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SULLA «SERRA», LA COLLINA DEI FANCIULLI E DELLE NINFE, POTREBBERO SORGERE ORRIBILI PALE

di SERGIO D’ELIA

Salento, i giganti  possono tomare

Il forte rischio di un mostruoso impianto eolico

Riceviamo da Elisabetta Zamparutti la segnalazione dell’articolo di Sergio D’Elia pubblicato su Gazzetta del Mezzogiorno del 26 aprile 2010 e volentieri pubblichiamo questo intervento-racconto sul rischio che corre uno scorcio del Salento magico. L`intervento è scritto in collaborazione con Oreste Caroppo (di Italia Nostra).

Eracle
Eracle - Wiki commons

La leggenda racconta che Eracle, sbarcando sulle coste salentine, scagliò contro i terribili Giganti, che abitavano il luogo, alcuni macigni strappati alla scogliera. Molte pietre sono ancora lì, sparse tra i Massi della Vecchia sulla Collina dei Fanciulli e delle Ninfe, conosciuta localmente come «Serra», acropoli naturale di un`antica civiltà che sorge tra i paesi di Minervino, Giuggianello e Palmariggi nell`immediato entroterra di Otranto.

L`opera scultorea del tempo ha dato alle pietre sacre le forme più strane e la fantasia popolare ha associato loro nomi bizzarri e antiche leggende che si tramandano di padre in figlio. Come il «Piede d`Ercole», un monolite a forma di zampa di un grosso animale. Oppure «`U Furticiddhu della Vecchia» che richiama la rondella di un fuso (furticiddhu in dialetto locale). Il monumento viene detto anche «Masso oscillante d`Ercole» in riferimento al mito originario. Oppure il «Letto della Vecchia», una grossa pietra calcarea di forma circolare che assomiglia a un enorme giaciglio. Secondo la leggenda, la strega trasforma in pietra chiunque non riesca a rispondere alle sue domande, mentre a chi risponde correttamente dona un gallina con sette pulcini d`oro.

Storie misteriose, miti pagani e riti sacri ammantano la Serra coi suoi massi popolati da ninfe e folletti, diavoli e santi, streghe e madonne, orchi malvagi e fate buone, giganti e pastorelli, viandanti e spiriti del luogo, tesori meravigliosi, forze magiche ed energie cosmiche.

Un arco di tempo plurimillenario ha lasciato miracolosamente intatte le loro tracce, ed è straordinario come in così poco spazio siano rappresentate tutte le epoche della storia dell`uomo. Dal paleolitico al neolitico giungono fino a noi evidenze di villaggi capannicoli e grotte cultuali. Dolmen e menhir richiamano l`età del rame e del bronzo, mentre dell`età del ferro e della civiltà prima greco-messapica e poi romana è testimone una torre militare di avvistamento. Al Medioevo ci riportano chiese paleocristiane, cenobi dei monaci greci dell`ordine di San Basilio, cripte e chiesette rupestri bizantine come quella dedicata a San Giovanni, villaggi quale il casale di Quattro Macine. All`epoca moderna datano numerose masserie, alcune anche fortificate, tru lli e caratteristici abituri in pietra a secco e a tegole o addirittura con coperture megalitiche. Tutto questo sopravvive in un paesaggio rurale e naturale ancora vergine, caratterizzato da ulivi monumentali, vecchi tratturi e muri a secco, boschi e macchia mediterranea, dove vegetano le ultime sugherete salentine come quelle di Bosco Paletta, le più orientali al mondo, con querce rare per il basso Salento, quali il fragno, il tutto intervallato da campi agricoli e preziosi pascoli rocciosi di tutelata steppa mediterranea. Il sito è frequentato dalle rare e protette cicogne bianche, che a detta dei locali hanno nidificato ancora nell`altopiano di Santu Vasili.

Con una stratificazione di culti e mescolanza di sacro e profano, sono sorti santuari cristiani di fortissima devozione, come quello di Montevergine nel feudo di Palmariggi legato alle apparizioni della Madonna, con una chiesa settecentesca costruita, accanto a un menhir, su una grotta-laura basiliana affrescata con l`icona di una Vergine con Bambino. Così, nell`area Belvedere, la Grotta di San Giovanni legata a miracoli di guarigione e apparizioni del santo, per cui nel luogo si celebrano ogni anno frequentatissime feste religiose e concomitanti fiere, con canti e balli popolari. E poi la bella ed enigmatica chiesetta della Madonna della Serra di Giuggianello, pure animata da leggende e feste religiose.

La Collina dei Fanciulli e delle Ninfe,coi suoi massi impregnati di leggende pagane e cristiane e oggetto di antichissime ritualità e venerazione, rischia ora di essere irrimediabilmente profanata.

Su questa importante e praticamente unica collina del Salento, tra pietre mitologiche e contorti ulivi, cripte bizantine ed edicole votive, santuari e chiese legate al locale intenso culto mariano, vogliono realizzare un imponente impianto eolico di venti mega aerogeneratori. Le torri eoliche ubicate su questo dolce rilievo che non supera i 115 metri sul livello del mare sarebbero alte 125 metri, dominerebbero il paesaggio nel raggio di chilometri, alterandone e distruggendone il profilo.

Non solo, diverse torri eoliche e connesse opere di sbancamento e colate di cemento necessarie per realizzarle, con chilometri di cavi elettrici e nuove distruttive reti viarie, sono previste in corrispondenza di accertati giacimenti archeologici neolitici o addirittura in aree come il campo di ulivi millenari e di massi sacri «de la Vecchia» o nella zona Belvedere di Grotta San Giovanni.

All`inquinamento elettromagnetico potenzialmente causa di tumori e all`inquinamento visivo a danno dell`orizzonte quotidiano, si aggiungerebbe anche quello notturno legato alle luci rosse lampeggianti delle necessarie segnalazioni per gli aerei, vero e proprio oltraggio alla mirabilità del firmamento.

Piazzare mega-torri eoliche sulla Collina dei Fanciulli e delle Ninfe sarebbe per i salentini quasi come per i romani vederle spuntare sul Colle del Campidoglio o per gli ateniesi sulla loro sacra e mitologica Acropoli. In barba all`altissimo valore culturale e ambientale del sito e in netta contraddizione con il suo stesso Piano Paesaggistico Territoriale, la Regione Puglia ha prima dato un parere – privo di una seria valutazione di impatto ambientale – favorevole agli impianti sulla Serra e, poi, contro le cautelative sentenze del TAR di Lecce, ha fatto appello al Consiglio di Stato.

«La poesia è nei fatti», ha rivendicato Nichi Vendola nella sua campagna elettorale. Sarebbe ora paradossale se a essere violato fosse proprio un luogo del Salento pregno di poesia, magia e sacralità, quella Collina dei Fanciulli e delle Ninfe che duemila anni fa ha ispirato le narrazioni di opere classiche come le “Metamorfosi” di Ovidio o le “Audizioni meravigliose” attribuite ad Aristotele. Sarebbe non solo un errore, ma un «misfatto», un crimine contro l`umanità. La preziosa Collina andrebbe piuttosto tutelata, come fosse patrimonio dell`Unesco e – come è stato proposto – venga vincolata l`intera Serra, il che potrebbe contribuire anche a fermare, in una regione che già produce il doppio dell`energia elettrica che consuma, la superflua e intollerabi le minaccia dei tre impianti eolici di Giuggianello, Minervino e Palmariggi.

I Giganti della mitologia che Ercole mise in fuga a sassate nella notte dei tempi potrebbero tornare da un momento all`altro sotto forma di mostri dalle potenti ali d`acciaio. E non si vede all`orizzonte un Ercole pronto a scacciarli; ci sono solo piccoli Davide – i pochi attivisti, comitati e amministratori locali -a sfidare i Golia del mega-eolico… e i loro gemelli parimenti mostruosi del mega-fotovoltaico, già pronti coi loro supertecnologici pannelli di silicio a livellare, disboscare, diserbare e cementificare migliaia di ettari di prezioso terreno agricolo e paesaggio naturale salentini, suoli rocciosi carsici e campi paludosi, ricchissimi delle più varie forme di vita.

Tutto ciò sembra venga fatto in nome dell`Ambiente e del Protocollo di Kyoto, di uno sviluppo eco-sostenibile e dell`occupazione. Ordinari scempi industriali e «affari sporchi» da cui traggono vantaggi solo la mafia, la politica e le ditte interessate, si presentano invece come fonti miracolose di «energia pulita». Si annuncia l`avvento di una «nuova civiltà», ma è solo il deserto – ambientale, civile e culturale – che si sta progettando per il Salento.

Articolo pubblicato da La Gazzetta del Mezzogiorno, 26 aprile 2010

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L’oro nero sulla nostra testa

di Giuseppe Candido

Fra pochi giorni i grandi della terra si riuniranno a Copenaghen per discutere dei cambiamenti climatici in corso, di ambiente e di politiche energetiche mondiali. Produrre energia senza inquinare è diventata un’esigenza mondiale non più rinviabile.

Ciò nonostante lo scorso 16 novembre le agenzie hanno battuto la notizia secondo cui la quindicesima Conferenza delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico che sarebbe dovuta servire a stabilire nuovi vincoli per le emissioni di gas inquinanti, superando il precedente Protocollo di Kyoto, i cui obiettivi di riduzione delle emissioni arrivano al 2012, non prevederà invece nulla di tutto ciò a causa del “Patto di ferro fra Usa e Cina” in base al quale nessun accordo sui tagli alle emissioni di CO2 potrà essere raggiunto al prossimo vertice di Copenaghen.

Insomma, abbiamo così tanto bisogno di energia che non possiamo rinunciare a bruciare petrolio e carbone. Ma forse le cose sono destinate a cambiare in breve tempo. Ci si è accorti infatti che, sopra la nostra testa, vi è un vero e proprio “giacimento energetico” costituito dai venti, veri e propri fiumi d’aria, ad alta quota. Il potenziale energetico di queste correnti è dieci volte superiore rispetto a quello dei normali venti a bassa quota. L’idea di utilizzare speciali turbine eoliche montate su “aquiloni” per produrre energia elettrica sfruttando i venti presenti in alta quota non è nuova. Già in passato, alcune università e centri di ricerca hanno proposto alcune ipotesi di soluzione tecnologica. Ma le cose stanno evolvendo velocemente. A Berzano S. Pietro, fra le colline a est di Torino, a settembre è stato testato il primo prototipo per lo sviluppo di una centrale eolica d’alta quota. Si chiama Kite Wind Generator, e invece delle lente e ingombranti torri a turbina, basa la produzione di energia su enormi aquiloni collegati a una turbina ad asse verticale. Col termine Kite (aquilone) Gen si indicano un’intero gruppo di sistemi, di nuova concezione, volti ad estrarre energia dal vento a costi competitivi con il carbone. La Kite Gen Research, azienda titolata di specifici brevetti, punta a stravolgere il campo della produzione di energia eolica grazie a un sistema tutto italiano che trae ispirazione direttamente dalle spettacolari evoluzioni dei Kite surfer .

Una torre eolica tradizionale, come quelle che vediamo installare anche in Calabria, è un rotore orizzontale in grado di sfruttare il vento a poche decine di metri dal suolo richiedendo l’installazione su crinali o parti elevate del territorio con forte ricaduta paesaggistica. Il Kite Gen è invece un’aquilone o una “giostra” di aquiloni pilotati da un sistema automatico, che sfrutta i venti presenti a quote tra i 500 e i 10.000 metri e che può essere installato, con buona resa in termini di ore effettive a potenza nominale, anche in pianura.

Il vento di alta quota ha, infatti, la caratteristica di essere quasi sempre presente ed è molto forte (15 m/s ovvero 2 kW/m2), mentre quello a livello del terreno è forte in pochi siti e per circa 1700-1800 ore all’anno. Il vento che si pensa di utilizzare è quello intorno agli 800 metri di altezza con velocità medie di 7 m/s e potenza specifica di 200 W/m2 .

Sembrerebbe quasi fantascienza se non fosse che dallo scorso mese di settembre è stata avviata, a Berzano S. Pietro, in provincia di Asti, la prima produzione di energia mediante una versione prototipo in configurazione singola a “sten”, cioè con uno stelo alto 25 metri. Lo stelo comanda un grande aquilone a forma allungata, analogo a un Kite surf, ma di alcune decine di metri quadrati.

La trazione, durante la salita, fa girare alternatori anche da tre megawatt. Raggiunti gli 800 metri, è sufficiente tirare una sola fune (che nel Kitesurf viene detta fune di depower) per mettere l’aquilone in posizione d’ala a “bandiera”, riavvolgendo velocemente le funi con minimo dispendio energetico; attorno ai 400 metri, l’aquilone è rimesso in posizione di portanza e il ciclo si ripete: la risalita avviene con produzione di energia elettrica. Uno yo-yo che, per oltre 5000 ore annue di saliscendi, produce molto di più di una normale torre. Nel caso di un sito permanente è necessaria l’istituzione di una zona di non sorvolo per i piccoli aereomobili poiché i corridoi delle linee aeree sono situati ad altezze decisamente superiori, intorno agli 8-10mila metri. Senza contare che sulle centrali nucleari dismesse presenti in Italia esiste già un divieto di sorvolo. E ciò è da considerare pure in relazione al fatto che un’impianto di Kite Gen multiplo a “giostra”, un carosello di 1500 m di diametro, in grado di produrre fino a potenze dell’ordine di un GigaWatt, paragonabili a quelle di una centrale, ad un sesto del costo attuale del kilowattore nucleare. Il tutto senza nessuna emissione di anidride carbonica e senza produrre le famose scorie nucleari che poi non si sa dove buttare.

Guarda la simulazione su you tube

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