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#RischioIdrogeologico: ‘La peste ecologica e il caso Calabria’, un libro da far leggere nelle scuole

Perché l’educazione dei nostri bimbi comprenda la drammatica consapevolezza di cosa è successo nel nostro povero Paese

di Antonio Biamonte*

Oggi è il 14/11/2014 e da almeno 20 giorni le cronache riportano gli ennesimi disastri e terribili lutti: Maremma, Genova, Chiavari, Crema.

La peste ecologica e il caso Calabria, il nuovo libro di Giuseppe Candido, con la prefazione di Carlo Tansi, l'introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella e una nota di Valerio Federico

Li cito in ordine sparso dimenticando sicuramente qualche evento, oggi penosamente e sistematicamente troppo spesso “giustificato” dalle piogge eccezionali, dovute al cambiamento climatico ormai in atto.

L’unica verità è che da qualche anno sono più frequenti, ma il libro di Giuseppe è un impietoso, straordinariamente documentato, j’accuse, una spaventosa e poderosa opera di verità. È un libro drammatico nella sua intensa e copiosa rassegna di alluvioni, frane, terremoti, scempi ambientali dovuti a mala o criminale gestione di rifiuti.

Un libro da far leggere nelle scuole perché l’educazione dei nostri bimbi comprenda la drammatica consapevolezza di cosa è successo nel nostro povero Paese. Ma non è finita qui ovviamente, il territorio è devastato da decenni di scempi urbanistici e edilizi, dai quali in ben pochi possono “tirarsi fuori”.

Politici, tecnici, imprenditori, semplici cittadini, quasi nessuno è immune da colpe. Un territorio fragile, troppo fragile, per essere “trattato” così male. A nulla nei decenni sono serviti i peana dei geologi, visti sempre come dei menagrami e inguaribili pessimisti.
Al caro “vecchio” amico Giuseppe, appassionato e preparato collega, va il mio e nostro ringraziamento per questa opera di verità e impegno civile, autentico esempio di come la competenza tecnica si possa e debba coniugare con le proposte concrete, il rispetto della dignità umana e la proposta politica.
Chiudo con un bellissimo pensiero di M. Pannella che non conoscevo e che devo, anche questo, a Giuseppe:


“Dove c’è strage di legalità (e delle leggi naturali) che c’è sempre, come corollario, strage di popoli”

 

* Antonio Biamonte è geologo, dipendente presso Uff. Geol. regionale Regione Toscana

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Proibizionismi #Radicali

di Giuseppe Candido
Leggo con piacere tra le pagine calabresi delle Cronache del Garantista un’interessante inchiesta di Simona Musco sulla marijuana e sugli effetti del proibizionismo rubricato come ‘canapa, l’oro verde’ e il cui titolo a quattro colonne non lascia dubbi: “Il proibizionismo ingrassa i clan: perché non cambiare?”.
Bella domanda! Anche perché non è certo di oggi, né di ieri l’altro. La proposta di legalizzare i consumi, specialmente quelli riferiti alle droghe leggere, è una proposta ultra trentennale dei Radicali e di Marco Pannella. E parliamo non già di liberalizzazione come qualche incauto giornalista spesso ci attribuisce, ma di legalizzazione che è cosa ben diversa. Non è un fatto di semantica. La droga è già libera di essere acquistata nelle piazze di tutta Italia. E la ‘ndrangheta, con qualche altra criminalità organizzata, festeggiano perché ne sono monopolisti.
La tesi dei Radicali, quella del fallimento del proibizionismo, è una tesi che ha acquistato, negli anni, sempre più numerosi e autorevoli sostenitori, fino ad arrivare, nel 2011, al rapporto della Commissione mondiale per le politiche sulle droghe dell’ONU in cui si parla chiarmente del fallimento del proibizionismo sia nel ridurre i consumi sia nel ridurre i traffici illegali da cui le criminalità organizzate di tutto il mondo traggono ingenti profitti.
“La guerra globale alla droga è fallita,” – scrivono i commissari – “con conseguenze devastanti per gli individui e le società di tutto il mondo”. E si aggiunge: “Cinquanta anni dopo la Convenzione Unica delle Nazioni Unite sugli Stupefacenti, e a 40 anni da quando il presidente Nixon lanciò la guerra alle droghe del governo americano, sono urgenti e necessarie riforme fondamentali nelle politiche di controllo delle droghe nazionali e mondiali”.
Tutto ciò è ancor più vero per la cannabis i cui usi legali, come pure ricorda l’inchiesta della Musco, sono assai molteplici. Si pensi alla cannabis terapeutica. Nonostante in Italia il ricorso alla marijuana per fini terapeutici sia legale dal 2007, e anche se alcune recenti leggi regionali ne hanno agevolato quest’uso, sono ancora tante le difficoltà che i pazienti hanno a reperire farmaci a base di cannabis. I dati del Ministero della salute parlano chiaro: nel 2013 sono state rilasciate poco più di duecento autorizzazioni all’importazione di medicinali a base di cannabis. Ma poiché ogni paziente è tenuto ad importare il farmaco per un dosaggio non superiore alle necessità di tre mesi di terapia, il dato dei 213 pazienti autorizzati dal Ministero va diviso per quattro. Si capisce che meno di 60 persone sono riuscite a ottenere il farmaco legalmente. Poiché trattasi di migliaia di persone malate, tutti gli altri evidentemente ricorrono al mercato illegale. Ma la cosa davvero esilarante è un’altra: cioè il fatto che, dall’Italia, l’erba la dobbiamo importare a costi stratosferici dall’Olanda. Nella Calabria delle infinite piantagioni sequestrate alla ‘ndrangheta, nella Calabria baciata dal sole dove, se per sbaglio ti fai una canna e ti cade un seme, l’erba cresce su da sola, non troviamo un posticino, un cantuccio, per coltivarla legalmente e venderla ai malati delle Regioni d’Italia? Sarebbe un modo per creare lavoro legale e sottrarre manovalanza alla ‘ndrangheta. No, una cultura proibizionista ormai radicata vuole che la importiamo dall’Olanda anche per fini terapeutici per cui, dal 2007, è legale.
Su questo tema, giustamente sollevato dalla Musco, bisognerebbe che, anche la politica calabrese aprisse, senza tabù, una discussione seria. Un confronto tra ragioni di chi è favorevole alla legalizzazione e di chi, invece, sostiene posizioni proibizioniste intransigenti.
Al fatto che qualcuno sostenga che, anche se si legalizzassero i consumi, le ‘ndrine venderebbero comunque a prezzi più bassi, sarebbe infatti facile rispondere che, non perché ci sono le sigarette di contrabbando si pensa minimamente di proibire la vendita dei tabacchi e che, nonostante faccia certamente più male alla salute l’alcol che la cannabis, nessuno pensa – neanche i proibizionisti più agguerriti alla Giovanardi – di ritornare agli anni ’30 del proibizionismo americano quando, con la vendita degli alcolici diventati illegali, Hal Capone e le sue bande criminali si erano ingrassate di dollari. Proprio come, oggi, il proibizionismo sulle droghe, anche quelle leggere, continua a far ingrossare le casse delle criminalità non solo calabre.
Non è un caso che Saviano, su l’Espresso di un anno fa, parlava chiaramente, anche lui, di fallimento delle politiche proibizioniste sulle droghe che hanno alimentato enormi introiti pure per le camorre campane. Anche lui, però, come la Musco, aveva dimenticato che in Italia un partito antiproibizionista che si batte per la legalizzazione c’è, e si chiama Partito Radicale.
Rita Bernardini, Laura Arconti e Marco Pannella – civilmente disobbedienti a una legge irragionevole che aveva equiparato la cannabis all’eroina e alla coca – hanno portato a termine pubblicamente – annunciandola con video e messaggi dalla radio radicale, una coltivazione di ben 18 piantine di marijuana il cui raccolto sarà gratuitamente ‘ceduto’ a malati che ne hanno diritto come cura. Trattasi – tecnicamente – di associazione per delinquere che, però, non viene arrestata stante la flagranza sia resa pubblica e con l’aggravante dell’associazione. Rita continua a postare su Facebook le foto delle sue piante illegali sperando di trovare ‘un giudice a Berlino’ che intervenga. Se a farlo fossero tre giovani calabresi, si sarebbero mossi persino gli elicotteri. Ma per loro, invece, nessuno fa niente. E i media consapevolmente li ignorano. Perché? Probabilmente perché non se ne vuole parlare pubblicamente, perché si preferisce non affrontare un dibattito cui sarebbero costretti dopo l’arresto di Marco Pannella, Rita e Laura. E forse perché, se mandassero Rita a spiegarlo in televisione romperebbero quel silenzio assordante, creato dai media su tutte le politiche dei Radicali. Mentre l’attualità politica è piena dei temi dell’agenda radicale, di noi non c’è traccia. Ad eccezione del Garantista, che rimane mosca bianca, gli altri giornali e telegiornali nazionali, sia quelli del servizio pubblico radiotelevisivo, sia quelli delle TV private nazionali, hanno una regola sola: vietato far parlare Pannella e i Radicali.

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Marco Pannella e Rita Bernardini, in Calabria, giovedì 4 settembre in visita al carcere di Arghillà

Dopo il ferragosto continuano le visite dei Radicali nelle carceri e il prossimo 4 settembre Marco Pannella, assieme a Rita Bernardini e una delegazione di radicali andranno in visita, alle ore 11.30, al nuovo Carcere di Arghillà di Reggio Calabria; con loro anche l’On. Bruno Censore (PD) e Antonino Castorina (Responsabile Nazionale “LEgalità’” Giovani del PD).
Alle ore 14, all’uscita, conferenza stampa su visita carcere. Nel pomeriggio, poi, alle ore 17.00, Pannella, Rita Bernardini saranno a Serra San Bruno (VV) per la presentazione del libro “Viaggio nelle carceri” di Davide La Cara e Antonino Castorina e, infine, concluderanno la giornata alle ore 20.00, a Cariati (CS) per la Festa Provinciale dell’Unità.

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Carcere di Rossano (CS): detenuti in condizioni inumane. Bruno Bossio (PD): Hanno provato in tutti i modi a non farmi entrare

Una situazione incredibile, drammatica, che non pensavo esistesse in un carcere italiano, ha riferito dai microfoni di Radio Radicale la deputata cosentina del PD Enza Bruno Bossio.

Giuseppe Candido (Radicali): Ecco perché in Calabria serve subito il Garante dei diritti dei detenuti. Molte regioni d’Italia l’hanno già istituito, molti comuni sedi di penitenziari anche. La politica calabra si muova tutta per la vita del diritto che è diritto alla vita.

“Venerdì 8 agosto siamo stati al carcere di Palmi per fare un sit-in in sostegno del satyagraha di Rita Beranrdini (in sciopero della fame dal 30 giugno scorso) e Marco Pannella (in sciopero della fame e della sete, più volte interrotto e ricominciato per le esigenze di salute legate all’aver dovuto effettuare due interventi per rimuovere due tumori). Un satyagraha rivolto a chiedere allo stato, per le carceri, di garantire il diritto alla salute, fermare la mattanza dei suicidi che nelle carceri avviene anche per la mancanza di adeguate cure psichiatriche, e fermare la tortura democratica del 41 bis inflitto a pazienti come Bernardo Provenzano, incapace di intendere e di volere, indipendentemente dalle condizioni di salute.” E’ quanto si legge nella nota di Giuseppe Candido, esponente del Partito Radicale e segretario dell’associazione di volontariato culturale Non Mollare.

“Mentre noi facevamo il sit-in a Palmi, l’On.le Enza Bruno Bossio, deputata del PD orginaria di Cosenza, nello stesso giorno si è recata in visita ispettiva ‘senza preavvisare’ al carcere di Rossano. Quello che ha trovato lo ha raccontato subito a Emilio Quintieri che, a stretto giro, ha avvisato altrettanto immediatamente Rita Bernardini; poi – ovviamente – l’ha intervistata Radio Radicale Lorenzo Rendi.

Noi, ” – continua Candido – “oltre a ricordare ancora una volta che Rita Bernardini è in sciopero della fame dal 30 giugno assieme a Marco Pannella che, nonostante la sua malattia mette in gioco la vita per la vita del diritto e il rispetto della legge nelle carceri, possiamo solo aggiungere che avevamo ragione a parlare di condizioni inumane e degradanti che continuano a persistere nelle nostre patrie galere, anche in quelle calabre, e a chiedere con forza, per la Calabria, con prepotente urgenza l’istituzione del garante regionale dei diritti delle persone private della libertà”.


Di seguito riportiamo l’intervista della deputata del PD Enza Bruno Bossio intervistata su Radio Radicale e che lo scorso 8 agosto ha fatto visita ispettiva al carcere di Rossano Calabro (CS), riscontrando delle condizioni di grave degrado in cui si trovano alcuni detenuti. Una situazione per la quale la deputata del PD ha prennunciato iniziative paralamentari ma anche in sede giudiziaria.

Intervistata da Lorenzo Rendi ai microfoni di Radio Radicale l’11 agosto l’On.le Enza Bruno Bossio ha dichiarato:

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T. Campanella, la Tortutra dei carichi

« Sono andata al carcere di Rossano come altre volte ero andata al carcere di Catanzaro e anche di cosenza, sono andata più volte. Le prime volte sempre senza preavviso, ma non ho trovato nessun ostacolo. Oggi pomeriggio, invece, hanno provato in tutti i modi a non farmi entrare chiedendomi di tornare in un altro momento e, poi, alla fine hanno acconsentito che entrassi solo io, senza un mio collaboratore e anche Emilio Quintieri che è un esponente del Partito Radicale con il quale sto facendo parecchie visite ispettive. Io ho accettato di entrare anche da sola perché volevo capire come mai un detenuto che era al carcere di Catanzaro fosse stato spostato, dalla sera alla mattina, al carcere di Rossano e lì, in verità, ho trovato una situazione incredibile, drammatica. Questo detenuto era in un reparto d’isolamento del carcere di Rossano, non mi hanno fatto entrare nella sua cella, che comunque aveva le lenzuola, i vestiti, eccetera. Mentre, a un certo punto, si sono messi a gridare gli altri detenuti, e ho visto una situazione che non pensavo esistesse in un carcere italiano. C’era uno dei detenuti che si è messo a gridare: ‘vada a vedre cosa c’è nella cella 1, nella cella 2 e nella cella 7’.

Enza Bruno Bossio

Lì ho trovato detenuti sostanzialmente nudi, soltanto con gli slip, uno in una cella in cui non c’era nemmeno il letto, quindi seduto per terra seminudo in mezzo ai suoi escrementi, ai piatti sporchi, eccetera. Un altro, invece, in cui il letto c’era ma senza lenzuola, anche lui senza vestiti, celiaco, quindi, col vomito per terra; lo stesso per un altro detenuto. Il primo messo in queste condizioni perché, dicevano, aveva tentato il suicidio. Cioè esattamente l’opposto (di quello che si dovrebbe fare, ndr): uno tenta il suicidio e tu lo tieni in quelle condizioni disumane. Come una bestia. Gli altri due, sembrerebbe, per tentata evasione. Ma anche in questo caso erano stati malmenati, avevano botte, tenuti in questa situazione. Io, diciamo, ho reagito. Ho detto che avrei comunque denunciato questa cosa, ma, ad aggravare la situazione è stata la telefonata della comandante della guardie penitenziarie, la quale mi ha anche insultato dicendo che io non mi dovevo permettere ad entrare senza chiedere prima il permesso. Io le ho detto che, fose, si doveva fare un attimo i conti su quali fossero, effettivamente, i diritti e i doveri vista la situazione che, diciamo, per fortuna ho visto perché probabilmente, se avessi avvisato, non l’avrei vista. Sicuramente fossi stata in un’altra situazione avrei fatto immediatamente un’interrogazione a risposta immediata che, evidentemente, in questo momento non posso fare e mi riservo di fare a settembre. Anche se intanto deposito un’interrogazione a risposta scritta, poi farò un comunicato e penso che lo denuncerò anche alla Procura della Repubblica, ma intanto sto attivando i canali anche del governo, del DAP (dipartimento amministrazione penitenziaria, ndr) perché comunque, questo atto da una parte deve essere denunciato per il modo con cui questa situazione evidentemente sta andando avanti da molto tempo e non lo sappiamo. Ma tornerò anche la settimana prossima nel carcere di Rossano per vedere se, nel frattempo, almeno sono stati intimiditi e hanno modificato le cose. Altrimenti rincarerò la dose, in qualche modo. »


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Sit-in nonviolento di #Radicali calabresi (e non solo) davanti al carcere di Palmi

Ma i calabresi – colpa dell’informazione – non lo possono sapere!
Per sostenere il satyagraha di Rita Bernardini, Marco Pannella e Radicali, stamane dalle 9.00 alle 15 siamo stati a Palmi davanti al carcere. Con noi Radicali, presente una delegazione dei Socialisti uniti nelle persone del coordinatore regionale Giampaolo Catanzariti e del coordinatore provinciale Pierpaolo Zavettieri.
Ringraziamo anche Ilaria Valbonesi e il suo compagno di cui colpevolmente non ricordo il nome, radicali di Roma, che pure essendo in Calabria in vacanza, sono venuti da Roccella (stoici).
Polemica: Avevamo convocato una conferenza stampa per spiegare le ragioni di questa iniziativa nonviolenta ai calabresi. E del perché, alla politica regionale e locale chiediamo l’istituzione del Garante dei diritti delle persone private della libertà sia regionale (come hanno già fatto 12 regioni di 20) ma non in Calabria dove sono impegnati a prolungare inutilmente una legislatura acefala.

Ma come agli italianofoni non è dato di conoscere la proposta (e non protesta) politica dei Radicali (fatto scientificamente provato dai dati del centro di ascolto radiotelevisivo), così la miseria della calabra informazione, quella che – dicono – “rischia ogni giorno la vita perché scrive contro la ndrangheta”, ha dato buca.
Non una tv locale, non un quotidiano e neanche una agenzia. Tg3 Calabria manco a parlarne.
Eppure in terra calabra, un gruppo politico che chiama tortura il regime del 41bis e che chiede rispetto della legge, della costituzione e del diritto internazionale dovrebbe essere una notizia. Invece NADA.
Grazie quindi a Radio Radicale, unico vero servizio pubblico utile all’enaudiano motto del ‘conoscere per deliberare’.
A questo link la sintesi della manifestazione e la conferenza stampa

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Contro la tortura democratica del 41bis, per fermare i suicidi e per il diritto alle cure in carcere

Un sit in e una conferenza stampa davanti al carcere di Palmi

«Venerdì 8 agosto, come Radicali calabresi, dalle 9.00 alle 15.00, manifesteremo con un sit-in presso la Casa circondariale di Palmi (RC) per sostenere il satyagraha in corso di Marco Pannella e Rita Bernardini, quest’ultima in sciopero della fame dal 30 giugno scorso, assieme a oltre trecento cittadini, per chiedere al governo e al Parlamento di interrompere il massacro delle morti e dei suicidi in carcere, la “tortura democratica” del 41bis perpetrata persino con detenuti dichiarati incapaci di intendere e di volere, e di garantire il diritto alle cure e alla salute nelle carceri.
Per questo, alle 11,00 terremo una conferenza stampa per chiedere alla politica regionale di istituire il garante per i diritti delle persone private della libertà personale anche in Calabria».
È quanto si legge in una nota di Giuseppe Candido, segretario dell’associazione Non Mollare e militante del Partito Radicale Nonviolento.
I radicali chiedono, inoltre, una maggiore informazione su questi temi anche dal servizio radiotelevisivo pubblico regionale.
“Non è più tollerabile, infatti,” – continua Candido nella nota – “la censura operata su questi temi. Solo per fare un esempio, si pensi che dal 7 al 9 luglio l’Italia è stata oggetto di una visita da parte di una delegazione di rappresentanti ONU per i diritti umani guidata dal norvegese Mads Adenas che ha chiesto al nostro Paese misure straordinarie, come soluzioni alternative alla detenzione per eliminare l’eccessivo ricorso alla carcerazione, protezione dei diritti dei migranti, scarcerazione quando gli standard minimi non possono essere rispettati, rispetto delle raccomandazioni ONU del 2008 e quanto statuito nella sentenza Torregiani, adozione delle raccomandazioni come quelle formulate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nell’ottobre del 2013, incluse le proposte di indulto e amnistia. Su tutto ciò la censura è stata totale. A gli italiani non è stato consentito di conoscere tali richiami. Come non è dato conoscere le continue e trentennali battaglie nonviolente che i Radicali portano avanti. In Italia – continua Candido – siamo formalmente contro la pena di morte, ma tolleriamo la morte per pena inumana e degradante. Tolleriamo, cioè, la morte per suicidi di liberazione (24 dall’inizio dell’anno) e la morte per ritardo o mancanza di cure. Dall’inizio dell’anno 82 morti. Sono numeri che dovrebbero far riflettere. Satyagraha,» prosegue ancora Candido, «in indiano significa forza e amore per la verità. Ed è con la forza della verità e con l’arma della nonviolenza che – assieme a Yvonne Raph, Emilio Quintieri, Sabatino Savaglio, parenti dei detenuti e altri militanti del partito della nonviolenza, saremo davanti al carcere di Palmi per dare corpo, anche in Calabria, a questa battaglia di civiltà».
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«Sul 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”, vorrei solo ricordare – insiste Candido nello spiegare le ragioni dell’iniziativa – che questo fu introdotto con decreto-legge nel giugno del 1992 poi convertito in legge nell’agosto dello stesso anno, come risposta dello Stato alle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui morirono i due magistrati in prima linea nella lotta alla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dopo la morte del primo fu emanato il decreto legge. E dopo quella di Borsellino il decreto venne poi convertito in legge. Con l’introduzione del 41bis nell’ordinamento penitenziario si consentì al Ministro della giustizia, per sua iniziativa o a richiesta del ministro dell’interno, di sospendere per “gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica” l’applicazione delle regole ordinarie di trattamento nei confronti dei detenuti – per i reati di criminalità organizzata (e non solo) indicati al comma uno dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario: mafia, traffico di droga, sequestro di persona, terrorismo, omicidio, estorsione, rapina e, in teoria, altri ancora e meno gravi se chi li ha commessi si ritiene lo abbia fatto “avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo”.

Nel diritto internazionale, con il termine “tortura” – reato non ancora introdotto nei codici nostrani – indica, “qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa ha commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su una terza persona”.
Noi – in Italia – abbiamo il 41bis, il carcere duro, la “tortura democratica” dalla quale si esce solo da pentiti. Ce lo impone il “conformismo dell’antimafia”.
Per Marco Pannella, invece, “le dure condizioni di detenzione rispondono solo ad una logica di rivalsa e a un primordiale senso di vindice giustizia”. Nel redigere la prefazione al volume “Tortura Democratica”, – inchiesta su “la comunità del 41 bis reale” – di Sergio D’Elia e Maurizio Turco (Marsilio ed., 2002), volume che andrebbe riletto attentamente (e magari ristampato visto che è introvabile), Marco Pannella sottolineava che – a dieci anni dall’introduzione del così detto carcere duro – “Si è risposto con Pianosa e l’Asinara alle stragi di Capaci e via D’Amelio. Il dolore dei parenti delle vittime contro le vessazioni nei confronti dei detenuti. Questo è stato messo a confronto! Le inutili, meramente afflittive soverchierie dell’articolo 41 bis, provocano soltanto – scriveva Pannella – durezza di comportamenti, irriducibilità, autolegittimazione, rifiuto di ogni dialogo o, peggio, a fronte di gravi maltrattamenti, l’imbarbarimento generale, la pseudo-legittimazione di rivalse mafiose, magari nei confronti di magistrati e poliziotti che cercano di difendere, nella legalità e con la civiltà dei loro comportamenti, la legge e lo Stato. Il “proprio” dello Stato di diritto – ricordava Pannella – è rispondere con la sovranità, sia pure armata, delle regole. Non può “dichiarare guerra” alla criminalità, neppure sotto la guida di un angelo giustiziere come è stato Caselli”.
Oggi l’imbarbarimento è divenuto istituzionale al punto che, mentre l’Europa e l’ONU ci sanzionano per trattamenti inumani e degradanti equivalenti a torture, continuiamo a mantenere in regime di 41bis persino malati come Bernardo Provenzano dichiarato da tre differenti tribunali della Repubblica persona incapace di intendere e di volere. Aspettiamo che collabori con la Giustizia? Siamo sicuri che il fine giustifichi – sempre e comunque – i mezzi? O, invece, proprio i mezzi che si usano per condurre giuste lotte com’è certamente quella alle criminalità organizzate sono in grado di compromettere gli scopi che ci si prefigge?

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“La peste ecologica e il caso Calabria”. L’introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella, la nota di Valerio Federico e Paolo Farina

La peste ecologica e il caso Calabria di Giuseppe Candido, prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella
Prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella

E’ andato in stampa il volume di Giuseppe Candido, con una prefazione di Carlo Tansi, la postfazione di Franco Santopolo, una nota di Valerio Federico e Paolo Farina e l’introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella che di seguito pubblichiamo.

Uscirà a breve, nella prossima settimana, per i tipi di Non Mollare edizioni, la casa editrice dell’associazione di volontariato culturale Non mollare che edita on line anche Abolire La Miseria della CalabriaLa Peste ecologica e il caso Calabria, l’ultimo libro di Giuseppe Candido.


 

Nell’Abstract del volume si legge che …

Dove c’è strage di leggi c’è sempre strage di popoli. Rischio sismico, idrogeologico e ambientale, mal governo del territorio, rifiuti tossici interrati, mala depurazione e un’emergenza rifiuti infinita per alimentare clientele e “fare progetti”; storie (vere) di frane, alluvioni, terremoti e disastri ambientali aventi tutti come denominatore comune il disastro politico che li ha causati!La peste ecologica e il caso Calabria, è un libro-dossier in cui si ripercorrono fatti, eventi spesso tragici sul dissesto idrogeologico, sui rischi sismici e su quelli ambientali del nostro Paese con particolare rifermento, per quest’ultimo aspetto, al caso dei veleni e dei rifiuti in Calabria. Cos’hanno in comune rischi, mal governo del territorio, dissesti e veleni? La peste ecologica è la violazione sistematica delle leggi che ha, per conseguenza, una strage di popoli.


La peste ecologica e il caso Calabria, di Giuseppe Candido. Prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella, postfazione di Franco Santopolo e una nota di Valerio Federico e Paolo Farina – Non Mollare edizioni, euro 18,00; Pagine 394 – ISBN 9788890504020 – Per prenotarne una copia è sufficiente inviare una mail all’indirizzo associazionenonmollare@gmail.com


L’Introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella

Con il suo bel libro Giuseppe Candido presenta al lettore una seria e documentata proposta che, affondando le sue radici nello specifico calabro, rafforza la complessiva urgenza nazionale (e non solo!) di contrastare i connotati illiberali e ormai anti-democratici dello Stato italiano –renziano– arroccato in accanita difesa proprio di ciò che è oggetto, da decenni, delle massime imputazioni e condanne delle giurisdizioni europee. Imputazioni e condanne seriali richiamate dal “Massimo Magistrato” italiano, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con il suo messaggio costituzionale alle Camere, una straordinaria testimonianza, completa di “obblighi” e di proposte indirizzate al nostro Paese e, non a caso, trattata in modo indegno dal Parlamento, suo naturale destinatario.

Gli “obblighi” che l’Italia disattende, e che derivano anche dal Diritto comunitario da anni costituzionalizzato, riguardano altresì – in grandissima parte – l’ambiente sfregiato dei nostri territori. Grazie alla visione transnazionale del Partito Radicale, questi “obblighi” verso l’ambiente non hanno confini e ci costringono a farcene carico, studiandolo per ciò che è: una “funzione” vitale del pianeta, che nessuno può permettersi di sacrificare.

Citando Aldo Loris Rossi, Marco Pannella lo ripete in modo assillante: “Il genere umano ci ha messo due milioni di anni per arrivare – nel 1830 – al primo miliardo; cento anni per arrivare al secondo, 30 per il terzo, 15 per il quarto, 13 per il quinto, 12 per il sesto, e ancora 13 anni per il settimo miliardo.

Mentre scrivo, un sito internet (http://www.worldometers.info) ci conta e censisce, a noi umani, in tempo reale. Girando vorticosamente, ci informa che in questo preciso istante siamo 7 miliardi 243 milioni 471.433 e che fino a questo momento in questa giornata sono nate 328.443 persone e ne sono morte 135.528. Molto probabilmente questo contatore, grazie a un’elaborata formula matematica, ci azzecca. Non dico all’unità, ma quasi. E allora mi chiedo se nell’implacabile calcolo offertoci in diretta ci siano già finiti i morti di cui ho avuto notizia poco fa: due detenuti suicidati; un altro, morto per malattia incompatibile con lo stato di detenzione, mentre – infine – un agente di polizia penitenziaria di 42 anni e un suo amico sono morti per overdose di eroina.

Certamente, nel contatore sono finiti i morti che ci segnala Giuseppe Candido: morti per alluvione, frane, tumori causati dai rifiuti tossici o dai veleni industriali o per micidiali concessioni edilizie rilasciate senza rispetto delle leggi. Ci sono anche i morti censiti dai libri di Maurizio Bolognetti e Massimiliano Iervolino. Via via, il contatore ingloberà anche i morti delle analoghe stragi, che fin da oggi si possono tranquillamente prevedere senza che nulla venga fatto per fermarle nonostante le denunce e le soluzioni prospettate da quella che Pannella definisce “letteratura militante”.

Se puntiamo l’implacabile strumento su questo o quello dei continenti del pianeta, osserveremo che la velocità del fenomeno varia: sarà molto più lento in Europa, più veloce nell’America del sud, velocissimo in Africa o in Asia. Ma quel che è certo è che il dilagante aumento della popolazione mondiale sta facendo crescere il consumo dei suoli, dell’acqua e di energia, per sopperire a esigenze non solo alimentari in crescita esponenziale. Fulco Pratesi ci spiattella un altro ferma-immagine impressionante: visto che siamo oltre 7 miliardi e 200 milioni, ciascuno di noi umani ha a disposizione – contando anche luoghi invivibili come deserti, ghiacciai, montagne – poco più di due ettari a testa, corrispondenti a quattro campi di pallone. Se però prendiamo in considerazione le sole terre arabili, ogni umano ha a disposizione meno della metà (il 40%) di un solo campo di pallone. Ma i Paesi ricchi, in primis la Cina, si stanno muovendo da anni per acquistare e occupare terreni nel sud del mondo, in particolare in Africa: dovendo prevedere necessità energetiche e alimentari che, con il consumo e distruzione dell’ambiente in casa loro, rischiano di non poter più affrontare e governare, si recano altrove per continuare a consumare (e distruggere) suolo e risorse.

Da una parte quel contatore corre veloce, ammonendoci che la crescita vertiginosa della popolazione mondiale è insostenibile; dall’altra ci segnala anche morti – troppo spesso vere e proprie stragi – che potrebbero essere evitate se solo si rispettasse la legalità democratica, dove c’è. Dove non c’è, dovrebbe essere urgenza impellente di tutti i paesi democratici, di ciascun democratico, promuoverla e instaurarla.

Quel che il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito sta cercando di promuovere da più di vent’anni (con solide radici nel passato) è che nessun fenomeno del nostro tempo può essere più governato con una visione localistica e dunque occorrono istituzioni transnazionali democratiche per affrontare il futuro. Futuro che è destinato a divenire un incubo se si considera quanto straordinariamente spiegato nel documento politico, coordinato dal Prof. Aldo Loris Rossi, che il Partito Radicale ha presentato all’ONU in occasione del World Urban Forum 6 svoltosi a Napoli dall’1 al 7 settembre 2012: “dal dopoguerra – così esordisce e successivamente documenta – la terza rivoluzione industriale fondata sull’energia atomica, l’automazione, l’informatica, ha ristrutturato l’intero ciclo produttivo in senso post-fordista e spinto impetuosamente verso la globalizzazione, l’economia consumista e le megalopoli,provocando la più grande espansione demografica e urbana della storia”.

Anche se l’idea dello sfruttamento illimitato delle risorse è il modello di sviluppo oggi considerato normale, occorre tentare di sventare il conseguente ecocidio planetario, come si deve fare con una persona che si sta per suicidare. Impossibile? «Non è perché le cose sono difficili che noi non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili»: questo ci dice Aldo Loris Rossi, citando Seneca. E la sostanza di questa verità ci dice – con tutta la sua vita di dialogo nonviolento -Marco Pannella.

Di fronte alla bomba demografica, che va governata così come va governato il consumo dissennato di terra, acqua, aria, occorre concepire con amore il nuovo possibile. Per questo il Partito Radicale – con i suoi connotati di nonviolenza, transnazionalità e transpartiticità – cerca il dialogo: anche e soprattutto con i “lontani”, come i cinesi tra gli altri. Perché sa come sia un’illusione il chiudersi nelle proprie mura nazionali e pensare di risolvere i problemi nell’egoismo isolazionista. I nazionalismi sono un cancro che uccide, ed è necessario contrapporgli la concezione di istituzioni federaliste, autonome e democratiche, che abbiano come regola etica il rispetto dei Diritti Umani fondamentali consacrati nella Dichiarazione Universale dell’ONU.

Dal transazionale si passerà poi, con una logica conseguente, al locale, ai “casi” Campania, Basilicata, Roma, fatti emergere dalla letteratura e dall’evidenza di compagni radicali che da sempre, in tutti i campi, producono letteratura ed evidenza del dissesto, innanzitutto democratico, che sta avvenendo nei loro paesi, nel nostro Paese.

Il libro di Giuseppe Candido è un altro bel tentativo, che partendo dalla realtà calabrese fornisce elementi di verità e di conoscenza per cambiare rotta in Italia, e non solo.

Rita Bernardini è Segretaria Nazionale di Radicali Italiani, Deputata radicale XVI legislatura (2008-2013), Membro Assemblea dei legislatori del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito


 

La “pillola” di un “ambientalista”

di Paolo Farina e Valerio Federico1

Questo poderoso volume, frutto dell’ammirevole lavoro di Giuseppe Candido, ci lascia spiazzati davanti alla conclamata e quasi scientifica devastazione di un territorio nonché alle cause e ragioni (o S-ragioni) che hanno portato a questa distruzione di un patrimonio naturale, umano e civile.

Quanto accaduto, capace di segnare indelebilmente i territori coinvolti e l’Italia in generale, non può non essere che l’esito dell’azione e della non azione delle maggioranze e delle opposizioni che hanno governato questa parte del Paese. Il prodotto della contemporanea inadempienza dei governanti e dei cosiddetti oppositori. Inadempienti rispetto al patto sociale che le forze politiche stipulano “naturalmente” con i cittadini.

Si tratta davvero, e bene ha fatto Candido a stigmatizzarlo già nel titolo del libro, di una “peste”, che distribuisce i suoi sintomi, i suoi effetti, in modo ramificato e distrugge oltre all’ambiente naturale anche i più diversi aspetti che regolano il diritto alla libertà, alla giustizia e alla conoscenza di una o più comunità umane. Il lavoro serio e scrupoloso, oltreché documentato, di Candido ha il pregio di fornire un contributo tanto scientifico quanto divulgativo. Scritto da un Geologo, ovvero da uno scienziato, e non semplicemente da un pur bravo giornalista d’inchiesta.

Un Geologo, appunto. Nella migliore delle semplificazioni oggi i geologi vengono definiti genericamente “ambientalisti” nel senso più negletto del termine. Spesso, attraverso uno scientifico lavoro di disinformazione e mistificazione, essi vengono privati del loro contributo dal carattere scientifico attribuendogli una fastidiosa etichetta di “ambientalisti” mossi da una sorta di frenesia ideologica. Ascoltando o leggendo i frutti dei loro lavori, si arriva a considerarli come figure di esaltati millenaristi che ci terrorizzano con i loro allarmistici scenari apocalittici di piaghe terribili ed irrimediabili distruzioni.

Questo è il primo effetto della “peste”, che inizia offuscando le coscienze e arriva ai risultati distruttivi quanto imbarazzanti ben descritti nel libro di Candido. Imbarazzanti perché? Non vi è nulla di più evidente e sperimentabile degli eventi naturali quali sono il dissesto idrogeologico di un territorio, inondazioni, terremoti, inquinamento e, non da ultimo, malattie concrete e gravissime che colpiscono la popolazione.

Eppure pervicacemente si prosegue in quest’opera di distruzione, frutto del malaffare, della distribuzione e gestione del potere fine a se stesso, a fini di lucro e in cui sono da sempre coinvolte le maggioranze politiche che amministrano regioni e territori ma anche le stesse minoranze che partecipano al banchetto. Un sistema clientelare partitocratico che non distingue maggioranze e opposizioni e che nutrono la metastasi di questa “peste” a loro esclusivo vantaggio.

La convergenza di interessi di un sistema dove gli insider, nel gioco delle parti di un impotente e apparente confronto, operano da un palcoscenico dove le repliche dello spettacolo si ripetono giorno dopo giorno lasciando inermi gli spettatori, indifferenti i cittadini. Quasi che i rischi di cui scrive Candido non li riguardino. Gli outsider, pochi, si oppongono e propongono, ma lo spazio di tribuna a loro non viene dato, e il palcoscenico, quel palcoscenico non è per loro. Vi sono, appunto, i Geologi come Candido che non si rassegnano allo status quo e si impegnano in lavori preziosi quale il suo libro ne è un esempio.

Dunque, se il conclamato ed evidente prodotto finale di questa “peste” è la devastazione di regioni e territori, nonché gli effetti sull’ambiente, sulla salute dei cittadini, sulla strage di legalità e il depauperamento di quel “contratto sociale” tra politica e cittadinanza, di contratto “naturale” tra politica-legalità-cittadinanza, allora i primi sintomi di questa “peste” si avvertono e si verificano anche per il diritto negato alla conoscenza.

Il “diritto alla conoscenza” è un’estensione delle facoltà di scelta, di controllo e di partecipazione del cittadino nell’amministrazione dello Stato e delle sue articolazioni regionali e locali, è un elemento di democratizzazione della società. Quanti atti pubblici avrebbero dovuto o hanno lasciato traccia di quanto stava avvenendo di quanto esposto da Candido?

E’ urgente attuare in pieno riforme che si ispirino al Freedom of Information Act (FOIA) statunitense per il quale il cittadino può accedere a tutti i documenti della Pubblica Amministrazione senza che debba dimostrare un interesse diretto. La trasparenza e la conseguente possibilità di controllo per il cittadino dell’attività delle pubbliche amministrazioni è il mezzo utile, tra un’elezione e l’altra, per esercitare effettivamente quella sovranità popolare dal basso promossa dalla Costituzione.

La “peste”, dunque, avanza, devasta e distrugge. Eppure potremmo disporre della cura che porterebbe alla guarigione, allo stato di diritto, al ripristino della legalità.

Il libro di Candido ne è, per esempio, una pillola. Utile, preziosa e salutare.

1 Valerio Federico è consigliere di Zona del comune di Milano, tesoriere di Radicali Italiani

 

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Renzi e il PD al 40,8% alle europee per Pannella non sono una sorpresa

 

Tutti sanno che la televisione è in grado di influenzare i consensi elettorali. Ma pochi sanno che c’è una corrispondenza biunivoca diretta tra “quanto” vai in televisione e quanti voti prendi poi alle elezioni. Se a una forza politica viene impedito di andare in televisione, di fatto la si uccide. La si cancella completamente dalla scena politica

PannellaTurcoBettoBeltrandi
Un momento durante la conferenza stampa del 6 luglio 2014

Durante la conferenza Stampa tenuta da Marco Pannella e Gianni Betto, (erano presenti anche Maurizio Turco e Marco Beltrandi) tenuta dalla sede del Partito Radicale in via di Torre Argentina a Roma, sono stati resi pubblici i dati sul sistema radiotelevisivo in Italia elaborati da Centro d’Ascolto e relativi alle trasmissioni Rai.

Ecco il dossier dei Radicali curato da Gianni Betto, direttore del Centro d’Ascolto dell’informazione radio televisiva.

I Radicali in TV e la prova dell’anti democrazia italiota

Nella classifica per ascolti degli ultimi 12 mesi nelle trasmissioni RAI Pannella è al 349 posto (su 529 presenze).

Pannella mai presente negli ultimi 12 mesi nelle seguenti trasmissioni RAI:

Porta a porta; Domenica In l’Arena; Unomattina estate; Unomattina; Virus ilcontagio delle idee; La vita in diretta; 2next Economia; Agorà; Ballarò; Report; In 1/2 ora; Tg; Linea notte; Telecamere; Che tempo che fa.

 

Nell’ultimo anno, fino alle elezioni europee, i cittadini hanno potuto conoscere iniziative e proposte dei Radicali per lo 0,5% degli ascolti consentiti ai cittadini dai Telegiornali delle reti RAI.

Su oltre 40miliardi di ascolti, quelli consentiti ai Radicali sono stati 217milioni in 37minuti su quasi 80 ore complessive di interviste a esponenti politici e istituzionali.

Ascolti televisivi e risultato elettorale Europee 2014

Nelle analisi degli ascolti consentiti ai cittadini attraverso telegiornali e trasmissioni delle reti del servizio pubblico negli ultimi 2 mesi prima delle elezioni Europee abbiamo sempre riscontrato come i cittadini per il 70% degli ascolti hanno potuto conoscere 5 componenti politico istituzionali.

Precisamente: PD,membri di Governo, M5S, Forza Italia e Premier Renzi.

Abbiamo anche detto che la libertà che il cittadino italiano ha di esprimere il proprio voto è solo teorica dal momento che il voto dei cittadini è direttamente proporzionale alla possibilità di informarsi, conoscere, approfondire, giudicare e quindi esprimere il proprio consenso.

Partito PD % ascolti 41,1 Risultato elettorale 40,8

Partito M5S % ascolti 14,6 Risultato elettorale 21,1

Partito FI % ascolti 13,4 Risultato elettorale 16,8

Partito Lega % ascolti 4 Risultato elettorale 6,2

Partito NCD % ascolti 3,6 Risultato elettorale 4,4

Partito TSIPRAS % ascolti 4 Risultato elettorale 4

Riepilogo classifica ascolti consentiti Renzi, Berlusconi e Grillo

Da Ottobre 2012 a febbraio 2013

Berlusconi 2° posto per ascolti consentiti, Grillo 9°, Renzi 13°

Dalle primarie PD a Renzi premier

Berlusconi 2° posto per ascolti consentiti, Grillo 5°, Renzi 6°

Dal premier Renzi alle Euroee 2014

Renzi 1°, Belusconi 2°, Grillo 3°

Matteo Renzi

I primi interventi in voce e citazioni di Matteo Renzi nei Tg Rai sono dell’ottobre 2012, quando, da sindaco di Firenze ha inizio la campagna “rottamatori”.

Dai primi interventi fino alle elezioni politiche del febbraio 2013, in circa 4 mesi, Renzi diviene il secondo esponente politico del PD per ascolti consentiti preceduto solo dal segretario Pierluigi Bersani e al 13° posto per ascolti consentiti ai cittadini nei Tg Rai con 509milioni di ascolti, pari all’1,7% del totale degli ascolti dei soggetti politici e istituzionali in 167 interventi o citazioni.

Le primarie

Nel periodo che va dalle elezioni 2013 (febbraio 2013) alle primarie (dicembre 2013), Matteo Renzi è al sesto posto nella classifica degli ascolti degli esponenti politici istituzionali e primo tra gli esponenti del PD per ascolti consentiti ai cittadini. 804 interventi o citazioni per un totale di 2,4miliardi di ascolti, pari al 3% degli ascolti totali.

Dalle primarie a Premier

Nei 70 giorni dopo le primarie fino all’incarico di Governo, Matteo Renzi è l’esponente politico istituzionale più presente nei telegiornali delle reti RAI. 1miliardo di ascolti, pari al 5,4% del totale in 337 interventi in voce o citazioni, 12% del tempo totale degli interventi politici e istituzionali.

Le europee 2014

Nei mesi successivi, fino alle elezioni Europee, sale ancora la percentuale di ascolti consentiti ai cittadini per Matteo Renzi, ora Presidente del Consiglio. 6% di ascolti consentiti per 1,4miliardi di ascolti, prima posizione nella classifica in 478 interventi o citazioni. 21% del tempo tra gli esponenti politici e istituzionali nei Tg RAI.

Beppe Grillo

I primi interventi e citazioni di Beppe Grillo nei Tg Rai risalgono alla fine di settembre 2012.

Dalle prime apparizioni televisive fino alle elezioni del febbraio 2013, in 4 mesi, i cittadini italiani hanno potuto conoscere Beppe Grillo in voce attraverso gli stralci (scelti dalle redazioni) dei suoi interventi in comizi e manifestazioni o attraverso citazioni, tanto da risultare, da zero, in quattro mesi, al 9° posto nella classifica per ascolti consentiti ai cittadini degli esponenti politici e istituzionali.

In particolare, in 4 mesi, i cittadini hanno potuto conoscere idee e proposte di Beppe Grillo attraverso 248 interventi in voce o citazioni, con ascolti totali pari a 780milioni corrispondenti al 2,6% del totale.

Seguendo la stessa tempistica dettata dai media rispetto alle primarie PD, nel periodo che va dalle elezioni politiche alle primarie stesse Beppe Grillo risulta al terzo posto nella classifica per ascolti consentiti con 871 interventi in voce o citazioni, per un totale di 2,7miliardi di ascolti pari al 3,5% del totale. Sopra di lui soltanto il premier e Silvio Berlusconi.

Nei 70 giorni che vanno dalle primarie del PD all’incarico di Governo di Matteo Renzi, Beppe Grillo nei telegiornali RAI è al 5° posto per ascolti consentiti ai cittadini con 628milioni di ascolti pari al 3,2% del totale, attraverso 191 interventi in voce o citazioni.

Nel periodo che va dall’inizio del Governo Renzi alle elezioni Europee, gli ascolti consentiti ai cittadini di Beppe Grillo sono saliti a 940milioni pari al 4% del totale in 300 interventi, ponendolo al 3° posto nella classifica per ascolti, dopo Renzi e Berlusconi.

Di seguito il link alla conferenza stampa del 6 luglio.

http://www.radioradicale.it/scheda/415847

 

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L’immunità parlamentare, la riforma della giustizia e il “caso” Tortora dimenticato

Il dibattito sull’immunità parlamentare che si è acceso in questi giorni ha qualcosa di surreale. L’articolo 68 della nostra Costituzione, dopo la riforma del 1993 votata sull’onda di tangentopoli e che abolì l’autorizzazione a procedere delle Camere per le indagini preliminari sui Parlamentari, di fatto la prevede ancora per arresti, intercettazioni parlamentare-parlamentare e perquisizioni.

di Giuseppe Candido

Roberto Giachetti

Ha ragione il vice presidente della Camera Roberto Giachetti che, nel suo intervento pubblicato dal quotidiano Europa, considera questo dibattito “un’arma di distrazione di massa” che – scrive l’On.le Giachetti – “rischia di rallentare quelle riforme strutturali anche in campo di giustizia che il paese attende da anni”. “Un luogo comune” la cui “difesa” pare “appannaggio dei cosiddetti garantisti”. Da cui discende che non possa dirsi “garantista” chi non difende tale prerogativa. Giachetti ricorda di quando era redattore di Radio Radicale e raccoglieva le firme per il primo referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, vinto ma poi tradito dalla partitocrazia con la legge Pinto.

L’immunità parlamentare: ormai è diventato – scrive Giachetti – un luogo comune che la sua difesa debba essere appannaggio dei cosiddetti ‘garantisti’ ai quali (pur non avendo ancora io capito bene cosa significhi) vengo associato. Ebbene invece su questo tema la penso in modo diverso. Si sentono a sostegno del mantenimento di questo istituto citazioni di ogni tipo e di ogni data alfine di dimostrare che una forma di immunità esiste in ogni paese, che essa è il suggello dell’equilibrio tra il potere politico e quello giudiziario, che il suo inserimento in Costituzione nasce dalla precisa volontà dei costituenti di proteggere i rappresentanti del popolo da possibili complotti esterni.

(…) Vorrei solo sommessamente ricordare, – spiega ancora l’Onorevole Giachetti – anche a chi a volte lo cita a sproposito, che Enzo Tortora (che ho avuto l’onore di seguire da vicino come redattore di Radio Radicale) simbolo della più grande persecuzione giudiziaria, per combattere la sua battaglia scelse di rinunciare alla immunità parlamentare, di finire agli arresti domiciliari e di affrontare i giudici come un qualunque cittadino nelle aule giudiziarie.

Beh, pure io che, più modestamente, l’estate scorsa, con Marco Pannella e i compagni Radicali ho cercato di raccogliere le firme per i dodici referendum (di cui ben sei quesiti erano proprio sulla giustizia giusta) mi sento garantista, ma tradito da questo sterile dibattito perché sono convinto che per la necessaria riforma della giustizia servirebbe ben altro dibattito; un dibattito che i cittadini continuano a non poter avere (anche perché quei referendum non potranno tenersi) e che l’immunità dei deputati con la riforma della giustizia per tutti non centra nulla. Semplicemente, come per tutti i cittadini, questa tutela non dovrebbe esserci quando si tratta di perseguire reati comuni non commessi durante l’esercizio dell’attività parlamentare.

12referendum
Locandina dei 12 referendum radicali

Siamo invasi dalla stampa quotidiana e dai telegiornali che ci propongono le dichiarazioni di Matteo Salvini sull’abolizione dell’immunità anche per i deputati qualora la si abolisca per il nuovo Senato e le conseguenti rincorse dei Grillini e dei Democrat, ma non un giornalista, non un editore, che si sia ricordato, a eccezione di Giachetti, eccezione appunto, l’esempio che su questo diede Enzo Tortora con l’immunità parlamentare ottenuta dopo essere stato eletto al Parlamento europeo con Emma Bonino, Marco Pannella e i Radicali.

Tortora rinunciò all’immunità, si fece arrestare e si difese dalle accuse dimostrando la sua innocenza.

E mise il suo “caso” al centro dell’attenzione per ottenere una riforma della giustizia che valesse per tutti. Una vicenda, quella di Enzo Tortora che, a parte qualche eccezione, sembra svanita nella memoria di questo Paese. Cancellata.

Continuiamo ad operare torture nelle carceri e la CEDU continua a condannarci sia per le carceri inumane, sia per l’eccessiva lentezza della giustizia. Per il malfunzionamento della giustizia italiana gli investitori stranieri non arrivano e pure quelli italiani preferiscono sempre più spostare altrove le loro imprese.

La memoria dovrebbe invece ricordare che non solo la responsabilità civile dei magistrati, ma anche la separazione delle loro carriere in una parte inquirente e in una giudicante, la riforma dell’istituto della custodia cautelare in carcere da limitare ai casi più gravi, l’utilizzo dei magistrati fuori ruolo, dovrebbero rappresentare priorità. Penso ai tanti Enzo Tortora che ci sono in questo Paese ma che non hanno un nome famoso, e penso a chi subisce processi, anche quale parte lesa, oltre una durata ragionevole.

Penso a tutto questo e poi ricordo le parole del Mahatma Gandhi: “La giustizia nei confronti dell’individuo, fosse anche il più umile, è tutto. Il resto viene dopo”.

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Rifiuti e veleni in Calabria, Candido (#Radicali): Europa ci condanna per quella che è diventata vera peste ecologica

rifiuti a botricello
Calabria, rifiuti davanti una scuola (febbraio 2014)
Lo scorso 3 giugno la Commissione Europea ha chiesto alla Corte di Giustizia di condannare l’Italia a versare somme stratosferiche per le infrazioni riguardanti le discariche abusive di rifiuti pericolosi. La denuncia riguarda oltre 200 discariche abusive disseminate in tutte le regioni italiane che reiteratamente violano le direttive europee a salvaguardia della vita e della salute dei cittadini e tra cui, ovviamente, c’é la Calabria.

Dopo una legislatura regionale iniziata male con gli arresti per voto di scambio di consiglieri regionali e finita anche peggio tra rimborsopoli e dimissioni anticipate per la condanna in primo grado di Scopelliti, e dopo che lo scorso mese di febbraio le città della Calabria sono state letteralmente sommerse dai rifiuti per la chiusura della discarica di Pianopoli, unica ancora attiva per poco nella regione, la partitocrazia calabrese sembra non curarsene e – dopo aver modificato unilateralmente la legge elettorale a pochi mesi dal voto introducendo tra l’altro uno sbarramento al 15% – si prepara adesso per la corsa alla riconquista delle poltrone in Consiglio regionale, quasi come se il fallimento di tutto il sistema non fosse dipeso da loro.

SIN CROTONE
I SIN di Crotone. Dismesso dalle imprese nel 92, le bonifiche per i siti inquinati di Crotone si attendono dal 2001 (sic!)

Dopo oltre 17 ani di emergenza rifiuti che – come ha sottolineato lo stesso assessore Pugliano – “hanno fatto comodo a tutti” per spendere senza controlli enormi capitali, ma senza risolvere i problemi e dopo quattro anni e mezzo di amministrazione Scopelliti che hanno addirittura aggravato la situazione, la Calabria è oggi una regione martoriata dalle discariche abusive, da quelle non a norma che continuano a rilasciare percolato, da depuratori mal funzionanti spesso “fatti solo per fare progetti” e da siti inquinati d’interesse nazionale (SIN) come quello di Crotone che non interessano più a nessuno e dove la gente continua a morire per i veleni industriali e politici disseminati nei suoli e nelle acque. Le bonifiche sono rimaste un miraggio.

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La peste ecologica e il caso Calabria. Rischio sismico, idrogeologico e ambientale. Il volume è in corso di pubblicazione.

Una vera e propria “peste ecologica” alimentata dal virus partitocratico che, come Radicali, stiamo minuziosamente documentando in un libro dossier: continue e decennali violazioni del diritto italiano e comunitario che espongono i cittadini a rischi enormi per la salute, come dimostrano le vicende crotonesi.

Come per le carceri inumane e degradanti per le quali il governo cerca ora di graduare la tortura in corso, e come pure per l’irragionevole durata dei processi per la quale l’Italia è pure condannata da oltre trentanni, la mancanza di legalità e la deroga continua della norma, perpetuata con il mantenimento dell’emergenza, anche per i veleni e per i rifiuti disseminati sui territori si assiste a comportamenti pubblici, non solo dello Stato, irresponsabili che mettono a rischio fondamentali diritti umani.

Anche per la Calabria, come per l’Ilva di Taranto e come per la Lucania avvelenata, il problema – come troppo spesso in solitudine ricorda Marco Pannella – è che in uno Paese come l’Italia, dove le regole democratiche sono ormai diventate carta straccia, queste denunce rischiano di restare nel silenzio “se – attraverso il ricorso alle giurisdizioni italiane e internazionali che Partito Radicale e Radicali italiani stanno organizzando in modo massiccio – “i responsabili dello sfascio continuano a rimanere sconosciuti oltre che impuniti, facendo pagare il conto ai cittadini e abitanti del territorio, sin d’ora ipotecando la vita e la sopravvivenza stessa delle future generazioni degli esseri viventi”. In fondo, anche questa è una questione di diritti umani.

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