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Libertà di ricerca e ricerca di libertà

di Giuseppe Candido

Pubblicato su “Il Domani della Calabria” del 11 febbraio 2009

Luca Coscioni incontra José Samarago - Foto Associazione Coscioni Flickr

“Se noi vivessimo in un mondo giusto, capace di non confondere ciò che è bene con ciò che è male, la lotta coraggiosa di Luca sarebbe sfociata in un movimento sociale forse inarrestabile. Non è colpa esclusivamente di Berlusconi: c’è anche l’apatia generalizzata delle persone”. E’ così che si esprime il Premio Nobel per la letteratura Josè Saramago nell’intervista concessa di recente al mensile dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

Il 20 febbraio di quattro anni fa moriva un alfiere che, al pari di Galileo e di Giordano Bruno, ha condotto la sua battaglia per la libertà di ricerca e per la ricerca di libertà in questo Paese dove, i proibizionismi bigotti e clericali continuano a dettare le linee politiche. Ricordo come se fosse ieri le parole di Marco Pannella che, visibilmente commosse e commoventi, annunciavano la morte di Luca agli ascoltatori di Radio Radicale. Poi il diluvio di dichiarazioni di politici, uomini del mondo della cultura, delle scienze di tutto il mondo. Luca Coscioni era malato di SLA, la sclerosi laterale amiortofica, una malattia degenerativa nota anche come malattia dei moto-neuroni. Una patologia degenerativa progressiva del sistema nervoso che colpisce selettivamente i cosiddetti neuroni del moto, sia centrali sia periferici, e non lascia scampo, “sconfigge sul piano fisico in partenza e, l’unico modo per resistervi, è quello mentale”. Una malattia rara, che riguarda 1-3 casi ogni 100.000 individui all’anno e la cui origine non è ancora nota alla scienza e che non colpisce le capacità intellettive del malato lasciandogli intatta la mente in un corpo che via via perde le sue capacità di operare: di parlare, di muoversi, di nutrirsi, di respirare. Con la morte che interviene per soffocamento quando si decide, come decise Luca, di non farsi ventilare artificialmente. Ma Luca era anche il presidente di Radicali Italiani eletto, per la prima volta, con il metodo delle elezioni on line. Una forza dirompente e coinvolgente che mi convinse ad iscrivermi al Partito di Bonino e Pannella di cui ero già estimatore. “Ci sono malattie con le quali è possibile vivere. Altre con cui è possibile convivere. Infine, ve ne sono alcune alle quali si può sopravvivere. La sclerosi laterale amiotrofica – scriveva col suo comunicatore Luca Coscioni – non rientra in nessuna di queste tre categorie, è una malattia che non lascia molto spazio di manovra e che può essere affrontata soltanto sul piano della resistenza mentale. Se, infatti, ci si confronta con essa sul piano fisico si è sconfitti in partenza. L’intelletto è l’unica risorsa che può aiutarti”.

Qualcuno sostenne che Luca fosse stato strumentalizzato dai Radicali mentre tutti, sia il centro sinistra sia il centro destra, gli negarono, alle Regionali di cinque anni fa, la possibilità di presentare le liste “Luca Coscioni” in tutta l’Italia. A questi signori Luca rispondeva che, proprio lui, “Muto”, avesse, “in realtà, restituito la parola a 50 premi Nobel, e a centinaia di scienziati di tutto il mondo, anche loro resi muti, in Italia, dal silenzio della politica ufficiale e del sistema informativo, su temi fondamentali per la vita, la salute, la qualità della vita, e la morte, dei cittadini italiani (…). La circostanza che una persona gravemente malata, che non può camminare, che per comunicare è costretta ad utilizzare un sintetizzatore vocale, viva pienamente la propria esistenza, questa circostanza, dicevo, rischia infatti di scuotere le coscienze, le agita, le mette in discussione. Il fatto poi che io abbia sollevato una questione politica, che non abbia accettato di rappresentare un cosiddetto caso umano, che abbia scelto lo strumento della lotta politica, infastidisce enormemente. Perché, in Italia, la persona malata, non appena una diagnosi le fa assumere questo nuovo status, perde immediatamente, elementari diritti umani, e tale perdita è tanto maggiore, quanto poi più gravi sono le condizioni di salute della persona in questione. “La mia, la nostra battaglia radicale per la libertà di Scienza”, scriveva ancora Luca, “mi ha consentito di riaffermare, in particolare, la libertà all’elettorato passivo, il poter essere cioè eletto in Parlamento, per portare istanze delle quali nessun’altra forza politica, vuole, e può essere portatrice”. Non era Luca ad aver scelto la battaglia ma era stata la battaglia che lo aveva scelto: “La battaglia radicale, alla quale sto dando spirito e corpo, è quella per le libertà, e in particolare quella di ricerca scientifica. E’ una battaglia radicale che non ho scelto, così come Marco Pannella non mi ha scelto e designato alfiere, porta bandiera della libertà di Scienza. E’ una battaglia radicale che mi ha, ci ha scelto. La stiamo combattendo, così come si vive un’esistenza, percorrendola, sapendo che non la si è scelta, ma che se ne può essere gli artefici nel suo divenire”.

Il 16, 17 e il 18 febbraio dei quattro anni fa Luca, stante le condizioni sempre più gravi, intervenne al primo congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica cui parteciparono numerosi personaggi, premi Nobel e politici. In quell’ultimo intervento pubblico Luca riaffermò la forza della verità della sua battaglia “in un momento particolarmente difficile” della sua esistenza. “La coscienza del tempo della vita, della sua libertà, della dignità umana e del limite oltre il quale non andare, producono pensieri e sentimenti inaccettabili ed inaccessibili. La posta in gioco è troppo alta per lasciar passare del tempo, altro tempo”. Ma ancora tanyto tempo, come per gli errori del passato, servirà per far capire gli errori di una Chiesa assai lontana dal sentito vero dei suoi stessi credenti, una Chiesa che vuole il sondino obbligatorio per tutti, che non consente alle coppie la fecondazione eterologa e la diagnosi preimpianto per evitare che i propri figli abbiano malattie genetiche, una Chiesa che preferisce chiedere sacrificio e non invece misericordia. Ma quel che è peggio è il fatto che la classe politica, quella che dovrebbe fare leggi per tutti e non per compiacere una ristretta ologarchia ecclesiastica, è invece genuflessa ai suoi dettami.

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