Archivi tag: PDL

Stefano Rodotà, il calabrese che vorremo Presidente per abolire la miseria

Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. Forse è per questa proposta fatta all’Internet Governance Forum nel novembre del 2010 che Stefano Rodotà piace tanto al Movimento 5 Stelle. Ma se eletto, Stefano Rodotà (classe 1933), sarebbe stato (ma ancora forse potrebbe esserlo) il Presidente della Repubblica di tutti. Il Presidente che ha proposto e votato per il Quirinale il M5S di Beppe Grillo non solo è un calabrese nato a San Benedetto Ullanno (Shën Benedhiti), comune arbëreshë calabrese che, secondo la bibliografia di wikipedia, discende da una illustre dinastia italo-albanese annoverante, fra il XVII e il XVIII secolo, intellettuali difensori della minoranza etnica e religiosa arbëreshë. Già soltanto per questo Pierluigi Bersani, considerata la situazione in cui l’Italia ha chiesto chiaramente un cambiamento, avrebbe dovuto, sin dall’inizio, ritenere insano l’accordo col PdL per far votare al primo turno Franco Marini.

Ma la vita di Stefano Rodotà dice molto di più delle sue “semplici” origini italo albanesi. Non parliamo neanche della sua illustre chiarissima carriera universitaria che lo ha visto insegnare nelle più prestigiose università d’Italia e d’Europa. Dopo essere stato iscritto al Partito Radicale di Mario Pannunzio, Stefano Rodotà nel ’76 rifiutò la candidatura col PR di Marco Pannella e Gianfranco Spadaccia e, nel 1979, fu eletto come indipendente nel Partito Comunista Italiano. Nel 1983 viene poi eletto nuovamente divenendo presidente del gruppo parlamentare della Sinistra Indipendente.

Eletto per la terza volta nel 1987, Stefano Rodotà è di nuovo membro della commissione Affari Costituzionali. Nel 1989 viene nominato Ministro della Giustizia nel governo ombra creato dal PCI di Occhetto e successivamente aderisce ufficialmente al PDS, del quale sarà il primo leader. Nel ’92 è eletto nuovamente alla Camera tra i Deputati del PDS, viene eletto Vicepresidente e fa parte della nuova Commissione Bicamerale. Nel maggio dello stesso anno, Rodotà sostituisce Oscar Luigi Scalfaro nella presidenza della Camera convocato per l’elezione del Capo dello Stato in cui fu eletto proprio Scalfaro. Al termine della legislatura, durata solo due anni, Stefano Rodotà si auto rottama e decide di non ricandidarsi, preferendo tornare all’insegnamento universitario.

Oggi, non votando Rodotà, Bersani e il Pd hanno detto un no anche alla stessa storia del PCI, PDS, PD.

Ma c’è un altro buon motivo che avrebbe potuto (e ancora potrebbe) indurre il PD a votarlo. Infatti il suo impegno politico oltrepassa i confini nazionali. Dal 1983 al 1994, Stefano Rodotà, il candidato del Movimeno 5 Stelle, è membro dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e, proprio al Parlamento europeo dove viene eletto nel ’89, partecipa alla stesura della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea solennemente proclamata a Nizza, il 7 dicembre del 2000 e che, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, tutela quei diritti fondamentali che risultano dalle tradizioni costituzionali dei paesi membri e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che conosciamo sotto il nome di CEDU. Già, quella Convenzione e quella Corte dei Diritti dell’Uomo che l’Italia di oggi viola in modo sistemico e strutturale. Quella Carta, oggi violata nelle carceri, dimenticata da una giustizia lenta sia nel penale sia nel civile, calpestata nei posti di lavoro è oggi disattesa in Italia con un ritmo di 200 sanzioni ogni anno. Un uomo come Stefano Rodotà, Presidente della Repubblica, darebbe sicura garanzia di attuazione dei diritti che proprio quella Carta dei Diritti Umani (con la D e la U maiuscole), vuole tutelare. Ma Pierluigi Bersani per questi particolari non ha tempo!

Share