Archivi tag: Marco Pannella

Frana la Calabria, è la “peste” idrogeologica

La frana in località Foresta del Comune di Petilia Policastro, in provincia di Crotone, dove sabato 31 gennaio è crollata un’intera palazzina e altre tre sono state evacuate, è l’ennesimo esempio di eventi – talora anche più disastrosi – che, ogni qualvolta piove un po’ di più, si generano diffusamente per tutto il territorio calabrese.

Un territorio che, come ha ricordato l’attuale presidente dei geologi calabresi e come da tempo ci dice la scienza ufficiale, ha il 100% dei comuni con aree a rischio frana e/o alluvione.

di Giuseppe Candido

Una storia, quella di Petilia, che si ripete sistematicamente e che, per commentarla, basterebbe ricordare ciò che il presidente dell’ordine dei geologi scriveva, oltre quarant’anni fa, a seguito degli eventi alluvionali del dicembre del 1972 e gennaio ’73 in Calabria : già allora, i custodi della terra,ravvisavano nell’erroneo, distorto e  speculativo uso del suolo, la causa prima Dello sfasciume idrogeologico“.
E a queste parole aggiungevano che “l’aver sempre trascurato la natura del suolo, la consistenza e la distribuzione delle risorse naturali, ha portato a scelte urbanistiche che sono entrate in contraddizione con il territorio stesso”. Continua la lettura di Frana la Calabria, è la “peste” idrogeologica

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A SCIASCIA PIACEVA: SERGIO E’ INFLESSIBILE, TENACE

Alla faccia dei teorici e dei pratici della “rottamazione”

di Valter Vecellio

“In questo momento servirebbe un nuovo Pertini…”. Si consumano le ultime ore di un 2014 tormentato, quando Matteo Renzi confida ai suoi più fidati collaboratori quello che per lui è il candidato ideale per il Colle. Pertini: il vecchio, carismatico leader socialista quando esserlo significava carcere e persecuzione; uno che dice tutto quello che pensa, anche se a volte è meglio limitarsi a pensarlo, quello che scappa di bocca; burbero, un nonno di irresistibile simpatia e con un pessimo carattere, a cui tutto si perdona e si concede…Non sembra proprio un “nuovo Pertini” il nuovo inquilino del Quirinale. Secondo Guido Bodrato, democristiano della prima Repubblica che conosce molto bene Mattarella, lo stima e gli è amico, “non è un presidezialista…Se è vero che Renzi ha preferito Mattarella a Prodi, è perché Prodi, da ex premier, come capo dello Stato avrebbe sicuramente invaso l’area del presidente del Consiglio, cosa che Mattarella non farà”. Continua la lettura di A SCIASCIA PIACEVA: SERGIO E’ INFLESSIBILE, TENACE

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E invece io dico che NON dobbiamo chiudere il Partito Radicale

Laura Arconti (*)  @LaurArconti1

Il Garantista dell’undici gennaio pubblicava un articolo del Radicale storico Angiolo Bandinelli dal titolo “Io dico che dobbiamo chiudere il Partito Radicale”.

Leggo il “Garantista” al mattino prestissimo, online: sono abbonata, ma l’edizione cartacea viene regolarmente requisita dalla disfunzione di Poste Italiane, e mi arriva in pacchi di dieci/dodici numeri arretrati, due o tre volte al mese. È vergognoso, e forse dovrei denunciare Poste Italiane per interruzione di servizio pubblico. Ma questo è un altro discorso. Continua la lettura di E invece io dico che NON dobbiamo chiudere il Partito Radicale

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GIULIA MASSARI, IL RICORDO DEL PARTITO RADICALE

Dichiarazione di Marco Pannella, Maurizio Turco, Valter Vecellio:

Con la morte di Giulia Massari i radicali perdono una compagna, un’amica di sempre, che da sempre sosteneva le iniziative e le battaglie per i diritti civili ed umani che nel corso di questi sessant’anni si sono portate avanti. Formatasi alla irripetibile scuola giornalistica del “Mondo” di Mario Pannunzio, Giulia Massari è stata radicale di quel Partito Radicale che aveva come simbolo la donna con il berretto frigio, ma lo è stata per anni, ininterrottamente, anche nella successiva fase, di rilancio del Partito Radicale, testimone e insieme discreta partecipe di quella grande stagione di progresso e civiltà che ha visto i radicali promotori e animatori.

Non c’è praticamente stata battaglia o iniziativa politica radicale che non abbia visto Giulia schierata con generosità e impegno, si trattasse della lotta per il diritto dei radicali a essere conosciuti e giudicati, alle campagne per “Emma for President”, per la moratoria della pena di morte alla campagna internazionale contro le mutilazioni genitali femminili. Un impegno testimoniato dalla puntuale iscrizione, anno dopo anno al Partito e ai suoi soggetti costituenti. Ciao, Giulia. Chi ha avuto la fortuna e il privilegio di conoscerla, sa che aveva un grande culto, quello della libertà. Non dimenticheremo il tuo impegno, la tua onestà intellettuale, la tua coerenza e il tuo rigore sono per noi un esempio e uno sprone per continuare in quello che abbiamo creduto e crediamo.

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In un Paese così … iscrivetevi @Radicali e abbonatevi @ilGarantista

di Laura Arconti (*)[twitter_follow username=”@LaurArconti1″ count=”false” language=”it”]

Pubblicato su Cronache del Garantista

A volte ci si chiede come definire un Paese in cui si muore di carcere e ci si uccide per debiti. Un Paese in cui si può perdere la vita a causa di un “disastro naturale” quando un nubifragio si abbatte su fiumi e torrenti dagli argini dissestati, o un terremoto arriva su costruzioni messe in piedi con mattoni forati, poco cemento e tante bustarelle.

Un Paese in cui i pensionati sociali ricevono una elemosina insufficiente anche solo ad un pane e una tazza di latte quotidiani, e un invalido grave riceve un rimborso di accompagnamento di circa 16 euro al giorno, che basta a pagare un aiuto per non più di due ore al giorno mentre per tutti il resto del tempo il disabile deve arrangiarsi da sé o restare immobile a vegetare.


 

 

 


E mentre nel frattempo ogni giorno si scoprono falsi invalidi che percepiscono indebitamente denaro perché medici infedeli hanno certificato malanni inesistenti, e mentre manager pubblici sono pagati a peso d’oro e le strutture – anche parlamentari – che dovrebbero essere al servizio del popolo costano cifre enormi e svuotano le tasche dei contribuenti.

Un Paese in cui il piccolo imprenditore o il lavoratore “autonomo” (che ha poca autonomia perché vincolato da leggi, regolamenti, ordinanze d’ogni tipo) passa il suo tempo a dibattersi nelle difficoltà burocratiche anziché rispondere alla legge universale del confronto sulla qualità, e della libera concorrenza.

Un Paese in cui si pagano le tasse sul denaro guadagnato col proprio lavoro, e se di quel guadagno si risparmia una parte pensando previdenti al futuro e la si investe, di nuovo poi si paga una tassa su quella stessa pecunia che si riteneva già affrancata dal tributo pagato.

Un Paese in cui i governi occultano, la stampa acquiescente ignora e cancella diritti, e partiti di massa si accordano sul modo migliore di sottrarre al popolo quella sovranità che la Costituzione gli attribuisce: e lo fanno accantonando i loro stessi princìpi, valori, tradizioni, storia, pur di conservare il potere e la forza prevaricante.

Un Paese in cui nonostante tutto questo si fa festa perché la tecnologia nata dalla genialità di menti italiane ha collaborato a far saggiare di che materiale è fatta una cometa, dopo un viaggio lungo dieci anni e dopo altri dieci anni di ricerche: il che è legittimo, perché bisogna sapere tutto su ciò che ci circonda, tutto sul contesto in cui viviamo. E poco importa se poi vengono nascoste le nozioni, le conoscenze su ciò che accade agli esseri viventi giorno per giorno; poco importa perché a nessuno è chiaro che il diritto a conoscere la verità è un diritto umano e civile di pari valore rispetto al diritto di vivere liberi e con pari dignità rispetto ai proprio simili.

 

Penso che questo sia un Paese giunto al tempo terminale di un complesso di malattie gravi: un Paese schizofrenico, in preda a carenze cognitive, dissociato da ogni logica, avulso dalle proprie stesse radici originali.

Messi all’angolo, ignorati da chi scrive e di conseguenza da chi legge i mezzi di comunicazione, ignoti all’opinione pubblica al punto che non se ne conosce l’esistenza, resistono al disastro un quotidiano ed uno smilzo gruppo di visionari che hanno per religione la libertà e per legge il rispetto delle regole.

Il quotidiano, scritto da volontari coraggiosi e da collaboratori occasionali che ancora nutrono speranze, lotta ogni giorno con l’ostilità del sistema distributivo, con gli edicolanti che non vogliono “seccature”, con la posta che non consegna il giornale agli abbonati: il suo nome é “Cronache del Garantista”.

E quei quattro matti visionari che quando dicono “politica” pensano alla polis, e si studiano di produrre qualcosa di utile per i cittadini, che sono stati scacciati dalle istituzioni perché estranei ad ogni patteggiamento e malversazione, e ancora lavorano guardando alla stella polare di un futuro migliore per cittadini uguali fra loro, si chiamano da sessant’anni “Radicali”.

Pannella Senatore a Vita
Il Garantista del 3 dicembre pubblica la lettera di Bertinotti in cui si chiede di nominare Pannella Senatore a vita

Se questo Paese non è davvero giunto alla fase terminale della sua irresponsabilità, dovrebbe sostenere questi ultimi due presidi di speranza -questo giornale e questi Radicali- contribuendo economicamente, offrendo qualche soldo per il lavoro quotidiano, abbonandosi al giornale e iscrivendosi al Partito Radicale: che non hanno legami di interdipendenza fra loro, se non quelli della stima reciproca e della “simpatia”, cioè (secondo l’étimo greco) della scelta univoca del sentire, di sentimenti e pensiero.

Passate parola, voi che leggete. Diffondete queste considerazioni e le convinzioni che ne scaturiscono. Pubblicatele nelle vostre pagine Facebook, trasformatele in tweet ripetuti, stampatele e fatele leggere ai vostri amici, ai parenti, ai colleghi, ai vicini.

Tu che mi leggi, chiunque tu sia, se hai a cuore questo nostro Paese, se hai capito la sua vocazione europea tuttora frenata dall’ignavia e dalla corruzione, muoviti, fai qualcosa, aiutaci a dar voce alla speranza: non lasciare che l’egoismo e i fanatismi uccidano l’anima del futuro.

(*) Laura Arconti, esempio di militanza storica del partito di Pannella, già presidente di Radicali, oggi è componente della direzione di Radicali Italiani.

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L’articolo di Puggiotto su “il Manifesto” e la #censura dei @Radicali

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L’articolo di A. Pugiotto su il Manifesto del 24/01/2015

di Ilari Valbonesi (*)
Non so quanti di voi abbiano letto l’articolo che allego: Bonino, i radicali e il potere sul corpo di Andrea Puggiotto, oggi sul Manifesto, p.15 e segnalato come “importante” da Angiolo Bandinelli.
Non entro in merito né sull’appropriatezza dei concetti, né sul contenuto “estetizzante” né sull’uso retorico del linguaggio tutto volto a disegnare una parabola in cui l`inviolabilità della persona umana postula il potere di ciascuno di disporre del proprio corpo.
Tralascio anche le conseguenti osservazioni sulla devastante temporalità dispiegata nella chiusa dell’articolo con la frase «siamo gente d`altri tempi, speriamo futuri», devastante, a mio modesto avviso, dal punto di vista politico.
Mi chiedo – e Vi chiedo – invece, se articoli come questi riecheggino o potenzino oppure censurino l’appello di Marco e di Emma alle ISCRIZIONI.
Personalmente credo che proprio questi articoli non aiutino la politica radicale, semmai depotenzino, al limite censurino tecnicamente la necessaria assunzione di responsabilità politica e di azione in prima persona: «Io non sono il mio tumore» infatti mentre il governo falsa le presenze in carcere e imbroglia la corte europea, Blair mente e dilaga il terrorismo e il fanatismo, e si continua a non volere abolire l’ergastolo né inserire il reato di tortura nel nostro codice penale.

(*) Ilari Valbonesi è componente del Comitato nazionale di Radicali Italiani

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Il Primo Presidente della Cassazione da’ ragione ai #Radicali

di Valter Vecellio

Valter Vecellio
Valter Vecellio, redattore TG2 e direttore di Notizie Radicali

Il Primo Presidente della Corte di Cassazione aprendo l’Anno Giudiziario 2015 ha dovuto riconoscere che i richiami e gli inviti del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Governo, al Parlamento e alla classe politica, circa l’urgenza e la centralità della questione Giustizia, sono rimasti inascoltati; e si tratta comunque di richiami fondati, giustificati, l’esatta diagnosi e denuncia della situazione, gravissima, in cui il Paese si dibatte e sprofonda: la conferma di quanto, da anni, i radicali, Marco Pannella e Rita Bernardini, per primi sostengono e propongono, inascoltati. Magra consolazione, ma anche incoraggiamento a insistere e non mollare.

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Sciogliere #Radicali? Ecco perché propongo di #NonMollare

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L’articolo di Bandinelli pubblicato su Cronache del Garantista, l’11 gennaio

Ho letto con grande attenzione l’articolo di Angiolo Bandinelli pubblicato domenica 11 gennaio sulle Cronache del Garantista, nel quale – da componente della direzione di Radicali italiani – Angiolo ha affermato che, al Comitato nazionale eletto al congresso di novembre che si riunirà per la prima volta da venerdì 16 a domenica 18 gennaio, proporrà di scogliere il movimento Radicali italiani come “primo passo verso la ugualmente necessaria,” – a suo dire – “responsabile chiusura degli altri soggetti costituenti la galassia radicale”.

di Giuseppe Candido (*)

Con altrettanta attenzione ho letto la mail indirizzata ai membri del comitato e con cui Rita ha inviato le sue “osservazioni”, in attesa di “dire la sua” nella direzione nazionale; e, devo dire, ho letto anche qualcuna delle e-mail circolate in risposta a quella di Rita.

Nel suo articolo, Angiolo afferma che “la galassia Radicale non vive”. Anzi, aggiunge il termine: “sopravvive”. E scrive che non possiamo accettare come “destino inevitabile” il fatto di essere ridotti alla “sopravvivenza”; che non possiamo accettare di essere divenuti “un alibi”.

Poi, per argomentare le motivazioni, Bandinelli ricorda le campagne iscrizioni del ’72 e del 1987, titolata O li scegli o li scogli, e con le quali, il partito, – ha ricordato – “provocò uno slancio di entusiasmi” e diecimila iscrizioni tra cui premi Nobel, ex terroristi, carcerati e personalità del mondo dello spettacolo e della cultura.

foto:
Angiolo Bandinelli

“Nei tempi in cui il messaggio alle Camere del Presidente e quello di Papa Francesco a Pannella che gli dice di avere coraggio e lo invita a non mollare, vengono ignorati spudoratamente”, Angiolo si domanda se, oggi, come nel 1987, ci sia qualcuno in grado di “immaginare una risposta ugualmente planetaria alle attuali difficoltà di Radicali italiani e dell’intera galassia”.

Chiedendo questo Bandinelli sa bene, però, che tra noi c’è Pannella che, in realtà, non solo immagina ma pre-vede che, qualora potessimo esser conosciuti nelle nostre battaglie e ri-conosciuti nelle nostre proposte, se potessimo andare in televisione per fare un appello, per spiegare – davvero – “il perché”, oggi, come nel 1987, è importante, è fondamentale questione di vita o di morte, iscriversi al Partito Radicale e agli altri soggetti della galassia, le iscrizioni arriverebbero eccome. E lo sa bene pure Angiolo che ascolta le fluviali conversazioni con Vecellio e con Bordin, per Pannella le iscrizioni arriverebbero addirittura a migliaia, se non a centinaia di migliaia, proprio dalle suore e dai preti.

Ma c’è un altro aspetto che, secondo me, rende “discutibile” e perciò assai utile l’artico di Bandinelli: è quello in cui Angiolo sottolinea come, nel 1987, e nel 1972, quelle reazioni all’appello “O li scegli oppure li scoglifurono possibili “grazie all’impegno concorde e mirato del gruppo dirigente radicale”. Impegno, ripeto, che Angiolo ricorda fu concorde e mirato a quell’obiettivo. Il raggiungimento di 10mila iscritti, nel 1987, che era l’obiettivo di allora.

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Giuseppe Candido

Non credo che quello di Angiolo sia solo il frutto di disperazione, né di assenza di speranza. Anzi. È la presa d’atto che, se non ci muoviamo concordi e mirati, non potremo più neanche essere speranza di alternativa democratica per questo Paese che non si accorge dei messaggi di Napolitano e censura persino Papa Francesco.

Tralasciando gli aspetti tecnici del non arrivare al “dopodomani” che, magari, Maurizio Turco potrà meglio spiegarci, credo che quello di Angiolo sia piuttosto un utile contributo al dibattito. Ad aprire un dibattito. O ci poniamo – come gruppo dirigente e anche come semplici militanti – l’obiettivo concreto di raggiungere una quota X di iscritti che ci consenta di pagare i debiti e arrivare al prossimo congresso, oppure non siamo in grado di arrivare neanche al dopo-domani. Credo che il passaggio fondamentale da leggere di quell’articolo sia proprio quello del richiamo all’impegno “concorde e mirato” del gruppo dirigente, che oggi non c’è. Almeno per quanto riguarda il rendersi conto che, se non facciamo qualcosa, se non ci poniamo l’obiettivo di raggiungere X iscritti nei prossimi mesi, non esistiamo più. Non credo che Angiolo abbia voluto dire che possiamo fare a meno del Partito Radicale o degli altri soggetti. Né che possiamo – noi né il Paese – fare a meno di Soggetti radicali come l’Associazione Luca Coscioni, o come Nessuno Tocchi Caino e NPWJ che, con le loro lotte, – in parte vinte in parte ancora in corso – hanno cambiato non solo il nostro Paese ma anche il resto mondo. Credo che quello di Angiolo sia uno stimolo – una sfida – per tutti noi, compagne e compagni radicali, che spesso non ci rendiamo conto; impegnati in altri obbiettivi, non concordi nello sforzo che si dovrebbe oggi compiere, crediamo – magari – di poter lavorare per elaborare questa o quella proposta politica, senza capire che stiamo cessando di esistere senza che nessuno ci sciolga.

Sentendo qualche compagna e leggendo qualche mail, mi son reso conto che, in realtà, siamo in pochi ad aver capito che la baracca sta chiudendo. Nonostante le conversazioni di Pannella e gli appelli ad iscriversi di Maurizio Turco (che continua a ripetere che “il partito radicale ha ad oggi debiti per 450mila euro … cifra pari all’intero autofinanziamento del 2014 tra iscrizioni al PR e iscrizioni a pacchetto che … ha delle sue oggettive conseguenze) e di Rita.

Credo che dovremmo imparare da Emma che ci da’ esempio di classe dirigente: annuncia il suo tumore, dice: “io non sono il mio cancro,” e chiede ai malati come lei di sostenerla iscrivendosi al Partito. Emma chiede di iscriversi a chi le vuol bene, a chi – come lei – ha una patologia, anche grave, ma lotta e non molla di lottare.

Credo che dovremmo impegnarci tutti, se non vogliamo farci scogliere, a passare da i mille che siamo a 10.000 almeno. Come? Facendo “iscrizioni porta a porta”, chiedendo all’amico di iscriversi; anche elemosinando un’iscrizione come “questione di vita o di morte “del soggetto politico che – in sede Onu – continua a coordinare lotte come quelle per la moratoria delle esecuzioni capitali e delle mutilazioni genitali femminili, o come quelle del tribunale penale internazionale.

La risposta all’articolo di Angiolo più bella che ho letto tra le mail (tante) che ho ricevuto e letto in questi giorni dai compagni non è arrivata dalla mailing del comitato, ma sia stata quella di Rocco, compagno calabrese, un “semplice” militante, che cito testualmente:

Io mi sono iscritto a Radicali italiani questa mattina. Spero tra qualche settimana di poter rinnovare la tessera anche a quella del PRNTT. Ora non c’è una lira 😛

Poi candidamente aggiunge:

Il bello è che poco dopo ho letto le parole di Emma con le quali invitava tutti ad iscriversi! Che dispiacere sapere del suo tumore. Ma è una donna forte, … pensa che splendida Presidente della Repubblica sarebbe! Noi italiani ne abbiamo passate tante, ce la meriteremmo una come lei 😀”.

E sempre dopo l’appello di Emma, il 13 gennaio, mi chiama Antonio Giglio, il consigliere comunale di Catanzaro che, lo scorso anno, aveva preso la sola tessera del PRNTT. Non posso rispondergli subito perché – quando mi chiama – sono a scuola. Allora mi manda un sms che, anche questo, consentitemi, cito testualmente:

Rinnovata iscrizione al transnazionale, e iscritto a Nessuno tocchi Caino. Il mese prossimo a Radicali italiani”.

Ecco: credo che questi due messaggi riassumano bene quello che dobbiamo fare; non mollare ed esser noi il cambiamento che vogliamo vedere. Anch’io ho rinnovato la mia iscrizione al Partito e a RI, e mi appresto a completare il pacchetto. Questo paese non può fare a meno dei radicali e di quella scossa di legalità di cui ci facciamo portatori.

Qualcuno, appena qualche giorno fa, proponendomi di collaborare all’elaborazione di una proposta politica, mi diceva che “non possiamo continuare ad occuparci solo di carceri e amnistia”. Che dovremmo “ampliare l’offerta politica”. Insomma, il ritornello che saremmo “monotematici”. Personalmente non credo sia così. Ci occupiamo solo di carceri?, ho risposto. Ricordando che, Pannella, tornato dal Niger dove era stato per conquistare un ulteriore voto contro la pena di morte, prima di rientrare a Roma, è riuscito persino ad essere presente – in Calabria – per presentare il mio libro sul dissesto idrogeologico, rischio sismico e rifiuti. Giustizia, carceri, soltanto? Moratorie ONU, legalizzazione e contro la droga delle criminalità organizzate. Abbiamo una offerta politica che fa paura, come è possibile dire a noi stessi che siamo monotematici. Le proposte ci sono. Eccome. Il problema è l’informazione. Se non ti conoscono, politicamente non esisti. Allora, come se ne esce?

Innanzitutto ponendo al comitato il mio voto contrario alla proposta di chiusura e, prioritariamente, impegnandomi come dirigente, ma anche come “semplice” militante, a far sì che, nel 2015, la mia iscrizione diventi portatrice di speranza e ne produca almeno altre 10; anche mendicando questo come “contributo alla vita” del partito radicale. Siate voi il cambiamento che volete nel Mondo, diceva Gandhi. E se i mille iscritti che siamo facessimo la stessa cosa, cominciando noi dal comitato a dare l’esempio “concorde e mirato”, oltreché dalla direzione, credo che, anche oggi, potremmo immaginare di raggiungere l’obiettivo di scegliere di continuare a far vivere il partito Radicale.

(*) Comitato nazionale di Radicali italiani

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#CharlieHebdo: Salvini predica intolleranza, Pannella in Francia contro razzismi e per la libertà d’espressione

Mercoledì 7 gennaio e i due giorni di terrore e morte successivi, la Francia non li dimenticherà facilmente. Come non dimenticherà i venti morti in tre giorni che l’hanno leteralmente sconvolta assieme al resto d’Europa.
Gli autori della strage del Charlie Hebdo, i fratelli Kouachi, sono stati uccisi durante il blitz della gendarmeria all’interno della tipografia dove si erano barricati dopo una fuga roccambolesca e nella quale hanno lasciato briciole un po’ come Pollicino. E dopo i 4 morti nel supermercato Kosher, anche Coulibely, l’altro attentatore che inizialmente sembrava totalmente scollegato dai primi due, è stato freddato dalla polizia, ma Hayat Boumedienne, l’altra terrorista, in modo altrettanto roccambolesco, è riuscita a fuggire – pare – confondendosi addirittura con gli altri ostaggi.
Il nuovo direttore di Charlie Hebdo, il giornale satirico preso di mira dai due terroristi franco-algerini, dice che la testata non morirà e che, a breve, riprenderanno le pubblicazioni. Qui la religione non centra”, dice ai giornalisti, “siamo difronte a dei matti che sparano”.
A Parigi si terrà oggi la marcia repubblicana in memoria delle vittime e in difesa dei valori: libertà d’espressione e libertà di stampa. Valori brutalmente presi d’attacco dai due folli,; valori cui né la Francia e né l’Europa intendono rinunciare perché – come ha sottolineato il Presidente della Repubblica Napolitano nell’esprimere rammarico e cordoglio per quanto stava accadendo oltr’Alepe – “baluardi della nostra democrazia”.
Alla marcia parigina ci sarà anche Marco Pannella, 85 anni il prossimo 2 di maggio, provato da numerose visite nelle carceri e giorni di sciopero della fame e della sete che hanno rischiesto persino un ricovero “preventivo”, non rinuncia però ad andare a Parigi per portare la rappresentanza del partito radicale in solidarietà alla Francia, a CharlieHebdo e alla libertà d’espressione.
Mentre Marie Le Pen promette un referendum per reintrodurre la pena di morte e Matteo Salvini continua a cavalcare la tigre dicendo che dobbiamo chiudere le Moschee e fermare l’immigrazione, Marco Pannella e molti compagni radicali, dopo esser stati ricevuti dall’Ambasciatrice francese in Italia venerdì, oggi saranno a Parigi per stare a affianco ad Holland e ai francesi: “Demain je serai présent” – annuncia da FaceBook – “à la marche républicaine à Paris pour #CharlieHebdo, #RadicalParty, JeSuisCharlie MarekHalter”.
Come ha ricordato Bertinotti dalle colonne delle Cronache del Garantista, “l’odio non ci salverà”. “È necessario – ha detto invece – “impedire che l’orrore si trasformi in odio”. Ed io concordo con questa visione. Come sono sicuro che non ci salverà neanche l’intolleranza. Possiamo pensare, davvero, che Oriana Fallaci avesse ragione? Che siamo immersi in un processo di accettazione del terrorismo islamico, in nome di una tolleranza del diverso? Violando leggi e direttive europee e speculando sull’assistenza, noi li rinchiudiamo i diversi, rinchiudiamo i rom, nei campi di identificazione. Rinchiudiamo i migranti clandestini in attesa della loro identificazione come avessero commesso i peggiori crimini. E dopo l’attentato in Francia, il populismo anti-Islam, il razzismo anti-migrante, la guerra contro la diversa religione, sono fenomeni destinati a crescere se i media in genere, e le televisioni in particolare, continueranno a prendersi la responsabilità di dar spazio a chi l’intolleranza la cavalca e la usa politicamente. Spesso capita di confondere con la giustizia quello che è egoismo rancoroso e, sentendo le posizioni più razziste, diventa facile non farsi ammaliare da chi, per conquistare voti, va dicendo: via il diverso, via l’immigrato. E il paradossale è che nessuno fa notare un semplice dato oggettivo: da qui al 2050, serviranno in Europa altri 50 milioni di nuovi immigrati. Non ci rendiamo conto che i “discorsi razzisti” anche se fanno audience, come “gramigna”, fan presto le radici ed estirparli, poi, diviene assai faticoso, se non impossibile. Se “Si tollera l’intolleranza” – come ha ricordato Emma Bonino dalle colonne de L’Espresso – “e la si usa a scopi elettorali”, c’è davvero il rischio che si vada dritti dritti verso il precipizio.

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@Radicali in #Satyagraha: resoconto della visita di Capodanno al #carcere di Catanzaro

Capodanno dei Radicali in ‪#‎Calabria‬, in difesa nonviolenta del messaggio di Napolitano alle Camere dell’ottobre 2013, e a sostegno dell’iniziativa “Satyagraha di Natale con Marco Pannella” che ha obiettivi specifici, primo tra tutti, garantire la salute in carcere e far introdurre il reato di tortura, Rocco Ruffa, Sabatino Savaglio, Cesare Russo, Giuseppe Candidoil consigliere comunale di Catanzaro, Antonio Giglio (che – tra l’altro – ha annunciato la sua iscrizione, per il 2015, anche ai Radicali e all’associazione Nessuno Tocchi Caino‬, oltreché al Partito Radicale Nonviolento transpartito transnazionale) sono stati in visita alla Casa Circondariale Ugo Caridi di Siano a Catanzaro.  Il TG3 Calabria, nell’edizione delle 19.30 del 01.01.2015, e non già del 2 gennaio come erroneamente riportato sul sito, ha trasmesso un intero servizio. (http://www.rai.tv/…/ContentItem-ced762f4-1077-4d73-9213-713…).

Di seguito pubblichiamo il resoconto che Giuseppe Candido, membro del comitato nazionale di Radicali italiani, ha diramato alla stampa, all’uscita del carcere e che è stato ripreso dalle pagine provinciali delle Cronache del Garantista e, da Teresa Aloi, sul Quotidiano della Calabria del 2/01/2015.

Nell’ambito delle iniziativa “Satyagraha di Natale con Marco Pannella”, che vede centinaia di militanti radicali impegnati nelle visite degli istituti penitenziari di tutta Italia, anche una delegazione di Radicali calabresi, composta da Cesare Russo, Sabatino Savaglio, Rocco Ruffa, Antonio Giglio (PSE, iscritto al Partito Radicale con doppia tessera), e Giuseppe Candido, membro del comitato nazionale, giovedì primo dell’anno, si è recata in visita presso la Casa Circondariale di Catanzaro Ugo Caridi per constatare l’attuale situazione e per a manifestare quell’attenzione verso realtà carceraria che da anni i Radicali non hanno mai dismesso. 

Durante la visita, iniziata alle 10.00 circa, – ha detto Candido all’uscita – c’ha accolti e accompagnato l’ispettore Pagliuso della polizia penitenziaria poiché sia la direttrice del carcere, dott.ssa Angela Paravati, sia il comandante Scalzo non erano presenti. 

Rispetto alle condizioni rilevate durante la visita effettuata a fine marzo 2014, quando ancora le presenze erano maggiori (484) della capienza regolamentare dichiarata di 617 ma che, in realtà, era di soli 329 perché erano ancora indisponibili i 288 posti del padiglione nuovo, oggi la situazione è decisamente migliorata almeno per quel che riguarda il mero dato del sovraffollamento

Nella struttura, oggi, durante la visita – erano presenti 547 detenuti (di cui 302 comuni e 107 di alta sicurezza), tutti uomini; un numero inferiore rispetto alla capienza regolamentare dichiarata di 617 posti; ma a questi, vanno sottratti 72 posti dell’ultimo piano del nuovo padiglione perché ancora inutilizzati. Praticamente la struttura è al completo, satura, e 114 sono i detenuti stranieri. Nove i tossicodipendenti in terapia con metadone.

C’è una palestra, un campo sportivo, il teatro e c’è un laboratorio dentistico con tre odontoiatri che vi lavorano a turno, ma rimangono molte criticità sia per quanto riguarda le cure mediche (molti detenuti lamentano tempi di attesa lunghi), sia per la quasi completa impossibilità di lavorare: solo 148 di loro possono farlo; il 27 per cento circa. Per tutti gli altri ci sono solo socialità e passeggio che li tengono “impegnati” per sei ore al dì. Il resto del tempo i detenuti lo passano nelle celle che, ad eccezione di quelle del nuovo padiglione, sono assai umide, e hanno il water nello stesso angusto loculo dove c’è pure la cucina e il lavabo. I riscaldamenti si accendono solo due ore al giorno, una la mattina e una la sera tanto che “non fanno in tempo neanche a riscaldarsi gli elementi”, dicono in molti di loro.

Se nell’area sanitaria sono presenti, nei vari turni di lavoro, dieci medici che garantiscono, altresì, un servizio h24; ha la possibilità di fare viste specialistiche con la presenza settimanale del cardiologo, dermatologo, diabetologo, infettivologo, neurologo, ortopedico, urologo, otorinolaringoiatra ed è anche presente il defibrillatore, c’è da dire che sono solo due gli psichiatri e solo uno psicologo che devono assistore ben 547 detenuti che, a detta degli stessi sanitari e agenti di polizia penitenziaria, nel 40-50 per cento dei casi, presentano problemi psichiatrici e/o psicologici.

Su una pianta organica di 300 agenti di polizia penitenziaria, effettivi in servizio ce ne sono appena 240, di cui 50 impegnati nel nucleo traduzioni. E su 547 detenuti sono cinque gli educatori che lavorano nella struttura. Ma il numero che fa più specie, continua Candido, è il numero dei detunuti in attesa di primo giudizio: 121 (22%), metre solo il 57% dei detenuti (313) hanno una sentenza divenuta definitiva; 34 gli appellanti e 27 i ricorrenti. Nel 2014 si è avuto un suicidio mentre due detenuti si sono tolti la vita al Caridi nel 2013. Molto frequenti, anche se diminuiti rispetto al recente passato, gli atti di auto lesionismo che, secondo quanto riferitoci dallo stesso ispettore Pagliuso, si verificavano al ritmo di uno ogni due giorni nel 2013 mentre oggi “viaggiano” al ritmo di un atto di autolesionismo circa ogni tre giorni.

La parte che segue del comunicato, non è stata pubblicata, ma la riportiamo comunque:

Marco Pannella da Radio Radicale ha annunciato il suo ricovero perché – ha detto – vuole riprendere uno sciopero assoluto, della sete e della fame, per difendere il messaggio inviato alle camere dal Presidente Napolitano contro l’attacco di Renzi che, da quando si è insediato come segretario, sino all’ultima conferenza stampa di ieri l’altro, ha continuato ad andar contro amnistia e indulto che il Presidente ha definito nel suo messaggio “obblighi”. 

Gli obiettivi del satyagraha – che non è protesta ma proposta di dialogo con le Istituzioni – sono chiari, specifici: Sanità in carcere: garantire le cure ai detenuti; Immediata revoca del 41bis a Bernardo Provenzano; Introduzione nel nostro ordinamento del reato di tortura; Abolizione dell’ergastolo a sostegno della campagna di Nessuno Tocchi Caino; No alle deportazioni in corso dei detenuti dell’alta sicurezza; diritto alla conoscenza; rendere effettivi i risarcimenti ai detenuti che hanno subito trattamenti inumani e degradanti; abolire la detenzione arbitraria e illegale del 41bis; nomina immediata del Garante Nazionale dei Detenuti; per gli Stati Generali delle Carceri, preannunciati dal Ministro della Giustizia, prevedere la presenza anche dei detenuti. E in attesa che sia nominato quello Nazionale, anche dalla Calabria, chiediamo al neo Presidente della Regione Mario Oliverio d’istituire subito il Garante regionale dei diritti delle persone private della libertà. Richiesta che, contemporaneamente, estendiamo a tutti i Sindaci dei comuni calabresi sede di istituti penitenziari: anche loro possono istituire il Garante come del resto ha già fatto Reggio Calabria.


A questo link l’articolo di Sabatino Savaglio pubblicato sul sito LaGente e ripreso, giorno 3 gennaio, dalle pagine calabresi delle Cronache del Garantista.

Di seguito, invece, una rassegna degli articoli usciti tra il 2 e il 3 gennaio sulla stampa locale, dove però manca quello uscito sul Quotidiano della Calabria a firma di Teresa Aloi.

Per completezza di informazione sull’iniziativa, di seguito, proponiamo il servizio del TG3Calabria andato in onda a Capodanno, 01 gennaio 2015 nell’edizione delle 19.30 e non in quella – come erroneamente riportato sul sito della Rai – del 02 gennaio.


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