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Addio mia bella spiaggia, addio

di Giuseppe Candido

Il governo ha dato il via libera a quello che gli ambientalisti definiscono senza remore una vera e propria “svendita delle spiagge italiane”. Con il decreto sviluppo varato in Consiglio dei ministri la scorsa settimana parte l’alienazione privata delle spiagge italiane che eliminerà ogni possibile concorrenza. Si passerà infatti da un regime di patrimonio pubblico dato in concessione ai privati ad un regime di monopolistico con concessioni che dureranno 90 anni. Agli operatori del settore balneare che sono felicissimi del provvedimento, in pratica, vengono regalati oltre tremila chilometri di spiagge italiane: il 50% del totale delle nostre coste.

Federalismo demaniale
Una delle tante spiagge italiane

E, ricordano ancora gli ambientalisti, il diritto di superficie porta con sé anche il diritto ad edificare le aree non ancora edificate. Ma le concessioni continueranno ad essere pagate la cifra irrisoria di 93 centesimi di euro per metro quadrato. «Uno stabilimento balneare di 10 mila metri quadrati pagherà molto meno di 1000 euro di affitto al mese, meno dell’affitto che si paga per un bi-locale a Roma e Milano», ha spiegato il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli al quotidiano ambientalista Terra. Ed aggiunge: «C’è solo da vergognarsi per come il governo stia svendendo questo patrimonio comune alle lobby». Una gestione del demanio marittimo che non ha uguali in nessun paese dell’Europa e del mondo.

Per questo motivo il Wwf ed il Fai hanno rivolto un appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affinché valuti la costituzionalità dell’uso della decretazione d’urgenza per una norma che «modificando le leggi che regolano la concessione del demanio costiero, ha conseguenze che vanno bel oltre quanto si sta dichiarando». Le associazioni ambientaliste sostengono infatti, che il provvedimento contiene almeno due aspetti di assoluta gravità: «Il primo – spiegano nella nota congiunta – riguarda proprio l’emanazione di un dl per una materia che va a condizionare per quasi un secolo ambiti territoriali sottoposti a vincoli paesaggistici diretti, e in alcuni casi anche ambientali, come sono appunto tutti quelli costieri». Il secondo punto, sul quale pure l’Unione europea ha chiesto lumi, «riguarda lo stravolgimento sostanziale dell’istituto giuridico della concessione demaniale per come è previsto nel codice della navigazione che regolamenta anche l’occupazione dell’arenile».

In effetti è già dal gennaio del 2009 che l’Europa contesta al governo italiano di aver violato le direttive dell’Unione rinnovando per sei anni, senza opportune gare, tutte le concessioni degli arenili del nostro Paese. Come ha fatto notare al corrispondente da Bruxelles per La Stampa, il presidente della Commissione per il mercato interno dell’UE ha l’impressione che la norma varata col decreto sviluppo non sia in linea con le regole del mercato interno, in particolare con la direttiva Bolkenstein sui servizi del 2006 che prevederebbe una selezione trasparente dei concessionari, il divieto del rinnovo automatico senza aste in cui il gestore uscente sia sullo stesso piano degli altri e, particolare non di poco conto, che le concessioni “devono essere date per un tempo appropriato e limitato” che certo non si sposa coi 90 anni previsti dalle nuove norme.

Ed al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si rivolgono anche i Verdi presentando un dossier con il quale sono quantificate i metri cubi di cemento che rischiano di rovesciarsi sulle nostre coste. «10 milioni di metri cubi» avverte il presidente Angelo Bonelli.

Gli indiani d’America ricordavano ai loro figli che l’ambiente in cui vivevano era “un prestito” che loro avevano contratto con le future generazioni impegnandosi a lasciarlo migliore di come l’avevano trovato. Noi perseveriamo a considerarlo e a svenderlo come fosse un’eredità da saccheggiare e, casomai, lasciarne quel che resta. In tutto ciò, infatti, nessuno tiene in considerazione neanche lontanamente il fenomeno dell’erosione costiera. Fenomeno naturale sì, ma con forza aggravato dall’indiscriminato e non regolamentato prelievo di materiali inerti dagli alvei fluviali che sottrae metri di spiagge ogni anno. La Calabria, solo per fare un esempio, nel far west delle cave dove il prelievo dagli alvei è gratis, ha spiagge il cui tasso d’erosione supera il metro lineare di spiaggia all’anno. Con concessioni che dureranno per 90 anni potremmo paradossalmente avere, in Regioni con coste a rischio come la nostra, anche il “rischio” di dover risarcire quei titolari delle concessioni demaniali cui il mare avrà “rubato” la spiaggia.

 

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