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Che cos’è un classico

di Maria Elisabetta Curtosi

Nel 1944 lo scrittore inglese T. S. Eliot pronuncia il suo noto discorso “Che cos’è un classico”, atto alla riscoperta e all interpretazione della personalità di Virgilio e in particolare dell’Eneide. Attraverso tale opera letteraria, Eliot mostra la profonda intenzione di rivalutare ufficialmente il poeta latino, considerato il classico dei classici; di intraprendere uno studio che rappresenta la ricerca di un punto fermo, di un superamento delle varie divisioni di «provincia» presenti nella comunità umana.
L’autore ha elaborato una definizione di classico applicabile solamente a Virgilio; come viene espresso nel discorso, un autore si definisce classico quando: è il prodotto di una «civiltà matura»; la sua maturità è caratterizzata dalla «consapevolezza della storia» e si manifesta come maturità di linguaggio è in grado di costituire un riferimento e un termine di paragone per le letterature dei popoli differenti.

E’evidente che queste caratteristiche raggiungono in Virgilio la massima espressione. In “Che cos’è un classico” Eliot conduce un interpretazione di Virgilio, servendosi del poeta per condannare «il provincialismo».

“…E fra i grandi poeti greci e romani, credo che andiamo massimamente debitori del nostro ideale di classicità a Virgilio; questo voglio ripeterlo, non è lo stesso che definirlo il più grande, o quello al quale dobbiamo di più: parlo qui d’un debito particolare. La speciale natura della sua comprensività è dovuta alla posizione, unica nella nostra storia, dell’impero romano e della lingua latina: una posizione che può dirsi conforme al suo fato. Questo senso del fato prende coscienza di sè nell’Eneide….”

“… Virgilio si conquista la «centralità» del classico supremo; è lui il centro della civiltà europea, in una posizione che nessun altro poeta può condividere o usurpare…”

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