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#Scuola: come l’assunzione di 140mila #precari diventa problema

Lunedì 16 febbraio sul Corriere della Sera la giornalista Gianna Dragonara spiega ai suoi 15 lettori che “l’idea di adottare una <<terapia d’urto>> Per chiudere definitivamente le graduatorie ad esaurimento (GAE, n.d.r.) è <<comprensibile>>, ma <<assumere tutti e subito di circa 140.000 precari avrà effetti molto negativi sulla scuola italiana abbassandone la qualità e ostacolandone il rinnovamento per molti anni avvenire>>”.
Il doppio virgolettato è necessario perché, per dare questa sua “sentenza”, la giornalista cita le parole di Andrea Gavosto, che definisce un “grido d’allarme” e che, nientemeno, stanno contenute in un documento della Fondazione Agnelli di cui Gavosto è presidente e che – come ci tiene a ricordare la Fragonara – “da anni studia il sistema scolastico italiano”.

di Giuseppe Candido. Continua la lettura di #Scuola: come l’assunzione di 140mila #precari diventa problema

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#LaBuonaScuola: #Renzi fa il furbo ma l’Europa ci condanna

di Giuseppe Candido (*)
(Pubblicato su Cronache del Garantista del 27/11/2014)

Neanche due settimane dopo il termine per le ‘consultazioni’ vulute dal governo Renzi e dal Ministro dell’Istruzione e della Ricerca sulla riforma della scuola, proposta solo online (quasi a ricerca del consenso delle masse) con l’ormai famoso documento titolato “La buona Scuola”, come un macigno, arriva la sentenza della Corte di Giustizia europea che, con pronuncia di ieri, 26 novembre, ha condannto l’Ialia, ormai letteralmente pluri pregiudicata, anche per la violazione della Direttiva 1999/70/CE giudicando illegittima, da parte della Ministero dell’Istruzione, la reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi per i docenti, ritenuto un ‘comparto speciale’.

In pratica, la Corte di Giustizia ha stabilito che:

La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo”.

Una sentenza che, di fatto, come sottolinea il coordinatore nazionale Rino Di Meglio nel comunicato odierno, rappresenta una vittoria della Gilda Insegnanti e della Federazione Gilda-Unams che dal 2007 ha intrapreso la via dei ricorsi giudiziari contro la precarizzazione del rapporto di migliaia di docenti che, ogni anno, vengono licenziati ad agosto e riassunti a settembre.
Ciò che succederà è che oltre 200mila precari, non solo i 150mila che voleva assumere il Governo, potranno chiedere l’immediata stabilizzazione del rapporto di lavoro, risarcimenti per oltre un miliardo di euro, e gli scatti di anzianità che avrebbero maturato, se fossero stati assunti, tra il 2002 e il 2012, dopo il primo biennio di servizio.
Spiegato quindi il motivo per il quale il Presidente del Consiglio Renzi, nella sua proposta di riforma della scuola, ‘spacciandola’ come “un investimento di tutto il Paese su se stesso”, come una sua idea, ma in realtà temendo proprio questa sentenza richiesta dai ricorrenti, anche attraverso l’intervento della Federazione Gilda-Unams e la Federazione dei Lavoratori della Cultura della CGIL, ha deciso di assumere i 150mila precari. Per evitare la sentenza. E il paradosso è che, per evitare le migliaia di ricorsi, Renzi spera ancora che il conto lo paghino gli stessi docenti, sia quelli di ruolo sia quelli che dovrà assumere per rispettare – finalmente – la normativa comunitaria, cui prevede di bloccare gli scatti stipendiali fino al 2018.
In tutto ciò – per quanto si legge nelle motivazioni della sentenza che condanna lo Stato italiano per illegittima proroga dei contratti a termine – dal computo sono fuori dal piano del governo altri 100mila prof abilitati ma non attualmente inclusi nelle graduatorie e circa 20mila unità del personale ATA chiamate, con supplenza, annualmente e che potranno ricorrere – pure loro – al giudice del lavoro. Ma anche chi è stato assunto potrà portare lo Stato italiano in tribunale per aver violato sistematicamente le riforme comunitarie. Ecco perché la proposta del governo per la Buona Scuola è, in realtà, una pessima trovata buona a far pagare la bolletta delle multe agli stessi prof che hanno prodotto il ricorso!

(*) docente di scienze matematiche e dirigente provinciale della Gilda Insegnanti – Fed. Gilda-Unams di Catanzaro

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Contro #LaBuonaScuola di #Renzi, manifestazione nazionale @GildaInsegnanti

… E di tutti i lavoratori del comparto scuola di buona volontà.

La federazione Gilda-Unams, organizzazione sindacale del comparto scuola riunita a Roma nei suoi vertici nazionali lo scorso 29 ottobre, ha indetto per il prossimo 23 novembre anziché uno sciopero, una manifestazione nazionale a Firenze. La speranza è riuscire ad organizzare una grande manifestazione dei docenti e dei lavoratori della scuola, proprio dopo il termine delle consultazioni volute dal Governo sul documento la buona scuola.

Il corteo partirà da Piazza Cavalleggeri per arrivare sino a Piazza Ognissanti dove, a conclusione della manifestazione, ci saranno gli interventi degli oratori.

Nel documento ufficiale diramato dal coordinatore nazionale Rino Di Meglio a tutti i coordinatori provinciali si legge che ‘la scelta della data viene a cadere la settimana successiva alla fine della consultazione del Miur e di domenica, per permettere a tutti coloro che vorranno partecipare di esserci‘.

<<L’intenzionesi legge nel documento – è di tenere la manifestazione nella città simbolo della politica renziana, che è anche culla della cultura italiana; là dove è partita la sua corsa alla segreteria del Pd e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In questo modo si vuole sottolineare l’opposizione della Gilda al progetto #LaBuonaScuola>>.

Al seguente link è possibile scaricare il documento di convocazione della manifestazione di Firenze

Sullo stesso argomento.

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Scuola, Rino Di Meglio (Gilda): pretendiamo serietà da chi ci governa e propone riforme

Non si può toccare un settore così delicato con gli annunci

Stando agli insistenti e ripetuti annunci del presidente del consiglio Matteo Renzi, il 29 agosto doveva essere una giornata storica per la scuola italiana.

Invece, la sera del 28 agosto, dopo l’incontro di Renzi con il presidente Napolitano, le agenzie di stampa hanno battuto la notizia del rinvio della tanto sbandierata presentazione delle linee Guida per la riforma della scuola.

Per Rino Di Meglio, coordinatore nazionale del sindacato Gilda degli insegnanti (Fed. Gilda-Unams), “La vicenda lascia molto perplessi”.
Sentito dalla Gilda tv, la Web tv del sindacato, Di Meglio è stato molto chiaro:

“Non si può toccare un settore delicato come la scuola facendo annunci; annunci del ministro, poi da parte del sottosegretario (all’istruzione, ndr) E poi ci si è messo addirittura il presidente del Consiglio dei Ministri. Annunci che vengono fatti, poi smentiti, ritirati. La scuola – continua il coordinatore nazionale della Gilda insegnanti – è una cosa seria, e un meccanismo delicato. Si tratta di milioni di persone, perché ci sono dentro un milione di personale della scuola, 700.000 insegnanti, milioni di alunni, e le loro famiglie. Diciamo che andare a mettere in attesa inutilmente tutte queste persone, per poi all’ultimo momento smentire, non è che chi ci governa ci faccia una bella figura.

Saremmo tutti curiosi – continua Di Meglio – di capire, ammesso che ci sia questa grande riforma, qual’è la filosofia cui ci si vuol riferire, e dove si vuole arrivare. Gli insegnanti sono preoccupati perché quando si fanno affermazioni del tipo: “bisogna smetterne con l’anzianità”, come ha fatto il ministro più volte, “e procedere con la meritocrazia”. … Vabbè, si parte per concetti propagandistici, perché ovviamente nessuno è contrario a premiare i buoni e punire i cattivi. Sono concetti scontati, ma va anche detto che c’è chi pensa di fare il gioco delle tre carte, perché non ci sono risorse da investire sulla scuola, e magari levare quella miseria che gli insegnanti maturano negli anni, che dopo tanti anni di servizio arrivano ad avere uno stipendio un po’ più alto di quello miserabile che l’iniziale – che è attorno ai 1200 € per le scuole primarie e 1250-1270 per le scuole superiori, questi sono gli stipendi netti miserevoli che hanno gli insegnanti italiani, – beh se uno dice: ti levo pure l’anzianità e poi faccio il merito per pochi, insomma, è chiaro che gli insegnanti giustamente si preoccupano.
Anche perché – continua il coordinatore nazionale della Gilda insegnanti – la misurazione del merito chi la deve misurare? Il preside? Gli insegnanti? Gli alunni? E su quali elementi? In base al fatto che si partecipi a una commissione? Che ci si occupi di questioni burocratiche? Oppure, invece, sul fatto che uno è un buon insegnante perché conosce bene la disciplina, magari è anche un po’ severo, e quindi può anche dare fastidio a qualche studente e/o qualche genitore?
Diciamo che la questione è complessa e seria e, se si vuole fare un progetto serio in questo senso, bisogna costruirlo scientificamente e non cose così tipo l’INVALSI che va a a propinare i test nelle scuole e con questo si pensa di misurare il valore del sistema scolastico italiano”.

Poi c’è la vicenda dei docenti beffati dalla così detta ‘quota 96’ per la quale i docenti della Gilda insegnati Roma hanno manifestato lo scorso 29 agosto sotto palazzo del Governo.
Anche per questa vicenda il coordinatore nazionale della Gilda insegnanti non usa mezzi termini: “È un’altra questione scandalosa”, dice subito alle telecamere di Gilda Tv e, purtroppo, non di rai uno.

Voglio semplicemente ricordare cosa è successo” – continua Rino Di Meglio – “Quando la Fornero ha fatto la riforma delle pensioni allungando i tempi a tutti e mandando in pensione chi, al 31 dicembre di quell’anno, aveva maturato determinati requisiti, ha dimenticato una cosa banale. Che nella scuola si lavora per anno scolastico e non per anno solare. Quindi migliaia di insegnanti e personale della scuola che aveva maturato il sacrosanto diritto ad andare in pensione esattamente come gli altri, solo che l’aveva maturato al 31 agosto e non al 31 dicembre, sono stati privati di questo diritto e la pensione gli è stata ritardata a chi per due, a chi per quattro, chi per sei o addirittura sette anni. Questa è una grossa ingiustizia, alla quale il Parlamento e il partito al governo si erano impegnati di mediare. Era tutto pronto, annunciato il passaggio di questa norma speciale per consentire, dopo due anni, il pensionamento dei colleghi di ‘quota 96‘, il 4 agosto la beffa.
All’improvviso il ministero dell’economia ha detto che non c’era risorse neppure per questa operazione. Questo – conclude il coordinatore Rino Di Meglio – non è un modo di procedere serio. Se noi dobbiamo insegnare in osservò il doveroso rispetto per le istituzioni e le leggi dello Stato, penso che tutti abbiamo il diritto di pretendere – al di là del colore politico – la serietà da parte di chi ci governa. Basta quindi con gli annunci. Quando si fanno le cose, le si fanno seriamente: ci si confronti, si ascolti e poi si facciano gli atti di governo”.

Alla fine dell’intervista il servizio da Catanzaro sulle immissioni in ruolo in Calabria curato dal sottoscritto lo scorso 29 agosto.

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Scuola: orario dei lavoro dei docenti a 36 ore?

Può sembrare ragionevole solo ai burocrati che passano 7 od 8 ore del giorno in ufficio. Pure Einaudi l’aveva capito: “La merce «fiato» perde in qualità tutto ciò che guadagna in quantità

Giuseppe Candido (*)

ernesto rossi
Ernesto Rossi, Caserta 1897 – Roma 1967

Il minimo di vita civile, come noi lo intendiamo” – scriveva nel ’42 Ernesto Rossi in Abolire la Miseria – “implica anche un minimo di cultura e di preparazione per mettere in grado tutti i cittadini di partecipare consapevolmente alla vita pubblica e di apprezzare i valori della nostra civiltà. L’insegnamento elementare gratuito non basta. Occorrerebbe che la scuola accompagnasse tutti i giovani fino ai diciassette o ai diciotto anni”.

“L’apparato della Scuola pubblica dello Stato, se fosse paragonato agli apparati del corpo umano, dovrebbe essere considerato” – scriveva Piero Calamandrei – “come l’organo che nel nostro corpo produce il sangue: l’organo che dona alla nostra società le cellule di cui esso stesso si costituisce e che, ovviamente, sono da considerarsi i cittadini”. 

Aggiungendo che,

“La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente, … non solo nel senso di classe politica, …, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie”.

Invece, immemori di tutto ciò, negli ultimi anni, a partire dal maestro unico, passando poi dalla riforma delle secondarie superiori fatta con tagli di ore e l’introduzione del “nuovo modo” per assolvere l’obbligo scolastico, ossia la formazione professionale delle regioni, la scuola è stata mortificata, svilita. Si è assistito ad una serie continua di tagli. Tagli ai fondi d’istituto, tagli al miglioramento dell’offerta formativa assieme al blocco degli scatti contrattuali.

Gli insegnanti delle scuole secondarie inferiori raggiungono, in media nei Paesi OCSE, il livello più alto della loro fascia retributiva dopo appena 24 anni di servizio, mentre in Italia, sono necessari ben 35 anni di servizio. E mentre nei paesi OCSE, tra il 2000 e il 2009, gli stipendi degli insegnanti sono aumentati mediamente di un 7%, in termini di potere d’acquisto, nel nostro bel Paese, sono invece diminuiti di oltre l’1%; a ciò si aggiunga il successivo blocco degli scatti d’anzianità. Negli ultimi 4 anni gli insegnanti hanno perso, in media, oltre 8mila euro del loro potere d’acquisto.

La scuola pubblica statale sembra essere diventata la fonte d’ogni spreco, per cui passibile di tagli. Tagli che si sono fatti, negli anni, badando solo al risparmio, alla diminuzione della spesa, ma senza un minimo di visione riformatrice unitaria in grado di dare alla scuola una nuova forma.

I dati rilevati nel 2011 dall’OCSE, l’osservatorio per la cooperazione e lo sviluppo economico, ci dicono che nel solo anno 2008, l’Italia ha speso il 4,8% del PIL per l’istruzione (posizionandosi al 29 posto su 34 Paesi), quasi un punto e mezzo percentuale in meno rispetto alla media dei paesi OCSE che è invece del 6,1%.

A tutto ciò si devono aggiungere gli effetti deleteri della nuova riforma col sistema della “formazione professionale” affidato alle Regioni e, da queste, a soggetti esterni privati che, spesso, hanno il solo fine del lucro e in una regione come la Calabria sono tutte attenzionate dalla magistratura. Tanto per fare esempi concreti basti solo ricordare le 106 persone denunciate dalla Guardia di Finanza perché i fondi europei regionali della formazione professionale venivano “utilizzati per finanziare corsi fantasma”. E la scuola pubblica cade a pezzi, le strutture sono spesso inadeguate dal punto di vista antisismico e molto spesso manca persino la carta per fare le fotocopie.

Nessuna riforma potrebbe condurre ad un aumento più rapido della ricchezza nazionale quanto un miglioramento delle nostre scuole, specialmente quelle medie, purché” – sottolineava già nel 1895 Alfred Marshall nei suoi Princìpi di Economia – “fosse accompagnato da un generoso sistema di borse di studio, che permettesse al figlio intelligente di un operaio di salire gradualmente da una scuola a quella superiore, finché non avesse ricevuta la migliore istruzione teorica e pratica che i tempi gli possano dare”.

Quando era il centrodestra ad approvare le riforme coi tagli sulla scuola, il centrosinistra tuonava ricordando Piero Calamandrei. Nel 2010, addirittura, il Partito Democratico lanciava l’allarme sulla scuola e, partendo dagli obiettivi di Europa 2020, sviluppava “dieci proposte per la scuola di domani”, ufficialmente approvate dall’assemblea di Varese quasi a mo’ di comandamenti. “Per il futuro dell’Italia, per tornare ad avere alti tassi di occupazione, produttività e coesione sociale”, si leggeva in premessa, “dobbiamo raggiungere un risultato molto concreto: dimezzare il nostro tasso di dispersione scolastica e triplicare il numero dei laureati”. Aggiungendo a chiare lettere che, “solo se sapremo investire sui saperi, scommettendo sulla qualità del capitale umano del nostro Paese e su una società della conoscenza diffusa, potremo tornare a crescere”. E scrivevano che, per raggiungere tali obiettivi sarebbe stato necessario “arricchire l’offerta formativa”, “attribuire alla scuola autonoma e all’autonomia di insegnamento quelle risorse necessarie per innovare la didattica della scuola superiore di primo e secondo grado”. Ecco, non avevano spiegato, però, che avrebbero voluto fare il tutto sensa metterci un euro.

Si potrà obbiettare che c’è stata la crisi. Ma allora bisognerebbe andare a rileggersi ciò che disse sulla scuola, Matteo Renzi per farsi dare la fiducia al Senato, forse in un eccesso d’ottimismo:

Al 1° luglio” – aveva solennemente dichiarato Renzi – “avendo affrontato i temi costituzionali, istituzionali, elettorali, di lavoro, di fisco, di pubblico impiego, di giustizia e impostato un diverso atteggiamento verso la scuola. … Noi pensiamo che non ci sia politica alcuna che non parta dalla centralità della scuola. (…) Qual è la priorità che questo paese ha nei confronti degli insegnanti? Sicuramente lo sa il Ministro dell’istruzione pubblica e dell’università: coinvolgere dal basso in ogni processo di riforma gli operatori della scuola. Ma c’è una priorità a monte: recuperare quella fiducia, quella credibilità, recuperare quella dimensione per cui se qui si fanno le cose, allora nelle scuole si può tornare a credere che l’educazione sia davvero il motore dello sviluppo. Chi di noi tutti i giorni ha incontrato cittadini, insegnanti, educatori e mamme sa perfettamente che c’è una bellissima e straordinaria richiesta che è duplice. Da un lato si chiede di restituire valore sociale all’insegnante, e questo non ha bisogno di alcuna riforma, ma di un cambio di forma mentis. (…) Ci sono fior di studi di economisti che dimostrano come un territorio che in veste in capitale umano, in educazione, in istruzione pubblica è un territorio più forte rispe tto agli altri. … Mi recherò nelle scuole, come facevo da sindaco, per dare un segnale simbolico, se volete persino banale, per di mostrare che da lì riparte un Paese. … È chiaro che il tema della scuola è parziale rispetto al grande tema dell’educazione. Si inizia con gli asili nido. Gli Obiettivi di Lisbona vedono oggi un Paese drammaticamente diviso in due, tra una parte dell’Italia che ha già raggiunto quegli obiettivi (con alcune città che stanno sopra il 40 per cento) e una parte dell’Italia … Metto a verbale che la scuola è il punto di partenza, e intervengo sulle quattro riforme che vi proponiamo, che vi proporremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Questo è quello che era stato detto in Senato. Belle parole. Oggi, però, come nota Lorenzo Misuraca dalle pagine del Garantista, si parla di accorciare gli studi a 4 anni di superiori e di portare l’orario di lavoro dei docenti dalle attuali 18 ore settimanali a 36 ore. Neanche a 24 ore settimanali come inizialmente ipotizzato dal ministro Profumo col governo Monti dovendo fare marcia indietro a causa delle proteste dei sindacati, ma addirittura a 36 ore, di cui sei ore (oltre le attuali 18) da dedicare frontali in classe per le supplenze dei colleghi e, ovviamente, senza il benché minimo aumento dello stipendio. La fabbrica del fiato. Col caldo estivo, quasi nel silenzio dei grandi media televisivi troppo attenti a tenere d’occhio la riforma del Senato per notare ciò che avviene nella scuola, il ministro dell’Istruzione Giannini e il suo sottosegretario Reggi, con lo slogan populista “più ore di lavoro, più qualità e più soldi per gli insegnanti”, preparano l’ennesima mortificazione dei docenti. Dimenticando ciò che, molto semplicemente, diceva Einaudi sulla scuola: “La merce «fiato» perde in qualità tutto ciò che guadagna in quantità”.

Il 21 aprile del 1913, sul Corriere della Sera, in un articolo titolato “La crisi scolastica e la superstizione degli orari lunghi”, Luigi Einaudi smontava la teoria di “Renzi e Giannini” che all’epoca pure si andava diffondendo.

“Da vent’anni a questa parte le ore di fiato messe sul mercato dai professori secondari è andata spaventosamente aumentando. Specie nelle grandi città, dalle 10 a 12 ore settimanali, che erano i massimi di un tempo, si è giunti, a furia di orari normali prolungati e di classi aggiunte, alle 15, alle 20, alle 25 e anche alle 30 e più ore per settimana. Tutto ciò può sembrare ragionevole solo ai burocrati che passano 7 od 8 ore del giorno all’ufficio, seduti ad emarginare pratiche. A costoro” – scriveva Einaudi – “può sembrare che i professori con le loro 20-30 ore di lezione per settimana e colle vacanze, lunghe e brevi, siano dei perditempo. Chi guarda invece alla realtà dei risultati intellettuali e morali della scuola, deve riconoscere che nessuna iattura può essere più grande di questa. La merce «fiato» perde in qualità tutto ciò che guadagna in quantità. Chi ha vissuto nella scuola sa che non si può vendere impunemente fiato per 20 ore alla settimana, tanto meno per 30 ore. La scuola, a volerla fare sul serio, con intenti educativi, logora. Appena si supera un certo segno, è inevitabile che l’insegnante cerchi di perdere il tempo, pur di far passare le ore. Buona parte dell’orario viene perduto in minuti di attesa e di uscita, in appelli, in interrogazioni stracce, in compiti da farsi in scuola, ecc., ecc. Nasce una complicità dolorosa ma fatale tra insegnanti e scolari a far passare il tempo, pur di far l’orario prescritto dai regolamenti e di esaurire quelle cose senza senso che sono i programmi. La scuola diventa un locale, dove sta seduto un uomo incaricato di tenere a bada per tante ore al giorno i ragazzi dai 10 ai 18 anni di età ed un ufficio il quale rilascia alla fine del corso dei diplomi stampati. Scolari svogliati, genitori irritati di dover pagare le tasse, insegnanti malcontenti; ecco il quadro della scuola secondaria d’oggi in Italia. Non dico che la colpa di tutto ciò siano gli orari lunghi; ma certo gli orari lunghi sono l’esponente e nello stesso tempo un’aggravante di tutta una falsa concezione della missione della scuola media”.

Una lezione, quella di Luigi Einaudi, che andrebbe certamente riletta attentamente prima di proporre riforme. Senza contare che, come hanno scientificamente dimostrato molte sigle sindacali del comparto con loro studi specifici, tra ore funzionali all’insegnamento, preparazione delle lezioni e correzione dei compiti, le 36 ore la settimana i prof italiani già li fanno.

* Giuseppe Candido, docente scuola media, militante partito radicale, dirigente provinciale Gilda degli insegnanti

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#Scuola: se governo pensa di levarci scatti e aumentare orari a parità di stipendio si sbaglia di grosso

#Scuola – Rino Di Meglio (Gilda insegnanti – Federazione Gilda-Unams): Se il governo pensa di levarci gli scatti di anzianità, di aumentare l’orario a parità di stipendio si sbaglia di grosso perché noi siamo pronti alla ripresa del nuovo anno scolastico a lottare per avere condizioni decenti.
Dopo l’incontro a con l’ARAN e i sindacati del comparto scuola per il recupero degli scatti stipendiali, la Gilda tv ha sentito Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti-Federazione Gilda UNAMS che parla di “amara soddisfazione”.

<< finalmente si è conclusa questa tormentata vicenda. Abbiamo sottoscritto il contratto, ad eccezione della Cgil e si è riservata di vedere se il governo manterrà le promesse di aumentare il fondo di istituto, tutti gli altri (sindacati del comparto scuola, ndr) abbiamo sottoscritto questo contratto che, certo, non ci rende felici, ma era il massimo possibile in questo momento. Non ci rende felici perché siamo perfettamente consci dell'operazione non vuole già fatto il governo che ha sottratto alla scuola i risparmi dai tagli derivanti dall'articolo 64 della legge 183, per questa operazione ci ha costretto a scaricarla sull'unica fonte disponibile che era il FIS.>>
La giornalista Paola buongiorno ci chiede allora nel dettaglio quanto troveranno in più nella busta paga i docenti.
<< Questo dipende - spiega Rino Di Meglio -dall'ordine di scuola e dalla posizione stipendiale, comunque mediamente saranno dai 100 ai € 150 netti a seconda dell'anzianità stipendiale. Comunque il recupero riguarda tutti gli insegnanti, anche quelli che non prenderanno immediatamente lo scatto si vedranno abbreviata di un anno la corsa dello scatto successivo. Sempre che il governo non ci riservi qualche altra amara sorpresa ... Verranno dati anche gli arretrati. Cioè a quelli che, nel 2012, dovevano percepire lo scatto verranno dati anche gli arretrati a seconda del mese, del giorno e dell'anno in cui avevano diritto a percepire lo scatto.>>
Quando ci saranno gli scatti in busta paga? Chiede allora la giornalista.
<< questo dipende dalla velocità del ministero dell'economia delle finanze. Penso che, conoscendo i loro tempi, ci vorranno un paio di mesi>>.
Poi la giornalista ancora più esplicitamente chiede se il governo non avrebbe potuto evitare questa lunga contrattazione e dare il dovuto e docenti.
<< Certo che potevano farlo>>, risponde Rino Di Meglio. << E siamo molto amareggiati perché qui, rispetto ai proclami che si fanno di attenzione alla scuola, purtroppo di sostanza ce n'è molto poca. Noi comunque da domani cominceremo la nostra battaglia con tutti i mezzi che iscritti e simpatizzanti ci daranno per riuscire, intanto, a recuperare lo scatto del 2013 che è rimasto fuori; in secondo luogo, per riuscire a ottenere un contratto che sia un contratto economico anche risarcitorio di tutti i danni che abbiamo subito >>.
Poi a proposito del nuovo contratto dei docenti di cui si parla sui giornali e di cui si apprende dalla stampa ti sarà un contratto diverso completamente nuovo a Giornalista vigila tv chiede al coordinatore della Gilda se è in grado di anticipare qualcosa.
<< parla di un contratto completamente nuovo; non capiamo dove vogliono andare, ma se il governo vuole pensare di levarci degli scatti d'anzianità, di aumentare l'orario a parità di stipendio, si sbagliano di grosso perché noi pensiamo che gli insegnanti, alla ripresa del nuovo anno scolastico, saranno pronti a lottare per avere condizioni decenti>>.

Testo a cura di Giuseppe Candido
Guarda il video dell’intervista …
http://youtu.be/sCyPJ1KPXJs
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#Scuola? Insegnanti donatori di neuroni in una scuola valutata coi test

E’ il senso oltreché il titolo – che mutua la nota metafora scientifica letteraria – dell’interessante convegno curato dall’associazione Articolo 33 e dalla Gilda degli insegnanti – Federazione Gilda Unams, il sindacato dei docenti confederato con i Sindacati Autonomi della CISAL-GGU.

Il docente in una scuola valutata con i test

è il sottotitolo che la dice lunga.

Nel video il servizio a cura della GildaTV

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La Gilda insegnanti critica cambiamento rotta governo su relazioni sindacali e propone istituzione di un comparto unico per tutti i prof

Gilda#Governo3
Salerno, 16 maggio 2014, Rino Di Meglio durante l’assemblea nazionale della Gilda degli insegnanti. Fonte: GildaTV

Una rivoluzione vera e logica: la riorganizzazione dei comparti in base alla funzione che uno esercita e non in base a dove lavora …

servizio video GildaTv.it

Trascrizione del testo e sintesi a cura di Giuseppe Candido (*)

Si è svolta a Salerno, lo scorso sedici maggio l’assemblea dei delegati nazionali della Gilda degli insegnanti.

Assemblea nazionale NO STOP, è il titolo dato alla tre giorni di dibattito e di critiche verso le recenti scelte del governo.

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Un momento durante l’assemblea a Salerno Fonte: GildaTV.it

Rino Di Meglio, coordinatore nazionale del sindacato dei docenti e dei lavoratori del comparto scuola “Federazione Gilda-Unams“, ha chiaramente denunciato il cambiamento di rotta del governo di Matteo Renzi intenzionato ad azzerare le relazioni sindacali.

“..La situazione dei rapporti sindacali con il ministero, – ha spiegato Di Meglio – siamo difronte a un grande cambiamento sia da parte del governo in generale, sia da parte della politica all’interno del ministero dell’istruzione. Qual’è il cambiamento? Il nuovo governo ha annunciato e attuato la fine della concertazione sindacale. E questo sta succedendo un po’ da per tutto (nei diversi comparti, ndr). … Non c’è più convocazione pubblica delle parti sociali da parte del ministro“.

Poi Di Meglio ha parlato del suo recente incontro, in qualità di rappresentante della Confederazione, col ministro della funzione pubblica, Madia:

Un incontro informale in cui ci siamo presentati, abbiamo scambiato le nostre idee. …

Il coordinatore Rino di Meglio spiega ai delegati di aver proposto al ministro della funzione pubblica una “rivoluzione della prevista riorganizzazione dei comparti del pubblico impiego. In pratica, la proposta della Gilda, oggi trasposta anche a livello di confederazione rappresentativa nei vari comparti del pubblico impiego, è quella dell’istituzione di un comparto unico della docenza in cui far confluire tutti i docenti di ogni ordine e grado:

“Siccome c’è in ballo … la riduzione dei comparti del pubblico impiego voluto da Brunetta” – spiega ancora Di Meglio – “ne ho approfittato anche a livello di confederazione e ho detto al ministro: visto che dovete fare solo quattro comparti, è l’occasione buona per una rivoluzione vera e logica. E cioè: fate un comparto dove stanno quelli che insegnano nella scuola, nell’Università, negli altri enti (di formazione, ndr); un comparto dei “tecnici” dove ci mettete dentro i tecnici delle varie amministrazioni e un comparto per gli impiegati (oltre a quello della sanità, ndr). Cioè, visto che bisogna fare questa riduzione, invece di farla in base al luogo dove uno lavora, fatela in base alle funzioni che uno esercita”.

Poi Di Meglio ricorda come, ogni volta che qualche governo si è mostrato favorevole alla proposta di un contratto specifico per gli insegnanti (che la Gilda in realtà propone come federazione di comparto da molti anni), poi le cose sono andate diversamente. Questa proposta, ribadisce Rino Di Meglio, sarà sostenuta anche a livello di confederazione, fino all’ultimo e, ha aggiunto:

“Vi garantisco che anche a livello di confederazione non firmerò nessun accordo che sia diverso da questa proposta che ci porti a ottenere il comparto della docenza”.

Poi, durante il corso della tre giorni, si è parlato di precariato, politiche sindacali, recupero degli scatti del 2012 e persino delle politiche sinora attuate per gli alunni con bisogni educativi specifici (BES).

Gilga#Governo

 

 

 

 

 

 

 

(*) Giuseppe Candido è dirigente provinciale Gilda insegnati Catanzaro, Fed. Gilda Unams-Calabria

 

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Star bene a scuola … per ridare un senso alla professione docente

Star bene a scuola: è questo il titolo del Convegno Nazionale svoltosi a Lamezia Terme (CZ) lo scorso 7 maggio, organizzato dalla Federazione Gilda Unams della Calabria – Gilda Insegnanti,  in collaborazione con il Centro Studi nazionale e l’Associazione Docenti articolo 33, “per ridare un senso alla professione docente“.

Al convegno è intervenuto anche l’assessore regionale all’istruzione alla cultura Mario Caligiuri: “Il livello di benessere di una civiltà è correlato con il suol livello sostanziale di cultura“; Caligiuri è stato così gentile da rilasciarci anche una breve video intervista. (a cura di Giuseppe Candido)

La federazione Gilda Unams – Gilda degli insegnanti coordinata, in Calabria, dal professor Antonino Tindiglia ha fortemente voluto questo convegno nazionale per affrontare il tema della trasformazione, avvenuta negli ultimi decenni, della professione docente e del disagio correlato al nuovo clima che si vive nelle scuole.

Perché l’usura e lo stress dal lavoro correlato è così alta tra i docenti? E perché intervengono stanchezza e disaffezione, dopo anni di insegnamento?

In pratica queste le domande ai quali i relatori del convegno, tra cui il professor Vittorio Lodolo D’Oria medico specialista esperto in patologie professionali degli insegnanti e autore di numerose pubblicazioni, ti ho parlato di insegnamento come professione al rischio salute mentale, Fabrizio Roberschegg, presidente dell’associazione docenti articolo 33 e membro del centro-sud i nazionali della Gilda degli insegnanti che, nello specifico, ha relazionato sul disagio degli insegnanti e le ricadute sulla professione docente, e Gianluigi Dotti, responsabile del centro studi nazionale della Gilda degli insegnanti e che ha parlato del “clima scolastico” relativamente quello che è emerso da un’indagine sul “disagio della professione docente”.
Un corso riconosciuto dal MIUR con nota del 14 aprile 2014 come specifica attività di formazione“, ma che, per il professor Tindiglia, “molti dirigenti scolastici hanno avuto difficoltà a riconoscere come tale e, in alcuni casi, hanno persino ostacolato la partecipazione dei docenti al corso stesso”.

Di seguito, l’intervista al dott. Vittorio Lodolo D’Oria (a cura di Giuseppe Candido)

Il risultato sono stati un bellissimo convegno e una sala piena di docenti interessati ad aggiornarsi e informarsi sull’importante tema riguardante, appunto, salute e benessere dei docenti, ma anche, indirettamente, degli alunni.

Per vedere l’intero intervento del dott. Lodolo D’Oria, sul sito www.GildaTv.it è disponibile la sintesi della giornata a Lamezia e l’intera giornata a Bari.

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Catanzaro: il Collegio naz. dei probiviri della Gilda annulla il deliberato della Gilda di Catanzaro coordinata dal prof. Tindiglia

Esiste un giudice a Berlino? Si, nella Gilda a livello nazionale esiste. Ma andiamo con ordine per raccontare una storia che i colleghi iscritti devono pure conoscere. E’ giusto che sappiano nell’ottica del “conoscere per deliberare” di enaudiana memoria.

Il tutto inizia quando chi scrive, dopo essere stato eletto membro della direzione provinciale della Gilda degli insegnanti durante il congresso provinciale del maggio del 2012, chiede di poter prendere visione degli ultimi bilanci consuntivo e preventivo approvati dalla direzione e che non erano stati resi pubblici agli iscritti durante l’assemblea provinciale.

A tal fine ricordo che, ai sensi dell’art. 6 del regolamento d’attuazione dello statuto della Gilda degli insegnanti, il bilancio preventivo e consuntivo approvati dalla direzione provinciale, ogni anno entro il primo bimestre, “sono a disposizione di tutti i soci”. O almeno dovrebbero.

Dopo avermi risposto che non potevo vedere i bilanci di quando non ero ancora membro del direttivo, il coordinatore provinciale Prof. Tindiglia, su segnalazione di due iscritti non eletti al congresso, propone al direttivo di dichiararmi “incompatibile con la carica di dirigente sindacale della Gilda” perché, a suo dire, il sottoscritto è dirigente pure in un altro sindacato.

Il 22.01.2013 il Prof. Tindiglia convoca il direttivo provinciale che decide a maggioranza di dichiarami incompatibile nonostante avessi prodotto, sin da subito,  una mia personale dichiarazione, sostitutiva di atto notorio, attestante che il sottoscritto non ricopriva nessuna carica in altri sindacati, né partiti politici, già dal dicembre 2011. Niente, per loro rimango incompatibile.

E neanche il ricorso ai probiviri provinciali sortisce effetti positivi perché, nonostante anche lì con voto a maggioranza, il collegio rigettò il mio ricorso. Il professor Tindiglia gli aveva addirittura presentato una relazione circa la mia decadenza nella quale si legge testualmente che “quanto riportato nella relazione del Prof. Candido (intendendo la mia auto dichiarazione) difforme dai fatti esposti, sono solo illazioni che saranno esaminate attentamente per una maggiore tutela”.

Solo illazioni, dunque. Tindiglia ha il coraggio di scrivere pure di aver “accertato anche che il prof, Giuseppe Candido è componente la segreteria nazionale e regionale del Partito Radicale”. Per cui, per Tindiglia, esisteva addirittura una doppia causa per la mia incompatibilità. Purtroppo per Tindiglia però, anche questo è risultato essere falso. Un’altra menzogna utilizzata ancora nel tentativo di screditarmi e togliersi dai piedi chi aveva avuto il “torto” e l’ardire di chiedere di vedere i bilanci, di come, cioè, si spendono i circa 50.000 euro che, ogni anno, entrano nelle casse lametine della Gilda degli insegnanti di Catanzaro, sulla base delle trattenute operate sugli stipendi dei circa 700 colleghi iscritti. Incompatibilità false per togliermi dai piedi che però, il prof. Tindiglia, sostiene spregiudicatamente di aver addirittura “accertato”. Se è vero infatti che il sottoscritto è stato componente del comitato nazionale di Radicali italiani nel 2008 e nel 2009, è pure vero – come facilmente verificabile su tutti i siti ufficiali – che, dopo quella data, non ho più avuto nel partito radicale, dove tutt’ora milito, né in altri partiti nessuna carica per nomina né elettiva.

Lo scorso 28 settembre, finalmente, il giudizio definitivo: il collegio nazionale dei probiviri della Gilda degli insegnanti, al quale mi ero rivolto ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto dell’associazione, ha disposto “l’annullamento della delibera del 22.01.13 del direttivo provinciale della Gilda degli insegnanti di Catanzaro con conseguente reintegro del suddetto professore quale membro del direttivo in questione perché”, come loro stessi scrivono, “è stato rilevato che al momento dell’assunzione dell’incarico di membro del direttivo, no
n sussisteva alcuna causa di incompatibilità, ai sensi dell’articolo 8 (dello Statuto ndr), e men che meno alcuna situazione di ineleggibilità
“.

Giuseppe Candido (membro reintegrato direzione provinciale di Catanzaro della Gilda degli insegnanti)

A questo link il dispositivo del Collegio Naz. dei Probiviri della Gilda del 28.9.13

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