si può documentare che noi siamo andati, semmai, un po’ meno del pochissimo nel quale andavamo prima che iniziassimo, dopo la fame nel mondo, questa campagna, diciamo, del debito pubblico. È venuto sempre più formandosi un convincimento: Questi qua non conviene farli parlare”.

Poi Pannella spiega, ancora una volta, la posizione dei Radicali che alle prossime elezioni europee non sono candidati:

Noi dobbiamo dare un contributo a noi stessi, ma a tutto il mondo, alla scienza, per analizzare quello che accade. … Sono 20-25 anni che pure sulle cose per le quali accadeva che coinvolgevamo l’opinione pubblica internazionale, spessissimo il Parlamento europeo, spessissimo le giurisdizioni internazionali come all’ONU, corrispondevano quelle nei momenti di ulteriore compressione della possibilità di essere ascoltati che abbiamo avuto.

Allora quando questo accade per venti o trent’anni di seguito, significa che in questo regime c’è una forza politica alla quale all’opinione pubblica non è consentito di giudicarla … Se la quantità di ascolti è zero, beh allora sei zero”.

Per chiarire il concetto Massimo Bordin ringrazia l’intervento dal web di un ascoltatore che segnala, addirittura, “una formulazione precisa degli ascolti consentiti” di cui si parla.

Una formula semplice, perfetta”, dice Massimo Bordin ironizzando, “tanto che la capisco perfino io”.

La formula suggerita dall’ascoltatore è la seguente:

“tempo di parola per utenza raggiunta uguale ascolti consentiti, che è poi”, aggiunge Bordin, “quello che dici tu, tradotto in formula”.

Per avvalorare le sue affermazioni sull’esclusione dai media dei Radicali, Pannella fa esplicito riferimento alle condanne della Rai e dell’Autorità di vigilanza ottenute in riparazione delle violazioni dei mancati tempi televisivi.

Da 20 anni abbiamo la dimostrazione, di condanne date dall’autorità di vigilanza, dalla magistratura amministrativa e via dicendo, proprio per il comportamento (della Rai, ndr) nei confronti, guarda caso, proprio dei Radicali”.

Bisogna ricordare a chi legge e non segue direttamente le vicende Radicali che, dopo una battaglia legale durata 3 anni, lo scorso 2 maggio 2013, proprio quando Marco compiva i suoi 83 anni, il TAR Lazio ordinava “perentoriamente” all’Agcom di adempiere entro 30 giorni, proprio per l’assenza dalle trasmissioni politiche, altrimenti avrebbe nominato un Commissario ad acta. L’Agcom non ha, com’era prevedibile, adempiuto, ma la cosa grave è che neanche il commissariamento c’è stato, per cui il Tar ha smentito sé stesso.

Ricorderò che gli ascolti consentiti di Emma Bonino: nell’ordine dei soggetti politici analizzati, Emma, mi pare, è la cento …, non la seconda, la decima o la ventesima. La centosessanta o centocinquantesima, ecco. E continua ad essere questo. Io, per quel che mi riguarda, batto persino Emma; vado cioè più sotto in ascolti consentiti”.

Suggerirei anche ai ricercatori, per non dire ai giornalisti, di documentarsi un tantino di più di queste costanti. Su che cosa non é stato consentito alla gente di farsi un’opinione?

Per Pannella, “oltre al debito pubblico anche su tutte le cose che il Papa oggi dice, il problema del terzo quarto mondo, la miseria e via dicendo, anche su queste nessuno mette in dubbio che noi abbiamo fatto molto. Dal Parlamento europeo ai 130 Nobel, dalle quantità di denaro che abbiamo fatto dedicare alla campagna precise sullo sterminio della fame del mondo. Ma venendo poi al finanziamento pubblico dei partiti. Oggi si torna a discutere, al rimproverarsi, ma il popolo italiano si è pronunciato 15 18 anni fa, con solo noi a sostenere il referendum.

E sono state cose plebiscitarie. .(…)

È indubbio che noi abbiamo avuto per vent’anni il monopolio del mettere questo al centro della realtà politica italiana istituzionale e appunto lì è dimostrato che in quei momenti non è che c’è stato il risultato di una nostra situazione privilegiata nella comunicazione. (…)

Il problema grave oggi qual’è?

È che dopo 20 25 anni noi riteniamo di poter proporre qualcosa che, adesso, non diciamo più solo noi: c’è una democrazia reale che si sta sostituendo alla democrazia.

Cioè l’anti democrazia, via via, continua a serbare, per essere più efficace, alcune forme liturgiche di tipo democratico. È quello che, oggi, possiamo appunto documentare e che in quei casi la stretta informativa si è confermata e non cessa ancora, adesso, quando passano messi a divenire, s’è possibile, ancora più sapiente.

È importante che ci sia una forza politica come la nostra che fornisca, prima che arrivi il corpo sul quale si fa l’autopsia, nel decorso della malattia antidemocratica, di indicare quotidianamente le motivazioni patologiche che si stanno sviluppando su questo corpo sociale e, non è un caso, lo ripeto, che tutte le forze politiche adesso per esempio (lo denuncino, ndr).

Noi abbiamo deciso che cosa? Che noi non vogliamo essere assenti quando ci sono elezioni truffaldine espressioni gravissime dell’anti-democrazia. E allora cosa facciamo?

Facciamo come magari adesso mi fa piacere per loro i verdi che possono senza raccogliere le firme andare alle elezioni?

E devo dire su questo ci sarebbe da fare qualche osservazione direi quasi un pochettino ironica sulla corte costituzionale. Perché lo stesso ufficio della corte costituzionale che, meno di un anno fa, a proposito dei referendum radicali praticamente non ha riconosciuto le firme che avevamo depositate. È lo stesso ufficio. Mi viene da sorridere … la Cassazione, come si sono espressi sui referendum e (sull’ammissione della lista dei Verdi) che il partito sia europeo.

Noi riteniamo più importante poter dare, scientificamente, informazioni sul corpo malato della democrazia, mano mano che lo individuiamo, lo illustriamo e lo documentiamo; sicché non bisogna aspettare come col nazismo, di avere l’autopsia del corpo morto di quello Stato.

Siccome ho sentito, per esempio, Bonelli dire, “Noi, verdi, con le grandi battaglie che stiamo facendo”. Io devo dire, sarò distratto, ma proprio queste grandi battaglie dei compagni verdi, semmai io posso immaginare le posizioni ecologiste, insomma dell’impronta ecologica, sulla quale radio radicale fa anche, ormai da un semestre, delle informazioni purtroppo quasi in regime di monopolio, perché su queste cose è noto … ah … oggi, per esempio, comincia a esserci (su giornali, ndr) la cosa che scoppia sull’adriatico e altrove sul “NO TRIV”. Siccome in Italia s’è sentito parlare solo i No Tav; i NO TRIV, sui quali sono interessati l’Eni, l’Agip, e tutto questo tipo di (aziende, ndr) ufficialmente, allora viene fuori che, adesso, possono essere prese in considerazione tesi scientifiche che venivano ignorate, che mettevano in rapporto, in alcune realtà territoriali, le estrazioni e il regime di estrazioni, anche in mare, e il favorire o rendere più gravi i fenomeni sismici. Ma su questo, noi abbiamo continuato e continuano a documentare, così a rendere più gravi, anche, le condizioni ambientali in rapporto ai tumori. Per quel che riguarda, in particolare in Basilicata, parliamo dei dati (scientifici) che si sono cercati di occultare …, su Taranto città anche e non veniva fuori, i Verdi non se ne erano accorti. Noi si. E adesso devo dire le stesse cose sulla Campania, Vesuvio e altre questioni, ma anche in connessione con, appunto, le attività estrattive. E adesso, questo, viene fuori in Abruzzo. Non sono io che me l’invento. C’è il dubbio, a livello ufficiale, e noi lo dicevamo. A questo punto è venuta fuori la notizia sorprendente: le autorità, lo Stato praticamente, constata che queste attività estrattive stanno creando seri problemi che, da una parte, addirittura per trent’anni, hanno inquinato le acque minerali d’Abruzzo e l’abbiamo scoperto adesso. Come dire, Bussi e d’intorni. Parlo di cose accertate. Ma adesso, invece, creano dei problemi, l’abbiamo letto sui giornali, e i comportamenti dello Stato, da questo punto di vista, sono quelli che sono e noi possiamo dire che abbiamo sicuramente sollecitato la giurisdizione internazionale e sovranazionale superiore, finalmente noi avremo in una di queste settimane giudizi sul Vesuvio, sui Campi Flegrei, e via dicendo, proprio da parte della giurisdizione europea (della CEDU) oltreché italiana. Nel senso che, sappiamo, è stata costituzionalizzata la sede CEDU ed è anche organo di giurisdizione superiore anche in Italia. E le battaglie, devo dire di Bolognetti, e anche più di recente in Calabria.

E poi devo anche dire, non bisogna dimenticare, non solo in Campania ma anche qui nel Lazio, dove tante storie si sentivano sui rifiuti, Malagrotta eccetera, e adesso mentre Massimiliano Iervolino che faceva anche libri, ma il silenzio anche degli intellettuali specifici non è stato mai molto soddisfacente. E quindi diciamo, allora, il non ignorare il fatto che, dopo venti o trent’anni di questo Regime, le componenti che, secondo tutte le giurisdizioni internazionali, consentono di riconoscere come elezioni democratiche e non elezioni di copertura, importantissimo delle dittature, l’abbiamo sempre ricordato che nelle dittature tradizionali non votare era reato, c’era l’obbligo di votare, in quelle democratiche andare a votare, a firmare, eccetera, è una facoltà e non un obbligo. E anche questo, mi pare, dobbiamo metterlo nel conto. Perché andare a presentarsi quando non ti presenti a niente, perché che mandi, il biglietto da visita a casa dei 40 o 35 milioni di elettori italiani?

Queste cose sono illusorie. Perché ogni volta, come dire, ma forse due o tre o quattro, forse riusciamo ad eleggerli. Per carità, magari ne avrà cento, Bonelli o Ingroia. In fondo lo stimolo maggiore è questa, comprensibile, speranza di entrare in organismi parlamentari. Poi che cosa, pochissimi eletti, servono? Beh, credo che nel Parlamento italiano o in quello europeo un po’ ovunque, anche gli avversari riconoscono che pochi elettori radicali comunque hanno una funzione e restano nella Storia di quegli organismi. Mentre altri no.

A questo punto, Massimo Bordin riassume:

In effetti, tutte queste cose che tu hai notato, tutti questi avvenimenti, che sono diversi: da un lato c’è la siderurgia, dall’altro le estrazioni petrolifere, però un minimo denominatore ce l’hanno. Ed è il rapporto, poco trasparente, fra imprese e istituzioni locali. Cioè a dire: sono le istituzioni locali a mettersi d’accordo con le imprese e a mettere a tacere alcuni aspetti sui controlli. Lì è evidente che c’è anche il ricatto occupazionale delle imprese …

 Pannella:

“Hai ragione Massimo. Va aggiunta una cosa: che all’interno dei partiti che poi sono quelli che diventano partiti regionali, provinciali eccetera, a monte, sui grossi problemi dei settori produttivi delle imprese eccetera, io per tre anni ho avuto una contrapposizione che non diveniva ufficiale, con la maggioranza degli analisti politici di ispirazione non certo Crociana o Liberale, operanti in Italia, ma per cercare di far riflettere se per caso, il terzo stato italiano come quantità anche, quindi non solo qualità, fosse determinato da i luoghi di produzione di forte presenza sindacale, in genere, vicina al metalmeccanico o, invece, se non in tutto il lavoro impiegatizio statale, parastatale provinciale e via dicendo, (…).

E … Bordin: i Radicali non si presentano, ma secondo loro per chi dovrei votare?

Pannella:

“Secondo noi, andare all’ammasso del voto, in queste condizioni pregiudicate strutturalmente quanto ad anti democraticità, il problema è quello: secondo vecchi schemi rivoluzionari di finanziare di armi quelli che non sono del regime. Oggi, invece, quello che abbiamo detto, e ripetuto adesso, di iscriversi al Partito Radicale così che noi che ci troviamo in una situazione che si aggraverà sempre di più, di ristrettezze gravi, totale, di mezzi, e se non ci presentiamo per nulla e, quindi, di conseguenza, non si avrà magari il rappresentante che sarebbe eletto, la situazione è tale che non solo non hai i quattrini del finanziamento pubblico, ma tutte le esenzioni di servizi che consentono un minimo di agibilità civile, non politica, vengono a mancare. … i Radicali hanno constatato, constatano e documentano, dopo vent’anni di polemiche e di smentite, che c’è da cogliere l’occasione di queste elezioni per far conoscere sempre di più, a studiosi e cittadini, che quello che loro sentono, “tanto è sempre la vecchia solfa”, “sono tutti uguali”, e via dicendo, ha un fondamento oggettivo. E che, quindi, queste elezioni sono la naturale estrema risorsa dell’anti-democrazia e del suo fallimento rispetto al credito che si fa agli ideali democratici. (…)

È indubbio che noi rischiamo di mettere fine a questa storia del Partito Radicale. Vent’anni di fascismo con le tecnologie di allora, quarant’anni, o cinquanta, di anti democrazia antifascista invece che fascista, producono disastri territoriali di tutti i tipi. Quelli per i quali l’Italia è davvero, comunque, su tutti i temi: ambiente, giustizia, è sempre o nei primissimi posti o negli ultimissimi posti, ogni volta che si pongono problemi di diritto, di diritti e, quindi, di correttezza istituzionale. … A questo punto, noi abbiamo un Presidente delle Repubblica che deve, probabilmente per prudenza doverosa ma costosa anche, sottostare a situazioni oggettivamente ricattatorie di questo nuovo astro italiano che c’abbiamo che, in sei mesi, da sindaco di Firenze viene plebiscitato come grande. Lui sta, almeno nelle televisioni ed ha ascolti complessivi da periodo franchista. Allora raggiungevano forse meno di un decimo di ascolti possibili di quelli che oggi riceve Renzi che abita costantemente a casa degli italiani. … All’improvviso Lui come candidato (alle primarie, ndr) è scattato ad essere il secondo in assoluto anche rispetto al Presidente del Consiglio che c’era. … Sta accadendo lo stesso, in realtà, per quelli che devono fare il 4%. C’hanno un’esperienza ormai e, quindi, noi diciamo che oggi noi dobbiamo prendere l’occasione di queste elezioni per cercare di cambiare qualcosa in Italia. (…)

Di Bolognetti (Maurizio, ndr) hanno acquisito lì (in Basilicata, ndr) una fiducia e una stima di tipo personale rispetto al loro conterraneo che da trent’anni loro conoscono; quando poi vedo che se lui va a Taranto, due anni fa ci è andato, e aveva già a Taranto compreso quale fosse la situazione che si stava sviluppando e la funzione del grande Nichi, il governatore di lì, rispetto ai proprietari dell’ILVA e del disastro assassino Tarantino perché di questo si tratta. Allora adesso io o anche un libro, l’ho già accennato, quello di Giuseppe Candido che sta per uscire, direi, su quel tipo di analisi radicale che quella, qui a Roma, di Massimiliano Iervolino ecc.

C’è quello di Bolognetti in Lucania e, appunto, questo di Giuseppe Candido importante, bello, anche per la Calabria. E a questo punto, torno a dire, bisogna cercare di chiarire, lo chiedo, perché la Bonino, la ministra degli esteri in Lucania arriva lei, lì dove la gente quando non l’ha mai vista gli da’ il 2% in più del plebiscito nazionale, e poi (alle regionali, ndr) ci sono 40 voti preferenziali su 40.000! Mi volete da’ una spiegazione? (…)

Radicali in altre liste? Quando Massimo Bordin chiede se c’è la possibilità che qualche radicale sia presente in qualche lista Pannella risponde:

“Mi pare che sarebbe logico! Perché corrisponde a quello che accadrebbe in molti partiti in casi numerosi. Io non credo che ci saranno casi numerosi ma credo che ce ne saranno di sicuro. … E so che significa, magari, poter essere letti, sappiamo l’importanza di essere nelle istituzioni perché sappiamo usarla non solo per sgovernarle o per fare quella politica che ci porta – in questi 40 cinquant’anni – nella situazione fallimentare del nostro territorio.

(…) È cosa automatica che, se non si verificasse poi se non con eccezioni che confermano la regola, sarebbe un’ulteriore dimostrazione del permanere della diversità radicale come diversità alternativa, socialmente, alle altre.

È naturale e di conseguenza, ho detto, se accadrà il modo eccezionale dimostra in modo positivo la diversità Radicale perché questi naturali istinti dovrebbero fare presenza ancor più evidente nella condizione della “fame” Radicale, concretamente delle difficoltà eccetera.

Quindi fornendo non sono più alibi ma più ragioni non da condividere magari ma ragioni. Però qui mi corre l’obbligo di dire noi una volta abbiamo avuto quando ancora in televisione qualche volta c’andavo una volta che abbiamo avuto 42.000 persone che si sono iscritti; allora mi pare costasse 200mila lire la tessera. …

Siamo molto attenti mi pare che oggi dobbiamo pur sapere che da radio radicale c’è il rischio di saturazione, … diventa un imbuto. Non c’è, attorno, la conoscenza di queste cose.

Io invece voglio credere che proprio questa nostra richiesta, questo nostro preannuncio, quello di fare una cosa più importante che, al limite, fare concorrenza Bonelli, Ingroia o altre cose del genere; e cioè fornire una forza anche di documentazione, che significa ricerca, e ci vuole tempo; perché ci vuole tempo in quanto non ci sono fondazioni che lavorino per noi per far sì che le nostre presenze sulle giurisdizioni internazionali e nazionali possono rappresentare un salto di qualità che faccia conoscere la forma di democrazia reale di adesso rispetto a quella di cinquant’anni fa.

Cioè di fare non, appunto, l’autopsia del corpo, ma fare l’anatomia e vedere quali sono i germi i virus che attaccano la salute e quali la difendono. E può avvenire appunto attraverso anche la sottovalutazione che si ha dell’importanza di riuscire.

(…) Era Loris fortuna che mi aveva colpito quando dicevano i radicali extraparlamentari e lui diceva testualmente: «Io non ho mai conosciuto una forza politica e culturale che abbia tanta capacità di occuparsi delle istituzioni, di nutrirle, di alimentarle, comunque, anche in termini critici di sostegno» e credo che, in effetti, questo ci rappresenti in modo positivo; se pensiamo poi anche le cose che convincevano, oltre a Loris Fortuna, anche Altiero Spinelli, per esempio, nei nostri confronti, ma che in questo momento (tornano d’attualità, ndr); ho detto che sono grato a Radio Radicale che credo l’abbia data due volte questa cosa singolare: vado a Monaco a ribadire, parlo in italiano agli uiguri, per ribadire la nostra posizione, quella del Dalai Lama e di Rebia Kader, in termini durissimi, chiarissimi e, mi pare, anche adesso stiamo vedendo essere accettata dai 50 rappresentanti che erano presenti a questo che era un loro consiglio nazionale e non già un congresso. L’elemento di afflato comune, di comprensione, è stato proprio quando dicevamo che dobbiamo aiutare la Cina a prendere più democratica la situazione anche degli Han oltre che di Pechino. …

Per Pannella, in Italia …

(…) Il processo di putrefazione di questi regimi non democratici che dal 1920, grosso modo con una breve pausa hanno governato il territorio italiano.

Abbiamo oggi un territorio che, in tutte le parti, parla in modo eloquente nel senso che esprime le situazioni patologiche che vengono solo da noi, magari, individuate per curarle mentre abbiamo comportamenti dei vari governatori che avvolte ci sembrano vecchi di quarant’anni. E devo dire c’è una cosa che mi pare importante: intanto questo fatto, veramente, di questa scorpacciata in posta di un uomo, non importa quale; da un mese, nei confronti di uno: il presidente del consiglio. Mentre dibattiti ci sono solo di quelli miseri o miserabili dibattitucci, di liti interne fra loro signori, cioè fra componenti di un’associazione che litigano enormemente. Ho sentito che viene la nostra vecchia osservazione, che avevo fatta già a proposito del peculato, ma abbiamo ridetto poi del falso in bilancio vengono oggi vi evidenziati come – anche tecnicamente – un crimine mentre era stato sostanzialmente depenalizzato di fatto.

Quello a cui assistiamo sono tipiche di chi di un direttivo di Associazioni. Non c’è mai una visione riformatrice che si contrappone. Come nel caso del voto di scambio sul quale c’è un dibattito scandaloso. Gli italiani assistono ad dissensi violenti costantemente come ne condomini votano contro ma governano e sgovernano assieme.

Riferendosi ai grillini, dice:

La partitocrazia ha capito che questi non sono pericolosi perché sul piano della protesta, della denuncia e anche dell’onestà che continua ad esserci dietro, ma non rappresentano un pericolo nella durata perché non sono propositivi. Perché non hanno un’idea del tipo di Stato, diciamo, anglosassone, europeo.

Ignorano i nessi e ci stanno, adesso, tra Stati vecchi all’anglosassone, come punto di riferimento, e il benessere sociale ufficiale anche spesso in buona parte tenendo presente le fasce più povere più umili.

(…) Una cosa mi ha colpito di Renzi: che essendo fiorentino e toscano, Toscana che ha sempre prodotto delle posizioni religiose e ti ha espressa nella storia da quelle savonaroliane a quelle di La Pira o cattolici-liberali o quelle che hanno portato la Toscana a essere una regione governata dal Pci e dai succedanei (…), non ho trovato nessuno tra quanti lo conoscono o hanno conosciuto che abbia detto: “aveva un periodo in cui era convinto …”. Mi pare una caratteristica: è uomo apparentemente agile perché non hai il peso delle convinzioni. La sua convinzione e che è possibile con abilità avere successo”.

Bordin: (…) In Vaticano c’è invece una formula: si trema e si trama.

Pannella: C’è una resistenza contro le riforme di Papa Francesco. (…) Lui non si rende conto che Giovanni Paolo II era andato in Parlamento perché aveva la saggezza per evitare che si accumulassero processi.

Lui non si rende evidentemente conto.

(…) Io dico che noi abbiamo al centro la mobilitazione dell’opinione se esistesse intellettuale dell’opinione conta ma diciamo dell’opinione dando fiducia nella gente comune ma so che a quelli noi non riusciamo in questo momento a corromperli con le nostre cose. Beh, la cosa di Emma Bonino e la cosa del parere del Presidente della Repubblica riuscirei a dirli in tre minuti; è quello che loro, adesso, non vogliono più aprirmi la possibilità di fare questo.

Però, … quello che è essenziale adesso e far udire, scrivere, l’essenziale delle cose che vengono negate in patente violazione del diritto italiano del diritto internazionale che connoti quindi in modo chiaro quello che, purtroppo, il Papa ritiene che sia già chiaro. Invece non è chiaro. (…)

Tendono a distrarre il problema del diritto e dei diritti che poi include quello penitenziario, ma se quello penitenziario non lo inquadri dicendo: guardate che tutti questi, alla fine con noi, adesso, riconoscono che è una misura strutturale che già costringe alla ri-forma. È un fatto che, di per sé è già riforma che non può più essere abbandonata. E questo è quello che non deve essere detto, è questo che non deve essere sentito. Magari preferiscono dibattere su Stefano Rodotà Presidente della Repubblica al posto di questo nostro. (…) Temo, però, che non potremo permettercelo alla lunga che li nostro territorio continui ad essere massacrato, con tutto il suo popolo, come lo è proprio perché un problema di diritto e di diritti negati che si traducono in morti ammazzati, tutto qua. Perché la percentuale, appunto, di malattie dovute, e in modo accelerato, al deterioramento delle possibilità di vita sui territori che noi abbiamo nel nostro Paese; è cosa che può avere l’eloquenza se, a un certo punto, qualche giornale di alta tiratura mostri le percentuali di tumori nei bambini. Queste sono le cose che dobbiamo fare ….

Assieme, aggiunge Massimo Bordin, a una campagna affinché tutti i territori che ne sono ancora sprovvisti, la Campania in primo luogo, si doti di un registro tumori regolarmente accreditato e che, periodicamente, rendano pubblici i dati di mortalità per ciascuna patologia oncologica.

Limk AIRTUM

1 Testo estrapolato dalla Conversazione settimanale di Massimo Bordin con Marco Pannella del 20.04.14 – Trascrizione a cura di Giuseppe Candido

Il link della conversazione settimanale integrale è il seguente: http://www.radioradicale.it/scheda/409096

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L’informazione radiotelevisiva del Regime

Beppe Grillo, in conferenza stampa alla camera il 15 aprile scorso, partendo dall’abolizione di equitalia, ha fatto un’analisi sull’informazione coincidente – per molti versi – con quella da anni fatta da Marco Pannella che, proprio per documentare tutto ciò, ha addirittura creato – nell’ambito della galassia di associazioni radicali – il “Centro di Ascolto per l’informazione radiotelevisiva” diretto da Gianni Betto. Quando Grillo parla di democrazia in pericolo e di libertà della menzogna che in questo Paese vige “grazie ad una stampa” che, testualmente, definisce “di regime”, non ha tutti i torti e non c’è differenza con quella “esagerata” e “pannelliana” che da anni è l’analisi dei radicali.

Se siamo ridotti ad essere al 70° posto nelle classifiche mondiali per la libertà di stampa, una parte della colpa ve la dovete assumente anche voi“, tuona Grillo ai giornalisti.

Non sarà un caso se, per l’attento Massimo Bordin, il 16 di aprile, la prima pagina di Stampa e Regime, la rassegna stampa che da anni conduce da radio radicale, la faccia l’articolo Dispar-Condicio sulla rubrica Ri-Mediamo curata per Il Manifesto da Vincenzo Vita, senatore del PD, giornalista e già sottosegretario presso il ministero della comunicazione. Ve lo riportiamo di seguito, integralmente.

Dispar Condicio di Vincenzo Vita

(pubblicato nella rubrica RI-MEDIAMO de Il Manifesto del 16 aprile 2014)

Dura lex, sed lex. Almeno, dovrebbe. Sempre per usare il latino, il monito dovrebbe valere anche per la “par condicio”. Vale a dire il rispetto delle pari opportunità tra i diversi soggetti nelle presenze radiotelevisive, soprattutto in campagna elettorale. Ora che si avvicinano scadenze delicate come il voto europeo e quello amministrativo, lanciare un grido di allarme è doveroso. “É tutto sbagliato, è tutto da rifare”, diceva il compianto Gino Bartali. Appunto.

Partiamo dalla esagerata esposizione del presidente del consiglio che, come emerge dall’accurato monitoraggio svolto dal Centro d’Ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva assomma – nel solo mese di marzo – il 18,1% del tempo in voce nei telegiornali della Rai. Tempo che si dilata, secondo la società di rilevazione “Geca Italia”, a quasi cinque ore al giorno nel periodo che va dal 17 al 31 marzo: se si considera l’intero spettro, pubblico e privato, digitale e satellitare. É vero che siamo agli atti iniziali del nuovo governo, tuttavia è bene suggerire a Matteo Renzi di non emulare il vecchio tycoon Berlusconi. Anzi.

L’altra evidente anomalia, se si prendono in esame le ricerche fatte dalla stessa “Geca” nel mese di marzo per l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, è il costante sostegno privilegiato offerto dalle reti Mediaset al partito del proprietario, con oltre il 36% del tempo di parola. E pure il servizio pubblico non scherza. E mette in luce il Centro d’Ascolto, che opportunamente calcola la fruizione piuttosto che il mero minutaggio, il divario crescente tra i i due partiti del passato bipolarismo imperfetto italiano e il resto del mondo. 5 Stelle segue con meno del 10%, precipita a uno scarso 4% Sinistra, ecologia e libertà, impropriamente conteggiata come l’intera “Lista Tsipras”. Fino allo 0,2% dei radicali, che pure stanno facendo battaglie importanti e significative sulle carceri, la droga, il funzionamento della giustizia.

In verità, emerge un vizio di fondo del e nel rapporto tra media e politica, che si accompagna allo storico tema del conflitto di interessi dell’ex cavaliere, apparentemente uscito di scena, ma tuttora protagonista diretto o indiretto. Lo schema cui si ispira larga parte dell’informazione politica è ancorato al sogno bipolare, che nella realtà non esiste da tempo. Alla crisi della tradizionale nomenclatura dei partiti è seguito un universo assai disarticolato, un arcipelago cui dare – comunque – rappresentanza e rappresentazione. La comunicazione radiotelevisiva insiste su di un bene comune, l’etere, che deve essere libero e aperto. Senza discriminazioni. É il senso ultimo della legge n.28 del 2000 sulla citata ”par condicio”, ingiustamente appesantita dai suoi mille regolamenti applicativi, ultimo dei quali il testo della delibera 138/14/Cons della medesima Agcom. Quest’ultima, tra l’altro, appare troppo ancorata ai vecchi rapporti di forza, mentre le pari opportunità riguardano allo stesso modo tutti.

Il discorso si allarga ai talk show, che hanno letteralmente invaso l’informazione politica, come ha sottolineato in uno studio recente Alberto Baldazzi, riprendendo un’analisi di Francesco Siliato. Arena ormai prelibata della narrazione politica, i talk andrebbero verificati per il loro specifico, che sfugge al “minutaggio”. Basti un dato: nella stagione 2013 su 833 ospiti, 93 hanno raggiunto quasi la metà delle presenze totali. Si tratta di 48 personalità politiche e di 37 giornalisti, che accompagnano la nostra dieta mediatica, dal risveglio al sonno. La televisione come Nirvana, scriveva anni fa Hans Magnus Enzensberger.

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Nell’Antropocene calabrese aspettare oltre sarebbe suicida

Secondo Jürgen Renn1, direttore dell’Istituto Marx Plank per la Storia della Scienza di Berlino, viviamo oggi in una era nuova. L’Antropocene, la chiama: una era “geologica” nella quale “più del 75% della superficie terreste non ricoperta da ghiaccio è stata trasformata dall’uomo”. Per lo scienziato questa che stiamo vivendo è “l’era in cui la natura incontaminata non esiste più”.

di Giuseppe Candido

 Un’era in cui l’impronta ecologica della specie umana si sta facendo devastante.

Nell’ampia prolusione2 tenuta, il 3 marzo 2014 all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Bergamo, l’illustre cattedratico ha posto alcuni seri interrogativi ai “responsabili del pianeta”.

Abbiamo creato cambiamenti irreversibili, consumando le risorse naturali, liberando materiale radioattivo, alterando sia la biosfera sia l’atmosfera. Questo significa che il futuro del nostro pianeta sarà in larga parte forgiato dall’azione umana. Come possiamo essere – chiede Renn – all’altezza delle responsabilità che ci siamo presi? Che tipo di conoscenza serve? Come possiamo essere certi che la conoscenza guiderà la nostra risposta alle grandi sfide che ci attendono?”.

E aggiunge: “Chi può garantire che la scienza fornirà le risposte ai problemi creati da questi interessi politici ed economici? E anche se otteniamo le risposte, quali strutture saranno richieste per implementarle?”.

Come lo stesso Renn sa bene, questi sono “interrogativi enormi di cui nessuno conosce le soluzioni”.

Renn non è però il solo a parlare di “Antropocene” e di modello di sviluppo, come oggi lo conosciamo, non più sostenibile.

Nel settembre del 2012, durante il 6° World Urban Forum3 tenutosi a Napoli, il Partito Radicale Nonviolento Transazionale e Transpartito, quale ONG con Status Consultivo Generale di prima categoria presso l’ECOSOC delle Nazioni Unita, ha presentato una specifica relazione4 ad opera e coordinamento del Prof. Aldo Loris Rossi, docente di Urbanistica presso l’Università Federico II di Napoli e attivista storico del Partito Radicale.

Per Aldo Loris Rossi, quello che non si riesce a capire è che “il depauperamento delle risorse naturali, legato alla crescita senza sosta, rischia o minaccia la sopravvivenza del pianeta”.

La relazione presentata alle Nazioni Unite è in continuità con le tesi proposte oltre mezzo secolo fa e tutt’ora attuali, non solo per noi italiani, in particolare da Aurelio Peccei, dal Club di Roma, da Bruno Zevi e da Paul Erlic, Barry Commoner, Dennis Meadows; nonché con le lotte e proposte radicali di Marco Pannella sull’ambiente e sulla “questione napoletana”, dalla riorganizzazone territoriale con l’area metropolitana della “Grande Napoli” e per imporre la presa di coscienza del problema Vesuvio e della sismicità dell’intera area.

In questo senso il lavoro del Prof. Aldo Loris Rossi depositato presso le Nazioni Unite per conto del Partito Radicale, rappresenta un vero e proprio “manifesto” ecologista mondiale e un approfondimento prezioso già dall’incipit nel quale si notava come, al 2012, il ritmo di crescita della popolazione umana è aumentato vertiginosamente.

Se la popolazione mondiale ha impiegato 2 milioni di anni per giungere al primo miliardo di abitanti nel 1830 e 100 anni per il secondo, dal 1930 ne sono occorsi solo 30 per il terzo miliardo, 15 per il quarto, 13 per il quinto, 12 per il sesto, 13 per il settimo nel 2011. Intanto le metropoli in espansione tendono a formare sistemi sinergici con quelle prossime configurando megalopoli definite tali se superiori a 30 milioni di abitanti.(…)

(…) La sinergia delle due esplosioni, demografica e metropolitana, ha causato tra il 1950 e il 2000 il raddoppio della popolazione urbana (dal 25,4 % al 50,0 %) che ha superato quella rurale nel 2008. (…)

(…) Ma se la città tradizionale pre-industriale, cresciuta in simbiosi con la natura, non ha avuto alcun impatto sul pianeta, dalla rivoluzione industriale in poi l’habitat dell’uomo è mutato progressivamente e con legge esponenziale al punto da indurre il premio Nobel per la chimica 1955 Paul J. Crutzen a denominare tale era: Antropocene5, che oggi minaccia la sopravvivenza del pianeta. (…)

(…) Dunque, nel XX secolo si assiste alla più grande espansione demografica, urbana e economica della storia che ha rotto definitivamente l’equilibrio millenario Città-Natura6.

Dopo una premessa in cui si analizzano le cause storiche, nella relazione del prof. Rossi, si individua chiaramente come, tale insostenibilità “si manifesta attraverso patologie sempre più allarmanti”; patologie che – come si legge testualmente – “non possono essere più rimosse, minimizzate o ignorate dalle istituzioni7”.

Le patologie identificate come segno manifesto di un’impronta ecologica non più trascurabile sono riassumibili nei seguenti fenomeni:

  1. L’esplosione della bomba demografica;

  2. L’espansione permanente delle mega-cities e delle galassie megalopolitane;

  3. L’onnipotente sviluppo post-industriale, la globalizzazione mercatista e il controllo planetario delle risorse;

  4. La mutazione genetica post-fordista della produzione, della società, della metropoli;

  5. La globalizzazione di infrastrutture, mercati e sistemi urbani in un’unica weltstadt “infinita e senza forma”;

  6. L’ “Impronta ecologica” della città planetaria oltre i limiti della Natura;

  7. La distruzione progressiva del patrimonio storico e delle comunità tardo-antiche.

  8. Il consumismo come acceleratore esponenziale della produzione: la sua metamorfosi da vizio a virtù.

  9. L’apogeo e il tramonto dell’era dei combustibili fossili: il conflitto per il dominio mondiale delle energie.

  10. La crescita vertiginosa di rifiuti, inquinamento e effetto serra: l’ecocidio planetario;

  11. L’autoreferenzialità dell’architettura nella società consumistico spettacolare8.

Due punti di quel documento, il sesto e il decimo, riguardano direttamente quella peste ecologica di cui il caso Calabria rappresenta la punta di iceberg di un più ampio problema italiano, europeo e, più in generale, globale.

Nel documento presentato dal Partito Radicale si denuncia alle Nazioni Unite come, dette “patologie” sono ormai “giunte a un livello di pericolosità tale da minacciare, (…) la sopravvivenza del pianeta!”.

La sinergia tra tecnocrazia, economicismo e mercatismo ha continuato a ignorare l’ecocidio planetario in atto svelato e denunciato, dagli anni Settanta in poi, dalla nuova visione sistemica del mondo.

Essa ha evidenziato che il pianeta, in quanto ecosistema “vivente” in equilibrio autoregolato, non può più essere governato da tali principi e dalla politica del laisser-faire laisser-passer sempre più indifferenti alla gravità della crisi ambientale, energetica e metropolitana, pervenuta a un punto di rottura9.

Nel documento si parla esplicitamente della necessità di una “Nuova alleanza” con la natura. Necessaria, scrive Aldo Loris Rossi, “Se si vuole liberare la modernità dai « suoi disastrosi inconvenienti », ormai insostenibili, occorre con urgenza una strategia alternativa capace di perseguire” a livello globale, il “disinnesco della bomba demografica”, “la rifondazione del modello di sviluppo come sintesi di economia e ecologia”, “la città dell’era solare (Eliopolis) e delle energie rinnovabili: la riconversione dell’habitat planetario” e “la nuova civiltà entropica del riciclaggio, del controllo dell’inquinamento e dell’effetto serra10”.

Come giustamente nota Enrico Salvatori nell’intervistare il prof. Aldo Loris Rossi, si tratta di “un documento politico in undici punti nel quale si tenta di spiegare che il vecchio modello dello sviluppo illimitato industriale, che ha sempre considerato la natura come una riserva da sfruttare a volontà, ha già creato problemi ingovernabili”.

Un manifesto ecologista di stampo transnazionale che indica, però, soluzioni anche per quella peste ecologica che evidenziamo anche in Calabria, emblema del caso Italia. Cosa centra il disinnesco della “bomba demografica”, per la Calabria? È problema che non riguarda questa regione?

In merito alla sfida demografica basti rilevare che nella seconda metà del XX secolo l’incremento della popolazione tra le rive nord e sud del Mediterraneo è avvenuto ad un ritmo molto differenziato: nel 1950 quella nord registrava 150 milioni di abitanti, mentre la riva sud aveva meno de1la metà degli abitanti (73 milioni); nel 1970, rispettivamente 178 ml e 122 ml; ma nel 1990, i valori si invertono, 1999 ml contro 200; nel 1997, 202 ml della riva nord contro 233 ml di quella sud. Dunque gli squilibri tra le diverse rive del Mediterraneo sono preoccupanti ed esigono politiche concertate per affrontare la “sfida demografica”.
In particolare, il versante sud dell’Europa è formato da otto metropoli che superano il milione di abitanti: Valenza (1,5), Barcellona (2), Marsiglia (1,4), Genova (0,9-1), Roma (3), Napoli (3), Atene (3,2) e Istanbul (9). Mentre, sulla sponda opposta africana e su quella medio orientale, ritroviamo altre otto metropoli: Algeri (3,7), Tunisi (1,8), Tripoli (2), Alessandria (4), il Cairo (11), Beirut (1,9), Smirne (2), Damasco (2), in via di sviluppo. (…)11

Per la “megalopoli mediterranea”, secondo il documento del Partito Radicale, “emerge in tutta la sua importanza il ruolo dei Corridoi trans-europei da connettere alle «autostrade del mare» al fine di realizzare quel grande sistema intermodale capace di integrare la «megalopoli europea» e la «megalopoli mediterranea» in una nuova prospettiva unitaria”.

(…) Ma se l’Italia svolgerà sempre più una funzione di cerniera tra la megalopoli europea e la megalopoli mediterranea, quale sarà il ruolo del Mezzogiorno in tale contesto?
In realtà – si legge nella relazione del Prof. Loris Rossi – questo ruolo emergerà naturalmente nella misura in cui si realizzerà la suddetta “zona di libero scambio” euro-mediterranea.
L’Italia come cerniera tra la megalopoli europea e la megalopoli mediterranea. Il Mezzogiorno come piattaforma logistica intermodale proiettata nella “zona di libero scambio”. (…)

(…) Dunque emerge il ruolo centrale del Mezzogiorno articolato in tre piattaforme logistiche: la Tirrenica-sud, formata dalla piattaforma ferroviaria di Marcianise, dal nodo di Nola e dai porti di Napoli, Salerno e Gioia Tauro; l’Adriatica-sud, costituita dal nodo di Pescara, dal nodo ferrovia-rio e portuale di Bari e Brindisi-Taranto; la Mediterraneo-sud, con i porti di Palermo, Catania e Cagliari (hub).12

In pratica, è l’intero pianeta che rischia di morire a causa della peste ecologica. Il rapporto “State of the World 2013”13 del Worldwatch Institute, si domanda se sia ancora possibile la sostenibilità. Nell’edizione italiana curata da Gianfranco Bologna da oltre vent’anni, si afferma come ciò sia possibile solo con “una nuova cultura e una nuova economia”.

Nel rapporto sullo stato del nostro pianeta, prestigiosi ricercatori assieme ad alcuni tra i maggiori esperti internazionali di economia ecologica, scienze del sistema Terra, scienza della sostenibilità, scienze sociali e protagonisti della società civile, annualmente “si interrogano su un tema cruciale per l’intera civiltà umana e cioè se, allo stato attuale della situazione, sia ancora possibile per l’umanità imboccare una rotta di sostenibilità dei propri modelli di sviluppo sociale ed economico14”.

È lo stesso Gianfranco Bologna a notare come Kate Raworth, una delle prestigiose autrici del World State 2013, ricercatrice “seniordi Oxfam e docente presso l’Environmental Change Institute della Oxford University, scrive che:

Ogni pilota conosce l’importanza della bussola per il volo, senza di essa correrebbe il rischio di andare fuori rotta. Per questo le moderne cabine di pilotaggio sono dotate di una vasta gamma di strumenti e quadranti, dalla bussola all’indicatore del carburante, dall’altimetro al tachimetro. È un vero peccato quindi che i decisori economici non si siano avvalsi di tali strumenti per pianificare il corso dell’intera economia. Negli ultimi decenni, si è dimostrato un eccessivo interesse per il prodotto interno lordo (PIL) come indicatore dell’andamento economico nazionale; ciò equivale a pilotare un aereo servendo- si del solo altimetro che mostra le variazioni di altitudine senza però fornire dati sulla direzione o sulla quantità di carburante disponibile. Un tale interesse per la produzione economica monetizzata non riesce a riflettere il crescente degrado delle risorse naturali, il lavoro inestimabile ma non retribuito di assistenti e volontari e le sperequazioni del reddito che conducono molti individui in tutte le società alla povertà e all’esclusione sociale. Il dominio del PIL ha abbondantemente superato la sua legittimità: è necessario impiegare una strumentazione più adeguata che ci permetta di navigare nel 21° secolo in direzione dell’equità e della sostenibilità. Fortunatamente si stanno mettendo a punto indicatori più adeguati15”.

Sull’ambiente, siamo governati da piloti che, pur avendo gli strumenti, non ne tengono conto.

Ciò è vero sul piano globale, ma anche per il livello locale quando si parla di governo dei territori nelle regioni del nostro Paese. E il caso Calabria ne è un tragico esempio. Molto spesso le comunità locali credono che consumare suolo dissennatamente per costruire case, sia un modo di promuovere lo sviluppo e l’economia. Il problema dei rifiuti viene sottovalutato, non si tiene adeguatamente conto e non si informano adeguatamente le popolazioni dei rischi geologico-ambientali.

Nel citato rapporto sullo Stato del pianeta 2013, è delineato chiaramente il quadro che abbiamo, oggi, davanti a noi su scala globale:

1) Tutti gli avvertimenti, documentati e motivati, che si sono succeduti in questi ultimi decenni sulla gravità della situazione ambientale in cui versa la nostra biosfera, sebbene siano stati oggetto di ampi dibattiti, polemiche e iniziative politiche di vario tipo, nel complesso non si sono tradotti in urgenti misure per cambiare decisamente rotta ai nostri modelli di sviluppo socioeconomico;

2) La conoscenza della comunità scientifica internazionale sul Global Environmental Change (GEC) è progredita in maniera impressionante in questi ultimi decenni e ci ha condotto alla comprensione che stiamo vivendo in pratica un nuovo periodo geo- logico (un vero battito di ciglia nella storia del nostro pianeta che data 4,6 miliardi di anni) non a caso, definito Antropocene, a dimostrazione delle prove ingenti sin qui raccolte che dimostrano quanto gli effetti dell’intervento umano sulla natura siano or- mai paragonabili agli effetti delle grandi forze geologiche che hanno modificato il pia- neta nella sua intera storia e che la nostra pressione sui sistemi naturali ci sta sempre più urgentemente conducendo verso alcuni punti critici, oltrepassati i quali per la no- stra civiltà sarà veramente difficile o impossibile reagire adeguatamente;

3) L’inazione politica, l’utilizzo costante dell’attesa, della deroga, del rimando, la lentezza dei processi democratici nel prendere decisioni importanti per l’intera civiltà umana sono sotto gli occhi di tutti e certamente non aiutano a risolvere i problemi che, con il passare del tempo, non fanno altro che aggravarsi16.

A giugno del 2013, la Population Division delle Nazioni Unite ha pubblicato i dati sulla popolazione mondiale aggiornando i dati al 2012.

Gianfranco Bologna nel curare la sua pubblicazione annuale del rapporto sullo stato di salute del pianeta,

La popolazione attuale è di 7,2 miliardi e si prevede incrementerà di un miliardo entro i prossimi 12 anni, raggiungendo gli 8,1 miliardi nel 2025 e i 9,6 miliardi nel 2050. Nel World Population Prospects precedente, quello del 2010, la popolazione prevista al 2050 per la variante media (le Nazioni Unite analizzano, in ogni rapporto, le varianti bassa, media e alta nonché la variante costante, ma la più credibile rispetto a quanto poi si verifica nella realtà è quella media) era di 9,3 miliardi.

Nel nuovo Prospects l’indicazione per il 2050 è di 9,6 miliardi, con la previsione di un incremento di 300 milioni rispetto alla previsione precedente, dovuta alla revisione dell’andamento del livello dei tassi di fertilità totale (il numero di figli/figlie che ha una donna nell’arco della propria esistenza riproduttiva) di diversi paesi in via di sviluppo. Sempre secondo la variante media la popolazione mondiale, al 2100, passerebbe quindi dalla precedente previsione (2010) di 10,1 miliardi a quella dell’attuale rapporto di 10,9 miliardi (quindi quasi 11 miliardi).

La maggior parte della crescita della popolazione avrà luogo nelle regioni in via di sviluppo che si prevede incrementeranno la popolazione dai 5,9 miliardi nel 2013 agli 8,2 del 2050. La crescita sarà abbastanza rapida in 49 paesi in via di sviluppo che vedranno la loro popolazione passare da circa 900 milioni del 2013 a 1,8 miliardi nel 2050 (tra questi paesi vi sono, per esempio, la Nigeria, il Niger, la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia, l’Uganda, l’Afghanistan). Nello stesso periodo la popolazione delle regioni sviluppate rimarrà abbastanza stabile, intorno a 1,3 miliardi. Una significativa crescita della popolazione globale, nel periodo che va da ora al 2050, avrà luogo in Africa, dove la popolazione incrementerà da 1,1 miliardi attuali ai 2,4 miliardi nel 2050, raggiungendo potenzialmente, addirittura, i 4,2 miliardi nel 2100, alla fine del secolo.

L’impatto della specie umana sui sistemi naturali è stato riassunto in una famosa equazione pubblicata nel 1971, dai grandi studiosi Paul Ehrlich, il notissimo ecologo del- la Stanford University e John Holdren, esperto energetico, allora alla California University di Berkeley e poi divenuto, con l’amministrazione Obama, capo scientifico della Casa Bianca. Secondo l’equazione di Ehrlich e Holdren, l’impatto (I) dell’attività uma- na è il prodotto di tre fattori: la dimensione della popolazione (P), il suo tenore di vita (A, dall’inglese affluence) espresso in termini di reddito pro capite, e la tecnologia (T), che indica quanto impatto produce ogni dollaro che spendiamo. L’equazione di Ehrlich e Holdren ci dice con chiarezza che è impossibile ridurre l’impatto umano sui sistemi naturali intervenendo semplicemente su uno solo dei tre fatto- ri che la compongono. È necessario, infatti, intervenire su tutti e tre17.

Quello della crescita demografica, è problema che il Partito Radicale come ONG propone ormai da anni con l’associazione “Rientro dolce”.

Un problema che sta determinando l’avanzare della peste ecologica.

Minxin Pei, esperto di governo della Repubblica popolare cinese di rapporti Usa-Asia e di processi di democratizzazione nei paesi in via di sviluppo, attualmente direttore del centro di studi strategici presso il Claremont McKenna College in California, nell’articolo ripreso lo scorso 21 novembre 2013 dal settimanale L’Espresso per traduzione di Anna Bissanti, parala esplicitamente di una Cina sovrappopolata, devastata dal punto di vista ecologico e di dati sull’inquinamento, non tanto dell’aria difficile da nascondere, ma dell’acqua e del suolo, tenuti segreti da Pechino.

Penuria d’acqua, inquinamento idrico del fiume Yangtze, risorsa vitale per mezzo miliardo di persone e l’inquinamento del suolo da pesticidi agricoli e metalli pesanti, per un’estensione del 10% del suolo coltivato, sono difficili da nascondere.

Già ora, nota lo l’esperto, “i raccolti coltivati su questi terreni devono essere controllati accuratamente”, concludendo che, “di questo passo, la Cina dovrà affrontare presto una grave crisi della sicurezza alimentare. Una crisi alimentare nella nazione più grande e popolosa del mondo, la seconda economia più importante al mondo, che avrà ripercussioni spaventose a livello globale”.

Una bomba ecologica: la peste ecologica è problema globale, ma che però deve essere affrontato a partire dalle realtà locali, non in modo indipendente da una visione olistica d’insieme che faccia da linea guida, da bussola a chi le decisioni le deve prendere.

Parliamo di “sviluppo sostenibile”, ma spesso si fa mota confusione.

Per Gianfranco Bologna, “volendo semplificare il concetto in una semplice definizione, possiamo affermare che la sostenibilità significa imparare a vivere in una prosperità equa e condivisa con tutti gli altri esseri umani, entro i limiti fisici e biologici dell’unico pianeta che abitiamo: la Terra18”.

Per Gianfranco Bologna, curatore dell’edizione italiana del rapporto State of the World da oltre vent’anni,“La continua inazione ha aggravato la situazione19”. “Il 1972” – ricorda Gianfranco Bologna – “costituì un anno particolare per la crescente consapevolezza delle problematiche ambientali nelle società di tutto il mondo20”.

In quell’anno le Nazioni Unite organizzarono la prima grande conferenza internazionale per far confrontare i governi di tutti i paesi sull’analisi di un quadro sempre più preoccupante, relativo allo stato di salute dei sistemi naturali, e sulle proposte da concordare e attuare per migliorare la situazione. Era il giugno del 1972 e a Stoccolma si tenne la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano. Si riunirono i rappresentanti dei governi di oltre cento paesi con studiosi, esperti e rappresentanti di oltre 400 organizzazioni governative e non governative, mettendo a confronto i problemi dei paesi del Nord del mondo, ricchi e industrializzati, con quelli del Sud, poveri e desiderosi di ottenere maggiore crescita economica. La Conferenza trattò i temi delle risorse ambientali e della loro gestione, del nostro impatto sulla natura e degli inquinamenti da noi provocati, sollecitando giuste mediazioni tra le esigenze della tutela ambientale e dello sviluppo economico e sociale. Da allora si è aperto un vero e proprio periodo di “ecodiplomazia internazionale” mirato a trovare soluzioni a tali problemi e ad avviare percorsi di sostenibilità dei nostri processi di sviluppo socioeconomico, mentre sono state realizzate altre tre grandi Conferenze del- le Nazioni Unite sui problemi dell’ambiente e della sostenibilità del nostro sviluppo: a Rio de Janeiro nel giugno 1992 (l’Earth Summit, il Summit della Terra e cioè la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo), a Johannesburg nell’agosto 2002 (il Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile) e di nuovo a Rio de Janeiro nel giugno 2012 (la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile21).

Qualche mese prima della Conferenza di Stoccolma, il 12 marzo 1972, presso la prestigiosa Smithsonian Institution a Washington, – ricorda Gianfranco Bologna – “un gruppo di giovani studiosi del System Dynamics Group dell’autorevole MIT, coordinati da Dennis Meadows, presentò un rapporto voluto dal Club di Roma, con un titolo molto chiaro The Limits to Growth22.

(…) La ricerca del MIT si proponeva di definire le costrizioni e i limiti fisici relativi alla moltiplicazione del genere umano e alla sua attività materiale sul nostro pianeta. Si trattava di fornire risposte concrete ad alcune domande fondamentali per il nostro futuro: che cosa accadrà se la crescita della popolazione mondiale continuerà in modo incontrollato? Quali saranno le conseguenze ambientali se la crescita economica proseguirà al passo attuale? Che cosa si può fare per assicurare un’economia umana capace di soddisfare la necessità di un benessere di base a tutti e anche di mantenersi all’inter- no dei limiti fisici della Terra? (23)

Le conclusioni dello studio furono le seguenti:

1) Nell’ipotesi che l’attuale linea di crescita continui inalterata nei cinque settori fondamentali (popolazione, industrializzazione, inquinamento, produzione di alimenti, consumo delle risorse naturali) l’umanità è destinata a raggiungere i limiti naturali della crescita entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un improvviso, incontrollabile declino del livello di popolazione e del sistema industriale.

2) È possibile modificare questa linea di sviluppo e determinare una condizione di stabilità ecologica ed economica in grado di protrarsi nel futuro. La condizione di equilibrio globale potrebbe corrispondere alla soddisfazione dei bisogni materiali degli abitanti della Terra e all’opportunità per ciascuno di realizzare compiutamente il proprio potenziale umano.

3) Se l’umanità opterà per questa seconda alternativa, invece che per la prima, le probabilità di successo saranno tanto maggiori quanto più presto essa comincerà a operare in tale direzione. (24)

Occorre fare bene e occorre fare subito, insomma.

Poi, come lo stesso Gianfranco Bologna ci ricorda esplicitamente nel rapporto 2013 sullo Stato del nostro pianeta da lui curato, vent’anni dopo il Club di Roma, “nel 1992, l’anno della “grande Conferenza” dell’ONU su ambiente e sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro, Donella e Dennis Meadows e Jorgen Randers, i tre principali autori del rapporto originale del MIT del 1972, pubblicarono, a distanza di venti anni, un’ottima rivisitazione di quel rapporto. In questa nuova versione gli autori dello studio riformulano i tre punti pubblicati come conclusioni al primo rapporto del 1972 nel modo seguente:

1) L’impiego di molte risorse essenziali e la produzione di molti tipi di inquinanti da parte dell’umanità hanno già superato i tassi fisicamente sostenibili. In assenza di significative riduzioni dei flussi di energia e materiali, ci sarà nei prossimi decenni un declino incontrollato della produzione industriale, del consumo di energia e della produzione di alimenti pro capite.

2) Questo declino non è inevitabile. Per non incorrervi, sono necessari due cambiamenti. Il primo è una revisione complessiva delle politiche e dei modi di agire che perpetua- no la crescita della popolazione e dei consumi materiali. Il secondo è un drastico, veloce aumento dell’efficienza con la quale materiali ed energia vengono usati.

3) Una società sostenibile è, dal punto di vista tecnico ed economico, ancorapossibile. Potrebbe essere molto più desiderabile di una società che tenta di risolvere i propri problemi affidandosi a un’espansione costante. La transizione verso una società sostenibile richiede un bilanciamento accurato tra mete a lungo e a breve termine, e una accentuazione degli aspetti di sufficienza, equità, qualità della vita, anziché della quantità di prodotto. Essa vuole, più che produttività o tecnologia, maturità, umana partecipazione, saggezza.” (25)

Per come testualmente si legge nel rapporto, “le conclusioni del rapporto MIT-Club di Roma rivisitato venti anni dopo rappresentano l’essenza delle analisi, delle riflessioni e delle proposte per avviare, nel concreto, una sostenibilità del nostro sviluppo sulla Terra26”.

I tre eminenti ricercatori, nel nuovo rapporto del ’92, ribadiscono “i punti fondamentali che hanno impedito di indirizzare verso una strada di minore insostenibilità” il modello di sviluppo socioeconomico:

1) La crescita dell’economia fisica è considerata desiderabile; essa è al centro dei nostri sistemi politici, psicologici e culturali. Quando la popolazione e l’economia crescono, tendono a farlo in modo esponenziale. 2) Vi sono limiti fisici alle sorgenti di materiali e di energia che danno sostegno alla popolazione e all’economia e vi sono limiti ai serbatoi che assorbono i prodotti di scarto delle attività umane. 3) La popolazione e l’economia in crescita ricevono, sui limiti fisici, segnali che sono distorti, disturbati, ritardati, confusi o non riconosciuti. Le risposte a tali segnali sono ritardate. 4) I limiti del sistema non sono solo finiti, ma anche suscettibili di erosione quando vengano sollecitati o sfruttati all’eccesso. Vi sono inoltre forti elementi di non linearità – soglie superate le quali i danni si aggravano rapidamente e possono anche diventare irreversibili. (27)

Questo “elenco di cause del collasso” è al tempo stesso, “un elenco dei modi che consentono di evitarli”.

“Per indirizzare il sistema verso la sostenibilità e la governabilità”, si nota nel rapporto, “basterà rovesciare le medesime caratteristiche strutturali:

1) La crescita della popolazione e del capitale deve essere rallentata, e infine arrestata, da decisioni umane prese alla luce delle difficoltà future, e non da retroazione derivante da limiti esterni già superati. 2) I flussi di energia e di materiali devono essere ridotti aumentando l’efficienza del capitale. In altri termini, occorre ridurre l’impronta ecologica e ciò può avvenire in vari modi: dematerializzazione (utilizzare meno energia e meno materiali per ottenere il medesimo prodotto), maggiore equità (ridistribuire i benefici dell’uso di energia e di materiali a favore dei poveri), cambiamenti nel modo di vivere (abbassare la domanda o dirottare i consumi verso beni e servizi meno dannosi per l’ambiente fisico). 3) Sorgenti (sources) e serbatoi (sinks) devono essere salvaguardati e, ove possibile, risanati. 4) I segnali devono essere migliorati e le reazioni accelerate; la società deve guardare più lontano e agire sulla base di costi e benefici a lungo termine. 5) L’erosione dei sistemi ecologici deve essere prevenuta e, dove sia già in atto, occorre rallentarla e invertirne il corso”. (28)

Il dibattito scientifico sull’Antropocene è ormai vivacissimo.

(…) La consapevolezza della dimensione antropocenica nella quale ci troviamo ha condotto tanti scienziati ad approfondire le ricerche e a cercare le soluzioni. Paul e Anne Ehrlich, famosi ecologi della Stanford University, qualche anno fa hanno lanciato un grande progetto internazionale definito Millennium Assessment of Human Behaviour (MAHB) che si è poi trasformato nel Millennium Alliance for Humanity and the Biosphere.

(…) Tra i compiti più importanti delle azioni del MAHB vi è proprio la realizzazione di di- battiti pubblici sulle cause del comportamento autodistruttivo dell’umanità, quali il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, discutendone anche le dimensioni etiche e indagando come l’evoluzione culturale possa dirigersi verso la creazione di una società globale sostenibile.

Il quadro della situazione dei sistemi naturali del nostro meraviglioso pianeta è sempre più drammaticamente chiaro agli scienziati di tutto il mondo e non possiamo rimandare ancora nel muoverci speditamente per cambiare rotta e imboccare la strada di una maggiore sostenibilità dei nostri modelli di sviluppo.

(…) La tutela della biodiversità, la ricchezza della vita sulla Terra, è fondamentale per la so- pravvivenza umana. Il valore sociale, economico, culturale, spirituale e scientifico del- la biodiversità è realmente incalcolabile.

(…) Gli studiosi ci ricordano chiaramente che una crescita economica incontrollata è insostenibile in un pianeta con limiti biofisici evidenti. I governi devono riconoscere le se- rie limitazioni presentate dal PIL (il prodotto interno lordo) come misura e indicatore della crescita e della ricchezza di un paese. Il PIL quindi deve essere assolutamente integrato con altri indicatori ambientali e sociali che diano il senso compiuto di cosa significhi realmente la ricchezza di un paese. Inoltre è necessario istituire delle tasse ecologiche ed eliminare rapidamente tutti i sussidi perversi forniti dai governi alle attività dannose per l’ambiente e il nostro futuro. (29)

Tutto questo, si obbietterà, è valido a scala globale, planetaria, ma che c’entra il rapporto sullo stato del pianeta con la nostra Calabria e i suoi evidenti problemi ambientali ed ecologici?

È lo stesso curatore del rapporto a spiegarlo.

La ricerca scientifica e il dibattito sugli ormai sempre più famosi tipping point (i punti critici) che l’impatto umano può provocare nei sistemi naturali a livello globale, – nota Bologna – si sta arricchendo sempre di più.

(…) Gli scienziati ritengono plausibile il raggiungimento di un punto critico (tipping point) su scala planetaria che richiede ovviamente una grandissima attenzione da parte di noi tutti e una raffinata capacità scientifica di registrare i primi segnali di allerta (…).

(…) Gli ecologi sanno bene che i tipping point esistono e si manifestano negli ecosistemi a livello locale e regionale e tantissime situazioni sono state ormai ben studiate e approfondite. Per fare solo un semplice esempio, se a un lago vengono aggiunte parecchie sostanze nutrienti, le sue proprietà ecologiche tendono a continuare finché il lago improvvisamente entra in un nuovo stato, in una situazione di eutrofizzazione dove le acque da limpide diventano torbide e le comunità di piante e pesci e altri organismi cambiano completamente. Riportare le condizioni del lago allo stato preesistente è possibile ma a costo di sforzi imponenti e costosi per le società umane.

(…) Recentemente altri studiosi, come Barry Brook, Erle Ellis, Michael Perring, Anson Mackay e Linus Blomqvist, pur sottolineando la drammaticità della situazione dei si- stemi naturali dovuta all’intervento umano, non ritengono però che queste condizioni si possano applicare globalmente alla biosfera planetaria. Per avere un tipping point planetario, essi ritengono che le forze prodotte dall’umanità dovrebbero essere praticamente uniformi su tutta la biosfera, tutti gli ecosistemi dovrebbero rispondere a tali forze nelle stesse maniere e questo dovrebbe essere trasmesso rapidamente attraverso i vari ecosistemi nei vari continenti. Persino i fenomeni dovuti al cambiamento climatico, così evidenti in tutto il pianeta, non rispondono a questi requisiti secondo questi studiosi. Alcuni ecosistemi in diverse regioni subiscono, per esempio, prolungati periodi di siccità e altri invece forti e con- centrati periodi di piovosità. Secondo Brook e colleghi, l’umanità sta producendo massicci cambiamenti nei sistemi naturali della biosfera, con effetti diversi nei diversi ecosistemi, comunità o specie. La risposta della biosfera alle pressioni umane è rappresentata dalla somma di tutti questi cambiamenti.

Diventa quindi sempre più importante comprendere e gestire l’evoluzione degli ecosistemi a livello locale e regionale. (30)

Ecco perché il discorso sugli aspetti ecologici globali ha riflessi importanti, secondo noi, anche con quelli regionali di una realtà come la Calabria.

Quello che si rischia, entro il 2050, sono situazioni molto gravi di sofferenza per l’intero genere umano. È estremamente importante un’azione rapida e condivisa per intervenire su cinque grandi elementi che causano la disgregazione dei sistemi naturali e che sono strettamente interconnessi fra di loro: 1) il degrado del sistema climatico; 2) i processi di estinzione delle specie viventi; 3) la perdita della diversità degli ecosistemi; 4) l’avanzamento degli inquinamenti dei sistemi naturali; 5) la crescita della popolazione umana e dei livelli di consumo.

L’avanzamento dei fenomeni di inquinamento come il malgoverno del territorio devono essere urgentemente arrestati, ma per farlo, l’abbiamo detto più volte, serve un cambiamento di cultura radicale.

Secondo Gianfranco Bologna, tutti noi, nel nostro piccolo, dovremmo diventare “soggetti moltiplicatori” di questi messaggi “per cercare concretamente di modificare in positivo gli attuali andamenti dei nostri processi di sviluppo socioeconomico”.

Ma c’è anche un’altro aspetto del “caso” Calabria che, direttamente, coinvolge le politiche del Partito Radicale sull’ambiente. Ed è quello legato alla lotta per il diritto alla conoscenza, per il diritto, cioè, delle popolazioni a conoscere i dati relativi ai rischi geologici e ai rischi ambientali.

«Isolando la scienza dai suoi contesti sociali, non si comprendono le sue relazioni effettive. La scienza» – aggiunge Renn nella sua prolusione citata – «è soltanto una forma particolare di conoscenza. La conoscenza è un aspetto fondamentale della cultura umana, ben più ampio della scienza. La conoscenza deriva dalla riflessione sulle nostre azioni precedenti, consentendoci di progettare quelle future31».

Ai responsabili del pianeta e, in generale, della cosa pubblica, Jürgen Renn fa notare che:

«La conoscenza non ha soltanto una dimensione cognitiva, ma anche sociale e materiale. Può essere comunicata, condivisa e immagazzinata tramite rappresentazioni esterne come congegni, manufatti e testi». Con la rivoluzione scientifica di Einstein, per Jürgen Renn, «vi è stata una trasformazione che ha riguardato non solo la scienza, ma più in generale le strutture della conoscenza. L’evoluzione della conoscenza è prodotta dalle strutture sociali32».

La conoscenza dei dati dell’inquinamento ambientali, la conoscenza dei luoghi a rischio dissesto, la conoscenza della sismicità locale e della vulnerabilità del patrimonio edilizio, sarebbero fondamentali per salvare vite umane oltre che per risparmiare un sacco di soldi. Il diritto alla conoscenza dovrebbe essere garantito, l’abbiamo detto tante volte, come diritto umano inviolabile.

Per capire, invece, quanto poca importanza sia data, oggi, da parte di una regione come la Calabria, alla conoscenza di quei dati ambientali e dell’uso delle risorse naturali che pure dovrebbero essere pubblici, è stato sufficiente andare a cercare sul sito del Consiglio regionale della Calabria nella sezione dedicata all’amministrazione trasparente. Nulla, a marzo 2014, non si trova nulla. Anche delle informazioni ambientali la cui trasparenza, oltreché dalla convenzione di Aarhus, dovrebbe essere ormai garantita dalla semplice applicazione dell’articolo 40 del D. Lgs. n. 33 del 2013, non si sa nulla.

Nell’ambito delle informazioni ambientali, sul sito della regione Calabria, sia che si cerchino i dati sullo stato dell’ambiente, sia che si voglia sapere quali siano i fattori di rischio o le misure incidenti sull’ambiente con le relative analisi di impatto, sia che si voglia conoscere le misure adottate a protezione dell’ambiente, e sia che si cerchi la relazione sull’attuazione della legislazione o, soprattutto, quella sullo stato di salute e della sicurezza umana, la risposta che, in automatico, costantemente si genera, è sempre la stessa: “Sezione in aggiornamento”.

NOTE

1 Jürgen Renn è direttore dell’Istituto Marx Plank per la Storia della Scienza di Berlino, docente di Storia della Scienza all’Università Humboldt e Visting, e docente presso la Boston University. Tra i più conosciuti e apprezzati studiosi del pensiero e dell’opera di Albert Einstein, ha scritto e curato numerosi lavori tra cui, in italiano, il libro Sulle spalle di giganti e nani: la rivoluzione incompitua di Albert Einstein, (Bollati Boringhieri, Torino, pp.360)

2 Il testo della prolusione citato è stato anticipato, in sintesi, nella rubrica Scienza e Filosofia, su Domenica, inserto de Il Sole 24 Ore, Domenica 2 Marzo 2014, n°60

3 Il World Urban Forum 6 è la più importante conferenza a livello mondiale sulle questioni urbane promossa da UN-Habitat alla quale partecipano Capi di Stato, rappresentanti di Governi, esperti, organizzazioni della “società civile”, Università, imprenditori e migliaia di delegati da oltre 160 paesi che si confronteranno sul tema “Il Futuro urbano”

4 Aldo Loris Rossi, L’Antropocene come minaccia alla sopravvivenza del pianeta, Relazione del Partito Radicale, 6° World Urban Forum, 1-7 settembre 2012, Napoli (fonte: Notizie.Radicali.it/node/5234).

5 Per Crutzen, precisa lo stesso Loris Rossi nella sua relazione, «A segnare l’inizio dell’Antropocene sono state la Rivoluzione industriale e le sue macchine, che hanno reso molto più agevole lo sfruttamento delle risorse ambientali. Se dovessi indicare una data simbolica, direi il 1784, l’anno in cui l’ingegnere scozzese James Watt inventò il motore a vapore. L’anno esatto importa poco, purché si sia consapevoli del fatto che, dalla fine del 18° secolo, abbiamo cominciato a condizionare gli equilibri complessivi del pianeta. Pertanto propongo di far coincidere l’inizio della nuova epoca con i primi anni dell’Ottocento» (2005).

6 A. L. Rossi, L’Antropocene come minaccia alla sopravvivenza del pianeta, Op.cit.

7 Ibidem

8 Ibidem

9 Aldo Loris Rossi, L’Antropocene come minaccia alla sopravvivenza del pianeta, Op. cit.

10 Ibidem

11 Ibidem

12 Aldo Loris Rossi, L’Antropocene come minaccia alla sopravvivenza del pianeta, Op. cit.

13 Bologna G. (a cura di), State of the World 2013Is Sustainability Still Possible? – Worldwatch Institute, Edizioni Ambiente, Milano, Agosto 2013

14 Bologna G. (a cura di), La sostenibilità è possibile? Solo con una nuova ccultura e una nuova economia, ne: State of the World 2013 – Op. cit., p.9-13

15 Bologna G. (a cura di), La sostenibilità è possibile? Solo con una nuova cultura e una nuova economia, ne: State of the World 2013 – Op. cit., p.10

16 Bologna G. (a cura di), Op. cit., p.11

17Bologna G. (a cura di), Ivi, Op. cit., p.12

18 Bologna G. (a cura di), L’Uso improprio del termine sostenibilità, ne: State of the World 2013 – Op. cit., p.13

19 Bologna G. (a cura di), Dal 1970 a oggi: la continua inazione ha aggravato la situazione, ne: State of the World 2013, Op. cit., p.14

20 Bologna G., Ibidem

21 Bologna G., Ibidem

22 Meadows D.H., Meadows D.L., Randers J. e Behrens III W.W., I limiti dello sviluppo, Mondadori, 1972.

23 Bologna G. (a cura di), Dal 1970 a oggi: la continua inazione ha aggravato la situazione, ne: State of the World 2013, Op. cit., p.15

24 Bologna G. (a cura di), Ibidem

25 Bologna G. (a cura di), Dal 1970 a oggi: la continua inazione ha aggravato la situazione, ne: State of the World 2013, Op. cit., p.17

26 Bologna G., Ibidem

27 Bologna G., Ivi, p.17.18

28 Bologna G., Ivi, p.18

29 Bologna G., Ivi, p.23

30 Bologna G., ivi, p.25

31T esto della prolusione di Renn J., in sintesi, ne Scienza e Filosofia, su Domenica, inserto de Il Sole 24 Ore, Op. cit.

32 Renn J., in sintesi, ivi

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Quinto Congresso di Nessuno tocchi Caino il 19 e 20 dicembre 2013 nella Casa di Reclusione di Padova

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Il Quinto Congresso di Nessuno tocchi Caino, l’associaIone che si batte contro la pena di morte ( e contro la morte per pena che in Italia l’Ha sostituita), è stato convocato per il 19 e 20 dicembre 2013 nella Casa di Reclusione di Padova.

Come si legge in una nota firmata dal Presidente (Marco Pannella), dal Segretario (Sergio D’Elia) e dal tesoriere (Elisabetta Zamparutti), Il Congresso, che si svolge in collaborazione con “Ristretti Orizzonti”, associazione particolarmente attenta alle questioni del carcere e della pena, si aprirà giovedì 19 alle ore 13.30 con le relazioni del Segretario Sergio D’Elia e della Tesoriera Elisabetta Zamparutti e concluderà i suoi lavori venerdì 20 in tarda mattinata.

Nel corso del Congresso sarà illustrata quella che è una tendenza ormai irreversibile verso l’abolizionedella pena di morte nel mondo e verranno discussi anche gli obiettivi della campagna di Nessuno tocchi Cainodopo l’approvazione nel dicembre 2012 della nuova Risoluzione sulla Moratoria Universale delle esecuzionida parte dell’Assemblea Generale dell’ONU.

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Intervista a Valerio Federico. “Critico” con le scelte della “squadra” legata a Marco Pannella, è un manager di origini calabresi il nuovo tesoriere di Radicali italiani

Amnistia, riforma della giustizia penale e civile, edificazione di uno Stato di diritto vero, solido, restano l’urgenza radicale. Ma anche bilanci consolidati per l’intera galassia e “rivoluzione” nell’uso della rete

La Calabria? Chi ha guidato la Regione non ha mai ritenuto di dargli la dignità che meritava

di Giuseppe Candido

 

Valerio Federico, Piazza Duomo, 10 aprile 2011
Valerio Federico, è il nuovo tesoriere di Radicali italiani

Il XII congresso dei Radicali a Chianciano si è chiuso senza neanche un intervento di Marco Pannella che, invece paradossalmente, si è “limitato” a dire la sua facendo addirittura una conferenza stampa a margine del congresso stesso e proprio nell’atrio dell’Excelsior che ne ospitava i lavori. Per il leader radicale il segretario e il tesoriere uscenti, nelle loro relazioni presentate al congresso, hanno la colpa grave di non aver relazionato di nulla. Un “vuoto politico”, perché per Pannella non c’è stata “nessuna relazione politica in quella udita dal Segretario”, ormai ex, Mario Staderini che è tornato al suo lavoro di avvocato. Ma adesso si punta sul nuovo. Anche se per conoscere la composizione del prossimo Comitato nazionale, il parlamentino del partito radicale, si è dovuto attendere sino a martedì a causa dell’effetto del nuovo sistema elettorale, una cosa è stata certa da subito. La nuova segretaria eletta con 117 voti di 196 votanti in congresso è Rita Bernardini, già segretaria dei Radicali sino al 2008, Deputata durante la precedente legislatura dal 2008 al 2013 e fortemente impegnata per la battaglia nonviolenta di Marco Pannella per l’amnistia e la giustizia. La sua elezione rappresenta infatti l’intento fermo di proseguire sulla battaglia della giustizia giusta. Il nuovo tesoriere, invece, meno conosciuto sul piano nazionale, si chiama Valerio Federico.

Manager nel settore del No Profit e membro uscente della Direzione Nazionale di Radicali Italiani dal 2011, Federico è di Milano ma ha origini calabresi (il papà era infatti natio di Reggio Calabria) ostinatamente vantate in ogni occasione. In seno al congresso, Valerio può essere considerato, come lui stesso sottolinea, espressione di quella parte, poi rivelatasi maggioritaria in seno al congresso, che si è espressa criticamente in ordine delle recenti scelte di Pannella di criticare fortemente la segreteria e il tesoriere uscenti. Consigliere di Zona, nella Zona 6 del comune di Milano, e capogruppo per il Gruppo Radicale Federalista Europeo dal 27 settembre 2012, Valerio è stato eletto lo scorso 3 novembre 2013 dal XII congresso tenutosi a Chianciano con 153 preferenze su 196 votanti. Quando dalla Calabria gli abbiamo domandato con un sms la disponibilità per un’intervista la risposata è stata: “Sto impazzendo dalle cose che mi ritrovo, ma mi farebbe piacere”. Membro dal 2003 al 2011 del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni dal 2005 al 2011, dal 2005 al 2009, Valerio è stato Segretario della storica associazione di Radicali Milano, “Enzo Tortora”, con la quale, tra l’altro, è stato autore di numerose battaglie politiche come quella per l’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati in seno al Comune di Milano. Anche Valerio, come Rita, conta quindi su una lunga esperienza politica nel Partito Radicale e ha scritto, proprio in riferimento alle battaglie politiche dei radicali, numerosi dossier.

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Valerio Federico durante una manifestazione a Milano, sul caso di Eluana Englaro

La prima che gli rivolgiamo è una domanda “secca”: Che significa, oggi, essere Radicali?

Rispetto al conformismo italiano, di destra e di sinistra, significa essere “altro”. E questo è una caratteristica unica che hanno i Radicali, in questa fase particolarmente delicata del Paese.

A differenza di “altri” Radicali, Valerio ha il dono della sintesi che usa anche quando non servirebbe. Altro? In che senso?

Altro”, perché noi Radicali non ci siamo mai uniformati alle dinamiche di potere italiane, sia che queste partano dal centrodestra o dal centrosinistra. Noi siamo “altro”, perché abbiamo un’analisi (della situazione politica, ndr) che non ha nessuno nel Paese, che è quella del “regime”. Un sistema sostanzialmente illegale, quello italiano, dove lo Stato di diritto non è stato edificato a favore dei cittadini e dove il Diritto non è effettivo. Un Paese dove i diritti che le leggi stesse prevedono non possono essere garantiti ai suoi cittadini.

Lo Stato di diritto è una cosa che serve soprattutto ai più umili, ha detto Emma Bonino. Amnistia, giustizia, diritti e libertà economiche ma anche maggiore trasparenza interna al partito e, addirittura, un bilancio consolidato dell’intera area radicale tra le tue proposte al congresso. Allora, Valerio, da dove si riparte?

Intanto, noi chiediamo al Paese e proviamo a far cambiare il Paese da tanti anni, e certo non rinunciamo a riformare noi stessi e a riformare la nostra “area”, tenendo conto dei mezzi nuovi che la tecnologia da’ a disposizione. E quindi il mio obiettivo è anche quello di una piccola “rivoluzione di rete” di Radicali italiani. Un adeguamento del movimento ai nuovi strumenti tecnologici a disposizione e, la mia richiesta è anche quella che, l’area Radicale, così peculiare nell’ambito dei partiti italiani, questa così detta “galassia” formata da più movimenti tutti costituenti il Partito Radicale Nonviolento Trasnazionale e Transpartito, si doti di un bilancio consolidato. Cioè, di quanto noi abbiamo richiesto e ottenuto dal Governo Monti per i Comuni italiani, alle singole regioni e, naturalmente, ci adopereremo per adottare il bilancio consolidato anche per l’area Radicale. Il bilancio consolidato, infatti, non è altro che la possibilità di avere un quadro reale della situazione economica-finanziaria di un Comune, di una Regione. Perché in Italia, questo, adesso non è disponibile? Perché i Comuni italiani e le Regioni italiane si dotano di un bilancio “normale” e questi non comprendono la situazione economica delle varie società controllate o partecipate. E quindi, uno che va a vedere la situazione di un bilancio di una Regione o di un Comune, non essendo in grado di comprendere qual’è la reale situazione economica-finanziaria, perché i bilanci delle società partecipate non sono comprese pur essendo parte integrante del bilancio. Per quanto riguarda l’area Radicale, si tratta di avere un quadro generale di tutti i soggetti che la compongono e chiarezza anche nei flussi finanziari tra un soggetto e l’altro, in modo da avere un quadro generale da mettere a disposizione dei militanti radicali per comprendere la situazione economica.

Perfetto. Della serie: “Siamo noi il cambiamento che vorremo vedere nel mondo”. Un piccolo movimento, i Radicali italiani, che però è stato significativo per la storia di questo Paese. Battaglie come il divorzio, l’aborto, l’obiezione di coscienza. E fatto di nomi come Enzo Tortora, Leonardo Sciascia e Domenico Modugno tra i Radicali storici più noti. Che è effetto fa avere responsabilità diretta, di rilievo nazionale, nel Partito di Emma Bonino e Marco Pannella?

In linea di massima, se ci penso, l’idea (che mi viene, ndr) è quella di rinunciare subito. E ti chiedo di non farmici pensare. È una responsabilità evidentemente e assolutamente troppo grande. Naturalmente va precisato che i Radicali italiani è un soggetto politico, forse il più conosciuto, dell’area Radicale, le battaglie di cui tu fai riferimento sono dell’intera area e quindi del Partito Radicale storico. Detto questo, è del tutto evidente che è meglio pensare all’attualità e non ai contributi che questo partito ha avuto nella sua storia, per provare e per tentare di sentirsi adeguati.

Quali le iniziative più urgenti e le battaglie per il prossimo futuro, per Radicali italiani?

Da una parte, noi non molliamo rispetto a quello che è l’urgenza di Radicali italiani, che è l’urgenza anche di Marco Pannella e della nuova segretaria, Rita Bernardini, ed è l’urgenza di tutti noi. Cioè quella di ottenere un provvedimento di amnistia come passaggio indispensabile, irrinunciabile, per la riforma della giustizia penale e, in secondo luogo per effetti indiretti, della giustizia civile di questo Paese. Avendo noi identificato l’illegalità di questo Paese patente, dimostrata continuamente dai Radicali, e a discapito dei cittadini, naturalmente noi non possiamo che porci l’obiettivo di riformare le regole affinché i cittadini abbiano diritti che possano fruire. Non solo diritti affermati sulla Carta (Costituzionale, ndr). Amnistia, riforma della giustizia penale e civile, edificazione di uno Stato di diritto vero, solido, è e resta l’urgenza radicale. Naturalmente, la mia presenza negli organi dirigenti è anche finalizzata a porre altre questioni assolutamente prioritarie. Ed è su queste che mi adopererò principalmente e che sono legate sia a una riforma di Radicali italiani per rafforzare gli strumenti di rete, come ho già accennato; quello di riportare al centro dell’attenzione radicale anche l’economia e le iniziative, diciamo così, “economiche ed ecologiche” nello stesso tempo. Riprendere con forza quella lotta al “capitalismo inquinato”, al capitalismo dei favori, che è il capitalismo italiano e che è il capitalismo che porta l’Italia ad avere una crisi al di fuori e diversa dalla crisi internazionale e dalla crisi europea. L’Italia non cresce per una sua peculiare caratteristica che è diversa da quelle che sono le ragioni base della crisi internazionale ed europea. L’Italia deve risolvere i suoi problemi specifici che l’hanno portata a crescere meno di qualunque altro Paese dell’Unione Europea. Quindi, queste sono anche le priorità che io tenterò di riportare all’attenzione del partito; e chiudo, anche, quello che è il fenomeno che chiamerei dei “regimi locali”. Una sorta di capitalismo inquinato locale. L’Italia è l’Italia dei campanili, un Paese fatto cioè da Comuni e Regioni che hanno istituito piccoli “sotto regimi” fatto di sistemi clientelari di società partecipate, con il beneplacito delle fondazioni bancarie dove i partiti continuano, magari anche in forme diverse, a mantenere il controllo di attività economiche togliendole al mercato e provocando sprechi, perditi e debiti a danno dei cittadini.

Quel sistema che Sergio Rizzo chiama dei “rapaci”. Essere Radicali a Milano è molto diverso dall’esserlo in una regione come la Calabria. Ai Radicali calabresi cosa consigli?

Certamente i problemi sono di natura diversa. Ai Radicali calabresi io non posso che consigliare di andare al centro dei problemi del meridione d’Italia. Anche lì, è vero, c’è un problema di legalità. Ma certamente i fattori che portano l’illegalità ben più grave che c’è nel meridione rispetto a quella del settentrione, hanno caratteristiche diverse. Anche se non completamente. E quindi c’è bisogno, sicuramente, di una “rivoluzione culturale” ben più forte e approfondita. Soprattutto, dobbiamo anche dire che le risorse straordinarie che la Calabria ha, sono di natura diversa da quelle della Lombardia. Devo dire che chi ha guidato la Calabria non ha mai ritenuto di dargli la dignità che merita puntando sulla forza della Calabria, delle sue persone e dei suoi paesaggi, delle aree del suo patrimonio artistico, e di tutto quello che la Calabria ha e che, evidentemente, una serie di interessi convergenti ritiene di non dover valorizzare per lasciare la Calabria in mano ai soliti noti che continuano a riuscire a schiacciare le qualità, le propensioni dei calabresi che potrebbero puntare verso uno sviluppo diverso. Uno sviluppo calabrese, uno sviluppo specifico che la Calabria potrebbe dare all’Italia e che continua a non poter dare.

 

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