Archivi tag: La Chiesa Michelizia di Tropea

IL QUADRO DELLA MADONNA DELLA LETTERA NELLA CHIESA MICHELIZIA di TROPEA

di Filippo Curtosi e Giuseppe Candido

LA CHIESA MICHELIZIA TRA STORIA E LEGGENDA

Madonna della lettera nella chiesa michelizia di Tropea
Madonna della lettera nella chiesa michelizia di Tropea

Nel tratto finale che nei secoli scorsi, dal rione Carmine portava al santuario di San Francesco di Paola, emerge da un verde agrumeto, un tempo più ampio e più fitto, una chiesa che, di assoluta purezza architettonica, presenta anche motivi di imponenza e solennità.

Attualmente dissacrata, era dedicata a Santa Maria della Neve; la voce popolare però l’aveva fatta conoscere con il nome di “Chiesa di S. Maria Michelizia” o più semplicemente “Chiesa di Michelizia”: un nome ricavato dalla fusione di Michele Milizia.

Isolata tra la profonda quiete ed i solenni silenzi della campagna, con le sue pagine murarie svela due momenti della sua storia, che ci sono stati rispettivamente tramandati con un racconto popolare e con la testimonianza dello storico tropeano Francesco Sergio, vissuto dal 1642 al 1720.

Tutto comincia, secondo la voce del popolo, durante una tempestosa sera del 5 agosto dell’ultimo scorcio del cinquecento.

Un violento temporale stava scaricando la sua violenta collera, rendendo alquanto mosso il mare e quindi molto critica la vita di quel veliero che non riusciva a scorgere, a causa della fitta nebbia, quella sinuosa rupe nella cui rada avrebbe trovato salvezza.

In preda alla disperazione, Michele Milizia, commerciante siciliano e padrone di quella barca, si mise ad invocare l’aiuto divino, come generalmente fa l’uomo quando incappa nel vortice di un grande pericolo.

Improvvisamente, su quella che doveva essere la sommità della rupe, penetrò le tenebre, la luce di una lanterna che un contadino portava, forse per andare a controllare la situazione del bestiame nella stalla.

Diventa punto di riferimento, tanto che valse al bastimento di mettersi al riparo nella rada, quella fiammella fu interpretata come intervento divino da Michele Milizia che, come segno di fede e di gratitudine, decise di fare sorgere, dov’era apparsa quella luce un tempio dedicato alla Madonna.

Quantunque di dimensioni ridotte, la chiesetta disponeva di tre altari, come ci tramanda lo storico Francesco Sergio. In quello centrale c’era l’immagine di Santa Maria Maggiore, poi chiamata S.Maria della Lettera.

Intanto, poiché la chiesetta, senza porte e con una diradata copertura, era caduta in uno stato di totale abbandono da diventare rifugio degli asini dei vicini ortolani, un vecchietto chiamato mastro Pietro, sarto e panettiere decise di porre fine a quello sconcio con un segno che conferisse al tempio la sacralità che meritava.

Ed infatti, con l’olio raccolto periodicamente tra i devoti, si premurava, ogni giorno, di accendere una lampada votiva davanti al quadro della madonna raccogliendosi in preghiera.

Un giorno, forse perché logorato dalla sopportazione delle sue sventure, postosi in un angolo della chiesetta, si mise a contemplare con occhi lacrimosi quella Madonna cui era tanto devoto, lamentandosi, come mai gli era accaduto,della propria esistenza di solitudine, di miseria e di altre sofferenze, causate anche da una grave forma di balbuzie che gli rendeva molto difficile la parola.

Erano struggente sfogo da cui traspariva la stanchezza del vivere.

Ad un tratto gli apparve una giovinetta di grazioso aspetto che amorevolmente gli disse: “Perché piangi, piuttosto vai in città e di alla gente di frequentare questa chiesa dove si vedranno delle cose così mirabili che si racconteranno”. Detto questo sparì.

Quando, ripresosi dallo sbigottimento, si rese conto dell’importanza di quel profetico messaggio che doveva portare alla gente, senza alcun indugio si incamminò verso il centro di Tropea dove, senza balbettare, e questo per il vecchio dovette essere già cosa mirabile, espose a quanti riuscì di incontrare ciò che aveva visto ed udito.

La notizia, che si diffuse rapidamente anche fuori Tropea,fu creduta e spiegata come vero segnale celeste, tanto che sempre più numerosi erano i pellegrini che, spinti dalla fede,forse anche dalla curiosità,volevano vedere e venerare quella immagine. Chi entrava in quella chiesa come leone,ne usciva come mansueto agnello, commentava il Sergio.

Ma come sempre accade per i fatti del genere, anche quella volta si levò la voce derisoria degli increduli, tra cui c’era anche un sacerdote di nome Arcangelo Andricciola, il quale andava affermando che quello che si diceva, per niente degno di fede, poteva essere pasto solo dei creduloni.

Ma non passò molto tempo ed anche il sacerdote crollò dall’alto del suo scetticismo.

Infatti un giorno, roso dalla curiosità, decise di recarsi in quel tempietto per vedere il quadro di quella Madonna che, come se sprigionasse un flusso misterioso, avvinceva e trasformava gli uomini.

Mai disse cosa sia accaduto dentro di se dopo aver guardato quella sacra effigie; certo che, in seguito, radicalmente diverso fu il suo comportamento, da denigratore ne divenne ardente sostenitore ed anche curato dello stesso tempietto. Ovviamente si parlò di evento straordinario. Intanto sempre più grande era l’affluenza della gente. Si trattava di credenti e di non credenti. Innumerevoli erano gli ossessi che ivi si recavano affinché, con un certo rituale, venissero sottratti, talvolta con urla raccapriccianti al potere del demonio.

Tutti questi fatti, diffusi dalla voce popolare anche in contrade lontane, colpivano profondamente la gente che esprimeva la propria devozione anche con elemosine e donazioni da destinarsi alla costruzione,in quello stesso sito,di un tempio più grande. La necessità si rivelò quando il 5 agosto del 1649, giorno dedicato dal messale romano a S. Maria ad Nives, si dovevano rendere festose onoranze alla Madonna di quella chiesetta. Immensa fu la folla di fedeli giunti da ogni dove. La cattedra vescovile era affidata a Giovanni Lozano, uno dei sei vescovi spagnoli che in periodi diversi: dal 1564 al 1726 ressero la diocesi di Tropea. Il vescovo fu colpito da quella oceanica partecipazione di fedeli e quindi decise di costruirne una più grande,esortando i fedeli: “Vamos, hijos mios a traèr piedras por nuestra Senora”.

Fu così che sorse un nuovo tempio con le pietre dei torrenti “Burmeria” e “La Grazia”.

Più in là, inquadrato in una cornice barocca, un dipinto su tela raffigura la Madonna della Lettera, tanto venerata dai Messinesi cui, secondo una antichissima tradizione, gli ambasciatori nel 42 d.C. si recarono a Gerusalemme per renderle omaggio e chiederle la sua benedizione per la città di Messina. La Madonna consegnò la Lettera con la quale benediceva la loro città ed i suoi abitanti. Imperfetto e lacunoso è il testo, in latino, trascritto nella “lettera” dall’autore del quadro e poco leggibili sono quei vocaboli in greco, tratti dall’antica immagine della Madonna del Grafèo.

Il quadro è importante dal punto di vista storico, oltre che da quello artistico, perché indica una continuità del culto verso la Sacra Lettera sin dall’epoca dell’originario tempietto dove, come ci tramanda lo storico Francesco Sergio, nella sua opera Cronologica Collectanea De Civitate Tropea, Liber Tertius, “Apparitio Sancte Marie Michealis militia”.

L’Abate Francesco Sergio in questa importante opera conferma una tradizione popolare che risale alla metà del ‘500 e cioè che l’immagine della Madonna era stata portata da un messinese di nome Michele Milizia dopo che lo stesso aveva provveduto a far erigere un tempietto dedicato appunto alla Madonna. La tradizione vuole che il nome della chiesa Michelizia è ricavato dalla fusione di Michele Milizia;ciò è anche testimoniato dallo storico tropeano Francesco Sergio vissuto tra il 1642 e 1720.

Altri quadri si possono ammirare nella Michelizia: la Crocifissione di Gesù, firmato Grimaldi Tropien, 1710. Si tratta di Giuseppe Grimaldi, pittore tropeano vissuto tra il ‘600 e il ‘700, ai più sconosciuto ma che lasciò importanti lavori nelle chiese tropeane.

Importante è un quadro del Cuore di Gesù.

Ma l’opera più notevole è l’altare settecentesco in legno così le statue di sant’Anna e Gioacchino poste ai lati con in mezzo la Madonna. Gli esperti del restauro di Cosenza ad un attento esame hanno rinvenuto sotto quella effigie la figura di una Madonna senza volto del Duecento.

Queste notizie, appaiono in uno scritto a firma illeggibile che il parroco della chiesa del Carmine, don Muscia ci ha gentilmente fornito con la preghiera di fare qualcosa per far ritornare la chiesa della Michelizia al culto ed agli antichi splendori di un tempo.

http://www.almcalabria.org/wp-content/uploads/2010/10/La-Chiesa-Michelizia-di-Tropea.jpg
La Chiesa Michelizia di Tropea

Attualmente la Michelizia è sconsacrata e viene utilizzata per concerti e manifestazioni musicali. Versa in uno stato di totale abbandono. Forse le Istituzioni potrebbero fare qualcosa, più che di soldi ha bisogno di cura perché è un importante sito non tanto culturale, parola abusata, ma artistico. In fondo non c’è epoca in cui il genio ( e l’arte) non abbia trovato il modo di manifestarsi. Oggi la chiesa e le sue opere sono cadute in uno stato di prostrazione e di abulia prodotto dall’incuria e dalla indifferenza degli uomini. Il sindaco, spirito tenace tropeano non può e non deve desistere e ci deve regalare in qualche maniera un intervento capace di aprire uno scorcio sulla vita culturale e artistica di una buona parte dei secoli scorsi.

Share