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Scissioni & Combinazioni

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di Carmelo Puglisi

Niente da fare. A nulla sono servite le operazioni di ingegneria politica che avrebbero dovuto risolvere la crisi: il Centrodestra si è spaccato. Da una parte Silvio Berlusconi e i lealisti – con Forza Italia 2.0 – e dall’altra Alfano, con una pattuglia di parlamentari – anche importanti – dalla sua.

Motivo della diaspora sarebbe la deriva estremista di Berlusconi e dei suoi sodali, che mirerebbero a buttar giù il governo per fini meramente elettorali. Questo – secondo Alfano – sarebbe inammissibile, in quanto avrebbe delle ripercussioni sulla pelle degli italiani, già duramente provati dalla crisi economica ch’ancora imperversa.

Uno scenario che sarebbe riduttivo definire caotico, nel quale si grida al traditore, al cane che morde il padrone, ma che nel contempo lascia aperte, come sempre, delle porte di servizio dalle quali si può sempre rientrare, magari con un abbraccio e qualche bacetto.

Dopo le vicissitudini che Berlusconi ebbe con Casini e Fini, Alfano era divenuto il suo erede naturale, tanto da divenire anche segretario del Popolo delle Libertà. Oggi però, Alfano sembra aver tagliato il cordone ombelicale che lo teneva legato ad un agonizzante Berlusconi, che dopo le sue vicende giudiziarie ha perso consenso e credibilità.

Alfano e i suoi si sono praticamente allontanati da una posizione divenuta, a loro parere, oramai troppo scomoda da difendere e sostenere. In questa pattuglia, infatti, militano non a caso esponenti politici di matrice moderata. Ci torneremo a breve.

Spostiamo invece la lente su un’altra scissione: quella avvenuta in Scelta Civica.

La storia la conosciamo tutti. Dopo aver dato rassicurazioni riguardo la sua intenzione di non candidarsi alla Presidenza del Consiglio, il Professor Monti – oggi Senatore a Vita – fece il contrario di quello che aveva detto, e supportato da due pezzi da novanta come Fini e Casini, presentò il suo progetto.

Scelta Civica ottenne un buon risultato – anche se leggermente sottotono, rispetto alle aspettative – e tutto sembrava procedere per il verso giusto, fin quando il Professor Monti non decise di dimettersi, ritenendo che gli ideali di Scelta Civica fossero stati traditi, e che il progetto avesse preso una rotta sbagliata a causa dei volponi politici presenti al suo interno.

Era prevedibile, ma d’altronde il Professor Monti – per sua stessa ammissione – politicamente è ancora molto inesperto. La crisi è culminata quando i suddetti volponi hanno deciso di abbandonare Scelta Civica per formare gruppi parlamentari autonomi. Dopo pochi mesi di governo, insomma, compagini politiche che si erano unite in occasione delle elezioni, si separano: un classico.

Monti ha comunque affermato di essere, nel complesso, soddisfatto, sostenendo che da adesso, Scelta Civica potrà muoversi – yuppi ye -senza il freno a mano tirato. Magra consolazione, visto cheil suo gruppo parlamentare – che già prima della scissione, non aveva molto peso – conta relativamente poco. Fin’ora, il percorso di Scelta Civica può essere paragonato a quello di un bambino delle elementari che ha un’ora di tempo per scrivere un tema, e che nel primo quarto d’ora ha lasciato la pagina in bianco. Tutto può ancora accadere, insomma. Ad ogni modo, anche in questo caso, un gruppo composto da moderati riconquista autonomia, e se ne va per i fatti suoi.

Una coincidenza ed un’analogia preoccupante, quella che intercorre fra la scissione avvenuta in Forza Italia e quella verificatasi in Scelta Civica, dove due ali moderate si separano, muovendosi apparentemente in maniera autonoma, senza progetti o accordi fatti in qualche stanza buia.

E se invece così non fosse? Se i moderati dell’UdC e quelli del PdL stessero per intraprendere una strada comune? Sarebbe un buon modo per sopravvivere agli sbarramenti della legge elettorale, qualora facessero sul serio. Vorrebbe anche dire, però, che dei politici che si sono detti – almeno negli ultimi anni –-antiberlusconiani, andrebbero ad unirsi a dei colleghi che con Berlusconi, fino a ieri, facevano merenda.

Incredibile, ma credibile.

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Nel carcere di Rossano Calabro, “malnutrito, sporco, un barbone”, Ciro non parla più

Suicidati da un sovraffollamento incostituzionale

di Giuseppe Candido

Mentre la casta si approssima a farci pagare la crisi con 24 miliardi di euro di manovra fiscale “lacrime e sangue” e mentre la corruzione dei colletti bianchi continua ad emergere con le inchieste di questi giorni, in Italia è ancora tragica l’emergenza nelle carceri e il caldo in arrivo non farà altro che aggravare la situazione. Si è arrivati a quota 67.593 persone detenute nelle nostre patrie galere. Lo scorso 18 maggio il ministro della giustizia Alfano è intervenuto alla festa della polizia penitenziaria: “E occorre anche oggi ricordare che la costituzione ci chiama ad operare tenendo sempre a riferimento il senso di umanità della detenzione, ma il dovere della verità ci impone di dire che la tutela della dignità del detenuto, così come quella dell’agente di polizia penitenziaria che sovra intende all’esecuzione della pena, passa in primo luogo per la soluzione del problema del sovraffollamento carcerario. Sul punto devo sottolineare, ha spiegato Alfano, che nell’anno appena trascorso abbiamo registrato una importante inversione di tendenza del flusso degli ingressi in carcere. Il trend di crescita annuale rispetto a quello del 2008 si è ridotto del 17% nel 2009 e, dato numericamente ancora più significativo, del 62% nel 2010. Per dirla con i numeri, continua ancora Alfano, se nel maggio del 2009 la popolazione detenuta era cresciuta, rispetto al 2008, di 8.797 unità e, se tra il 2007 e il 2008 era cresciuta di 10.670 unità, la crescita complessiva tra il maggio del 2009 ed oggi è stata di 4051 detenuti”. Davvero una buona notizia? Il ministro Alfano ci da una bellissima notizia che però, ha spiegato Riccardo Arena dai microfoni di Radio Carcere, la trasmissione in onda ogni martedì su Radio Radicale, “Il governo non ha di certo contribuito a determinare”. Il Governo infatti, spiega ancora il giornalista, “non ha fatto nulla per diminuire gli ingressi in carcere”. Secondo Riccardo Arena, tra il 2009 e il 2010 nelle carceri italiane sarebbero entrati poco più di quattromila nuovi detenuti “soltanto perché, con l’aumentare mese dopo mese del sovraffollamento delle carceri italiane, sono man mano diminuiti i posti disponibili nelle 206 carceri italiane”. Soltanto per questa ragione. E le nuove carceri in Sardegna: per il momento sono bloccati i lavori. Poi c’è la questione del lavoro in carcere. Soltanto in due delle 206 carceri, a Bollate e nell’Isola della Gorgona, l’attività lavorativa è svolta regolarmente dai detenuti. In queste condizioni i suicidi si susseguono e, a quelli dei detenuti, si devono sommare anche quelli degli agenti di polizia penitenziaria, anche quest’ultimi sempre più frequenti. La situazione è al collasso e non si fa altro che parlare, senza porre in essere nessun atto concreto per riportare nell’alveo della legalità le nostre patrie galere. Il 18 maggio, la commissione Giustizia della Camera, ha licenziato il disegno di legge voluto dal Ministro Alfano per fronteggiare il problema del sovraffollamento delle carceri consentendo di scontare l’ultimo anno di pena residua agli arresti domiciliari. La deputata Radicale Rita Bernardini, che nei giorni scorsi aveva condotto, assieme ad altri militanti del partito, uno sciopero della fame durato un mese e volto a sostenere la proposta dell’originario disegno di legge che prevedeva l’automatismo della misura, ha spiegato il perché, così come licenziato in commissione giustizia, il testo sia in realtà praticamente inutile e fronteggiare l’emergenza: “C’è stato il grande inciucio per approvare un disegno di legge inutile”. Le pene alternative al carcere, assai più utilizzate negli altri paesi europei funzionano e, la loro applicazione dimostra, dati statistici alla mano, che la recidiva delle persone “messe alla prova” è assai inferiore a quelle che scontano la pena in carcere. Il disegno di Legge Alfano che prevede di far scontare ai domiciliari l’ultimo anno di pena, “così come è stato emendato in Commissione Giustizia alla Camera – ha spiegato la deputata Radicale – non avrà una funzione deflattiva nei confronti della popolazione carceraria”. La Bernardini si è infatti opposta, in Commissione, alla cancellazione del meccanismo automatico, previsto dal testo originario approvato in Consiglio dei Ministri, che avrebbe determinato l’arresto ai domiciliari dei detenuti con meno di un anno di pena da scontare. Se invece dovrà essere, come pare, il Magistrato di Sorveglianza a valutare caso per caso è evidente, che coi tempi faraonici della Giustizia italiana e col carico che hanno le procure, saranno davvero pochi a poter usufruire del provvedimento. In Commissione la Bernardini ha anche richiamato l’appello fatto nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica Napolitano ma, ha notato la deputata, “nessuno sta rispondendo al quesito delle carceri affollate. Nessuno si pone il problema della illegalità delle carceri”.

Leo Beneduci, segretario Nazionale dell’OSAPP, l’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria, è intervenuto sul caso di Eraldo de Magro, 57 anni originario di Cosenza, caduto in depressione e suicidatosi lo scorso 6 maggio. Il 22° suicidio nelle patrie galere avvenuto nel 2010. L’ennesima vittima del sovraffollamento incostituzionale. “In una condizione normale ci sarebbe stata una segnalazione dell’agente al comandante, dal comandante al direttore e l’intervento di un presidio psicologico … Non mangiava neanche più”. Questo, ovviamente, poteva avvenire se ci si fosse trovati in una situazione “normale”, una situazione cioè non di sovraffollamento e di organico di polizia penitenziaria insufficiente nella quale invece versano tutte le carceri italiane. Anche in Calabria il problema esiste. Parla Concetta, la moglie di Ciro Leo, condannato all’ergastolo e detenuto nel carcere di Rossano Calabro. Qui è arrivato con una punizione di sei mesi di isolamento e ora è affetto da depressione: “è diventato un vegetale, non parla più”. Al colloquio “malnutrito, sporco, un barbone”, spiega ancora Concetta, “Ciro non ha parlato proprio … soffre molto”. Condizioni, anche in Calabria, disumane in cui la persona smette di essere considerata tale, diventa un numero. Forse sarebbe un bene intervenire subito con uno psicologo e, magari, in attesa di qualche serio provvedimento che affronti davvero il problema del sovraffollamento, istituire, anche per la Calabria, la figura del garante dei detenuti. Magari prima che si arrivi a quota 23.

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