Archivi tag: Trattamento meccanico biologico

Il nuovo piano Rifiuti della Regione Calabria e l’alternativa agli inceneritori che non c’è

di Giuseppe Candido

Rifiuti
Calabria, emergenza rifiuti sotto gli occhi di tutti da 16 anni

L’emergenza in Calabria dura da 16 anni e che la questione dei rifiuti sia ormai nel caos più completo è sotto gli occhi di tutti e, personalmente, lo scrivo ormai da anni. La cronaca e l’evidenza ci dà ragione ma, come si dice, la ragione è dei fessi. Già bocciato sonoramente da Legambiente, il nuovo piano della Regione Calabria per uscire dall’emergenza rifiuti dopo l’uscita dal commissariamento, è vecchio, obsoleto e rischia pure di aggravare la situazione. Come fa notare giustamente l’articolo di Adriano Mollo pubblicato oggi, 30 marzo 2013, su Il Quotidiano della Calabria col titolo “Rifiuti, impianti obsoleti”, a fronte di una spesa che ha sfiorato il miliardo di euro la raccolta differenziata nella nostra Regione è all’anno zero: poco più del 13% a fronte di un obiettivo che, al 2011, era del 65%, gli impianti sono obsoleti, la riduzione e il riciclo dei rifiuti rimangono un’utopia, un sogno che al risveglio sistematicamente si trasforma in incubo.

E mentre le discariche si sono ormai quasi tutte saturate molto prima del previsto, perché si è continuato per anni a non ridurre, a non riciclare e a non innescare la filiera del riuso e del riciclo, i nostri rifiuti traboccano tristemente per strada dai cassonetti maleodoranti come prova palese del fallimento di un’intera classe politica e dirigente regionale senza distinzione di colore e casacca. Si dice spesso che, in questi ultimi anni soprattutto, i vari Commissari delegati succedutesi per gestire l’emergenza in Calabria, abbiano “pensato principalmente a gestire l’emergenza e che l’interramento è stata la soluzione più semplice, mentre poco è stato fatto per l’impiantistica”. Certo, nel linguaggio politichese e se, magari, si vuol non far capire bene e non informare i cittadini. Se invece si vuol sapere cosa si è fatto in questi anni c’è sicuramente da ricordare l’articolo di Gian Antonio Stella comparso il 9 febbraio del 2007 in prima pagina del Corriere della Sera col titolo “Calabria, ambiente e il gioco degli 864 milioni di euro” in cui si citava la relazione del Commissario delegato all’emergenza ambientale in Calabria, prefetto Antonio Ruggiero inviata a Romano Prodi, allora Presidente del Consiglio, per presentare le sue dimissioni anticipate. “Quarantuno dipendenti fantasma, parcelle pagate ad avvocati amici e il bilancio fatto sui foglietti” era il triste occhiello che ci sbeffeggiava pubblicando le puntuali denunce e le accuse del Prefetto Antonio Ruggiero poi tutte confermate, il 26 febbraio 2007, durante la sua audizione nella Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. Dall’articolo di Stella e dal resoconto stenografico di quell’audizione si capisce cosa si è stato fatto, in questi anni, negli uffici del commissario emergenza e come sono finiti quel miliardo di euro. Sia quando sulla poltrona di Commissario sedevano i Presidenti della Regione del Centro destra, sia quando la stessa era occupata dal centrosinistra, l’ufficio del Commissario per uscire dall’emergenza è stato usato per prorogarla l’emergenza, per farla durare il più possibile considerati gli enormi “vantaggi” che il continuo derogare la legge (su appalti e incarichi) porta in termini di voti e di clientele. Senza entrare nel dettaglio dello spreco che negli anni è stato fatto dei soldi e che l’Europa ci aveva affidato per uscire dall’emergenza, c’è da essere preoccupati a leggere cosa si vuole fare per il futuro. Nell’articolo di Mollo si evidenzia bene come i sette impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) esistenti in Calabria (Rosarno, Siderno, Catanzaro, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Gioia Tauro, e Crotone) dovevano fornire materiale idoneo (Combustibile derivato da rifiuti – Cdr) da bruciare nell’inceneritore di Gioia Tauro, ma questi impianti si limitano, come certificato dalla stessa Commissione Parlamentare d’inchiesta, ad eseguire una “semplice vagliatura” (sic!) con conseguente produzione di un Cdr di pessima qualità che va a finire principalmente in discarica mentre a Gioia Tauro si inceneriscono i rifiuti di altre regione. Premesso che il sottoscritto si rifiuta di chiamarli “termo valorizzatori”, al contrario il trattamento meccanico biologico dei rifiuti indifferenziati (che se non effettuato con bio-essiccazione è da considerarsi invece semplice “vagliatura”) o dei rifiuti residuali dalla raccolta differenziata, sfrutta l’abbinamento di processi meccanici e processi biologici quali la digestione anaerobica e aerobica (compostaggio). In pratica, appositi macchinari separano la frazione umida (organico che andrà nella linea di bio essiccazione e che in Calabria ancora manca negli impianti di trattamento esistenti, dopo sedici anni di commissariamento) dalla frazione secca (plastica, carta, vetro, inerti, ecc.) che può essere riciclata e riutilizzata per produrre Cdr di ottima qualità. In Calabria non riusciamo a vedere alternativa altra dal costruire ulteriori discariche e dall’ampliare l’inceneritore esistente assieme al preoccupante proposito di realizzare anche una “sezione di inertizzazione” delle scorie e ceneri, limitrofa all’inceneritore di Gioia tauro. Ma l’alternativa agli inceneritori c’è. Nel rapporto “La gestione a freddo dei rifiuti. Lo stato dell’arte delle alternative all’incenerimento per la parte residua dei rifiuti municipali”, pubblicato da Greenpeace Inghilterra già nel 2003 e tradotto in italiano, nel 2005 inoccasione della Quarta Giornata Mondiale contro l’Incenerimento dei Rifiuti, dimostra chiaramente, mediante una minuziosa descrizione tecnica, come possa operare un impianto di Trattamento Meccanico Biologico, a completamento di un ciclo integrato dei rifiuti in cui la riduzione all’origine, la capillare raccolta differenziata dei rifiuti e il riciclo riescono a trasformare un problema in una risorsa. A ciclo avviato, in discarica, dovrà andarci al massimo il 30% della frazione residua alla raccolta differenziata e formata da inerti, pellicole di plastica (anch’esse teoricamente recuperabili) e materiali organici stabilizzati mediante la parte biologica del trattamento e la cui potenzialità inquinante, rispetto al rifiuto putrescente, è ridotta del 90%.

In Germania non si costruiscono più nuovi inceneritori e, quelli esistenti, si sta cercando di sostituirli con impianti di Tmb all’avanguardia perché, in sostanza, questa filiera di trattamento meccanico biologico integrata alla raccolta differenziata e alla riduzione dei rifiuti attraverso serie politiche incentivanti imballaggi sostenibili dei prodotti e delle merci, sono visti come alternativa assai meno inquinante dei processi di incenerimento (il rapporto si guarda bene di chiamare termo valorizzatori) che comunque prevedono il ricorso a speciali discariche per la collocazione delle scorie incombuste. Invece, la collocazione in discarica di ciò che non è recuperabile da un impianto di Tmb, riguarda solo rifiuti resi inerti e quindi con potenzialità di percolazione ed emissioni di odori fastidiosi assolutamente non paragonabili con quelli provenienti da una discarica di rifiuti tal quali. E poi è davvero ridicolo che in Calabria, dove abbiamo sole e vento a iosa, dobbiamo produrre energia bruciando la mondezza! 

Share

Rifiuti, epopea di un disastro annunciato

di Giuseppe Candido*

Chiude la discarica di Alli: è emergenza rifiuti” è titolo che ci dà la notizia come se si trattasse di un castigo divino nei confronti dei calabresi e non già, invece, l’epopea di un disastro annunciato da molti anni e di cui la politica calabrese ha gravi responsabilità. Il tema dei rifiuti e della sua colossale emergenza che in Calabria perdura da oltre tredici anni si interseca, infatti, con quello dei costi della politica e degli sprechi che ad essa sono consentiti sotto quel “camice bianco” dell’emergenza rifiuti che da anni consente la deroga stessa della legalità.

Costata circa 28 miliardi di vecchie lire nel 2001, la discarica di Alli, in Catanzaro, secondo le previsioni progettuali, avrebbe dovuto consentire lo smaltimento dei rifiuti sino al 2018. Invece, a causa di una mai decollata raccolta differenziata “porta a porta” che ha visto scaricare in discarica l’87% dei rifiuti indifferenziati, già nel 2009 l’impianto di Alli era stato considerato saturo e per questo se ne decise l’ampliamento stanziando ulteriori 7 milioni di euro. Ampliamento che, proprio in forza di quel commissariamento che dura da quasi tre lustri ed in deroga alle normative sugli appalti pubblici, si aggiudicò la ditta stessa che da anni gestisce l’impianto: Enerambiente spa.

Ma senza la raccolta differenziata porta a porta uscire dall’emergenza è diventata una missione impossibile: in base al disposto del D.Lgs 152/2006 il piano regionale dei rifiuti della Calabria del 2007 introduceva delle sostanziali novità rispetto al precedente piano di gestione del 2002. In particolare, proprio per quanto riguardava la raccolta differenziata, il piano aveva recepito l’obiettivo, previsto dal suddetto decreto, di raggiungere il valore del 65% al 2012. Tanto per rendersi conto del fallimento di una classe politica ed amministrativa che avrebbe dovuto governare i processi e non lo ha fatto basti ricordare che oggi, in Calabria siamo al 13-14% di raccolta differenziata: tutto il resto viene buttato via tal quale in discarica o va in inceneritore. Di trattamento meccanico biologico neanche se ne parla. Le discariche si riempiono molto prima del previsto, l’emergenza prosegue, si aggrava, e la normativa (sugli appalti) continua ad essere elusa, evitata, non rispettata per tentare di farne rispettare un’altra: quella sui rifiuti. Paradossale. E paradossale è che tutto ciò duri da anni. Non dimentichiamo: l’8 febbraio del 2007, sul Corriere della Sera, la Calabria campeggiò in prima pagina. A fare notizia quella volta fu la relazione del prefetto Ruggiero che, nel dimettersi dal suo ruolo di Commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Calabria, parlò di “41 dipendenti fantasma, parcelle ad avvocati amici, bilancio su foglietti”. “Calabria, ambiente e il gioco di 864 milioni” fu il titolo scelto per l’articolo di Gian Antonio Stella che mostrava ai calabresi e agli italiani tutti le “Denunce e le accuse” contenute “nella relazione del commissario Antonio Ruggiero”. Un uomo serio che dimettendosi smascherava il misfatto. Fu il paradigma del fallimento della partitocrazia calabrese nella gestione dei rifiuti. Il giornalista si chiedeva allora se avesse ancora senso analizzare “una situazione amministrativa al confine tra la sciatteria e la criminalità”. Bisognerebbe rileggerle quelle parole prima di dire, ora in Calabria, che è emergenza. L’emergenza qui perdura da tantissimo. In quell’articolo Gianantonio Stella sottolineava come il Prefetto Ruggiero nella sua relazione ricostruiva “la sua esperienza alla guida dell’organismo voluto nel ’97, dopo l’ennesima emergenza”. “Sette capi ha avuto, in una manciata di anni, quel Commissariato. Quattro presidenti regionali e tre prefetti. Con proroghe su proroghe di poteri speciali usati, stando anche all’inchiesta giudiziaria intitolata a «Poseidone», malissimo. Al punto che, tra i numerosi indagati per una serie di reati che vanno dalla truffa aggravata all’abuso d’ufficio, finì anche l’ex governatore Giuseppe Chiaravalloti”. “Come finirà l’iter processuale si vedrà”, scriveva Stella nel 2007. Il processo è ancora in corso e noi, a distanza di tre anni, tocca ripeterlo. Ma quel rapporto del Prefetto Ruggiero, al di là degli aspetti penali, diceva già tutto allora e quanto avvenuto oggi ad Alli non è altro che la diretta conseguenza del perdurare di un’emergenza che, evidentemente, a qualcuno pur conviene. Quanto conviene? “Dal 1998 al 2006”, scriveva ancora Stella, il Commissariato “figura aver avuto entrate complessive per 692 milioni e mezzo di euro e uscite per quasi 645 milioni, tanto che al passaggio di consegne fu detto al nuovo commissario, con una «certificazione da parte della Tesoreria provinciale dello Stato» (sic) che c’era perfino un saldo di cassa di 45 milioni di euro. Una bufala: neanche il tempo di metter mano ai conti e saltava fuori «una pesante situazione debitoria»: oltre 223 milioni. Che non figuravano «né nei vari passaggi di consegne né nelle precedenti rendicontazioni».” Cos’altro avranno fatto dal 2006 ad oggi lo sapremo, forse, tra qualche anno. Sta di fatto che Alli chiude, l’ampliamento si è riempito pure lui prima del previsto a forza di rifiuti portati da tutta la Calabria, la raccolta differenziata è all’anno zero e l’emergenza, alla faccia del significato semantico stesso della parola, tragicamente continua. Quello che da cittadini, oggi, è necessario constatare oltreché l’acuirsi di una situazione emergenziale per la chiusura della discarica di Alli, è il fallimento totale della politica nella gestione commissariale, in deroga e in barba alle leggi vigenti e la necessaria urgenza di un ritorno alla legalità.

* articolo pubblicato su “Il Quotidiano della Calabria” del 19.08.2011

Share

Una montagna di rifiuti, il ciclo integrato e l’incantesimo degli inceneritori

di Giuseppe Candido

Foto: Giuseppe Candido
Foto: Giuseppe Candido

I titoli dei quotidiani non lasciano dubbi: i rifiuti in Calabria sono un bel guaio. Soprattutto con l’avvicinarsi dell’estate, il problema dei rifiuti e della depurazione tornano d’attualità in maniera preponderante. “Quella discarica dimenticata: un vergognoso sipario che deturpa la città” è il titolo di un articolo sul caso di una (ennesima) discarica abusiva a Rossano, ancora abusivamente utilizzata nonostante il sequestro effettuato dalla benemerita in relazione alla presenza di eternit. “Rifiuti pericolosi a cielo aperto” è invece il titolo utilizzato per la notizia del sequestro, a San Gregorio d’Ippona nel vibonese, di una discarica di 300 mila metri cubi in cui venivano abusivamente, manco a dirlo, smaltiti rifiuti pericolosi provenienti dalla demolizione di edifici. Discariche abusive, siti di stoccaggio provvisorio che diventano definitivi e a cui la Regione non riesce a stare dietro con le bonifiche. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 settembre del 1997 dichiarò lo stato di emergenza nella Regione Calabria in ordine alla situazione di crisi socio-economico-ambientale determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Stato di emergenza ambientale che con successivi decreti è stato prorogato sino ad oggi ed allargato anche per la questione della depurazione. Un’emergenza che dura da circa dodici anni e che ancora non vede una soluzione definitiva.

Non entro nella polemica, tutta politica e giudiziaria, di come siano stati spesi (male) i soldi della comunità europea: consulenze ad amici, appalti pilotati a ditte in odor di ‘ndrangheta e dipendenti fantasma (41) come scrisse (leggi denunciò) nella sua relazione il prefetto Antonio Ruggiero quando abbandonò la struttura commissariale calabrese. Non vale la pena anche perché, quando a farlo è qualche magistrato, o anche qualche giornalista, lo si trasferisce. Ma vorremmo cercare di capire. Cercare di capire perché siamo così indietro colla raccolta differenziata (solo il 18% della raccolta totale a fronte dell’obbiettivo, ormai non più conseguibile del 65% entro il 2010). Vorremmo capire perché le discariche si stanno riempiendo, tutte, con velocità maggiori e in tempi più brevi di quelli che erano stati previsti da progetto. Vorremmo capire perché, soprattutto, in una terra che dovrebbe puntare tutto sulla valorizzazione delle sue enormi ricchezze paesaggistiche ed ambientali, si continua invece a gettare rifiuti senza differenziarli, in discariche abusive e stoccando materiali pericolosi che mettono a serio rischio la nostra salute e l’ambiente: l’aria, le acque superficiali, le acque sotterranee, il mare e il suolo. Ci piacerebbe capire perché, in Calabria, non si riesca a far partire quel benedetto “ciclo integrato” dei rifiuti e perché non si riesca a passare dalla tassa sui rifiuti (cd Tarsu) ad una tariffa che tenga conto non soltanto dei metri quadri di abitazione ma anche della quantità dei rifiuti prodotti e del virtuosismo che i cittadini hanno nell’effettuare la raccolta differenziata. Soltanto nel 2007, noi calabresi abbiamo prodotto 990.672 tonnellate di rifiuti, una montagna di monnezza, di cui soltanto il 18 % (178.321 tonnellate) di raccolta differenziata. Quattrocentosettantotto i chilogrammi di rifiuti prodotti da ciascun calabrese in un anno e di cui soltanto ottantasei raccolti differenziando il materiale: una vergogna. Siamo ancora troppo distanti da quel 65% previsto dalla legge del 2006 che prevede il raggiungimento dell’obbiettivo entro il 2010 o, al massimo, entro il 2012.

Già questo consente di fare una prima valutazione. Un serio ciclo integrato dei rifiuti, che è l’alternativa al continuo aprire discariche e inceneritori, dovrebbe incentivare la riduzione della produzione di rifiuti. Come? Incentivando, per esempio, consumi “alla spina” di bevande e detersivi, e riutilizzando più volte i contenitori. Risparmieremmo pure. Leggere i giornali e le riviste on line consentirebbe di risparmiare circa 70 Kg/anno pro capite di carta. Bere acqua del rubinetto o riutilizzando i contenitori di vetro per acquistarla sfusa, assieme all’uso di bicchieri di vetro, consentirebbero un risparmio di oltre 125 Kg/anno pro capite di plastica.

Nell’ultimo piano regionale approvato per la gestione dei rifiuti in Calabria sono state evidenziate le principali criticità del sistema che riguardano sia aspetti strutturali sia aspetti funzionali. Accanto al deficit di impianti dovuto al non avvenuto completamento di alcune strutture, si lamenta l’insufficienza proprio della raccolta differenziata e il totale mancato avvio della raccolta differenziata dell’umido organico. Il tutto in un contesto, come si legge nello stesso piano regionale, reso scarsamente efficiente per l’eccessivo numero di “sotto ambiti” e di società che gestiscono la raccolta differenziata. Gli obiettivi del piano previsti per la raccolta differenziata non sono stati conseguiti e, anzi, si è ancora ben lontani dal loro raggiungimento. Tali criticità di sistema sono particolarmente rilevanti poiché causano un effetto a catena sulle altre fasi del trattamento dei rifiuti. Infatti, in assenza di un’adeguata raccolta differenziata aumenta il carico di rifiuti sulle discariche dove viene immessa una quantità di rifiuti tal quale superiore a quella prevista e superiore ai limiti fissati dalla normativa vigente. Situazione aggravata, se ciò non bastasse, dalla mancata utilizzazione degli impianti per la valorizzazione della raccolta differenziata e dalla scarsa funzionalità del sistema di raccolta a causa dell’attuale suddivisione del territorio regionale in 14 sotto ambiti in cui l’affidamento della raccolta differenziata ad una società mista all’interno di ciascun sotto ambito è inadeguata.

Ma se questo è il panorama regionale la domanda è: come uscirne? Come avviare la fine di un’emergenza che dura da dodici anni? Costruendo altre discariche? Nuovi inceneritori? L’alternativa c’è, ma necessita di un salto culturale: si chiama “ciclo integrato dei rifiuti” e prevede, come già accennato, il passaggio da una tassa ad una tariffa sui rifiuti: chi più produce rifiuti più paga.

Oltre alla riduzione alla fonte dei rifiuti da incentivare con la diffusione di comportamenti “ecologici” dei consumatori, il ciclo integrato prevede la raccolta differenziata porta a porta, il compostaggio e il trattamento meccanico-biologico a freddo.

A differenza del sistema a cassonetti stradali, quella porta a porta ha dimostrato di consentire di arrivare, in tempi brevi, a percentuali tra il 65 e l’85% di differenziata. Non è un’utopia: a San Francisco (USA) dove sono 800.000 gli abitanti, il 67% dei rifiuti viene raccolto in maniera differenziata. A Novara (100.000 abitanti) si arriva al 70% di differenziata. Stesse percentuali in alcuni quartieri di Reggio Emilia dove il sistema porta a porta è integrato con quello delle isole ecologiche. E ancora: a Roma, nel quartiere Colli Aniene, si arriva al 63%; a Treviso (oltre 220.000 abitanti) addirittura il 75% dei rifiuti sono differenziati. Ma la differenziata non basta: è necessario innescare a valle una filiera del riciclaggio per produrre nuovi oggetti e dalla quale è senz’altro possibile creare posti di lavori “ecologici” che potrebbero diventare un volano positivo contro la crisi in atto. L’organico, anch’esso raccolto porta a porta, andrà agli impianti di compostaggio per produrre fertilizzante. Ciò può essere fatto anche a livello domestico o condominiale per produrre concime per le proprie aree verdi.

Per quello che comunque non è riciclabile è ancora troppo presto per la discarica o per l’inceneritore. Lo si può trattare senza incenerire ed evitando di inviare in discarica le ceneri tossiche o il materiale tal quale ancora putrescibile e quindi pericoloso per i percolati che produce. Mediante il trattamento cd meccanico-biologico a freddo che in Germania risulta in grande evoluzione: 64 gli impianti di TMB contro i 73 inceneritori. I rifiuti che rimangono indifferenziati e non riciclati vengono dapprima selezionati da appositi macchinari cercando di recuperare ancora vetro, metalli ed altro materiale riciclabile. Dopodiché il rimanente viene inviato in appositi “bio-reattori” chiusi e con “bio-filtri” che essiccano, a 40-60°C, ciò che rimane. Il tutto senza bruciare e producendo biogas utile per far funzionare l’impianto stesso. Il materiale così essiccato è ridotto del 40 – 50% rispetto alla massa in ingresso, non è più putrescibile e non è nemmeno una cenere tossica come quella che invece esce dagli inceneritori. Essendo reso inerte, il materiale prodotto dal trattamento meccanico biologico lo si può riciclare in edilizia come sottofondo stradale. Gli inceneritori non eliminano le discariche ma, anzi, producono ceneri tossiche in quantità pari a circa il 25% di ciò che viene bruciato, e che richiede particolari accorgimenti per essere smaltite. Come scrisse nel 1993 il Wall Street Journal: quello degli inceneritori è (e resta ancora) il metodo più costoso di smaltimento dei rifiuti. Un impianto di trattamento meccanico biologico costa invece il 50-70% in meno di un inceneritore e il materiale che rimane è riutilizzabile come inerte o per produrre combustibile da rifiuti. Nell’ambito di un ciclo integrato dei rifiuti, assieme alla raccolta differenziata porta a porta e al compostaggio dell’umido, il trattamento meccanico biologico a freddo viene accettato più facilmente dalle popolazioni perché ha costi ambientali decisamente inferiori consentendo di abbattere gran parte degli inquinanti: 5 kg di polveri prodotte per tonnellata di rifiuti trattate contro i 38 kg degli inceneritori; 78 Kg di ossidi di azoto (nitrati e nitriti) contro i 577 kg per tonnellata di rifiuti trattati con inceneritore; scarti solidi pesanti a tossicità media contro quelli a tossicità alta sempre degli inceneritori; pochi fumi a bassa tossicità contro elevati quantitativi di fumi ad elevata tossicità degli inceneritori; 40 nanogrammi di diossine per tonnellata trattata che, con particolari accorgimenti, possono scendere addirittura a 0,1 nano grammi, contro i 400 nanogrammi rilasciati degli inceneritori per ogni tonnellata di rifiuti trattati.

Il ciclo integrato e il trattamento meccanico biologico a freddo per uscire dall’emergenza senza cadere nell’incantesimo degli inceneritori che volge al termine in tutta l’Europa.

E’ questa la politica da perseguire, per risolvere una volta per tutti il problema dei rifiuti. Per evitare che, colmate le discariche esistenti deflagri la bomba “monnezza” e la si contenga con i “salubri” inceneritori.

Share