Archivi tag: omicidio preterintenzionale

Abbandonato? Non è omicidio quello di Cucchi?

di Giuseppe Candido

“Se davvero ci si abitua ad avere dentro di sé – come orizzonte – la morte, a questo punto poi la si crea e la si produce”. E’ il caso dell’emergenza delle carceri coi suicidi di disperazione ed è il caso Cucchi pestato e morto perché abbandonato dallo stesso Stato che ne avrebbe dovuto tutelare l’incolumità.

Le perizie medico-legali della procura su Stefano, geometra di 31 anni, morto in carcere sette mesi fa dopo essere stato arrestato, si sarebbe potuto salvare. Il pool di medici legali nominati dalla procura a fare l’autopsia, coordinati dal professor Paolo Arbarello, sono certi che, tra le cause della morte del ragazzo, ci siano anche “le accertate negligenze dei medici dell’ospedale Sandro Pertini” che, secondo quanto emerge, non si sarebbero resi conto della gravità della situazione del malato. Sarebbe stato sufficiente, per salvarlo, dargli un bicchiere d’acqua e zucchero. Ma se le accuse per i medici dell’ospedale Pertini si sono fatte più pesanti perché c’è l’aggravante di “abbandono di incapace”, per coloro che materialmente lo pestarono nel bunker del tribunale l’accusa viene invece declassata a quella semplice di “lesioni” anche se aggravate perché commesse da un pubblico ufficiale. Ma senza quel pestaggio Stefano Cucchi non sarebbe mai stato ricoverato in ospedale dove poi è stato lasciato morire. Senza quel pestaggio, ha affermato la madre Rita in un’intervista, al Pertini Stefano non ci sarebbe mai arrivato: “le foto le hanno viste tutti. Stefano stava bene, camminava sulle sue gambe, non aveva una patologia particolare”.

E mentre le carceri italiane sono stracolme in una situazione di disumanità peggio che nel ventennio, sappiamo ora che, anche la sanità carceraria, ne abbiamo certezza, è al di sotto della soglia di umanità. Un decesso, quello di Cucchi, chiaramente correlato all’entità dei traumi subiti dagli agenti che lo avevano in custodia: “La morte di Stefano Cucchi – è quanto sintetizza i risultati della perizia – è addebitabile a un quadro di edema polmonare acuto da insufficienza cardiaca in soggetto con bradicardia giunzionale intimamente correlata all’evento traumatico occorso ed alla immobilizzazione susseguente al trauma”.

Stefano è stato pestato a morte mentre era affidato nelle mani dello Stato e i medici, pubblici ufficiali, si sono resi complici di questa triste vicenda. L’omicidio colposo di Stefano Cucchi cancellato dai capi di accusa, per Marco Pannella intervenuto sulla vicenda dai microfoni di Radio Radicale, è invece stato un vero e proprio “omicidio preterintenzionale”. Le associazioni che hanno seguito, assieme ai familiari, la vicenda affermano che si è ignorato il rapporto di casualità ed effetto. Cucchi venne ricoverato al Pertini dove fu abbandonato alla morte proprio perché aveva subito il pestaggio.

Tutti parlano di traumi ma Luigi Manconi lo ha detto pure lui chiaramente: “Stefano è stato pestato”. “Violenze documentate, riconosciute, certificate, e sono queste violenze che hanno portato Stefano in quel luogo dove non è stato curato”.

Sin dal primo momento Pannella lo aveva intuito – quando si era detto che Cucchi aveva fatto lo sciopero della fame e della sete per avere il suo avvocato di fiducia e adesso sappiamo, dalle perizie, che aveva la vescica piena. Aveva accettato di bere. Tutti sapevano che questo ragazzo poteva morire. Già dal primo giorno quello che c’è stato da parte di tutti coloro che lo hanno avuto in cura, secondo Pannella, è un riflesso: “Se questo si salva, racconta tutto quello che è successo, che lo hanno pestato”. Tutto questo però è davvero un segnale di una società che fa paura, che non rispetta la sua stessa legge, che vìola il patto che ci lega. Cucchi accetta di bere per non morire ma è proprio lo Stato ad abbandonarlo lasciandolo morire per un po’ di zucchero.

Share

Tragica verità sulla morte di Stefano Cucchi: “Omicidio preterintenzionale”

di Giuseppe Candido

Stefano Cucchi
Stefano Cucchi - Foto: crmmedia.com

Ora finalmente ci sono le perizie medico-legali della procura che iniziano a delineare la verità su ciò che è avvenuto al povero Cucchi dopo essere stato arrestato. Stefano, geometra di 31 anni, morto in carcere sette mesi fa dopo essere stato arrestato, si sarebbe potuto salvare. Il pool di medici legali nominati dalla procura a fare l’autopsia, coordinati dal professor Paolo Arbarello, sono certi che, tra le cause della morte del ragazzo, ci siano anche “le accertate negligenze dei medici dell’ospedale Sandro Pertini” che, secondo quanto emerge, non si sarebbero resi conto della gravità della situazione del malato. Vincenzo Barba e Francesca Loy, consulenti dei pubblici ministeri, vanno anche oltre e sostengono che la vittima è morta sia per disidratazione, sia per una serie di omissioni dei sanitari del nosocomio di via dei Monti Tiburtini. “Un trauma vertebrale a livello L3 – ha spiegato il professor Arbarello – risalente nel tempo e una a livello F4 recente. Lesioni recenti sono state evidenziate anche sul volto, su gambe e braccia, nulla legato invece a eventuali bruciature. Queste sono compatibili per aspetto morfologico, istologico e radiologico con una caduta podalica. Su ciò che abbia determinato questa caduta non spetta a noi determinarlo. Queste lesioni comunque sono del tutto indifferenti ai fini della morte”. Tuttavia le gravi negligenze dei medici del Pertini, non possono essere sufficienti, per i medici e i legali della famiglia, a spiegare quanto accaduto. Per i periti di parte “Stefano morì per i traumi”: Sono stati i traumi e le loro conseguenze a determinare quella catena di eventi che ha portato alla morte di Stefano Cucchi”. E’ quanto evidenziato dalla perizia disposta dalla famiglia e presentata in una conferenza stampa a Montecitorio, a cui hanno preso parte la sorella Ilaria, il presidente dell’associazione “A buon diritto” Luigi Manconi che sin dall’inizio ha seguito il caso e l’intero collegio difensivo. Un decesso chiaramente correlato all’entità dei traumi subiti: “La morte di Stefano Cucchi – è quanto si legge nel documento che sintetizza i risultati della perizia – è addebitabile a un quadro di edema polmonare acuto da insufficienza cardiaca in soggetto con bradicardia giunzionale intimamente correlata all’evento traumatico occorso ed alla immobilizzazione susseguente al trauma”.

Stefano è stato pestato a morte mentre era nelle mani dello Stato e i medici, pubblici ufficiali, si sono resi complici di questa triste vicenda. L’omicidio di Stefano Cucchi, per Marco Pannella intervenuto sulla vicenda domenica 11 dai microfoni di Radio Radicale, è stato un “omicidio preterintenzionale”. Tutti parlano di traumi ma Luigi Manconi lo ha detto pure lui chiaramente, nella sua battaglia prudente ma allo stesso tempo intransigente, che Stefano è stato “pestato”. “Dal primo giorno ho avuto – continua Pannella – il sospetto” quando si è detto che Cucchi aveva fatto lo sciopero della fame e della sete per avere il suo avvocato di fiducia e adesso sappiamo, dalle perizie, che aveva la vescica piena. A un certo punto Stefano ha accettato di bere abbondantemente. Tutti sapevano che questo ragazzo poteva morire. Già dal primo giorno quello che c’è stato è, secondo Pannella, un riflesso: “Se questo si salva, racconta tutto quello che è successo, che lo hanno pestato”. “Si può discutere tra ‘associati per delinquere’, con quantomeno l’omicidio preterintenzionale, ma è evidente che questa serie di reati omissivi, ivi compreso il silenzio, perché il silenzio di coloro che sanno è reat”. Un reato “Ritengo giusto esprimere il dubbio – anche con la sorella, con la famiglia – che lui abbia avuto un comportamento classico, esemplare. Dopo 24 ore in quelle condizioni, lui dice: “Io voglio l’avvocato di fiducia”, non glielo danno e per questo fa uno sciopero della fame e della sete. “Questo – continua Pannella – è un segnale di una società e di un ceto dirigente che fa paur”. Cucchi accetta di bere per non morire ma è lo Stato ad abbandonarlo. Perché, spiega ancora Pannella, “Quando ci si abitua ad avere dentro di sé – come orizzonte – la morte, a questo punto poi la si crea e la si produce”.

Appaiono quindi ancora valide le richieste del padre di Stefano, Giovanni Cucchi, che durante la conferenza stampa il 29 ottobre scorso chiedeva: “Vogliamo sapere perché – alla richiesta precisa di Stefano – non è stato chiamato, dai militari la sera dell’arresto, il suo avvocato di fiducia, vogliamo sapere dalle forze dell’ordine come è stato possibile che abbia subito le lesioni, vogliamo sapere chi glie le ha prodotte e quando, vogliamo sapere dalle strutture carcerarie perché non c’è stato consentito il colloquio con i medici, vogliamo sapere, dalle strutture sanitarie, perché non gli sono state effettuate le cure mediche necessarie, vogliamo sapere, (sempre) dalle strutture sanitarie, perché sia stata consentita, in sei giorni di ricovero, una tale debilitazione fisica, vogliamo sapere perché è stato lasciato in solitudine senza un conforto morale e religioso, vogliamo sapere, infine, la natura e le circostanze precise della morte, vorremmo sapere altresì, se ci sono motivi validi di tale accanimento su una giovane vita. Immaginiamo che una famiglia distrutta dal dolore per la morte atroce del proprio figlio di, trentuno anni, abbia il diritto di urlare con tutte le sue forze, per chiederne conto”. Anche noi chiediamo di conoscere e non soltanto per il “diritto alla vita” troppo spesso vilipeso ma anche, e soprattutto, per la vita del diritto stesso.

Share